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Damiano Tommasi, il post Roma per scoprire: Cina, Seconda Categoria Veneta, le elezioni e sindaco di Verona

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Più di Totti, Batistuta, Montella. Un tridente storico, leggendario, da strapparsi i capelli solo per pitturarsi sulla testa la bandiera giallorossa. Più di loro, in quella Roma 2001. Fabio Capello non ebbe dubbi allora, nel definire Damiano Tommasi il giocatore più importante della sua squadra. Un paio di goal qua e là, qualche assist ben distribuito. Niente di che, a livello di numeri, almeno confrontati con quelli degli altri colleghi di centrocampo, della tecnica lì attorno e della mole di reti messa a segno da To-Ba-Mo (è mai esistito qualche diminutivo del genere?). L'essere duttile all'ennesima potenza, il far parlare piedi e non le parole, comunque pesanti e soavi al momento giusto, vedi spogliatoio, rese però il ragazzo veneto essenziale, idolo e bandiera per un decennio. Poi, nel 2006, l'addio.

Mentre amici, colleghi e conoscenti festeggiano i Mondiali vinti in terra tedesca e la bomba Calciopoli deflagra sul calcio italiano, demolendolo a livello europeo più avanti (ma questa è un'altra storia), Tommasi sceglie la Liga e in particolare il Levante per proseguire la sua carriera. Dopo gli avvii col Verona e l'era romana, a 32 anni è ora di esplorare il mondo. Perché Damiano vuole vederlo, sviscerarlo, capirlo a tutto tondo più di quanto ha letto, più di quanto abbia visto con lo sguardo all'insù durante le trasferte con la Roma e la Nazionale azzurra, di cui ha fatto parte nei Mondiali byronmoreniani del 2002.

Dopo aver vinto lo Scudetto con la Roma ed essere uscito dal giro della Nazionale azzurra, Tommasi vuole nuovi stimoli e la proposta del Levante è interessante. Trattasi di un piccolo club spagnolo che avrà alterne fortune con gli italiani, compresi gli ex Serie A. Tra questi c'è Zé Maria, acquistato nella stessa finestra estiva in cui il giocatore di Negrar approda nel campionato iberico.

Un biennio prima Tommasi, va detto, si è rotto menisco, rotula, legamenti e vasi sanguigni del ginocchio destro. Quindici mesi di riabilitazione, futuro devastato e sogni di una lunga carriera ad alti livelli sempre sul filo del rasoio. Meglio puntare su nuove opportunità gustose, senza guardare a grandi squadre e all'essere idolo sempre e comunque, il giocatore più importante del passato. Vuole cavarsela, giocare, fare il suo e imparare. Senza sforzare. Peccato che uno come lui, generoso, idealista, sempre pronto ad aiutare il prossimo, non sappia risparmiarsi.

L'avventura al Levante lo renderà in poco tempo punto fermo della squadra e idolo dei tifosi, che cominciano ad ascoltare in silenzio da tv e giornali il Tommasi più vero, quello che si è ridotto lo stipendio ai tempi della Roma guadagnando come un umile operaio, quello che viene chiamato Chierichetto ed Anima Candida, sindacalista, con lo sguardo rivolto ai problemi e non solo alla fortuna di essere calciatore. Più per fortuna del fato che per desiderio di mettersi in mostra.

Quando Tommasi sembra ad un passo dal Levante, però, è lo stesso centrocampista a dire: fermi tutti, questa è una rapina della verità. Aspettate:

"Ancora non abbiamo nulla di concreto, proposte ma per ora nulla più. Sono con la famiglia e stiamo valutando se è fattibile o meno un'esperienza all'estero che possa interessare anche le bambine... non ho fretta e spero che alla fine la nostra scelta sia equilibrata e che non crei troppo disagio. Mi auguro di essere il primo o quasi ad annunciare la nuova eventuale destinazione. Fra qualche giorno spero anche di poter salutare un po' meglio Roma con una conferenza stampa".

Nessuna tattica per alzare lo stipendio, semplicemente tavolo famigliare per valutare il meglio. Alla fine Tommasi sposerà il progetto del Levante sicuro di poter far crescere non solo se stesso, ma anche le donne della sua vita. In campo, come detto, la situazione è buona. La prima stagione fila via liscia, ma alla seconda il suo voler essere ovunque ed esserci per tutti si fa sentire: il ginocchio fa di nuovo crack. Non prolunga il contratto con il team spagnolo e, chiuso il passato, va oltre nell'esplorare il mondo. Da una città in rapida espansione come Valencia, ad una metropoli in cui è grande ogni caso, forse troppo. Londra.

Tommasi ascolta la proposta di Bernie Ecclestone e Flavio Briatore, Re della squadra della Regina, i Queens Park Rangers. La sua esperienza è una boccata d'ossigeno per una squadra in cerca di identità, divisa tra giovani virgulti e anziani lupi di mare. Damiano fa parte della seconda, lo stesso numero in cui milita la compagine allenata da Iain Dowie. E da Paulo Sousa. Ma anche da Jim Magilton. Tradotto, per il QPR è una stagione complicata e di playoff per salire in Premier League neanche l'ombra.

Arriva da svincolato a Londra, firma un triennale. Viene esaltato dalla proprietà, sorride al fianco di Briatore, e non appena possibile, recuperato ancora una volta dall'infortunio, scende in campo. Lo farà per una manciata di partite, sballottato in un mondo britannico, macromondo, in cui il suo micromondo è in costante difficoltà. Il sali e scendi degli allenatori lo porta ad essere importante sì, superfluo poi, lontano dall'essere una prima scelta infine. A Damiano non importa lo stipendio: certo, deve provvedere alla sua famiglia, ma vuole di più. Vuole essere importante e avere vibrazioni positive, non solo forse da parte del QPR.

Da signore, però, Tommasi lascia il QPR senza attacchi a nessuno, consapevole di come il pallone rotoli una volta dalla parte giusta e una volta dalla parte errata del fato:

"Mi sono divertito molto: so come va il calcio e capisco che le cose cambiano. Ora posso cercarmi un altro club: so che ho ancora molto da dare, anche se sono consapevole che non potrò giocare ancora a lungo. Resterò un tifoso del QPR e credo che il club potrà ottenere la promozione. La squadra è forte e non aspetteremo molto prima di vederla in Premier League".

Tommasi LevanteGetty

Alza lo sguardo e vede Big Ben ed insegne luminose di Piccadilly Circus solo per una manciata di mesi, quando nel 2009 riceve la proposta della Cina. Il calcio asiatico sta cominciando a mettere mano al portafoglio per attirare grandi fuoriclasse d'attacco, perni di centrocampo e colossi di difesa. Non è ancora tempo di pagare decine di milioni ai club europei, ma offrire ingaggi allettanti a giocatori svincolati, quello sì. E Tommasi capita a fagiuolo.

È il gennaio 2009 quando il Tianjin Teda mette sul piatto circa 400.000 euro annuali per Tommasi. Diventa il primo calciatore italiano a giocare in Cina. I tempi dell'anno operaio alla Roma sono lontani, l'opportunità è lì e non ammette repliche. In Cina può costruire un altro tassello del suo essere giramondo e scoprite dello stesso, mettendo da parte un bel gruzzolo per progetti futuri. Pechino dista del resto 60 km e la sua storia millenaria non può non affascinare Damiano T:

"Sono coincise alcune cose. La fine del contratto con il QPR, la volontà di continuare a giocare, all’estero o in Italia (ma solo al Verona), e la pro­posta dalla squadra del Tianjin Teda, che a marzo si appresta­va a iniziare la sua nuova stagione. Ho deciso di coglierla al volo: è una grande opportunità: nel prossimo futuro, si voglia o no, do­vremo tutti confrontarci con la Cina e il suo popolo".

Esperienze di vita, esperienze completamente diverse. Mondi, culture, dicotomia tra bene e male. Tommasi assimila, assorbe, assapora:

"Non so quale strada prenderò una volta appese le scarpe al chiodo: di sicuro queste esperienze mi stanno aiutando molto a livello personale. L’esperienza diretta nella mia professione potrebbe essere uno sti­molo a rimanere nell’ambiente ma non certo un obbligo. L'importanza della famiglia nelle mie decisioni? Fondamentale. Se mia moglie non se la fosse sentita di rimanere in Ita­lia con 4 figli non avrei mai pensato di partire. Credo che questa espe­rienza serva anche alle mie figlie più grandi: capire che esi­ste un altro mondo, molto diverso, sarà di aiuto nella loro crescita".

Crescono tutti, ma crescono lontano da Verona. Pian piano, giorno dopo giorno, la nostalgia di casa si fa sentire. La Cina è enorme, Pechino e Tientsin sono fuori ogni scala. C'è bisogno di fare un passo indietro stavolta e di guardare avanti con occhi diversi, quelli di chi non vede più il pallone calciato come priorità, ma la famiglia come unica tale. Non che non lo sia mai stata, ma stavolta più che mai, tutti i Tommasi desiderano farsi forza in patria, insieme. Perché è un andare e venire, tra jet lag e lacrime:

"Al Tianjin avrebbero vo­luto che rimanessi, ma il mio desiderio è quello di tornare a Verona, nella mia città. Man­co dal ’96, è tempo che torni a respirare aria di casa. Mia mo­glie e i miei quattro figli giu­stamente mi reclamano, han­no ragione. Non è stato facile in questi mesi in Cina, sono volato in Italia più di una vol­ta al mese e lo scorso aprile son venuti loro. È stata duris­sima, ma aver assaporato la Cina era un’esperienza che vo­levo provare".

Tommasi ha 35 anni, il sogno di giocare con l'Hellas diviene rapidamente utopia. Può però rimanere a Verona, dando l'addio al calcio professionistico, ma non al mondo pallonaro. Firma per i Falchi Sant'Anna, seconda categoria veneta. Un capolavoro per gli spettatori presenti alle gare. Prima erano 24, ora sono 54:

"Anche questo è calcio è competizione, è emozione, cambia solo il contorno. Ho scritto a Santa Lucia e le ho chiesto di riportarmi il mio vecchio giocattolo. Un pallone molto economico, senza pretese di lusso, anzi meglio se poco prezioso perché il posto dove devo giocare non è dei più raffinati. La letterina l'avevo scritta tanto tempo fa ma l'ho spedita solo quest'anno. Ho avuto un barlume di sentimento, un'esagerata necessità di sentirmi a casa. La lontananza dalla famiglia mi ha convinto che quel pallone non ha prezzo".

Nell'agosto 2010, Tommasi gioca al Sant'Anna. Ma anche Tommasi. E spunta in formazione Tommasi. Così come è felice di esserci Tommasi. Damiano ha infatti tre fratelli che giocano con lui tra i dilettanti, finalmente riuniti: Damiano, Alfonso, Zaccaria. Una famiglia larghissima, di sei figli, di maglie e palloni collezionati, di un calcio che si sgonfia e si fa bullo del suo passato, senza però mai stufare il ragazzo. Che insieme alla sua nuova vita da presidente dell'associazione calciatori, tutti suoi figli, a centinaia, non vuole rinunciare a divertirsi: ormai conta solo quello, pensare alla sua famiglia di sangue, a quella acquisita.

Se poi un mondo così imperfetto porta anche qualche gara ufficiale, allora sembra quasi accettabile. Nel 2015, infatti, Tommasi riceve la pazza chiamata sanmarinese del La Fiorita. Ha 41 anni e secondo Andy Selva, idolo incontrastato nei dintorni, può dare una mano nei preliminari di Europa League. Una mosca bianca del calcio può essere la spinta giusta per volare oltre i propri limiti.

A San Marino il calcio è un hobby spesso e volentieri, travestito da sport: non sembra esserci miglior definizione anche per Damiano, che del professionismo ha solo il ricordo. I piedi però sono gli stessi e se la squadra viene eliminata immediatamente nei preliminari più bassi dell'Europa League, ricorda a tutti l'essere più importante di tutti, dei Batistuta e dei Montella, siglando un goal ufficiale in Europa, tredici anni dopo l'ultima volta.

Sarà l'ultimo con una squadra calcistica, ma non l'ultima presenza. Ogni qual volta è servito, tradotto ogni estate, Tommasi è sceso in campo con La Fiorita per i preliminari di Champions (a 44 anni!) ed Europa League. A 48 c'è di nuovo il Sant'Anna. Fa il suo, si diverte, sorride, tra un acciacco dell'età e l'altro. Inferiori alla sua classe, di giocatore e uomo. Di sport. Di chi guarda sempre oltre: tanto da candidarsi a sindaco di Verona nel 2022 e vincere al ballottaggio. Applausi.

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