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Youri Djorkaeff, autore della rovesciata più bella della storia dell'Inter

Youri Raffi Djorkaeff è uno di quei giocatori che non potranno mai essere dimenticati. Al netto di vittorie e trofei (che comunque sono arrivati, anche parecchio importanti), quando giocava era un lampo d’arte, di genio. Restavi a bocca aperta. Come in preda ad un attacco di sindrome di Stendhal di fronte ad un’opera di notevole bellezza.

Era un ibrido, in tutto e per tutto, da sempre e per sempre. Un melting pot di culture, caratteristiche tecniche, interessi provenienti da tutte le parti del mondo. Nasce in Francia a Lione, nel 1968, ma con origini famigliari polacche, cosacche e armene.

Calcisticamente nasce e cresce nel Grenoble , dove milita dal 1984 al 1989. L’anno seguente lo disputa con la maglia dello Strasburgo . In questi sei anni giocherà sempre e solo in Ligue 2, pur evidenziando grandi doti tecniche ed un buon numero di goal.

L’esordio in Ligue 1 arriva grazie al Monaco soltanto a 22 anni , che nel 1990 lo acquista, sicuro del suo enorme talento. E la squadra del Principato non si sbaglia. Resterà in totale quattro anni al Monaco, collezionando in totale 196 presenze e 67 goal , in tutte le competizioni.

Nel 1995 arriva l’ora del grande salto in Francia, con la stagione disputata al Paris Saint-Germain . Al termine di una stagione costellata da 46 presenze e 19 goal complessivi , porta a casa la Coppe delle Coppe con il club parigino. Trofeo che si va a sistemare nel suo personale palmares accanto alla Coppa di Francia conquistata poco prima con la maglia del Monaco.

Massimo Moratti lo guarda giocare e se ne innamora. Nell’estate del 1996 lo porta a Milano, ‘regalandolo’ alla sapiente gestione di Roy Hodgson, che ne fa sùbito un punto fermo del suo scacchiere tattico. All’Inter, Youri Djorkaeff entra nella storia del calcio e nel cuore dei tifosi nerazzurri, per sempre.

Complici le giocate, i goal, quell’animo da calciatore un po’ dandy, un po’ incostante ma capace di gesti che, normalmente, tra i 22 giocatori presenti in una partita, poteva regalare soltanto lui. Ed è soprattutto per uno di questi gesti, datato 5 gennaio 1997 , che il ‘Serpente’ (questo era il suo soprannome, per la capacità di sgusciare silenziosamente in mezzo ai difensori avversari) sarà ricordato per sempre, soprattutto in Italia e a Milano.

L’Inter gioca contro la Roma. I nerazzurri conducono per una rete a zero grazie al goal siglato al 10’ da Maurizio Ganz, perfettamente assistito da Zanetti. A sei minuti dalla fine del primo tempo, ancora Ganz impegna il portiere giallorosso Sterchele con un tiro da fuori area: l'estremo difensore, però, non è preciso e respinge il pallone con il ginocchio. Il suo compagno di squadra, il difensore Petruzzi, sbaglia il rinvio, alzando un campanile in area di rigore, sul quale si avventa Djorkaeff che tira fuori dal cilindro la rovesciata più famosa della storia dell’Inter .

I tifosi presenti allo stadio gli tributano una lunga standing-ovation e lo stesso direttore di gara, Graziano Cesari , si complimenta con lui mentre rientra a centrocampo. Anni dopo, ai microfoni di ‘Radio Musica Television’, Cesari confesserà un aneddoto bellissimo di quel momento:

"Ricordo che lì mi presi qualche secondo prima di convalidare la rete, perché ero rimasto esterrefatto da tanta bellezza".

Una rovesciata un po’ anomala, totalmente in diagonale, sia per la posizione del pallone, sia perché il ‘Serpente’ si era annodato orizzontalmente per eseguirla, più che verticalmente. Tanto per capire la bellezza del gesto, l’anno seguente quell’immagine venne impressa negli abbonamenti di tutti i tifosi dell’Inter . In una recente intervista a ‘Inter TV’, Djorkaeff raccontò così la rovesciata ed il suo significato:

“Sapevo già che quel goal in realtà non era mio, ma di tutti gli interisti. Per questo ho sempre detto che è un po’ il simbolo dell’Inter: istinto e coraggio. In verità il presidente avrebbe voluto farne una statua da mettere fuori San Siro , ma lo stadio non è di proprietà dell’Inter e non si poteva. Cosa potevo dirgli? Mi venne solo: ‘Presidente, sono onorato’.”

A ‘Sky Sport’, però, Djorkaeff racconta una cosa molto strana. Anche lui stesso è rimasto folgorato da quel gesto, tanto che stando alle sue parole viene rivisto dal giocatore ogni giorno:

" La rivedo sempre, prima di svegliarmi e prima di andare a letto . Quando arrivo a Milano parlo sempre di quella rovesciata con tutti”.

Intanto all’Inter, dopo una prima stagione da urlo, che recita 17 goal, tutto il suo essere ibrido comincia a venire fuori a poco a poco. Alcuni allenatori non sanno bene come utilizzarlo, visto che Youri non era né un centrocampista, né un attaccante. Molti lo hanno definito un 9 e mezzo. Ed in effetti è una definizione che risponde alla realtà in modo pragmatico.

Continua comunque, in un modo o nell’altro, a giocare. Nel 1997 arriva Ronaldo, che a livello di spazio in campo un po’ lo penalizza. Ma il francese continua comunque ad essere importante e decisivo, vincendo da protagonista la Coppa UEFA del 1998 , con la finale giocata nella ‘sua’ Parigi contro la Lazio, e vinta per tre a zero.

Questo sarà il periodo più fruttuoso e importante della sua carriera calcistica. Visto che pochi mesi dopo quella vittoria con l’Inter, vincerà con la Francia il Mondiale del 1998, giocato in casa . Anche di quella squadra era un protagonista, anche se un po’ oscurato da Zinedine Zidane. Djorkaeff giocò da titolare anche la finalissima contro il Brasile, vinta per tre a zero.

Con la Francia, per inciso, Djorkaeff vinse anche l’Europeo de 2000, sempre da protagonista. Fa parte di quella magica generazione dei Galletti, capaci di vincere Mondiale ed Europeo uno dopo l’altro, a soli due anni di distanza. Con la maglia della nazionale francese, in totale, Djorkaeff metterà a segno 28 goal in 82 presenze.

Nel frattempo all’Inter arriva anche Roberto Baggio, lui gioca di meno nella sua ultima stagione in nerazzurro, quella del 1998-1999. Un’annata negativa in generale per i nerazzurri, con la Serie A conclusa all’ottavo posto. Ma il francese, in mezzo a mille cambi di allenatore, finirà la stagione (e di conseguenza anche la sua parentesi nerazzurra) con una grande media realizzativa: 14 goal in 36 presenze in tutte le competizioni.

Ormai 31 enne, lascerà l’Inter per approdare in Bundesliga al Kaiserslautern , due anni dopo firmerà per il Bolton in Premier League, mentre la sua carriera la finirà addirittura negli Stati Uniti, da autentico pioniere della MLS, con la maglia dei New York Red Bulls .

Affascinato da New York, resterà a vivere lì, dove tutt’ora abita facendo però la spola con Parigi. Di fatto con il calcio ha praticamente chiuso, per lo meno con ciò che riguarda propriamente il campo. E’ rimasto legato all’Inter, visto che negli anni seguenti alla fine della sua carriera ha gestito l’Inter Campus presente a New York .

Youri ricopre anche una carica istituzionale importante nel panorama del calcio mondiale: dopo una lunga carriera negli stadi del mondo, è oggi CEO della FIFA Foundation .

“La prima cosa è ascoltare il bisogno della gente, poi bisogna pensare, e dopo fare. Troppa gente vuole subito fare, invece no, bisogna capire”.

Parallelamente, cura però ovviamente anche i suoi interessi personali. La sua seconda grande passione, dopo il calcio, è sempre stata la moda. E non a casa ha vissuto e giocato in tre delle città più importanti per la moda di tutto il mondo: Parigi, Milano e New York. Come ha confermato qualche mese fa a ‘L’Equipe’, ha firmato un suo personale marchio di moda .

“Nei miei anni milanesi mi è capitato spesso di essere invitato alle sfilate, specie di Giorgio Armani, e così ho conosciuto meglio un mondo che mi è sempre piaciuto. E poi in quegli anni le case di moda erano molto vicine ai club di calcio".

Insomma, tra moda, ruoli di grande spessore per la FIFA e telecronache delle partite della nazionale francese, Youri Djorkaeff continua a vivere la sua vita in mille sfaccettature, ibrido come sempre. Avrà potuto cambiare anche vita, non è diventato allenatore e non lo vediamo impegnato con un ruolo da dirigente in un club, ma nessuno ha mai dimenticato le sue giocate e quella rovesciata che 24 anni fa illuminò il cielo di San Siro.

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