Dardan Vuthaj GFXGOAL

Dardan Vuthaj, il bomber della Serie D che ha rialzato il Novara

Albanese di Milot, fino ai 3 anni in Grecia, poi la Liguria. Dardan Vuthaj prenota il grande salto: un salto meritato a suon di goal, quelli che hanno risollevato sorti ed ambizioni del Novara nel segno di questo bomber con la B maiuscola, capace di esultare 37 volte nell'ultima stagione.

Piemontesi promossi in Serie C dai Dilettanti anche - e soprattutto - grazie ai numeri da capogiro di Vuthaj, classe 1995 col fiuto per la porta nel sangue. E dire che il Genoa, reduce da annate complicate, un cecchino lo aveva in casa e ha scelto di lasciarlo andar via.

Sì, perché 'Dardagnan' - come lo hanno ribattezzato i tifosi novaresi - si forma nel settore giovanile del Grifone, che lo accoglie tra le propria fila dopo l'approdo in Italia della sua famiglia quando lui aveva 36 mesi: dal suolo ellenico allo Stivale, col pallone a dominare i sogni di un ragazzo nato per far goal.

Se gli inizi non sembrano lasciar presagire fuoco e fiamme, col prestito al Savona e - dopo l'addio al Genoa - esperienze poco prolifiche in giro tra le categorie inferiori, nella parentesi nel campionato albanese e in Svizzera, l'esplosione di Vuthaj avviene tra Delta Porto Tolle, Campodarsego e Rimini. Quasi 50 reti in 3 stagioni intervallate dall'avventura senza acuti e con infortuni all'Imolese, fino al 'boom' di Novara.

"Da piccolo non avevo niente, a volte neanche da mangiare - ha raccontato di recente Dardan a 'Cronache di Spogliatoio' - I miei sono scappati dall’Albania a causa della guerra e poi sono venuti in Italia".
"Sono cresciuto in una famiglia povera, dormivo con il pallone. Mio padre, una volta in Italia, si è reinventato muratore. La guerra ha cambiato tutto e si è dovuto adattare. Ricordo i mesi in cui non c’era lavoro: bisognava stringere la cinghia".
"Ho sempre voluto giocare a calcio. Non per diventare famoso, avere tre-quattro macchinoni o belle case, ma per mantenere la mia famiglia. Tuttora parte del mio stipendio è destinato a loro. Quando ero piccolo scendevo in campo e pensavo, ‘farò di tutto per farli stare bene, senza problemi, come hanno fatto loro con me'".

Il goal nel sangue, dicevamo: eccone la riprova.

"Mio padre è stato capocannoniere del Partizan Tirana, ha giocato a calcio per anni. Oggi ne ha 50, ma se gli metti un pallone tra i piedi si gira e segna con la stessa facilità di quando ne aveva venti".
"Tre anni fa ho lavorato con lui come muratore. Non ho preteso un soldo. Gli serviva una mano e gliel’ho data. Ha fatto centinaia di sacrifici per farci stare bene, e finalmente, nel mio piccolo, sono riuscito a ripagarlo".

Sacrifici, valori e tanta umiltà: le origini non semplici, seppur dure da metabolizzare, paradossalmente diventano la molla che consente a Vuthaj di farsi largo nel mondo del calcio.

"Da ragazzino ero fortissimo, ma avevo la testa da un’altra parte. Non ero pronto per fare il calciatore. A distanza di tempo lo ammetto con serenità. Ero istintivo, incosciente, borioso, credevo di essere il migliore e lo davo a vedere. Del resto, in vita mia, avevo affrontato cose che nessun altro aveva vissuto, quindi non volevo farmi mettere i piedi in testa da nessuno. Tuttora quando perdo cambio umore e mi incazzo, ma gestisco meglio le situazioni".

Nell'intervista, Vuthaj spiega quale sia stato lo 'spartiacque' che non gli ha consentito subito di assaporare la Serie A con l'allora Genoa di Gian Piero Gasperini.

"Un giorno, con la Primavera, segnai tre goal ad Albano Bizzarri, e quando fai tripletta pensi 'vabbè, mi sono assicurato la convocazione in Serie A'. Poi è successo un casino…".
"Io segnavo, i 'grandi' stravedevano per me, poi arriva Juric (all'epoca tecnico della Primavera rossoblù, ndr) e mi mette in panchina. Il tutto all’improvviso. Ci rimasi malissimo, davvero. Inoltre, da extracomunitario, non potevo giocare in Serie B o in Serie C, nonostante le tante offerte, così mi ritrovai a Chiavari in D. Ho pensato di mollare tutto. Non riuscivo a fare niente, non segnavo mai, era come se in campo non ci fossi. La testa era da un’altra parte".

Novara a distanza di tempo è l'isola felice, l'apoteosi del riscatto di Vuthaj: 35 goal in campionato, uno in Coppa Italia Dilettanti ed uno nella Poule Scudetto. Se si pensa che l'intera squadra nel Girone A ne ha segnati 75 in 38 giornate e lui 35 in 35 presenze timbrando il tabellino marcatori in 27 gare sulle 41 disputate, lo score fa ancor più impressione.

Sinistro implacabile, opportunismo, bravura nel gioco aereo e dinamismo accompagnato da una buona struttura fisica: Vuthaj è moderno ed allo stesso tempo in grado di sfruttare quel 'killer instinct' dei bomber vecchia scuola, facendosi trovare sempre al posto giusto nel momento giusto. Per capirlo meglio, basta godersi in rassegna la valanga di reti segnate quest'anno.

Ed ora? Ora c'è che, in maniera più che legittima, Dardan pensa in grande.

"Vorrei giocare in Serie A e con la nazionale albanese (ha già indossato la maglia dell'Under 19, ndr). Sarebbe il coronamento di un sogno".

Il 'crack' in Piemonte non può passare inosservato, ma la corte serrata del nuovo Catania (che ripartirà dalla D) non sembra produrre gli effetti sperati dagli etnei.

"Sì, è vero: non resterò al Novara - ha confermato Vuthaj ad 'Unica Sport' - Il Catania? Non si tratta di convincermi o meno, il fatto è che non voglio scendere di categoria. La piazza è indiscutibile, non è paragonabile alle altre, ma non voglio scendere di categoria. Se il Catania fosse stato già in terza serie sarei venuto subito, senza pensarci due volte. Sono stato sincero con loro: ho fatto 40 goal, anche la C mi sta stretta".

In attesa di scoprire quale sarà la prossima tappa del suo viaggio, Dardan si gode l'ultimo exploit e il 'ghiaccio rotto' col papà.

"In vita sua non mi ha mai detto 'bravo'. Neanche una volta. Dopo la promozione in Serie C, però, si è avvicinato e me l’ha sussurrato. È stato il momento più bello della mia vita".
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