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Vincenzo Grifo a GOAL: "L'Italia è una grande squadra, sa gestire i momenti di pressione"

Se dovessimo eleggere la più grande sorpresa nei top campionati europei, sarebbe complicato non fare il nome del Friburgo. A meno di due mesi dal termine della stagione, il club della Brisgovia è in lotta per un posto in Champions League: ha 45 punti, gli stessi del RB Lipsia, che è davanti solo per la differenza reti. Ha una semifinale di DFB-Pokal da disputare contro l’Amburgo, con il sogno di raggiungere la prima, storica finale nella storia del club.

Tra i protagonisti di questa cavalcata, ovviamente, c’è Vincenzo Grifo. Il fantasista italiano ha già raggiunto la doppia cifra di goal (10) e mantiene un’ottima media a livello di assist (7), numeri che ne fanno il giocatore che più di tutti ha contribuito alla fase offensiva della squadra di Christian Streich.

Nonostante il rendimento di prima fascia in Bundesliga, il classe 1993 non rientra nei piani di Roberto Mancini dallo scorso maggio, quando ha fatto parte del gruppo che ha iniziato il ritiro pre Europeo in Sardegna. L’azzurro rimane un obiettivo per Grifo, che con il suo Friburgo sta facendo di tutto per convincere il tecnico a convocarlo nuovamente nelI’Italia.

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Della sua stagione, del suo percorso con il club, delle sue ambizioni e del suo futuro Vincenzo Grifo ha parlato in esclusiva a GOAL.

GRIFO FREIBURG BAYERNgetty

A ottobre, quando eravate al terzo posto, Christian Streich aveva detto “se continuiamo a migliorare vuol dire che diventiamo campioni d’Europa, e non credo succederà”. Avete avuto fasi di calo, ma siete ancora lì, a lottare per un posto in Champions League. E giocate con una leggerezza diversa rispetto ad altri anni. 

“Quando le cose vanno così bene anche le gambe sono più leggere. Siamo una squadra con tanta grinta e molto unita: a Friburgo lo siamo da sempre, ma quest’anno c’è anche una qualità maggiore. Stiamo vivendo l’annata veramente al massimo.
Non è facile avere così tanta qualità ed essere così uniti, si vede in tante grandi squadre. Ora ci mancano 7 partite - speriamo 9, con la coppa - e quest’anno siamo riusciti a fare una stagione meravigliosa. Vedremo se alle ultime partite lotteremo per la Champions League o per l’Europa League. Avere un periodo difficile e perdere tre partite significa finire molto indietro”.

Siete rimasti imbattuti nelle prime 10 partite di Bundesliga prima di perdere all’Allianz Arena contro il Bayern. È lì che avete capito di poter essere la sorpresa di quest’anno?

“A inizio stagione ci siamo detti di voler migliorare la posizione dell’anno scorso. Quella era l’intenzione. Siamo partiti molto bene, abbiamo inanellato una striscia di 10 risultati utili consecutivi e abbiamo capito che potevamo fare un grande passo avanti. Abbiamo avuto anche fasi di calo, ma è normale che ci siano, non siamo il Bayern Monaco, non abbiamo la loro continuità. Nel calcio si vince o si perde, ma l’importante è avere sempre la testa giusta e avere la fame di arrivare al massimo, infatti poi ci siamo ripresi. E ora siamo in lotta. 
In alcune partite ci è voluta anche un po’ di fortuna. Contro il Wolfsburg alla 26ª giornata abbiamo giocato veramente bene il primo tempo, poi nel secondo tempo ci han rimontato. Alla fine abbiamo vinto 3-2 all’87’. Peraltro ho fatto due gol bellissimi nel primo tempo (uno su punizione e l’altro al volo, ndr), ma quello che si ricondanno tutti è quello decisivo di Nico Schlotterbeck… Quando c’è fiducia si vincono anche queste partite”.

A proposito di Nico Schlotterbeck: anche lui una sorpresa del Friburgo di quest’anno.

“È un bravo giocatore che ha tanta qualità, un ottimo difensore e sono sicuro che farà strada. Si è meritato di andare in nazionale tedesca a 21 anni. Non è facile, ma lui ha il carattere giusto”.

Al rientro dalla pausa nazionali ospiterete il Bayern Monaco: visto il vostro momento di forma e la situazione delicata per loro, pensate di poter avere un’occasione di vincere?

“Il Bayern ha una qualità individuale incredibile, non serve che sia io a dirlo. Sono sicuro che noi avremo le nostre possibilità, poi è chiaro che bisogna sfruttare le occasioni: anche il Bochum è riuscito a batterli 4-2 in casa. Ci vuole pazienza, perché la palla ce l’hanno sempre loro”.

Incontrerai di nuovo Julian Nagelsmann, che è stato anche tuo allenatore all’Hoffenheim nella stagione 2018/19, nella quale hai fatto il tuo esordio in Champions League. Ti immaginavi sarebbe arrivato a 34 anni ad allenare il Bayern Monaco?

“L’ho avuto all’Hoffenheim anche quando ho fatto il debutto in Bundesliga, tra il 2012 e il 2013. Era il terzo allenatore, ma le sedute d’allenamento le dirigeva lui, ed era lui che parlava alla squadra. Nel 2018 sono andato all’Hoffenheim anche per lavorare con Nagelsmann, poi visto che giocavo poco sono tornato al Friburgo a gennaio”.
Vincenzo Grifo Italy EstoniaGetty

Dove hai ritrovato il ‘tuo’ allenatore Christian Streich, uno dei personaggi più unici e caratteristici del calcio tedesco. Come lo descriveresti a chi non lo conosce?

“In poche parole, è una persona molto emozionale, che ha un grande cuore, che ci sa fare coi giovani come con quelli di trent’anni. Ed è un fanatico, ovviamente in senso positivo. Si mette a parlare di calcio con tutti, è professionista al 100%. Se vuole qualcosa, lui ci prova. Se poi alla fine perde o vince, lui ha dato sempre il massimo. Non è facile rimanere 10 anni in Bundesliga, bisogna lavorare molto. Lui ha sempre la grinta e la voglia di lavorare ogni anno. A volte perde i migliori giocatori, ma ha sempre la forza di continuare e sa sempre che ogni anno farà una grande squadra con quelli che ha a disposizione. E, come tutti qui a Friburgo, va sempre in bicicletta”.

Entrato nel club nel 1995, capo allenatore dal 2011. Può esistere un Friburgo senza Streich e può esistere uno Streich senza Friburgo?

“Vederlo in un’altra squadra è difficile. Quando guardavo il calcio 10 anni fa c’era già Streich a Friburgo. Come si può immaginare Streich lontano da Friburgo? È difficile anche solo da pensare”.

Ci racconti un aneddoto in particolare legato a lui?

“In una partita di Zweite Liga contro il Greuther Fürth (stagione 2015/16, ndr) avevamo vinto 5-2 e avevo fatto due goal e due assist, ero la persona più felice del mondo. Invece lui mi ha sgridato davanti a tutti i compagni perché un terzino avversario mi aveva saltato e avevamo preso goal per colpa mia. Pensavo di essere stato il migliore in campo, invece lui era arrabbiato. Mi ha fatto capire che non lo ero stato, perché avevo commesso 2-3 errori difensivi. Ho capito la sua ricerca della perfezione. Tanti mi avrebbero fatto i complimenti, lui invece mi ha fatto capire i miei errori”.

Quest’anno avete vissuto un cambiamento importante passando dallo storico Dreisamstadion al nuovissimo Europa-Park Stadion. Non tutti hanno preso benissimo questa svolta, viste le proteste dei tifosi.

“Cambiare stadio è come cambiare casa. Sei in una casa da tanto tempo, ma quando guadagni tanti soldi vuoi averne una nuova. È ovvio che lasci tanti ricordi nella casa vecchia, specialmente chi ci è stato per tanti anni, ma in quella nuova è tutto più moderno. Costruiremo bei ricordi anche nell’Europa-Park Stadion. Ho tantissimi ricordi al Dreisamstadion, dalla promozione alla festa coi miei genitori, tutti in campo… Ma qui è molto più moderno. Capisco i tifosi che sono dispiaciuti, fa male, ma con l’euforia che abbiamo adesso costruiremo ricordi nello stadio nuovo, che comunque è bellissimo”

Come spiegheresti la realtà della società Friburgo a chi non la conosce?

“Siamo una grande famiglia. Ogni volta che ne abbiamo l’occasione, io e i miei compagni organizziamo sempre cene o uscite insieme. E ci siamo sempre tutti. Ci capiamo bene. Qui ci sono tanti ragazzi che vengono dalle giovanili che hanno sempre la possibilità di arrivare in Bundesliga. La filosofia dello staff è quella di voler crescere i giovani e avere una squadra unita per lottare. Ti chiedono di dare tutto e, se lo fai, sai di poter diventare un grande giocatore e raggiungere alti livelli. Se dai il massimo, anche se perdi non c’è problema. Qui c’è tanta gente con grande cuore, persone che lavorano nel calcio da tanti anni. Bisogna affidarsi a loro”.
Grifo ps fribugoGetty/Goal

Pensi al tuo futuro? Ti vedi ancora a lungo a Friburgo?

“I pensieri ci sono sempre, ma io qui ho trovato una seconda famiglia. I miei genitori sono a Pforzheim che è ad un’ora da qui, possono sempre venire a trovarmi e vedere mia figlia piccola. Quando poi ci sarà l’occasione di fare uno step in più, allora farò altri pensieri. Ma il Friburgo mi ha dato la possibilità di tornare dopo che me n’ero andato nel 2017, mi ha dato l’opportunità di fare bene e anche i numeri lo dicono (52 gol e 58 assist in 171 partite, ndr). Se poi ci saranno delle chances, ovviamente ci si penserà, fa parte del calcio.
Anche a gennaio ci sono state delle richieste, e se ci sono delle proposte poi ci si riflette. Però deve arrivare il momento giusto. Ora voglio cogliere l’occasione di giocare una competizione internazionale col Friburgo, poi vedremo cosa succederà”.

Parlando invece di Nazionale, eri nel gruppo dei pre-convocati per l’Europeo, poi sei stato tagliato da mister Mancini e non sei più rientrato nei piani. Come l’hai vissuta e come la stai vivendo?

“La mia storia è nota: io amo la Nazionale italiana e ho sempre lavorato tanto per arrivare in azzurro. Sono sempre stato grato a mister Mancini che mi ha dato la possibilità due anni e mezzo fa di esordire in azzurro e di rimanerci per due anni e mezzo. Poi è chiaro che qualunque professionista voglia arrivare al massimo: giocare un Europeo o un Mondiale è un sogno per me, come per altri. È normale che quando raggiungi un sogno, come per me era la Nazionale, vuoi avere il massimo successo. Quando vai in Sardegna, sei convocato e poi devi andartene è ovvio che sei triste. Comunque non ci sono rimasto così male, perché due giorni dopo mi sono messo la maglia azzurra e mi sono messo a tifare. Sono rimasto in contatto con i miei compagni, era una grande famiglia. Per me l’Italia conta molto, anche perché ci sono giocatori da cui posso imparare tanto".

Ti sei comunque tolto la soddisfazione di portare la ’10’ sulla schiena…

“L’ho appesa a casa, nel salotto”.

Sei nato in Germania da genitori italiani: sei mai stato contattato dalla nazionale tedesca?

“Qualche volta mi hanno chiesto di giocare per loro, sì, ma mi sono sempre detto che se avessi dovuto scegliere tra Germania e Italia avrei sempre scelto l’Italia. Io qui in Germania ho avuto tutto, non mi è mancato nulla, questo paese mi ha dato tanto, ma il mio cuore batte per l’Italia al 100%: a casa mia si è sempre parlato italiano, mangiato italiano”.
Grifo PSGetty/GOAL

Giochi ad altissimo livello in Germania, ma non sei regolarmente parte della nazionale italiana. È successo anche in passato che alcuni giocatori al top della Bundesliga non trovassero regolarmente spazio in azzurro. Ti senti sottovalutato dal fatto di non giocare in Italia?

“Non guardo tanta televisione e non leggo i giornali, sto poco sui social. Ogni tanto mi mandano gli articoli i miei amici, ma in generale non mi sento sottovalutato dai media o dai tifosi. La vivo come una cosa normale e non mi fascio la testa. Se uno fa bene e sta bene, poi avrà le sue occasioni. Non penso di essere stato snobbato dal mister Mancini perché mi ha dato la possibilità di giocare”.

Gli azzurri stanno affrontando un playoff decisivo: hai sentito i tuoi compagni? Vuoi mandare loro un messaggio?

“Voglio fare a tutti i miei compagni e al mister un grosso in bocca al lupo per la partita. Sarò davanti alla televisione a tifare, sono fiducioso che ce la faremo. Siamo una grande squadra che sa come gestire i momenti sotto pressione, perché abbiamo giocatori molto forti”.
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