Erling Haaland Dortmund Bundesliga 2021-22Getty

Un goal a partita e un entusiasmo senza fine: Haaland e il Borussia Dortmund

Il pubblico di Augsburg non è mai stato di palato particolarmente fine. Negli ultimi anni si segnala un quinto posto nel 2015, valso l’Europa League e una storica sfida ai sedicesimi di finale col Liverpool di Klopp. Per il resto la squadra è sempre stata nella medio-bassa classifica di Bundesliga. Eppure la cittadina bavarese, un centinaio di chilometri a nord di Monaco, sarà per sempre ricordata come l’epicentro da cui è scaturito il terremoto Erling Haaland, che si è abbattuto sull’intera Germania calcistica attraverso 86 goal e 23 assist nel giro di due anni e mezzo, in 89 presenze. Il tutto, consentendogli di meritarsi l'approdo al City di Guardiola.

Altro che uomo di ghiaccio. Seppur annunciato nel freddo di fine dicembre, il norvegese ci ha messo poco a scaldare il campionato tedesco. Per la precisione 23 minuti. Quelli trascorsi dalle 16.45 (circa) alle 17.10 di sabato 18 gennaio 2020, il tempo che il classe 2000 ha impiegato ad entrare in campo alla WWK-Arena, toccare la palla non più di una decina di volte, metterla in fondo al sacco in tre occasioni e girare la partita dal 3-1 al 3-5 in favore del Borussia. 

“Sono venuto qui per fare tanti goal, questo mi sembra un buon inizio”.

Ed è stato davvero solo l’inizio. Tripletta alla prima in Bundesliga, doppietta alla seconda e alla terza. Doppietta alla prima in Champions League, al PSG di Neymar — con tanto di presa in giro della star brasiliana dopo il match di ritorno, in risposta ad una provocazione del 19enne ex Salisburgo. Sì, perché in tutto questo non andrebbe trascurato un dettaglio: il giovane Erling di anni ne aveva 19. Pochi anni prima girava video musicali con i suoi amici, tra cui Eric Botheim, tra i protagonisti in Bodø-Roma 6-1. Poi la musica è cambiata. Per davvero, di nuovo.

Ora Haaland ha 22 primavere e per quanto intensi sono stati gli ultimi due anni e mezzo sembra già di parlare di un veterano. 30 mesi brevi, per certi versi, ma intensi. Sull’onda dell’hype che si autoalimentava ad ogni goal, doppietta, tripletta. Ci ha provato pure il destino a mettersi di traverso, con i due mesi di stop a causa della pandemia. Al rientro in campo ha segnato lui il primo goal, iconico. C’erano dubbi?

Non ne ha mai avuti, il Borussia Dortmund, che su Haaland ha costruito due stagioni e mezzo, raccogliendo forse meno di quanto potesse sperare. In campionato ha solo fatto un po' di solletico al Bayern, in Europa non è mai andato oltre i quarti di Champions e in termini di trofei ha portato a casa solo una DFB-Pokal. Curiosamente, vinta in finale contro il RB Lipsia - quella che secondo i media era la principale contender dei gialloneri nella corsa al ragazzone norvegese che aveva stregato l’Europa a Salisburgo.

haaland(C)Getty Images

Forse i trofei per Haaland non sono il metro di valutazione migiore: pur se non ne avremo mai una riprova, la scelta di andare a Dortmund è stata la migliore possibile in termini di sviluppo tecnico. Un esempio? Dopo aver segnato solo un paio di goal di testa sui primi 59 col Borussia, ne ha messi altrettanti nei successivi 11.

“Se riesce ad aggiungere anche i colpi di testa al suo repertorio, auguri alle difese avversarie” ha dichiarato Marco Rose.

In più, rispetto al suo arrivo, Haaland ha raggiunto anche un’importante dimensione come assist-man, nelle letture del gioco offensivo, non solo come finalizzatore. Senza però mai perdere l’esplosività fisica, probabilmente il suo vero punto di forza. Insomma, da quel pomeriggio ad Ausgburg di cose ne sono cambiate tante.

Nell’ultima stagione il norvegese si è riscoperto debole dal punto di vista della tenuta muscolare: in tre occasioni ha dovuto osservare degli stop di almeno un mese a causa di infortuni, mai di natura traumatica. Problemi che si inseriscono in un contesto di squadra disastroso sotto questo profilo, con Rose che si è spessissimo trovato in emergenza con gli uomini contati. Anche se l'assenza di Haaland pesava sempre più delle altre. E ciò ha inevitabilmente condizionato il rendimento di squadra.

Erling Haaland, Borussia Dortmund 2021-22Getty

A Dortmund salutano la fine di un’era arrivata probabilmente al momento giusto, la fine di un ciclo di due anni e mezzo in cui la squadra è stata, com'è normale che fosse, Haaland-centrica. Forse persino troppo, considerando l’altra faccia della medaglia: quando il norvegese è mancato, il rendimento è stato fin troppo differente. La presenza di Haaland e l’impossibilità di sostituirlo sono stati il più grande valore aggiunto possibile per Rose e allo stesso tempo il più grande limite che ha impedito forse di correre davvero alla pari con il Bayern Monaco.

In ogni caso, andata come è andata, al Westfalenstadion verranno ricordate le sue esultanze scatenate sotto il muro giallo, l’urlo degli 80mila che hanno spinto Haaland a scegliere il Borussia in quell’inverno mai così caldo. Lato giocatore, sarà impossibile non essere grado ad una piazza che lo ha accolto da talento e lo lascia andare da superstar. Lato club, l’annuncio dell’acquisto di Karim Adeyemi un’ora dopo quello di Haaland rispecchia precisamente le dichiarazioni di Watzke alla 'CNN' alla vigilia dell’annuncio.

“Abbiamo fatto calcio a Dortmund per 113 anni, 111 dei quali senza Erling Haaland. Anche se va via, continueremo a fare calcio”.

La centralità del club prima di tutto. Anche se dimenticare quel pomeriggio di Augsburg sarà impossibile per chiunque.

Pubblicità