616 presenze sulle 623 totali con i club, Daniele De Rossi le ha collezionate a Roma di cui è diventato uno dei simboli, un'icona al pari di altri grandi campioni passati a Trigoria: diciotto lunghi anni vissuti al massimo, tra il dolce delle vittorie e l'amaro degli infortuni che lo hanno portato a vivere un piccolo calvario durante l'ultima stagione giallorossa. Una love story adesso rialimentata clamorosamente dal ritorno nelle vesti di allenatore.
Il suo addio era stato un altro colpo al cuore per il popolo romanista, che due anni prima aveva salutato Francesco Totti tra le lacrime di tutto lo stadio: un passaggio di consegne tra 'Er Pupone' e 'Capitan Futuro', nuovo proprietario di una fascia da capitano che sembrava non voler mai arrivare. E, proprio in qualità di capitano, De Rossi guidò la squadra contro il Parma in una gara che non aveva più molto da dire.
La Roma aveva ancora una piccolissima possibilità di conquistare il quarto posto, legato indissolubilmente ai risultati negativi di Atalanta, Inter e Milan che però vinsero le loro rispettive partite relegando la 'Lupa' in Europa League: magra consolazione al culmine di una stagione sfortunata e turbolenta, condizionata dal cambio d'allenatore con il ritorno di Claudio Ranieri al posto dell'esonerato Eusebio Di Francesco.
In campo però c'è da onorare l'ultima di De Rossi e gli stimoli, in tal senso, furono enormi: quella che doveva essere una partita anonima si trasformò nella celebrazione di una delle carriere più iconiche degli ultimi 15 anni, una delle ultime bandiere rimaste a sventolare a difesa di due colori, il giallo e il rosso.
In un contesto del genere, la cronaca assume un ruolo del tutto marginale: il goal del vantaggio di Lorenzo Pellegrini sembra indirizzare al meglio il commiato che tocca uno dei punti più alti al minuto 81, quando Ranieri decide di sostituire De Rossi per concedergli la standing ovation dello stadio, tributo più che mai meritato. Gervinho rischia però di fare da guastafeste con la rete del pari all'86' che ammutolisce l'Olimpico, tornato ad esultare due minuti più tardi con il colpo di testa di Perotti che supera Frattali.
Per i tifosi giallorossi questo è un déjà vu in piena regola: fu proprio il 'Monito' a regalare il successo in quel Roma-Genoa che sancì l'addio di Totti, seppur in quella circostanza il goal servì per blindare il secondo posto e volare direttamente ai gironi di Champions League. Stavolta niente gloria europea ai massimi livelli, ma solo la soddisfazione di poter salutare De Rossi con i tre punti in saccoccia che bastano soltanto per assestarsi al sesto posto finale.
Ma in quel momento la classifica non conta, l'unico pensiero è riservato all'omaggio da conferire al capitano, rientrato in campo dopo il triplice fischio sulle note di 'The Masterplan' degli Oasis: colonna sonora perfetta che accompagna gli abbracci ai componenti dello staff tecnico e dei compagni, salutati uno ad uno fino ad arrivare ad un emozionatissimo Ranieri, anch'egli al passo d'addio.
Il picco emozionale è raggiunto con l'incontro tra De Rossi e Totti: uno in maglia e calzettoni, l'altro in veste più elegante da dirigente lasciata qualche settimana più tardi tra feroci polemiche. Un abbraccio prolungato per nascondere le lacrime di chi aveva già vissuto quel triste - e allo stesso tempo magico - momento, di chi si era sempre battuto con onore per amore del club nonostante fosse diventato una sorta di 'peso' di cui disfarsi al più presto.
In quell'abbraccio è racchiusa l'essenza della romanità nella sua forma più pura, ribadita con il passaggio di De Rossi sotto la Curva Sud, la sua Curva, quella in cui si sarebbe infiltrato con un travestimento per passare inosservato e fare il tifo come se nulla fosse. E forse è proprio questo il destino di Daniele, tifoso accanito ancor prima che (magnifico) giocatore con uno spirito d'altri tempi oggi timoniere della Lupa. Come nelle migliori storie d'amore che si rispettino.