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Tra campo, scrivania e musica: le anime di Fredi Bobic

Nonostante gli ultimi anni siano stati particolarmente complicati, con due retrocessioni in 2. Bundesliga e immediata promozione l’anno seguente, Stoccarda è una delle città della Germania di maggior tradizione calcistica. Dai Meisterschale con Klinsmann all’ultimo trionfo con Mario Gomez, fino ai sogni europei mai raggiunti, tra Coppa delle Coppe e Coppa UEFA. Uno dei grandi rimpianti è di non aver mai visto vincere la Bundesliga la squadra del ‘Triangolo Magico’, il tridente che tra il 1995 e il 1997 per due stagioni ha illuminato la Bundesliga e il calcio tedesco. Un fantasista bulgaro, Krasimir Balakov, spalla di Stoichkov al Mondiale del 1994. Un goleador brasiliano, Giovane Elber, meteora al Milan oggi chiamato ‘leggenda’ dai tifosi del Bayern Monaco. Un attaccante di origine slava, di padre sloveno e madre croata, che però ha giocato con la nazionale tedesca diventando uno dei primi ‘oriundi’. Cresciuto nei dintorni di Stoccarda, passato dal settore giovanile del VfB. Nome: Fredi Bobic. Ci ha messo pochissimo a farsi ricordare da tutto il Gottlieb-Deimler-Stadion, diventando uno degli idoli degli Schwaben e uno degli attaccanti più apprezzati del calcio tedesco.

Stoccarda è diventata la sua città sin da piccolo, quando i suoi genitori si sono trasferiti nell’allora Germania Ovest. Il suo talento è emerso da subito: ha fatto la spola tra lo Stoccarda e i Kickers a livello giovanile. I due club più importanti della città. I primi passi tra i ‘grandi’ li ha però mossi nel TSF Ditzingen, squadra della periferia, dove ha fatto capire che i goal li sapeva fare. Come il suo idolo Marco van Basten. Dal Ditzingen il ritorno ai Kickers, poi di nuovo allo Stoccarda. La prima squadra della città del Baden-Württemberg. Soffiato ai rivali cittadini, che a loro volta lo avevano preso proprio dal VfB. I suoi goal avevano permesso al club di vincere il campionato a livello Under 19. I Kickers però giocavano per altri obiettivi, giocavano in 2. Bundesliga. Con lo Stoccarda invece l’aspirazione era vincere la Bundesliga.

Il suo impatto con la nuova vecchia maglia è stato da subito devastante. Arrivato nel 1994, ha esordito in Bundesliga alla prima giornata contro l’Amburgo. Come? Segnando, ovviamente. Ripetendosi poi in tutte le sue prime cinque partite di esordio in Bundesliga. Miglior striscia per un esordiente con un nuovo club. Uno solo sotto il record fissato da Mohamed Zidan con il Mainz nel 2011/12. Impossibile che passasse inosservato. Anche agli occhi del CT della Nazionale Tedesca Berti Vogts. Lo ha fatto esordire, lo ha inserito stabilmente nella rosa, lo ha portato anche all’Europeo del 1996. In una rosa con attaccanti del calibro di Stefan Kuntz, Oliver Bierhoff e il capitano Jürgen Klinsmann, la 9 è finita sulle sue spalle. Vogts aveva rinunciato a nomi pesanti come Riedle e Kirsten per puntare su Bobic. Aspettative abbastanza disattese. Zero goal in tre partite da titolare, senza andare in panchina né in semifinale né in finale a causa di un infortunio rimediato ai quarti, contro la 'sua' Croazia: una lussazione alla spalla in un contrasto con Slaven Bilic, ex difensore ed ex allenatore della Croazia. "Lui è per metà di Karlsruhe, io di Stoccarda, è un derby regionale molto sentito" ha scherzato Bobic al 'Frankfurter Rundschau'.

"La sera uscivamo a Evian. Vogts sapeva che non eravamo tipi facili. Volevamo uscire. Non c’erano le PlayStation. Non ce l’ha mai permesso, ma a volte vedevamo i giornalisti al pub. Abbiamo fatto festa in Inghilterra, ma ad un certo punto non ci hanno dato più niente da bere. Hanno chiuso tutto. Probabilmente erano arrabbiati perché avevamo vinto noi".

"Avevo una spalla lussata. Non sono riuscito a sollevare il trofeo. Era pesantissimo. Sotto c’era un piedistallo di marmo. Sepp Maier, che era il nostro allenatore dei portieri, alla festa l’ha fatto cadere e l’ha rotto".

La medaglia d’oro è custodita con grande orgoglio. Seppur avendo vinto da spettatore. Il suo rapporto con gli Europei in seguito non è stato così brillante. Ha disputato anche quelli del 2004. Uscendo ai gironi. Rudi Völler lo aveva richiamato abbastanza a sorpresa nel novembre 2002: non indossava la maglia della Mannschaft da quattro anni e mezzo. Chiuderà con la Germania 37 presenze e 10 goal.

Fredi Bobic GermanyGetty Images

In quel momento era un giocatore dell’Hannover, aveva trascinato il club alla salvezza a suon di goal. Viveva una seconda giovinezza. I suoi anni migliori, in ogni caso, sono stati quelli durante il primo stint in nazionale. A Euro 1996 ci era andato da capocannoniere della Bundesliga, con 17 reti e tra le mani il Torkanone, il premio di miglior marcatore del massimo campionato tedesco. È la prima delle due stagioni del ‘Triangolo Magico’. 17 per Bobic, 16 per Elber (che pochi anni prima era stato etichettato come ‘meteora’ al Milan), 7 di Balakov. Ma un amaro decimo posto. L’anno dopo sarebbe andata decisamente meglio. Quarto posto in Bundesliga, 49 goal prodotti in campionato dal ‘Triangolo’, di cui 19 da Bobic. In più, la vittoria della DFB-Pokal, in finale contro l’Energie Cottbus, con doppietta di Giovane Elber. Il punto più alto toccato da Bobic allo Stoccarda. Poteva essere il trionfo in di Coppa delle Coppe del 1998, non fosse stato per il goal di Zola che in finale a Stoccolma regalò una gioia irripetibile a Gianluca Vialli, player-manager di quel Chelsea.

In campo in quella finale non c’era più il ‘triangolo magico’, che si era sciolto con il passaggio di Elber al Bayern l’estate precedente. Ce n’era un altro, passato alla storia come ‘triangolo tragico’. Quello che Bobic formava con i compagni Gerhardt Poschner (peraltro visto anche in Italia, al Venezia) e Marco Haber: ‘Das Tragische Dreieck’, letteralmente ‘triangolo tragico’, per l’appunto. Non per questioni tattiche, bensì musicali. Avevano inciso un singolo rap, ‘Steh Auf’, traducibile come ‘alzatevi’, che era diventato piuttosto popolare grazie al suo ritornello. I tre si sono esibiti anche al Neckarstadion, in una situazione per certi versi un po’ imbarazzante. Il disco si trova ancora in commercio online, rivenduto a oltre 50 euro. Non è stata l’unica esperienza ‘musicale’ di Bobic, che nel 2007 ha fatto un altro cameo nel video di ‘Von selben Stern’ di Ich+Ich e nel 1996 aveva cantato anche insieme alla Mannschaft nella tradizionale canzone pre torneo incisa da tutto il gruppo. Ha fatto anche l’attore: ha partecipato alla serie per bambini Torpiraten, ‘i pirati del goal’.

Fortunatamente, a Stoccarda lo ricordano più per i goal. Ma anche per un addio amaro, nell’estate 1999. La scelta di andare al Borussia Dortmund, fino a un paio d’anni prima la miglior squadra di Germania e campione d’Europa nel 1997, non lo ha premiato. In due anni e mezzo ha messo insieme poco più di 20 goal in 80 partite, dimezzando la sua media che a Stoccarda era di un goal ogni due partite. Aveva l’occasione di vincere la Bundesliga nel 2002 con il Borussia Dortmund ma a gennaio dopo essere finito ai margini era stato mandato al Bolton in prestito. Dove peraltro ha raggiunto una salvezza importante. Intanto, però, al Westfalenstadion si celebravano le gesta di Marcio Amoroso e Jan Koller, gli eroi del titolo con Sammer in panchina.

Fredi Bobic StuttgartGetty Images

Il ritorno di Bobic in Germania per la stagione 2002/03 è coinciso con quella che è stata probabilmente l’ultima stagione al top. 14 goal per salvare i Roten. Soprattutto, la chiamata in nazionale, confermata anche nel suo primo anno all’ Hertha Berlino (2003/04). Dopo la delusione dell’Europeo, il nativo di Maribor ha imboccato il viale del tramonto. Un altro anno all’Olympiastadion, prima di chiudere al Rijeka, nella Croazia della mamma, vincendo un campionato.

Aveva già capito di vedersi dietro un scrivania nel post-carriera, con una ruolo tecnico. Aveva cominciato in Bulgaria insieme al suo vecchio compagno Balakov, al Chernomorets , ma non è andata benissimo. Poi la chiamata irrinunciabile dello Stoccarda, quatto anni prima di non lasciarsi nel migliore dei modi. Poi la nuova avventura all’Eintracht Francoforte nel 2016, da CEO della parte sportiva, con un suo ex compagno in panchina: Niko Kovac. La squadra era reduce da uno spareggio salvezza. Nel giro di qualche mese, si è ritrovata a lottare per la Champions League e disputare la finale di DFB-Pokal nel 2017, persa contro il Borussia Dortmund. Festa rimandata di un anno: il trionfo del 2018 in finale con la doppietta Rebic rimane nella storia del club. Nello stesso anno, il giornale sportivo ‘kicker’ lo ha insignito del premio di uomo dell’anno.

Al termine della scorsa stagione ha lasciato Francoforte per tornare a Berlino, sponda Hertha. In tanti han pensato a lui, si è parlato anche di Manchester United, ma Bobic all’Hertha ha giocato, è socio del club, la sua famiglia vive lì. Ha ancora qualcosa da restituire. Anche da dirigente, come era da giocatore, è diventato uno dei personaggi più apprezzati e ascoltati nel mondo del calcio tedesco. Con ‘ascoltati’ si intendono i suoi discorsi e le sue interviste. Anche perché ha smesso di fare musica. Forse è meglio così.

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