Artem Milevskiy UkraineGetty Images

La folle storia di Milevskiy, l'erede di Sheva disperso nell'alcol

Un vecchio sabato durante il lockdown per il coronavirus. Un sabato a casa e senza calcio. Un sabato senza Premier o anticipi di Serie A, un sabato senza fantacalcio e senza ansia di fare la formazione.

In realtà da qualche parte nel mondo si giocava ancora ed è così che mi ritrovai su un sito di livescore a caso, un po' per noia, un po' per necessità. Si stava giocando regolarmente il campionato bielorusso, balzato inevitabilmente agli onori della cronaca dopo la provocazione del mitico Alexander Hleb, che invitava Messi e Ronaldo a venire a giocare lì.

Apro il tabellino di una partita, poi di un'altra. A un certo punto mi fermo, rimango quasi bloccato. Slutsk-Brest 0-1, goal decisivo al minuto 19 di un certo A. Milevskiy. Aspettate un attimo, stiamo parlando davvero di lui? Stiamo parlando davvero di Artem Milevskiy?

Guardo bene, 35 anni, è proprio lui. A un certo punto mi si apre un mondo, ripenso a quando di questo ragazzo ormai a fine carriera si diceva che fosse l'erede di Shevchenko. Ripenso a quando lo volevano tutti i top club europei e mi domando se abbia finalmente messo la testa a posto.

Per chi non lo conoscesse, per i più giovani, Artem Milevskiy era uno dei migliori talenti in circolazione in Europa a inizio anni 2000. Inizia a giocare con l'Under 16 della Bielorussia, ma la federazione ucraina si accorge presto di lui e sfrutta il doppio passaporto con tutta l'arroganza possibile per accaparrarselo.

Arriviamo quindi al 2006, probabilmente l'apice della carriera di Milevskiy che prima trascina l'Under 21 ucraina alla finale dell'Europeo di categoria perso contro l'Olanda di Huntelaar e poi viene convocato dalla nazionale maggiore per i Mondiali del 2006. Appena un mese dopo.

Milevskiy non vede il campo fino ai tempi supplementari dell'ottavo di finale contro la Svizzera. Alla fine si va ai calci di rigore e ovviamente Milevskiy si presenta sul dischetto. Non poteva e non doveva essere un normale calcio di rigore. Il giovane Artem non solo fa il cucchiaio, ma si porta il dito alla bocca zittendo tutti in mondovisione.

Quell'Ucraina passerà il turno e verrà eliminata dall'Italia futura campione del Mondo in una partita che per la prima volta vede l'uno di fianco all'altro il passato leggendario del calcio ucraino, Shevchenko, e il radioso futuro che corrisponde al nome di Milevskiy. Fu questa la coppia d'attacco titolare dell'Ucraina: Sheva e Milevskiy. Ma non ci fu storia: 3-0 per l'Italia.

Artem Milevskiy Dynamo Kiev

Inter e Bayern sono solo due delle squadre che bussano alla porta della Dinamo Kiev dopo il Mondiale tedesco. Ma la giusta offerta non arriverà mai. Anche il Milan ci ha provato, proprio su consiglio di Sheva. Tutti sapevano quanto Milevskiy fosse forte, potenzialmente un fenomeno. E allo stesso modo tutti conoscevano il suo punto debole, il mostro che ha divorato lentamente la sua carriera: l'alcol, tanto alcol.

Troppo alcol, al punto da organizzare delle vere e proprie maratone alcoliche nelle infinite notti di Kiev insieme al compagno Aliev, un altro che doveva essere ma non è mai stato. Delle sbronze croniche che in Ucraina chiamano 'Zapoj', come raccontato su 'Panorama'. E cosa fossero esattamente lo ha spiegato lo scrittore Emmanuel Carrére.

"Vuol dire restare ubriachi per parecchi giorni senza smaltire la sbornia, vagare da un posto all’altro, salire su treni che non si sa dove vadano, confidare i segreti più intimi a persone incontrate per caso, dimenticare tutto ciò che si è detto e fatto: una specie di trip”.

Ed è questo quello che è stata la carriera di Milevskiy: un lungo trip. E come tutti i trip si passa dall'estasi alla depressione, up and down. Nel 2013 la Dinamo Kiev è stanca delle sue follie e lo mette alla porta dopo 11 anni insieme. Lo aveva praticamente preso il Livorno di Spinelli, ma poi l'accordo saltò e Milevskiy decise di andare in Turchia, al Gaziantepspor.

Cambia la squadra, ma gli 'zapoj' restano. Ed è durante uno dei suoi trip alcolici che Milevskiy distrugge completamente la sua Ferrari California dal valore di 200 mila euro, rimanendo miracolosamente illeso. Illeso ma totalmente ubriaco, come dimostreranno i test.

Il Gaziantepspor lo ha scaricato in fretta e furia l'estate successiva. Inizia così a girare da una squadra improbabile all'altra fino ad arrivare in Bielorussia, la patria dei suo genitori, dove tutto è iniziato, dove per Milevskiy c'era solo il pallone e l'alcol non esisteva ancora.

A 37 anni non è più l'erede di Sheva, non è più l'Ibrahimovic ucraino. Ha qualche chilo in più e si è da poco ritirato. Dopo la Dynamo Brest ha tentato l'ultima esperienza in Ucraina, al Minaj, prima di appendere gli scarpini al chiodo la scorsa estate. E soprattutto mi ha fatto viaggiare, seppur rimanendo a casa.

Pubblicità