“Ero ad una festa di Natale a casa di Gilberto Silva. Non c’era un dress code particolare, anzi. Eppure Eboué si era vestito da tigre, compresa di coda, e si nascondeva dietro la porta. Quando sono arrivato è saltato fuori e si è messo a ruggire per spaventarmi. All’inizio sono andato nel panico, poi ho subito pensato ‘Ah, ma è solo Eboué…”
Per descrivere la personalità di Emmanuel Eboué basterebbe ripescare questo aneddoto, raccontato da Emmanuel Adebayor, con cui ha condiviso lo spogliatoio all’Arsenal. L’ivoriano era, semplicemente, il ‘funny guy’, quello che portava sempre il buonumore, con il sorriso stampato e tanta positività.
“È più divertente dei comici che si vedono in tv, che devono far ridere di professione”.
Eboué era un punto fermo dell’Arsenal. Con il club londinese ha collezionato oltre 200 presenze, nell’arco di quasi 7 anni. Nato e cresciuto in Costa d’Avorio, passato dal Beveren prima di sbarcare a Londra. Terzino destro, a volte utilizzato anche come esterno alto. Corsa, spinta, fisico.
Nella sua prima stagione completa è arrivato a un soffio dalla Champions League, persa in finale col Barcellona, nella quale l’Arsenal ha fatto registrare il record di clean sheet in tutta la competizione. Non è un caso che a fine anno l’ivoriano sia stato inserito nella squadra ideale dall’UEFA. Per molti era il miglior terzino destro della stagione di calcio europeo. E pensare che a gennaio quasi per caso aveva preso il posto di Lauren, un’icona degli Invincibles che nel 2004 avevano vinto la Premier League senza mai perdere. Con il camerunese fuori per infortunio, l’allora 22enne si era preso il posto da titolare e non lo aveva più mollato, per tre anni.
Soprattutto, oltre che in campo, Eboué era diventato un punto fermo nello spogliatoio. Photoshoot divertentissimi con capelli afro e pattini a rotelle, imprevedibilità in campo e in panchina, dove una volta si era addormentato durante una partita. Al Mondiale 2010 aveva fatto finta di parlare coreano con l’allenatore e un giocatore avversario. “A volte mentre mangia si mette il cibo nel naso”, ha raccontato sempre Adebayor. Nel 2007 durante Buckingham Palace, conobbe la Regina e si propose per fare da dog sitter ai suoi cani Corgi.
Quando andò via dall’Arsenal, nel 2011, lasciò un vuoto soprattutto di spirito, visto che il posto da titolare lo aveva ormai ceduto a Sagna. Decise di firmare un ricco contratto col Galatasaray, che avrebbe lasciato nell’estate 2015, dopo quasi un anno senza giocare, messo fuori squadra da Cesare Prandelli anche per una questione di registrazione nelle liste. La sua ultima partita ufficiale era stata il 19 aprile 2014. Un mese prima giocava in Champions League contro il Chelsea. Condivideva il campo con Sneijder, Felipe Melo, Drogba. C’era Roberto Mancini in panchina.
A Istanbul era amato dai tifosi per il suo spirito e anche per qualche uscita pubblica ‘anti Fenerbahçe’, qualcuna delle quali si può ancora rintracciare su un suo profilo Twitter (non certificato), inattivo dal 2016. Ovvero, quell’anno che per Eboué ha rappresentato l’inizio della fine. Quello che ha cancellato tutto il suo passato, i suoi scherzi, la sua giovialità. L’anno che gli ha tolto il sorriso.
Getty ImagesTutto è nato dalla squalifica che nel marzo 2016 gli è stata comminata dalla FIFA: un anno di stop per un contenzioso con il suo ex agente Sébastien Boisseau, un debito non saldato. 22 giorni prima aveva firmato per il Sunderland, con il quale era in prova da un mese. L’addio del 31 marzo ha posto fine alla sua carriera di calciatore.
"È stato l'agente di un giocatore ivoriano a creare tutti i problemi - la sua ricostruzione a ‘RTI 1’ - gli avevo dato i soldi da consegnare, ma non l'ha fatto. Poi, la FIFA mi ha inviato una lettera per informarmi di un debito di 1 milione di euro di cui non sapevo praticamente nulla”.
"Ero sospeso da qualsiasi attività - ha raccontato a ‘RMC Sport’ - non avevo il diritto di allenarmi con un club. Mi allenavo da solo e mi vergognavo. Andavo a correre al mattino, ma c'erano persone che si stavano allenando e venivano a fare qualche foto con me. Mi sono dovuto allenare di notte, quando non c'era luce, ma non potevo restare a casa. Quando vedevo i miei figli mi chiedevano quando sarei tornato in campo, così quando uscivo la mattina fingevo di andare al lavoro. Stavo fuori e andavo a casa quando i miei figli erano già a letto, perché non volevo che mi chiedessero perché non mi vedevano giocare. Spesso mi chiudevo nella mia stanza per tre o quattro giorni”.
Si è definito “ingenuo” per aver delegato totalmente la gestione delle sue finanze ad altre persone, consigli sbagliati lo hanno portato a perdere gran parte del suo patrimonio. A peggiorare ulteriormente le cose, finanziariamente e non solo, è stato il divorzio dalla moglie Aurélie, che lo ha distrutto mentalmente e finanziariamente, fino a fargli considerare il suicidio.
"Prego Dio affinché scacci questi pensieri dalla mia mente. A casa ho paura, perché non so a che ora verrà la Polizia Giudiziaria. A volte spengo le luci perché non voglio che le persone sappiano che sono dentro. A volte dormo sul pavimento della casa di un mio amico. Lavo i miei jeans da solo, lavo tutti i miei vestiti. Le mie mani sono dure come se lavorassi in una fattoria. I soldi che ho guadagnato li ho spediti a mia moglie per i nostri figli. Una volta mi chiamavano, adesso non ho più alcun contatto con loro. Quando vedo i miei ex compagni ancora nel mondo del calcio sono felice per loro, ma mi vergogno della mia situazione. Ci penso e mi dico che dovrei essere lì anche io”.Getty Images
Il suo desiderio era quello di rientrare nel mondo del calcio, al quale sentiva di aver ancora qualcosa da dare, in campo.
“Tutto ciò che voglio è tornare a giocare a calcio ancora una volta. Non mi importa dove, andrei anche a Baghdad o in Pakistan solo per giocare - ha raccontato al ‘Mirror’ - La mia situazione mi far star male, non accendo più la televisione quando sono a casa. Quando vedo i miei amici ed ex compagni giocare sono felice per loro, ma nel profondo piango. Il calcio è un mondo ingrato, non si tratta più di talento, ma di denaro e affari”.
Solo a ottobre 2020 Eboué ha deciso di ritirarsi ufficialmente, di voltare pagina. Di chiudere con il calcio giocato, di provare a ripartire. È stato il Galatasaray, suo vecchio club, a rimetterlo nell’ambiente, affidandogli un ruolo nel proprio settore giovanile.
Anche l’Arsenal, pur indirettamente, è stato fondamentale per la rinascita di Eboué al di fuori del calcio. L’uomo che lo ha aiutato a ritrovare la via è stato Jean-Marc Guillou, amico intimo di Arsène Wenger e fondatore della Académie de Sol Beni, da cui sono emersi tra gli altri lo stesso Emmanuel e Kolo Toure. Con il suo aiuto, Eboue ha aperto la sua Academy in Costa d’Avorio, la EEFC – the Emmanuel Eboué Football Club. Per lui è stata la realizzazione di un sogno, come ha raccontato a ‘Football London’.
“Voglio aiutare i ragazzi sfruttando le mie conoscenze, perché senza un aiuto non ci sarebbe mai stato nemmeno un Eboue. Sono stato tanto in Inghilterra e in Turchia, ora ho deciso di tornare a casa mia per aiutare i ragazzi in giro per il paese”.
Il ‘funny guy’ ha ritrovato il sorriso.