Ci sono giocatori che restano nel cuore di una tifoseria per un goal o un gesto particolarmente importante in una partita decisiva.
Ci sono gli eroi per un giorno, quelli che pur avendo mezzi tecnici modesti nel proprio bagaglio calcistico, trovano magari la rete che cambia l'inerzia di un derby o di uno scontro diretto per un trofeo.
Poi c'è Leandro Cufré, che ancora oggi è ricordato con grande affetto dalla tifoseria della Roma per un gesto non proprio edificante ma carico di significati.
Ma arriviamoci. La storia calcistica del difensore argentino non è sicuramente di quelle che resteranno per sempre impresse nella storia di questo sport.
Come tanti altri prima di lui, Cufré si avvicina al calcio professionistico grazie al Gimnasia, squadra della sua città natale.
Tra la seconda metà degli anni Novanta e l'inizio dei Duemila, si mette in luce non tanto per le sue qualità con il pallone tra i piedi ma per la garra che contraddistingue molti suoi colleghi e connazionali.
Non altissimo, Cufré è un difensore roccioso e ruvido, sempre con il fiato sul collo dell'avversario.
Caratteristiche che colpiscono gli osservatori inviati da Trigoria in Sudamerica alla ricerca di qualche profilo interessante.
E' così che nel 2001, anno del terzo e per ora ancora ultimo Scudetto romanista, l'argentino viene acquistato per poco più di tre milioni di euro.
L'ambientamento con la nuova realtà è lungo per il difensore, che per abituarsi ai ritmi del campionato italiano e aspettare che la concorrenza nel suo reparto diminuisca accetta il prestito al Siena.
Dopo un anno nella città del Palio, Cufré fa il suo ritorno nella Capitale. Le cose a Roma sono cambiate, e molto.
Fabio Capello non c'è più, ammaliato dalle sirene bianconere che lo hanno portato alla Juventus.
Alla Roma arriva Cesare Prandelli, che però lascia il timone pochi giorni prima della fine del campionato per problemi familiari.
La stagione della titolarità per l'argentino si rivela durissima, così come quella di tutta la Roma, che chiude il campionato 2004/2005 evitando la retrocessione vincendo alla penultima giornata contro l'Atalanta.
Ma è proprio in questa difficile annata, e in particolare nel corso di una partita persa, che Cufré diventa uno degli idoli del tifo romanista negli anni a venire.
Il 5 marzo 2005 la Roma ospita all'Olimpico la Juventus del non certo apprezzato Fabio Capello.
La tensione all'Olimpico è altissima già dal momento dell'annuncio delle formazioni, con lo storico speaker giallorosso Carlo Zampa che agli altoparlanti dello stadio si rifiuta di annunciare i nomi di Emerson e dell'allenatore di Pieris, due ex rei di aver tradito la causa romanista per sposare quella della storica rivale bianconera.
Al momento dei loro nomi, la voce di Zampa lascia il posto ai fischi assordanti degli spalti.
Un'atmosfera elettrica, che in un modo o nell'altro si riflette anche in campo. La partita è giocata sul filo del nervosismo.
I giocatori non aiutano l'arbitro Racalbuto, che con le sue decisioni - tra le quali un calcio di rigore dubbio fischiato ai bianconeri - alimenta il malumore di calciatori e pubblico.
In un clima di confusione e nervosismo generali, Cufré si rende protagonista di un episodio non propriamente piacevole ma di quelli che lasciano un ricordo nella parte di tifoseria più "calda".
Nel corso di una mischia in area di rigore, il capitano della Juventus Alessandro Del Piero rifila una manata allo stomaco all'argentino.
Il suo carattere non propriamente conciliante fa sì che il difensore reagisca con un buffetto abbastanza veemente sul volto del numero 10 bianconero.
Un gesto del quale però, a distanza di anni, Cufré si è pentito.
"A pensarci molto bene non lo rifarei più. Magari gli avrei detto qualcosa, di certo non gli tirerei più quello schiaffo".
Nell'estate del 2005, inizia il nuovo corso giallorosso. A Trigoria arriva Luciano Spalletti, che inizia a piantare il seme di quella che diventerà una delle squadre più belle da vedere sul piano del gioco.
Seppur con i suoi limiti tecnici, il difensore trova spazio come terzino sinistro nel 4-2-3-1 marchio di fabbrica del tecnico di Certaldo.
L'argentino mette la sua quantità e la sua fisicità al servizio dell'undici romanista, con risultati più che discreti.
Cufré lascia anche il segno in quella che ancora oggi è la trasferta europea più lontana mai affrontata dalla Roma e da una squadra italiana.
Nell'ottobre del 2005, i giallorossi affrontano nella prima gara della fase a gironi il Tromsoe, squadra norvegese che gioca a una manciata di kilometri dal Circolo Polare Artico.
Sulla carta l'impegno è tutt'altro che proibitivo, ma le gare disputate a determinate latitudini sono sempre foriere di brutte sorprese.
Chiedere anche a Mourinho, che proprio in Norvegia e alla guida della Roma ha rimediato la peggior sconfitta della sua carriera: 6-1 contro il Bodo/Glimt.
Su un campo che brullo è dire poco, la squadra di Spalletti fatica più del previsto ma riesce a sfangarla (letteralmente) grazie a un goal di Leandro Cufré.
E' il primo dei due che il difensore argentino segnerà in giallorosso. L'altro arriverà a latitudini ben più prossime a Roma e con temperature decisamente più miti, il 4 aprile 2006 a Firenze nell'1-1 esterno della squadra di Spalletti.
Proprio il tecnico toscano pare apprezzare in maniera evidente il contributo che Cufré sa dare alla causa. E dal canto suo il difensore non sembra volersi separare da una piazza e da una città per le quali ancora oggi spende bellissime parole di amore e riconoscenza.
"Sono stato legato alla Roma. Oggi il mio cuore è giallorosso. Lì ho vissuto i migliori anni della mia carriera e della mia vita. Roma rimarrà sempre nel mio cuore e quando posso ci torno".
Ma a Trigoria la pensano diversamente. Nell'estate del 2006, al rientro dall'esperienza ai Mondiali di Germania con l'Argentina, si valutano offerte e quella più allettante arriva dalla Francia.
O meglio, dal Principato di Monaco. La squadra monegasca offre una manciata di milioni di euro alla Roma, che la accetta e congeda l'argentino con tanti ringraziamenti e pacche sulle spalle.
Per Cufré è invece pronto un triennale, firmato di buon grado e che lo porta in biancorosso.
Una scelta sicuramente remunerativa sul piano economico, ma che rappresenterà in futuro un grande rammarico per lui.
"In Francia mi offrirono tre anni di contratto, decisi di accettare. Ma forse non fu la cosa giusta da fare. Comunque, come già detto, sono rimasto romanista dentro”.
Dopo la Francia, un'esperienza in Germania all'Hertha Berlino prima del ritorno in patria al Gimnasia per una stagione.
Gli ultimi giri di Valzer, Cufré li effettua con Dinamo Zagabria e con i messicani dell'Atlas prima dell'abbandono al calcio giocato.
Oggi l'argentino fa l'allenatore. Un percorso iniziato nel 2016 che lo vede ricoprire il ruolo di vice della nazionale del Venezuela dopo le esperienze prima da secondo e poi da primo allenatore con l'Atlas, in Messico.
Dal campo alla panchina. Ora Cufré vive i 90 minuti a bordocampo, ma con lo stesso spirito e ardore di quando faceva sentire il fisico (e le mani) agli avversari.