Daniele De RossiGetty Images

De Rossi allenatore: una ventata di modernità col rischio di bruciarsi

Daniele De Rossi non ha mai fatto particolari storie quando si è dovuto sedere in panchina. Anche perché, diciamocelo, nel corso della sua carriera di calciatore gli è capitato giusto qualche volta. Come in un celeberrimo derby dell'aprile del 2010, vinto dalla Roma sulla Lazio senza di lui e senza Francesco Totti, tolti da Ranieri all'intervallo. Una volta si è pure rifiutato di alzarsi, dalla panchina: contro la Svezia, durante lo spareggio di ritorno per andare ai Mondiali del 2018, al grido di “dobbiamo vincere, non pareggiare, cazzo entro io?".

De Rossi è sempre stato un uomo di polso. Avvezzo alle decisioni forti, mai banale nel parlare e nell'agire. Ha esordito con la Roma quand'era maggiorenne da pochi mesi, dimostrando di poter stare benissimo in mezzo a tutti quei campioni che i giallorossi potevano vantare all'epoca. Uno già adulto anche da ragazzino. Uno abituato a comandare, a farsi sentire. Uno con la panchina nel sangue, non nel senso dell'eterna riserva, di quello che guarda gli altri giocare accontentandosi di vivacchiare, ma dell'allenatore in campo, mestiere che, ora che ha smesso ufficialmente di giocare, pare calzargli a pennello.

Non è dunque un caso che, da qualche settimana a questa parte, il suo nome sia già iniziato a circolare in un'altra veste. La Fiorentina l'avrebbe messo concretamente in cima alla lista in vista della prossima stagione, che non dovrebbe vedere Beppe Iachini alla guida dei viola. Una voce improvvisa, apparentemente ma non completamente insensata. Perché l'ambiente del calcio conosce De Rossi, sa ciò che può dare, ne conosce pregi e difetti.

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Certo, le incognite non mancano. Riferite non tanto e non solo all'età relativamente verde di De Rossi, che proprio oggi spegne 37 candeline. I dubbi riguardano piuttosto la sua completa mancanza di esperienza da allenatore di Serie A, l'assenza di una gavetta – da vice, nelle giovanili, nelle serie minori – che nei momenti più complicati potrebbe giocargli a sfavore. Ed è per questo che a Firenze, dove il sogno neppure troppo nascosto della gente è quello di affidare la panchina a un toscano doc come Luciano Spalletti, il suo nome ha fatto storcere il naso a più di qualcuno.

La questione è però semplice: oggi i giovani vanno di moda. Perché portano quella ventata di novità, di modernità, di freschezza in giacca e cravatta che così tanto sembra piacere ai dirigenti. Chiamatela moda, se volete. Ad aprire la strada fu Pep Guardiola, portato di peso più di 10 anni fa dalla cantera del Barcellona direttamente alla prima squadra. Fu una scossa tremenda, un cambiamento che portò immediatamente un Triplete e aprì un ciclo destinato a durare nel tempo. Il matrimonio perfetto: il cervello superiore del Pep con la strepitosa qualità dei calciatori a disposizione, Lionel Messi in primis. De Rossi avrà la medesima fortuna?

Francesco Totti Daniele De Rossi Alessandro Florenzi RomaGetty

A favore dell'ex giallorosso gioca invece un fattore già menzionato: la capacità di leggere al meglio, con l'occhio clinico di chi lo fa per mestiere, le situazioni di campo. Aiutato da un ruolo, quello del centrocampista centrale, che notoriamente consente di avere una visione a 360 gradi di ciò che accade e aiuta a formare idee. Lo era anche Guardiola, per dire.

“De Rossi era già un allenatore in campo – ha detto qualche tempo fa Claudio Ranieri, suo ultimo tecnico alla Roma prima dell'addio in direzione Buenos Aires – Certo, farlo dalla panchina è un'altra cosa, ma credo che abbia le carte in regola per diventare un grande tecnico. E poi ha anche i consigli di un padre (Alberto, storico allenatore della Primavera giallorossa, ndr) che sa bene come si fa questo mestiere”.

Lo stesso Daniele, peraltro, non l'ha mai nascosto: l'idea di cominciare una nuova avventura nel mondo del calcio lo stuzzica parecchio. Magari proprio in quel Boca in cui non è riuscito a lasciare totalmente il segno, nonostante i romantici propositi e nonostante un campionato vinto all'ultima giornata.

“Ho in testa l’idea di tornare per essere il suo allenatore. Potrei essere l’ultimo della lista, ma la mia idea è quella. Se le cose fossero andate bene, avevo già un accordo con Nicolas Burdisso sul fatto che avrei iniziato la mia carriera da tecnico nelle squadre inferiori del Boca”.

La volontà, insomma, c'è. Ed è un bel punto di partenza. La conoscenza del pallone pure, come testimoniano i ventennali trascorsi di De Rossi ad altissimi livelli. Ma c'è anche un rischio bello grosso: quello di bruciarsi ancor prima di essere partito. Ed è un'eventualità che Daniele non potrà non considerare al momento di decidere concretamente cosa vorrà fare da grande.

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