Felice CentofantiStriscia La Notizia/Facebook

Centofanti, un hippy sulla fascia dell'Inter: "Mi sono disintossicato dal calcio"

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" Gioca bene o gioca male Centofanti in Nazionale ", con l'apprezzata variante milanese " Se Maldini si fa male, Centofanti in Nazionale ", e ancora " Felice Centofanti mette a posto tutti quanti ". Ma anche " 1, 10, 100fanti ".

Ci sono giocatori iconici, stampati nella memoria. Quelli che non si dimenticano per caratteristiche tecniche o fisiche, per la personalità. Oppure per l'empatia che suscitano, per il modo trasversale di accomunare il popolo tifoso. E poi c'è Felice Centofanti. Che già quando lo trovi scritto " 100fanti " su uno striscione capisci che sotto il giocatore c'è di più.

Abruzzese, classe '69, Centofanti attraversa due decenni di calcio italiano incrociando la propria storia con quella di squadre a loro modo destinate a lasciare traccia, se non sugli almanacchi certamente nel ricordo di chi ama lo sport romantico. Un cammino non banale, esattamente come non banale è il look che lo accompagnerà per tutta la carriera e anche oltre: capelli lunghi e crespi tipo zazzera, filo di barba, baffetto.

Poi c'è il calciatore, mancino puro, terzino sinistro ma anche centrocampista e incursore, di quelli che per capirci oggi farebbero gli esterni a tutta fascia. Centofanti segna pure, grazie a un tiro potente che mette a frutto sui calci di punizione. Insomma, sgroppate e cannonate, agonismo e piglio gladiatorio, ma anche gesti tecnici entrati nella leggenda della Serie A come la doppia rovesciata in compartecipazione col 'Condor' Agostini in un Genoa-Ancona 4-4.

Cresciuto nella squadra della sua città, il Teramo, Centofanti viene preso a 17 anni dal Verona che un paio d'anni prima aveva vinto lo storico Scudetto con Bagnoli. Nella prima stagione non gioca neanche un minuto, in quella '87-'88 esordisce sia in Serie A che in Coppa Uefa, mettendo assieme quelle uniche due presenze per una manciata di minuti. Quella gialloblù non è più la squadra del miracolo, ma in spogliatoio c'è ancora gente come Di Gennaro, Berthold, Elkjaer.

Insomma non male per cominciare, ma l'abruzzese capisce subito quanto sarà dura continuare a mangiare a quel tavolo: dopo l'estate '88 seguono infatti una stagione in Serie C2 alla Jesina, dove si fa un nome con 5 reti in 31 presenze, poi una in Serie B al Barletta, dove invece fa tanta panchina, ed infine una al Nola in Serie C1, avventura conclusa con 3 reti in 27 gare che lo lancia verso la maglia da titolare in una piazza importante come Palermo, appena promossa in cadetteria.

Sarà una stagione buona sul piano personale (8 goal in 28 presenze in campionato), ma conclusa con una amara retrocessione in C1. Pochi mesi trascorsi a Palermo gli valgono comunque l'affetto imperituro della tifoseria, ricambiata così anni dopo.

"Ho tantissimi ricordi belli a Palermo, anche se poi purtroppo siamo retrocessi. Ma per me è stata una cavalcata bellissima. Ho vissuto un anno a Mondello bellissimo".

A 23 anni Centofanti è ormai pronto per il posto fisso in Serie A: l'Ancona di Guerini ottiene la prima storica promozione nella massima serie e la società marchigiana nell'estate del '92 fa una campagna acquisti con nomi importanti. Arrivano campioni come Oscar Ruggeri e Lajos Detari e attaccanti del calibro di  Caccia, Agostini e Sergio ' El Ratón ' Zarate , fratello maggiore del futuro laziale e interista Mauro. Risultato: seconda retrocessione di fila per Centofanti, Ancona di nuovo in Serie B, dove resterà anche nella successiva stagione in cui il terzino continuerà a militarvi.

Ma quell'Ancona raggiungerà comunque un risultato unico nella storia del calcio cittadino: nell'annata '93-'94 arriverà infatti in finale di Coppa Italia, battuta soltanto dalla Sampdoria di Mancini e Gullit. L'anno dopo sarà poi semifinalista della mitica Coppa Anglo-Italiana nella sua penultima edizione, ad un passo dalla finale di Wembley. Centofanti è assoluto protagonista in tutto il triennio dorico, con 82 presenze totali e 10 reti, segnando anche il suo primo e unico goal in Serie A nella sconfitta per 5-1 in casa della Juventus di Baggio.  Nell'estate '95, a 26 anni appena compiuti, è ormai pronto al passo successivo della sua carriera: una big della Serie A, l'ambiziosa Inter.

Se il suo Ancona è rimasto negli almanacchi, anche l'Inter di quel momento storico non è da meno: pochi mesi prima, a febbraio, Massimo Moratti ha rilevato la società da Ernesto Pellegrini. Il nuovo proprietario si presenta alla tifoseria nerazzurra con una campagna acquisti all'altezza: arrivano Ince, Zanetti, Roberto Carlos, Ganz, Benny Carbone, Fresi e Branca. È il primo anno dei numeri di maglia personalizzati, così Centofanti abbandona il canonico 3 del terzino sinistro e sceglie un impegnativo 9, pur essendoci in squadra attaccanti di livello, che tuttavia non la reclamano.

È una stagione interlocutoria la prima della gestione Moratti, finita col settimo posto in campionato e la semifinale di Coppa Italia, con in mezzo il cambio in panchina tra Bianchi e Hodgson già ad ottobre. Chiuso da Roberto Carlos e anche da Pistone che arriverà a stagione iniziata, Centofanti gioca poco: 13 presenze totali, con la sua seconda e ultima rete in Serie A, contro la Fiorentina.

A fine anno la favola è già finita: Centofanti lascia l'Inter, il treno del grande calcio non ripasserà più. Eppure l'hippy di Teramo resterà scolpito nel cuore dei tifosi nerazzurri.

"È stata un'esperienza straordinaria quella vissuta all’Inter - dirà un ventennio dopo, ospite dell'Inter Club Follonica - ho avuto la possibilità di giocare insieme a grandi giocatori come Ince, Zanetti, Bergomi, Pagliuca e contro tanti altri campioni, sono stato fortunato. Il calcio di oggi non mi entusiasma, ci sono giocatori che non si rendono conto della fortuna che hanno nel fare il lavoro che piace, super pagato, in un ambiente incredibile come quello calcistico e riescono a buttare via tutto. Il giocatore a cui sono rimasto più legato? Nicola Berti sicuro, è troppo avanti. Moratti? Una persona per bene, anche se oggi questo può sembrare un difetto".

L'aura che lo fa spiccare dall'ordinario non abbandona comunque Centofanti, che continua ad essere protagonista ed amato ovunque vada: è titolarissimo al Genoa in Serie B segnando 5 goal e sfiorando la promozione, poi gioca un buon triennio a Ravenna sempre in cadetteria (78 presenze e 9 reti), infine a 31 anni si reinventa idolo assoluto a Padova, trascinato letteralmente alla promozione dalla Serie C2 alla C1 con una stagione da sogno (15 reti in 30 presenze, un bottino da bomber). È il 2000/01, Centofanti gioca altre due stagioni e mezza in maglia biancoscudata, sfiorando la promozione in B nel 2003, poi dopo qualche mese al Bassano Virtus in Serie D  appende le scarpe al chiodo nel 2004, a 35 anni.

In estate torna all' Ancona in veste di Direttore Sportivo, ma lascia l'incarico l'anno dopo per una nuova strabiliante avventura: diventa inviato di 'Striscia la Notizia' su Canale 5, perorando la causa di calciatori in difficoltà al motto di " Felice Centofanti mette a posto tutti quanti " e intervistando gente come Totti e Maldini. Lasciata la tv, altro giro e ritorno nel mondo del calcio, per due volte: prima come Direttore Generale del San Marino nel 2009, poi rimettendosi gli scarpini nel 2011 per giocare a 42 anni nella Sannicolese, formazione teramana che milita in Terza Categoria. Qualche altra apparizione sul campo la farà inoltre con la maglia della Nazionale Calcio Tv.

Personaggio fuori dagli schemi per antonomasia, Centofanti si è da allora completamente distaccato dal mondo del calcio, dettando nel 2015 al 'Corriere del Veneto' la sua opinione definitiva sul tema.

"Non guardo più una partita in tv o dal vivo da due anni. E sono fiero e orgoglioso della mia scelta, anche perché questo calcio non mi manca per nulla. Questo non è il mio calcio. Il calcio dei Balotelli e dei Cassano tenetevelo voi... Il mio calcio è quello di Baresi, Gascoigne, Di Livio, Nunziata, Roberto Baggio. Quello di George Best, magari quello mio. Ma di gioia, allegria e di un attimo di follia sinceramente non ne vedo più. È un calcio di personaggi squallidi e di gente senza scrupoli che pensa solo a gonfiarsi il portafoglio. Sul campo, poi, la qualità è talmente scadente che se togliessi il pallone nelle categorie inferiori alla serie A, nessuno se ne accorgerebbe. Corrono tutti, ma di qualità non ce n'è più".

Calcio no, sport sì, nell'accezione più pura del termine. La figlia di Centofanti, Martina, è infatti nazionale italiana di ginnastica ritmica e a 26 anni può vantare un palmarès da urlo, con 5 ori mondiali ed altre 11 medaglie, tra le quali il bronzo conquistato a Tokyo 2020, oltre a numerosi successi in tappe di Coppa del Mondo ed Europei. In famiglia peraltro anche la sorella minore Camilla, è atleta di ritmica di livello nazionale. Felice ora è un padre realizzato, e non di meno lo è come uomo di sport.

"Vivo a Roma - ha raccontato nello scorso ottobre - mi sono disintossicato dal calcio, sono stato in comunità, non frequento più. Ho mia figlia che è in nazionale di ginnastica ritmica. Grazie al suo sport mi sono disintossicato anche perchè non è più il calcio romantico che piaceva a me. Faccio davvero fatica a seguirlo".

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