Mariano Andujar EstudiantesGetty

Andujar a GOAL: "Buffon è il Messi, il Maradona e il Pelé della porta"

E’ stato per anni protagonista del calcio italiano, vestendo le maglie di Palermo, Catania e Napoli e oggi che ha raggiunto la soglia delle trentotto primavere continua a giocare ad ottimi livelli in Argentina con l’Estudiantes.

Mariano Andujar, in un’intervista rilasciata a GOAL, ha ripercorso alcune tappe della sua lunghissima carriera e ricordato anche la sua esperienza con la Nazionale argentina.

L'articolo prosegue qui sotto

Dal 2015 all’Estudiantes, squadra nella quale ha militato in tre diverse tappe del suo percorso da giocatore, sente oggi di essere nel club con il quale potrebbe appendere i guanti al chiodo.

“Cambiare squadra? No, non più. Non è una questione di condizione, mi sento ancora bene, ma provo tanto affetto e rispetto per la gente dell’Estudiantes. Non vedo la necessità di interrompere questo rapporto, ho 38 anni e non avrebbe molto senso farlo. Si dice ‘mai dire mai’ giusto? Ma io so bene, mi piace stare qui e la mia famiglia sta bene. Le cose vanno bene dunque e non vedo perché dovrei cambiare”.

Andujar ha giocato in Europa, ha preso parte a due Mondiali ed è stato allenato da miti del calcio come Sabella e Maradona. La sua è stata una grande carriera, ma c’è comunque qualcosa che avrebbe voluto fare e che non ha fatto.

“Mi sarebbe piaciuto giocare più partite in Nazionale. Ci sono stato per dieci anni, ma in quel periodo c’era Sergio Romero che giocava sempre. E giocava anche bene. Mi sarebbe piaciuto giocare una partita di un Mondiale o una di Copa America. Mi sarebbe piaciuto anche giocare in Inghilterra, ho avuto la possibilità di andarci, ma non è successo. Ne parlavo oggi con mio figlio: ci sono state tante cose che non ho fatto e che avrei voluto fare, ma sono soddisfatto della mia carriera. Il mio obiettivo è stato sempre quello di migliorare. Potevo farlo andando in Europa, giocando per buone squadre, avere buoni allenatori, arrivare in Nazionale e partecipare a Mondiali e alla Copa America. E’ avvenuto tutto in maniera naturale e senza pressioni”.

Andujar in Nazionale ha dovuto fare i conti con la concorrenza di Sergio Romero.

“La Nazionale per me è un mondo a parte. Sapevo che il titolare era lui. Anche quando ci sono state le convocazioni per i Mondiali, eravamo tre portieri e ognuno doveva fare il proprio lavoro e prima lo si capiva e meglio era per il gruppo. Sono sempre stato grato alla Nazionale o orgoglioso del ruolo che ho rivestito. Ero una riserva e non c’erano problemi per me. Era importante che Sergio facesse il meglio possibile, perché se ci fosse riuscito tutti avremmo vinto. Quello che vivi in Nazionale è completamente diverso da quello che vivi quotidianamente nella tua squadra di club”.

Nel corso della sua carriera, Andujar ha dovuto affrontare un infortunio al polso.

“Per fortuna ho subito pochi infortuni e quell’intervento chirurgico ha rappresentato un momento raro nella mia carriera. Ero al Napoli e loro presero Pepe Reina proprio in quel momento perché ero infortunato. Non sapevo dove andare, ma ho sempre avuto fiducia in me stesso e sapevo che sarei finito per andare a giocare in un’altra squadra. Sono tornato all’Estudiantes, sono riuscito a recuperare bene e le cose sono andate bene. Ho vissuto tutto con il supporto della famiglia, cercando di essere positivo perché alla fine tutto passa. Certe ferite, non importa quanto siano dure, ci saranno sempre. Dopo essermi ripreso dall’infortunio al polso l’obiettivo non è più stato andare ai Mondiali, ma tornare a giocare il più velocemente possibile e poi c’era la Copa America del Centenario alla quale volevo prendere parte. Ho fatto del mio meglio”.
mariano andujar sergio romero diego maradona mundial sudafrica 03062010Getty Images

Prima del ritorno in Argentina c'è stata la possibilità di restare in Europa.

“Potevo andare al Nizza, ma ho preferito tornare qui. Inizialmente ero in prestito perché appartenevo ancora al Napoli. Sono tornato in Argentina con l’idea di recuperare in fretta, essere il miglior portiere del campionato e farmi vedere dal commissario tecnico. E’ ciò che è successo. L’Estudiantes mi voleva ed io volevo tornare. Sono ancora qui”.

L’ex portiere di Palermo, Catania e Napoli è entrato nella fase finale della sua carriera.

“L’obiettivo è finire bene. Ho studiato per diventare direttore sportivo e vorrei tornare in Italia per finire il corso lì. Vorrei anche fare il corso per allenatori UEFA se ne avrò la possibilità. Voglio prepararmi e studiare l’inglese, il resto lo vedremo. Oggi un calciatore, se si prepara, può fare qualsiasi cosa. Noi abbiamo Sebastian Veron che è vicepresidente del club, che potrebbe tranquillamente lavorare nell’AFA o entrare in politica. Tutto si può fare, ma si deve essere preparati. Bisogna coltivare se stessi e imparare le dinamiche delle cose. A me piace più il campo della politica, non so se sarei pronto a dirigere un club, ma si deve essere pronti a tutto”.

Andujar ha avuto la possibilità di condividere il campo con Buffon.

“Un fenomeno. Lui è il Messi, il Maradona e il Pelé della porta. Tutti insieme. Ha sempre mantenuto un livello impressionante e vederlo dal vivo è diverso. Lo amo come portiere e come persona, mi sembra un esempio da seguire”.

Buffon è un idolo, al quale però non ha rubato nulla.

“Non riuscivo a prendergli nulla, se non le magliette. Ho sempre cercato di guardare di più i portieri più simili a me. Casillas, che è stato un fenomeno, aveva ad esempio caratteristiche diverse dalle mie. Per questo ho sempre osservato Buffon, Dida, Mondragon, Van der Sar, calciatori con una corporatura simile alla mia. Sono piccoli doni che questo lavoro di fa”.

In Nazionale ha avuto la possibilità di conoscere Diego Armando Maradona.

“In Nazionale non aveva molto tempo per lavorare, quindi si trattava soprattutto di stare vicino ai giocatori. Ogni volta che mi succedeva qualcosa, Diego mi chiamava. Quando è morto mio padre, voleva venire al funerale. Quando mi sono infortunato, anche se lui non era più l’allenatore dell’Argentina, mi ha chiamato per augurarmi buona fortuna per l’operazione. E’ stato lui a farmi giocare da titolare in Nazionale. Era un ragazzo fantastico, dal punto di vista umano un fenomeno”.

Sono tanti i ricordi accumulati in una carriera.

“Non ho registrato nessuna partita, ma ho magliette e qualche ritaglio. Sono cose che voglio lasciare ai miei figli affinché ne facciano ciò che vogliono. Sono ricordi legati ad alcuni scambi o a momenti. Registrare le partite oggi non serve più, basta cercarle e le trovi. Ho una vetrina con molte magliette. Ho quelle dei Mondiali, dell’esordio in Nazionale o in Prima Divisione. Ne ho molti di Buffon, ho le maglie di Ibrahimovic, Kakà e Dida. Non devo mostrarle o metterle. Un giorno le lascerò ai miei figli”.

di Patricio Tarruella

Pubblicità