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Zico, la leggenda del 'Galinho': icona del Flamengo e del Brasile, eroe all'Udinese, stella in Giappone

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Alla sua gara d'addio al Flamengo, il 6 febbraio del 1990, centomila persone affollarono lo Stadio Maracaña di Rio de Janeiro per tributargli il loro ultimo saluto. Arthur Antunes Coimbra, per tutti Zico, è stato il campione della gente. A lui, il 'Galinho', ovvero 'Il piccolo gallo', così chiamato per il suo modo di muoversi sul campo, il più forte numero 10 del calcio brasiliano dop Pelé, più che a ogni altro, i tifosi hanno voluto bene.

Forse per la sua umiltà e la sua semplicità, nonostante fosse chiara a tutti la sua classe smisurata, che lo rendeva un vero artista del calcio. Con il club rubronegro ha speso i suoi anni migliori, consacrandosi stella mondiale, per poi misurarsi con il calcio italiano nell' Udinese, far ritorno in patria e chiudere la sua straordinaria carriera in Giappone.

Artista universale del calcio, ha segnato tanti goal, 516 quelli ufficiali in 750 partite, che salgono a 826 in 1180 gare se si contano i match non ufficiali. Molti di questi sono arrivati su calcio di punizione, il suo marchio di fabbrica. Perché per Zico calciare una punizione era quasi come battere un rigore: il portiere avversario, il più delle volte, non aveva scampo. Per lui due grandi rammarichi: non essere riuscito a vincere un Campionato del Mondo con il Brasile e non aver partecipato alle Olimpiadi.

LA LEGGENDA DEL 'GALINHO'

Zico nasce a Rio de Janeiro il 3 marzo 1953.  Ha una sorella e 4 fratelli maschi. I 5 fratelli Antunes Coimbra, seguiti dal padre, formano una formidabile squdra di calcio a 5 che detta legge per le strade di Quintino, sobborgo di Rio.

"Eravamo abituati a giocare sulla strada, in campi di sabbia. - dichiara nel documentario 'I Miti del Calcio' - Bastava un pallone che, anche senza scarpe e senza maglia, soltanto con un paio di calzoncini, si giocasse sulla strada".

Zico è il più piccolo dei fratelli, il più giovane e gracile, ma ha un talento che emerge anche nel calcio polveroso e violento della strada e per le sue movenze con la palla è soprannominato 'El Galinho de Quintino', ovvero 'Il Galletto di Quintino'.

"Per vedermi giocare veniva gente da altre parti della città".

L'APPRODO AL FLAMENGO E IL DURO LAVORO SUL SUO FISICO

I fratelli maggiori Antunes e Edu entrano nelle giovanili dell'America di Rio ed è proprio in quella squadra che Arthur viene invitato per un provino. Ma un leggendario radiocronista dell'epoca, Celso Garcia, amico del padre,  gli consiglia di bussare alla porta del Flamengo che è una società più organizzata. 

A soli 13 anni, nel 1967, si aprono così per Arthur le porte del club rubronegro.

"Era la mia squadra del cuore", spiega.

A dispetto di un talento sfolgorante, sotto gli occhi di tutti, a preoccupare è il fisico. Zico a 14 anni  è alto appena un metro e 55 centimetri, mentre il peso è quello di un uccellino: soltanto 37 chilogrammi.

Tanto che la società carioca è indecisa se dargli fiducia, ma a quel punto interviene Professor  Roberto Francalacci, il preparatore atletico del Flamengo, che promette:

"Datelo a me, lo trasformerò in un atleta".

Nessuno in quel momento può immaginare che quel ragazzo, fenomenale con la palla fra i piedi, dividerà la storia del Flamengo in a.Z. e d.Z., Zico, seguito anche dai medici del club, per tre anni divide il suo tempo fra scuola, campo e lunghe sedute di potenziamento in palestra. Sogna di diventare un campione e non si risparmia, facendo grandi sacrifici.

"La mia casa era due ore dal campo del Flamengo fra treno e bus. - racconta l'ex numero 10 - Uscivo da casa alle 7 del mattino, andavo ad allenarmi al Flamengo. Poi tornavo in centro, studiavo da mezzogiorno alle 5, dopo le 5 riandavo alla Gavea (la sede del club rubronegro,ndr) per fare potenziamento in palestra, e tornavo a casa alle 9 o alle 10 di sera. Molte volte mi rimettevo a studiare ma ero talmente stanco che mi addormentavo sui libri. È difficile che uno arrivi in alto senza una vita di sacrifici".

La forza di volontà di Zico è però ricompensata: a 17 anni, pur non essendo certo un colosso, ha un fisico normale: ha guadagnato 11 centimetri in altezza e 16 chilogrammi di peso. A 18 anni pesa 52 chilogrammi ed è alto un metro e 72 centimetri. I suoi muscoli resteranno sempre molto fragili, ma il 'Galinho' è finalmente pronto a gettarsi nella mischia fra i professionisti.

Dopo aver trascinato la squadra juniores alla vittoria del  Campionato carioca di categoria nel 1969,  nel 1971 colleziona 17 presenze e 2 goal in Prima squadra.  Quando però in panchina approda Mario Zagallo è rimandato nella formazione Primavera.  Il campione del Mondo, compagno di squadra di Pelé nella Seleçao, vuole infatti che Arthur prenda ancora peso. E così sarà.

Zico FlamengoDivulgação CR Flamengo

CAMPIONE UNIVERSALE

Intanto con 7 presenze già  nel 1972  si aggiudica  il primo titolo carioca della sua carriera. L'anno della svolta è il 1973/74 quando raggiunge un peso forma di 68 chilogrammi,  diventa un titolare del Flamengo, e chiede e ottiene la maglia numero 10 della squadra dei suoi sogni. Gioca prevalentemente con il destro, ma con quel piede fa fare alla palla praticamente ciò che vuole.

La partita che lo consacra è un'amichevole contro gli jugoslavi dello Zeljeznicar, in cui Zico dà spettacolo e segna una doppietta.

"In quella gara ho indossato per la prima volta la maglia numero 10 della squadra. - ricorda il brasiliano - Abbiamo vinto 3-1 e ho realizzato 2 goal. Da quella partita non ho più lasciato quella maglia".

Il campione è definitivamente sbocciato e nessuno può fermarne l'ascesa. 

"Zico è un giocatore che è sulla strada di una furiosa pienezza. - scrive lo scrittore e cronista Nelson Rodriguez - È entrato in quella fase in cui un giocatore fa con pallone tutto ciò che vuole".

Nel 1974 conquista, stavolta da protagonista, il Campionato carioca, il 2° della sua carriera, ed è premiato con la Bola de Ouro come miglior giocatore del Campionato brasiliano e per 3 volte  nel 1974, nel 1975 e nel 1977 con la Bola de Prata in quanto scelto nella Top11 del torneo nazionale.

Il ragazzo cresciuto nelle Giovanili diventa presto l'idolo dei tifosi. Nel 1977 è nominato per la prima volta Calciatore sudamericano dell'anno.  Nel 1978 e due volte nel 1979 (si gioca un secondo torneo Speciale) è ancora una volta vincente con il Flamendo nel campionato rubronegro. Il massimo del suo rendimento, tuttavia, il Galinho lo raggiunge all'inizio del nuovo decennio.

Nel 1980, infatti, il Flamengo si aggiudica per la prima volta nella sua storia il campionato brasiliano.  Zico è il protagonista assoluto dell'impresa e con 21 goal si laurea capocannoniere e vince la sua quarta Bola de Prata.

L'anno seguente Zico e il Flamengo danno l'assalto alla Copa Libertadores, la Champions League del Sudamerica. I rubronegri, dopo aver passato agevolmente la prima fase, nel girone di semifinale regolano i colombiani del Deportivo Cali e i boliviani del Jorge Wilstermann. Nel mese di novembre i carioca si giocano il trofeo contro  i cileni del Cobreloa, e occorrono 3 finali per designare un vincitore.

Nella prima il Flamengo si impone 2-1, e Zico segna entrambi i goal. Ma nella gara di ritorno in Cile, il calcio violento del Cobreloa ha la meglio: 1-0 e tutto si decide nella 'bella', che si gioca nel neutro di Montevideo il 23 novembre.

"Abbiamo giocato una finale contro una squadra che giocava poco a calcio e picchiava sempre. - ricorda Zico - Un difensore loro colpì con una pietra un nostro giocare sul sopracciglio, e dovettero mettergli 6 punti".

In Uruguay però i rapporti di forza sono ristabiliti e il Flamengo si laurea campione del Sudamerica grazie a un secco 2-0, con Zico mattatore e autore di entrambe le reti.

"Il secondo goal su punizione è stato il più esaltante della mia carriera - rivela il numero 10 - perché rappresentava la vittoria del calcio sulla violenza".

Zico Flamengo Copa Libertadores 1981Divulgação/Twitter

In virtù delle sue prestazioni, Zico è eletto Miglior calciatore della Copa Libertadores, e grazie agli 11 goal segnati si laurea anche capocannoniere del torneo. Il 1981 è in assoluto l'anno migliore della carriera del Galinho, che con la sua squadra vince il 6 dicembre anche il 6° Campionato carioca e, una settimana dopo, in Giappone, la Coppa Intercontinentale.

L'avversario è il Liverpool di Bob Paisley, campione d'Europa in carica. Gli inglesi sono frastornati dal palleggio dei sudamericani. Al 12' Zico mette la palla filtrante per l'1-0 di Nunes. Sugli sviluppi di un calcio di punizione battuto dal numero 10, Adilio sigla il 2-0 per i brasiliani da distanza ravvicinata.

Al 41' la partita è virtualmente chiusa: pallone filtrante di Zico per Nunes, che con un tocco morbido batte Grobbelaar. Finisce 3-0, con Zico dominatore del gioco premiato come miglior giocatore della gara con una Toyota. Per la squadra di Rio è il terzo titolo in 20 giorni, l'apice di quella che la torcida rubronegra ricorda come 'Era Zico'.

A fine anno, l'annata straordinaria sul piano personale e di squadra, frutta a Zico il secondo Pallone d'Oro sudamericano come ' Calciatore dell'anno'. 

La delusione per il Mondiale sfumato, produce un duplice effetto in Zico.  Da un lato il Galinho si riscatta con il Flamengo, disputando due stagioni monstre. Il 1982 è stratosferico sul piano personale: segna a raffica, vince la seconda Bola de Ouro, la quinta Bola de Prata, il 6° titolo di capocannoniere del Campionato carioca e il titolo di capocannoniere del Brasileirão, che si aggiudica per la seconda volta.  A fine anno vince anche il terzo Pallone d'Oro Sudamericano.

Nel 1983 conquista nuovamente il titolo brasiliano, consacrandosi una volta di più come leggenda assoluta del Flamengo. Ma a 30 anni, dopo aver vinto tutto, l'idolo del Maracanã sente il bisogno di misurarsi con un calcio diverso da quello brasiliano: il campionato italiano, che in quegli anni è considerato il più bello e il più difficile al Mondo.

Zico Brazil 1982Getty

IMPRESE E DELUSIONI COL BRASILE

Nel febbraio del 1976 Zico debutta anche con il Brasile in amichevole a Montevideo contro l'Uruguay, e va subito a segno. Una delle sue prime vittime è l'Italia di Enzo Bearzot, sconfitta 4-1 nel Torneo del Bicentenario negli Stati Uniti. Il Galinho realizza il terzo goal dei verdeoro, in una partita caratterizzata da 3 espulsioni, 2 per gli Azzurri e una per i sudamericani.

Nel 1978 partecipa ai Mondiali in Argentina, ma deve accontentarsi del 3° posto finale, con una vittoria per 2-1 nella finalina ancora una volta contro gli Azzurri di Bearzot. Il risultato è bissato dalla Seleçao l'anno seguente in Copa America. Nel 1981, tuttavia, il Brasile e Zico danno spettacolo in una tournée europea in Primavera.

Il 12 maggio la Seleçao si presenta a Londra per affrontare l'Inghilterra nel tempio di Wembley, dove non vince da 60 anni. Il goal della vittoria verdeoro lo firma in acrobazia il numero 10 del Flamengo.

Per la critica Zico diventa 'Il Pelé bianco'. Il metro di paragone diventa 'O Rey', che quando Zico sta esplodendo sta terminando la sua carriera. Il banco di prova per il Galinho è rappresentato dai Mondiali di Spagna '82.  Nel girone della prima fase i verdeoro, guidati dal Ct. Telé Santana, giocano un calcio spettacolare e non si vede avversario che possa tenerli testa: battono 2-1 l'U.R.S.S., 4-1 la Scozia, 4-0 la Nuova Zelanda. 

Il numero 10 parte forte e contribuisce a queste vittorie con 3 goal. Nel 2° turno la Seleçao dei 'Marziani' è inserita nel girone dei quarti di finale con l'Argentina di Maradona e l'Italia di Bearzot.  Con l'Albiceleste Zico si erge ancora una volta a mattatore e vince il duello personale con il Pibe de Oro: apre le danze con il solito spettacolare calcio di punizione e serve l'assist a Junior per il definitivo 3-1.

Contro gli Azzurri ai brasiliani basta un pareggio per accedere alle semifinali.  Ma il 5 luglio 1982 Paolo Rossi cambia la storia di quel Mondiale: con una tripletta affonda la Seleçao, che esce sconfitta per 3-2 e viene clamorosamente eliminata. Decisiva anche la marcatura decisa all'ultimo da Bearzot, che mette Claudio Gentile a uomo su Zico. Il Galinho ne esce con una maglia strappata e tanta amarezza per non esser riuscito a incidere.

"Mi strappò la maglia senza farsi vedere dall'arbitro, che non ha concesso il rigore. - commenterà Zico - Questa è intelligenza, furbizia di un giocatore".

In uno dei rari spunti, il numero 10 riesce comunque a servire a Socrates la palla del provvisorio 1-1. L'epilogo sfavorevole è assimilato dai brasiliani come una tragedia sportiva, e quella gara è ricordata come 'la tragedia del Sarriá'.

I Mondiali del 1986 in Messico rappresentano l'ultima occasione di successo con la Nazionale. Dopo i problemi al ginocchio che l'hanno condizionato nei mesi precedenti, stringe i denti e risponde alla convocazione. Sta in panchina ed è utilizzato spesso a gara in corso.

Il cammino dei brasiliani si ferma ai quarti contro la Francia. Zico propizia il rigore che può dare il successo ai suoi, ma il Galinho sbaglia, consolato da Platini. Il numero 10 verdeoro prova a vincere la partita in tutti i modi, tuttavia il risultato non si sblocca e saranno decisivi i tiri di rigore. Stavolta segna, ma il Brasile perde e per il campione di Rio sfuma il sogno di conquistare un alloro con la Nazionale pur avendo giocato con una squadra fortissima.

L'esperienza con la Seleçao si chiude con un bilancio di 48 goal in 71 presenze, che lo rendono ancora oggi il quinto miglior marcatore di sempre del Brasile.

Arthur Zico Ray Wilkins Milan Udinese Serie A 09161984Wikipedia

"O ZICO O AUSTRIA": L'AVVENTURA ALL'UDINESE

Nell'estate 1983 si consuma la separazione fra Zico e il Flamengo. Il Galinho è già stato contattato da Milan, Roma e Juventus. Società ricche che possono soddisfare le richieste economiche dei brasiliani, ma alle cui richieste i carioca, in un'epoca in cui la scelta finale spetta ai club, rispondono picche. Nessuno può immaginare che ad aggiudicarsi il numero 10 sarà una piccola società del Friuli, l'Udinese.

Come se oggi Neymar decidesse di giocare nel Cagliari, oppure Lewandowski nel Verona o Messi nel Sassuolo. I bianconeri del presidente Lamberto Mazza e del Direttore generale Franco Dal Cin, si aggiudicano il suo cartellino per 6 miliardi di vecchie Lire.

Zico sbarca a Udine in pompa magna e  l'accoglienza all'aeroporto Ronchi dei Legionari è quella riservata solitamente ai Capi di Stato. Viene organizzata un'amichevole contro il Flamengo, in cui il campione gioca soltanto qualche minuto con la maglia bianconera, quanto basta per far sognare i nuovi tifosi.

Ma un pasticcio federale rischia di far saltare tutto. Il 9 giugno 1983, senza preavviso, il presidente della FIGC, Federico Sordillo, annuncia infatti il blocco delle importazioni di giocatori stranieri, con deroga per i club neopromossi dalla Serie B e per chi fosse riuscito a depositare i nuovi contratti entro 4 giorni.

L'Udinese e la Roma chiudono ugualmente i colpi Zico e Cerezo, ma il 2 luglio la FIGC boccia le due operazioni senza appello. La conseguenza sono furiose manifestazioni di piazza da parte dei tifosi, che si sentono defraudati. I sostenitori dell'Udinese riempiono Piazza Venti Settembre e minacciano la secessione dall'Italia: "O Zico o Austria", recitano molti cartelli. Il tutto mentre a Rio i tifosi del Flamengo versano lacrime per il loro campione: "Galinho, non te ne andare!", lo supplicano.

A sbrogliare la situazione è l'intervento del Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, che intercede presso il presidente del CONI, Franco Carraro.

"Mi piacerebbe veder giocare Zico e Cerezo in Italia, sono due grandi campioni" , dichiara ai cronisti che lo pressano.

È così nominata una Commissione di tre 'saggi', composta dai giuristi Massimo Severo Giannini, Giuseppe Guarino e Rosario Nicolò, che, pur deplorando alcune carenze nelle documentazioni presentate dai due club, in ultima istanza esprime parere favorevole ai due acquisti, che vengono ratificati al CONI. Udinese e Roma vedono accolti i loro ricorsi. È il 23 luglio.

Zico, osannato alla stregua di un re, è portato a bordo di un auto d'epoca per le vie di Udine, ricolme di gente, e tiene il suo primo discorso ufficiale ai tifosi. Durante il primo allenamento si mise a calciare le punizioni con la barriera mobile.

Nel primo allenamento al campo Moretti, calcia 5 punizioni, e per 5 volte consecutive colpisce la traversa. Allora chiama il magazziniere e gli dice di controllare l'altezza della porta, perchè dev'esserci qualcosa che non va. Il magazziniere obbedisce e scopre che il calciatore ha ragione: la traversa era 5 centimetri più bassa dell'altezza regolamentare.

Arthur Zico Udinese Serie A 1983/84Wikipedia

Con la sua nuova stella l'Udinese gioca un precampionato stellare. La prima sfida contro l'Hajduk è vinta 3-1,  con il brasiliano che firma la rete del 2-0. Al Friuli c'è sempre il pienone e il numero 10 dà sfoggio della sua classe. Persino il Real Madrid paga dazio il 5 agosto e perde 2-1 dopo essere passato in vantaggio con il bomber Santillana. I goal della rimonta sono firmati proprio dal Galinho e da Causio. L'ultimo impegno vede i friulani battere con un secco 3-0 il Vasco de Gama.

Logico che le attese per la stagione ufficiale siano altissime. 

"Dobbiamo pensare di vincere lo Scudetto", dice lo stesso Zico ai compagni.

Il 12 settembre a Marassi c'è l'esordio ufficiale in Serie A. Il Genoa è travolto con un eloquente 5-0. Zico sigla una doppietta, andando in rete una volta per tempo. E succede una cosa particolare: gli stessi tifosi rossoblù applaudono il campionissimo.

Alla seconda giornata Zico si ripete in casa contro il Catania: nel 3-1 finale segna un'altra doppietta. I calci di punizione diventano per lui una partita nella partita. Anche quando si perde, come ad Avellino, il brasiliano delizia il pubblico con la sua specialità.

"Una punizione per Zico era come un rigore, - spiega Leonardo, cresciuto nel mito del 'Galinho' - un quasi goal. Era impressionante. A fine allenamento metteva due maglie nei due incroci della porta e doveva buttarle giù entrambe".

"Una bella punizione - dice lo stesso Zico - è come un bel quadro di un grande pittore".

Se lo Scudetto si rivelerà un'utopia, Zico darà comunque spettacolo in una squadra che guidata da Ferrari aveva altri talenti come il vecchio 'Barone', Pietro Paolo Virdis e Massimo Mauro. 

"La gente mi voleva bene - assicura Zico - e per me stare ad Udine era come stare a casa".

Fra le reti più belle quella in contropiede che vale il successo sulla Roma capolista degli amici Falcão e Cerezo, e la spettacolare rovesciata contro il Milan. A Catania un intero stadio lo invoca, e lui non delude le attese, facendo goal su punizione dalla distanza.

"A fine partita Pedrinho mi disse: 'Ma come possiamo vincere se i tifosi fanno il tifo per Zico?' ".

Il numero 10 brasiliano va a segno anche con la Juventus, beffando Gentile. A lungo contende il titolo di capocannoniere a Michel Platini, a fine stagione saranno  19 i goal segnati in sole 24 partite, un record per uno straniero nell'anno dell'esordio.  Si fa male in un'amichevole a Brescia, e deve saltare alcune partite che poi si riveleranno decisive per lo scettro di re dei marcatori.

'Le Roi' lo precede di un solo centro. Le dimissioni di Dal Cin e la mancata conferma di Ferrari in panchina ridimensionano le ambizioni dell'Udinese. La squadra chiude al 9° posto in Serie A, e vede sfumare all'ultimo la possibilità di andare in Coppa UEFA. 

C'è la sensazione che il giocattolo possa spezzarsi e così sarà. Nel 1984/85 l'obiettivo è in primis salvarsi. In estate lasciano anche Causio e Virdis. Si parte con un 5-0 e una doppietta contro la Lazio, ma il risultato è illusorio. Zico si strappa alla seconda gara e resta a lungo lontano dai campi, quando rientra va in goal con Inter e Juventus, poi però lascerà anticipatamente la penisola. 

L'ultima partita la gioca col Napoli alla 29ª giornata, in cui protesta vivacemente con l'arbitro Pirandola per un goal di mano convalidato a Maradona.

"Cominciò ad allenarsi per il Mondiale, è impossibile che il guardalinee non l'abbia visto. Tutto lo stadio se n'era accorto".

Il numero 10 dell'Udinese prende  6 giornate di squalifica e, come se non bastasse, gli vengono mosse dalla giustizia italiana accuse di evasione fiscale ed esportazione illegale di valuta, entrambe rivelatesi infondate.

"Ho sofferto molto, - dirà - perché ho ricevuto sempre dalla mia famiglia un'educazione ferrea".

Zico Kashima AntlersKashima Antlers / Divulgação

GLI ULTIMI ANNI IN PATRIA, IL GIAPPONE E IL BEACH SOCCER

Zico torna in Brasile, per giocare ancora 4 stagioni con il Flamengo. Un'entrata assassina del difensore del Bangù, Marcio,  nell'agosto 1985, gli procura una forte contusione al ginocchio sinistro che lo costringe ad operarsi e a star fuori per mesi. Lo danno per finito, Zico però non molla e torna nel febbraio 1986, con l'obiettivo di far bene in vista dei Mondiali.

Nel match del rientro firma una tripletta nel derby con il Fluminense. Ma il ginocchio fa male e deve star fuori altri due mesi. Dopo i Mondiali del 1986, Zico si riopera al ginocchio sinistro altre due volte. Ritorna nel Brasileirão contro l'Atletico Mineiro, andando subito a segno, e contro l'Internacional de Porto Alegre conquista la Copa União  battendosi come un leone e porta i carioca alla fase finale.

Il 27 marzo 1989 torna allo Stadio Friuli di Udine per giocare l'amichevole di addio alla Seleçao, dopo aver dimostrato la sua innocenza di fronte alla giustizia italiana. In un Friuli in festa i tifosi dell'Udinese salutano il loro campione, che gioca con la maglia verdeoro contro il Resto del Mondo.

Il 6 febbraio 1990 c'è quindi l'addio al Flamengo e allo Stadio che lo ha sempre accolto per una vita, il Maracaña. Ma il desiderio di trovare nuove sfide porta Zico ad essere uno dei primi campioni a sposare la causa del calcio giapponese. Gioca prima con il Sumitomo Metals nel 1991/92, poi per tre stagioni con i Kashima Antlers, con cui chiude la sua straordinaria carriera agonistica nel 1994. 

Anche nel Paese del Sol Levante le sue punizioni, i dribbling e le giocate di classe manderanno in visibilio i tifosi, contribuendo alla crescita del calcio nel Paese nipponico. Gioca su livelli altissimi, realizzando anche il celebre 'goal dello scorpione'.

"Il goal più bello che ho fatto è stato in Giappone. - dichiara - Si giocava la Coppa dell'Imperatore, quando un compagno mi ha dato la palla, questa mi ha oltrepassato, l'ho presa col tacco e ha scavalcato il portiere".

Nel 1995 Zico si concede anche una parentesi nel Beach Soccer, e guida la Nazionale brasiliana alla vittoria del Primo campionato mondiale. Riuscendo dove non era riuscito nel calcio.  Del torneo il Galinho è votato 'Miglior giocatore' e vince anche il titolo di capocannoniere alla pari con l'italiano Altobelli.

2018-12-22 ZicoGetty Images

ZICO ALLENATORE

Dopo il ritiro, arrivano per Zico le esperienze da allenatore. È il vice di Zagallo sulla panchina del Brasile ai Mondiali 1998, poi guida i Kashima Antlers e per ben 4 anni la Nazionale Nipponica, ottenendo la vittoria della Coppa d'Asia nel 2004 e la qualificazione ai Mondiali del 2006 in Germania, dopo i quali passa in Europa al Fenerbahçe. Vince il campionato e la Supercoppa di Turchia: è l'ultimo allenatore straniero ad aver vinto il campionato turco.

Va quindi in Uzbekistan con il Bunyodkor, e conquista campionato e Coppa nazionale. Successivamente, trasferitosi sulla panchina del CSKA Mosca, conquista Coppa di Russia e Supercoppa. Negli ultimi anni alterna la panchina (guida ancora Iraq, Al-Gharafa e l'FC Goa in India ) a quella da dirigente, ricoprendo la carica di D.s. per il Flamengo e i Kashima Antlers, club con il quale lavora tutt'oggi. 

Sposato con Sandra, sua moglie, che gli è sempre stata vicina in tutte le sue avventure in giro per il Mondo, ha tre figli: Thiago Coimbra, Bruno Coimbra e Arhur Antunes Coimbra Junior. Thiago e Junior sono stati anche calciatori.

Il Galinho, il campione amato dalla gente, per 3 volte Calciatore sudamericano dell'anno, fa parte della FIFA 100, la lista dei 125 migliori giocatori viventi stilata da Pelé nel 2004, e nel 2006 è stato inserito fra le leggende del calcio del Golden Foot.

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