Immaginate un popolo che aspetta da un'intera esistenza di vincere un trofeo. Che lo ha sognato, sfiorato, ma alla fine mai raggiunto. Immaginate una nazione che non vede l'ora di portare il suo Re in trionfo, Cristiano Ronaldo. E ora immaginate che nel momento più importante il suo Re non possa guidarla. Bene, adesso immaginate di essere colui che nella maniera più inaspettata porterà a termine tutto questo. Immaginate di essere Eder.
Siamo all'alba degli Europei 2016 e il Portogallo si presenta alla competizione con la solita e ormai quasi noiosa etichetta di possibile outsider. Del resto è l'eterna storia di questa nazionale, sconfitta anche quando nettamente favorita, come a Euro 2004 in finale contro la Grecia. In rosa c'è però il calciatore più forte del pianeta, quel Cristiano Ronaldo che ha chiuso la stagione con 83 goal segnati tra Liga e Champions, vinta in finale a San Siro nel derby con l'Atletico.
Per capire quanto il Portogallo sia dipendente da CR7, basta guardare la lista dei convocati. Il ct Fernando Santos chiama solamente una punta di ruolo: un certo Eder. Serve qualcuno che possa starsene lì in panchina, buono buono, ad attendere il suo momento che probabilmente non sarebbe mai arrivato. Del resto Eder aveva già partecipato ai Mondiali 2014, diventando la punta titolare quasi per caso dopo gli infortuni nelle prime due partite di Hugo Almeida ed Helder Postiga. Mondiale che si concluse con l'eliminazione del Portogallo alla fase a gironi.
Due anni dopo la situazione è diversa. Ronaldo gioca ormai praticamente da punta accanto a Nani (o Quaremsa) nel 4-4-2 disegnato da Santos. Eder non è proprio il tipo di giocatore da affiancare a CR7 e nella fase a gironi vede il campo soltanto per 13 minuti complessivi. Il Portogallo, tra l'altro, colleziona tre pareggi contro Austria, Islanda e Ungheria, qualificandosi agli ottavi solo grazie alla classifica delle migliori terze. Non proprio un successone, insomma.
La Croazia in quel momento sembra un avversario insormontabile, ma il goal di Quaresma al minuto 117 apre scenari totalmente impensabili. Ai quarti c'è la Polonia, eliminata ai calci di rigore, in semifinale è il turno del Galles, battuto 2-0 con le reti di Ronaldo e Nani. Il Portogallo arriva così in finale, e il tutto accade davanti agli occhi dell'impassibile Eder, che dalla panchina si alza giusto per riscaldarsi di tanto in tanto. L'ultima presenza risale alla seconda partita della fase a gironi contro l'Austria. Sette minuti in campo per provare invano a sbloccare uno 0-0 ormai scolpito.
La finale, dicevamo. Francia padrone di casa e ovviamente strafavorita, poche chiacchiere. Si gioca in uno Stade de France ricolmo di bandiere tricolori, e che tutto stia andando secondo i pronostici lo si capisce dopo appena 25 minuti: Payet, fino a quel momento stella indiscussa dell'Europeo, entra durissimo su Ronaldo e lo costringe a lasciare il campo tra le lacrime.Una storia di karma, quest'ultima, da appronfondire per bene.
Entra Quaresma al posto di CR7 e il Portogallo rimane di fatto senza un vero riferimento in avanti. La Francia col passare dei minuti prende in mano la partita e crea le migliori occasioni da goal. Al minuto 79, Fernando Santos decide che è il momento di fare il terzo e ultimo cambio. Non siamo ancora in epoca Covid, fortunatamente, dunque i cambi sono solo tre. Il ct portoghese si gira verso la panchina e punta gli occhi proprio su di lui. Sul giocatore che nelle precedenti quattro partite non ha nemmeno considerato. Punta gli occhi su Eder.
La Francia colpisce un clamoroso palo con Gignac al 90' e ai supplementari inizia ad accusare la stanchezza. Il Portogallo alza il proprio baricentro, adesso lì davanti ha un attaccante di ruolo, un uomo che tiene palla e fa salire i compagni. E al minuto 109, improvvisamente, succede. Difficile spiegare come e perché, ma succede. Eder riceve palla dalla trequarti, resiste alle cariche di Koscielny e calcia in porta con tutta la convinzione del mondo. Lloris forse la tocca, ma non basta.
Delirio, dramma e stupore si mischiano in un solo momento. Per la Francia è una mazzata troppo grande, impossibile reagire. Il Portogallo vince così il primo trofeo della sua storia e lo vince grazie ad Eder. Non grazie a Cristiano Ronaldo, ma grazie ad Eder. Prima del suo ingresso in campo, CR7 gli dice la classica cosa che tutti dicono al proprio compagno prima di entrare: "Segnerai tu il goal vittoria". Lo dice a uno che, prima di quella finale, non ha mai segnato un goal in gare ufficiali con la maglia del Portogallo. Segna il primo proprio in quella partita, e vale un Europeo.
GoalLa storia di rivalsa di Eder parte da lontano, molto lontano, dalla Guinea-Bissau. Si trasferisce in Portogallo con la madre a soli tre anni e a cinque viene sbattuto in collegio dal padre che nel frattempo si risposa. Ma il secondo matrimonio finisce male, anzi malissimo: il padre di Eder uccide la sua matrigna e finisce in carcere.
"Mio padre è in prigione da quando avevo 12 anni, dopo la morte della mia matrigna venne accusato del suo omicidio. Da quando iniziai a guadagnare, dopo essermi trasferito all'Academica, ho pensato di andare in Inghilterra per vederlo: volevo farlo ogni volta che andavo in vacanza".
"In collegio mi sentivo triste e abbandonato. Ma allo stesso tempo è stata un'esperienza che mi ha aiutato a diventare quello che sono oggi, ho incontrato molti amici, è stato un periodo prezioso per me".
Nel 2011 Eder prende la nazionalità portoghese, decidendo così di dare un taglio definitivo al passato e alle sue origini che gli provocano più sofferenze che gioie. Inizia a segnare con regolarità al Braga, ma il salto in Premier League si rivela un flop: allo Swansea non segna neppure un goal, ma il prestito al Lille (guarda caso, proprio in Francia) lo riabilita. Con 6 goal in 13 partite si guadagna persino la convocazione all'Europeo, nonostante i numerosi detrattori.
Quelli che prima dell'Europeo e addirittura prima della finale, lanciano petizioni per escludere Eder dalla nazionale - una si chiama 'um civil', per dire che è meglio una persona qualsiasi al suo posto - sono gli stessi che alla fine lo ringraziano per aver regalato al Portogallo il primo, attesissimo trionfo della sua storia. E non importa se in fin dei conti, il simbolo di quella vittoria rimane comunque Cristiano Ronaldo, perché guida la squadra come un allenatore dalla panchina e perché prevede persino il goal di Eder.
Per un singolo momento, per una singola notte, non c'è nessun Cristiano Ronaldo. C'è soltanto Eder e il suo improbabile trionfo. Prima che tutto torni alla normalità, com'è giusto che sia.
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