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Il Simeone di Catania: il primo miracolo europeo del Cholo

La sala stampa allestita nel cuore dello stadio “Cibali” è stracolma e le strade che circondano la storica casa del Catania , nel pieno centro della città, sono piene di tifosi euforici. Sciarpe e vessilli rossazzurri sono dappertutto.

È il 19 gennaio del 2011 , un anonimo mercoledì. E no, a Catania non si festeggia nessun trionfo sportivo. Nè una promozione, nè una salvezza. Semplicemente, la città accoglie così il suo nuovo mister , Diego Pablo Simeone. L’annuncio, arrivato a sorpresa la sera prima, era stato un fulmine a ciel sereno: quasi nessuno si attendeva quel nome e, pur senza una particolare ragione, tra i tifosi etnei e il Cholo è amore a prima vista. Anzi, ancor prima. È amore a primo annuncio.

Forse per via di quell’animo albiceleste che da qualche anno fa ormai parte del DNA rossazzurro, forse per il ricordo di quel centrocampista tutto grinta e cuore che tanto bene incarnava il giocatore ideale per una tifoseria calda come quella del Catania, fatto sta che un’accoglienza del genere, per un allenatore esordiente nel nostro campionato, si è vista raramente in passato e raramente si vedrà in futuro.

Simeone è emozionato, è evidente. Ha già vinto due titoli in Argentina (il campionato di Apertura con l’Estudiantes e quello di Clausura con il River Plate), ma è tutt’altro che disteso. È sorpreso dalla calda accoglienza e non lo nega, ma soprattutto sa che quell’esperienza potrebbe essere il trampolino di lancio per la sua carriera.

Diego Simeone Catania

Il Catania naviga a fatica fuori dalla zona retrocessione, l’esperienza di Marco Giampaolo non ha portato i risultati sperati e così, dopo la prima giornata di ritorno – e un opaco pareggio casalingo contro il Chievo – era arrivato l’esonero.

“Con Giampaolo i risultati non erano arrivati – racconta in esclusiva a Goal Ezequiel Carboni , ex centrocampista di quel Catania e attualmente impegnato nel settore giovanile del club rossazzurro – Simeone sin da quando è arrivato ha avuto la personalità necessaria per gestire il nostro gruppo pieno di italiani e argentini”.

Sì, perchè quello era proprio il Catania degli argentini. Andujar, Alvarez, Spolli, Silvestre, Carboni, Ledesma, Izco, Llama, Ricchiuti, Papu Gomez e, a partire proprio da fine gennaio anche Bergessio e l’italo-argentino Schelotto . Una vera colonia composta da 11 argentini “e mezzo” che faceva il paio col gruppo italiano composto da altrettanti giocatori.

La scelta di un tecnico argentino ma profondo conoscitore dell’Italia e del calcio italiano è la mossa di Pietro Lo Monaco per arrivare ad ottenere un totale equilibrio nello spogliatoio. E funziona. Seppur con qualche curioso imprevisto.

“Ricordo il primo giorno di Simeone – ricorda Adrian Ricchiuti Mi parlava in italiano. Io gli risposi ‘mister, sono argentino come lei’. Non mi conosceva nemmeno”.

Diego Simeone Adrian Ricchiuti CataniaGetty

L’avventura in terra sicula del Cholo, però, non comincia nel migliore dei modi. Anzi, il Catania esce sconfitto dalle prime due partite: perde 2-0 a Parma e poi, sempre con lo stesso risultato, cade anche al ‘Cibali’ contro il Milan di Allegri ed Ibrahimovic che a fine stagione avrebbe festeggiato lo Scudetto.

Il primo punto arriva nello scontro salvezza contro il Cesena : la sfida termina 1-1, a segnare per gli etnei è Maxi Lopez, ma il Catania si ritrova pienamente coinvolto nella lotta per non retrocedere. Simeone è in cerca della formula vincente per la sua squadra, ma fa fatica.

“Papu” Gomez si accende ad intermittenza ma, offuscato fino a qualche settimana prima dalla presenza in rosa del beniamino del popolo rossazzurro, Giuseppe Mascara (ceduto poi sul gong al Napoli), non ha ancora una sua collocazione tattica. Anche Morimoto fa fatica ad assimilare i movimenti richiesti dal Cholo, mentre a centrocampo Pablo Ledesma non riesce a garantire la qualità di cui il gioco la squadra ha bisogno.

La sconfitta di Bologna inizia a scatenare il panico tra i tifosi. 1 solo punto raccolto in 4 partite e una sola lunghezza di vantaggio sul Brescia terz’ultimo: la situazione in casa rossazzurra è tutt’altro che serena.

Ed è in questo clima che il 13 febbraio il Catania ospita il Lecce di Gigi De Canio per quella che si rivelerà la partita della svolta. I rossazzurri chiudono il primo tempo in vantaggio, ma subiscono poi la rimonta salentina coi goal dell’ex Jeda e di Munari. Ed è lì che la stagione, e forse anche la carriera di Simeone, cambia: Lodi , entrato in campo nell’intervallo, dipinge due punizioni perfette nei minuti finali e regala al Catania la “controrimonta”: finisce 3-2, il Massimino è una bolgia.

Peraltro, quel giorno, un infortunio occorso a Capuano dopo pochi minuti di gioco, aveva costretto Simeone a brevettare quella che lui stesso definirà in conferenza stampa “la difesa a tre e mezzo ”. Spolli, Silvestre e Terlizzi come marcatori, con Schelotto che arretra a dar manforte sulla destra in fase di ripiegamento e il rapido slittamento dei tre centrali verso la sinistra. Un sistema raramente visto prima e che Simeone, da quel giorno, utilizzerà più volte fino al termine della stagione.

Poi c’è Lodi , arrivato a Catania come trequartista e reinventato dal Cholo come regista arretrato. E da lì ne consegue un’altra mossa determinante: Gomez , fino a quel momento impiegato come numero 10, viene dirotatto sulla fascia nel 4-3-3 mascherato da 4-2-3-1 che contraddistinguerà il Catania fino al termine della stagione e nelle stagioni successive.

“Simeone mi ha insegnato molto – racconta il ‘Papu’ Alejandro Gomez – A Catania ha deciso di farmi giocare esterno, anche se io ero lento a rietnrare. Gli dicevo che mi stancavo a difendere, ma lui mi diceva che in Europa, a differenza dell’Argentina, avrei potuto giocare soltanto in quel ruolo. Aveva ragione lui”.

Alejandro Gomez - Catania-Udinese

Il Catania, così, diventa una macchina quasi perfetta e tra le mura amiche riuscirà persino nell’impresa record di vincere 6 delle ultime 7 partite . Non è tutto rose e fiori, però, poiché in trasferta gli scivoloni non mancano e impediscono a Maxi Lopez e compagni di tirarsi fuori dalla zona calda.

Una di queste trasferte, inoltre, fa arrabbiare nuovamente parte della tifoseria. Il Catania perde male, a Firenze , cadendo sotto i colpi del duo Mutu-Gilardino. La sfida termina 3-0, i rossazzurri, complice anche qualche assenza di troppo, offrono una prestazione orrenda e l’elastico casa-trasferta li riporta a pochi passi dal baratro.

Nulla di particolarmente drammatico, ma stavolta il cuore pulsante della tifoseria ha paura della classifica. La società permette che uno degli allenamenti settimanali si svolga a porte aperte presso l’appena inaugurato Centro Sportivo di Torre del Grifo , fiore all’occhiello per l’intera categoria. I tifosi accorrono in massa ma, quel giorno, il confine tra incoraggiamento e contestazione viene varcato in fretta.

La tribunetta che si affaccia sul campo principale tra i quattro presenti nel centro sportivo è piena in ogni ordine di posto: in molti incitano, ma qualcuno contesta. Già durante la fase di riscaldamento alcuni giocatori vengono presi di mira, viene acceso persino qualche fumogeno . Diego Simeone guarda incredulo verso la tribuna, poi con un gesto improvviso ordina ai giocatori di spostarsi sull’altro campo, quello più distante dalla tribuna.

Un allenamento a porte aperte reso praticamente invisibile ai tifosi fa scattare la rabbia di molti presenti. “Simeone, che fai? Scappi?” , urla uno. Un altro, addirittura scavalca la recinzione e va in cerca di spiegazioni. Ma Simeone non scappa e di spiegazioni va a dargliene più di una. Tuta sociale azzurra e pallone sottobraccio, il Cholo va a parlare con il tifoso ma poi lo invita ad un confronto proprio sotto la gradinata, mentre i suoi ragazzi si allenano nel campo più distante, affinchè tutti i tifosi presenti possano sentire.

“Se ci sostenete torniamo su questo campo, altrimenti l’allenamento lo vedete così ”, tuona il Cholo spiazzando i contestatori.

“No! Dovete battere la Sampdoria se no la contestazione continua”, risponde il più agitato.

“E allora se tu non rompi i coglioni, noi torniamo ad allenarci di qua e domenica vinciamo – replica il mister senza giri di parole – Se invece non vinciamo contro la Samp, torni a far casino settimana prossima. Ora se vuoi bene al Catania ti siedi e stai buono”.

Una sorta di tregua, ma conquistata attraverso una personalità travolgente. Il pubblico presente si alza in piedi ed applaude, i contestatori – sorpresi – restano in silenzio, ma non abbandonano gli spalti e Simeone mantiene la promessa, riportando la squadra sul campo principale.

Durante la partitella, Giovanni Marchese viene inspiegabilmente preso di mira (a Firenze era persino in panchina) e litiga a distanza con un tifoso. La risposta di Simeone è l’ennesimo atto di personalità: il tecnico ferma l’allenamento e consegna a Marchese la pettorina arancione riservata ai titolari. Poi, la domenica, contro la Sampdoria, lo inserisce nell’undici di partenza. Il laterale mancino originario di Caltanissetta offre una straordinaria prestazione tutta grinta e dedizione e, sotto la pioggia battente del ‘Massimino’, il Catania riesce a spuntarla nel finale grazie a uno straordinario goal di Cristian Llama, altro giocatore oggetto della contestazione.

L’esplosione di gioia che fa seguito al goal è l’immagine che meglio sintetizza l’avventura in Sicilia di Diego Simeone: una corsa forsennata sotto il temporale , per andare a festeggiare coi suoi ragazzi e con i tifosi. Pace fatta, promessa mantenuta: la squadra ha permesso all’allenatore di mantenere la parola.

“Catania quando la squadra fa bene è una piazza pazzesca – racconta ancora Carboni – Quella vittoria ha generato un entusiasmo che è durato per tantissimo tempo. Simeone è stato determinante nella gestione di quella situazione e quel successo gli ha dato ancora più credibilità, oltre a valergli sempre più la nostra totale fiducia”.

Il successo di quel Catania, e in generale quello di Diego Simeone, è spesso collegato al concetto di ‘garra’, ma Carboni ci tiene a fare una precisazione:

Sì, il mister ci faceva allenare con un’intensità incredibile ma quello che forse si dice poco è che la sua più grande qualità è l’incredibile capacità di leggere l’avversario . Dava ad ognuno di noi il proprio compito e poi ti lasciava tranquillo: tu sapevi che ogni compagno aveva ricevuto il suo incarico e che non l’avrebbe fallito”.

“Ci caricava come delle molle e tutti noi eravamo pronti a buttarci nel fuoco per lui” , ha raccontato qualche anno dopo Adrian Ricchiuti, letteralmente rivitalizzato dalla cura Simeone dopo essere stato messo ai margini del progetto da Giampaolo.

Altro che contestazione, la settimana seguente la squadra e il tecnico vengono accolti tra gli applausi. La salvezza è più vicina e, soprattutto, due settimane dopo, al ‘Massimino’ è in programma il derby con il Palermo.

All’andata la tripletta di uno scatenato Pastore aveva steso i rossazzurri, adesso desiderosi di rivincita. E la rivincita arriva, e con gli interessi: autogoal di Balzaretti, raddoppio di Bergessio, tris di Pablo Ledesma e poker finale di Simone Pesce. Palermo battuto 4-0 e tifosi in delirio.

Prima della conclusione della stagione, il Catania si toglie la soddisfazione di pareggiare in rimonta sul campo della Juventus : sotto per 2-0 fino all’81’, i rossazzurri accorciano prima le distanze con Gomez e poi, all’ultimo respiro, trovano il pari con l’ennesima gemma su punizione di Francesco Lodi. Un altro risultato che gli stessi giocatori a fine gara definiranno un “ capolavoro mentale di Simeone ”.

La matematica salvezza , però, non arriva nè in casa nè in trasferta ma... in aereo! Di ritorno da Brescia, infatti, i rossazzurri apprendono della sconfitta della Sampdoria nel posticipo serale che vale la certezza della permanenza in Serie A.

Ezequiel Carboni

“Avevamo vinto a Brescia con i goal di Silvestre e Bergessio ed eravamo sul volo di ritorno – è il ricordo di Carboni - Lo Monaco convinse il pilota a mettere la radio e ascoltammo così gli ultimi minuti di Genoa-Sampdoria. Il goal di Boselli nei minuti di recupero ci consegnò la matematica salvezza e ricordo ancora oggi con emozione l’esplosione di gioia che ci fu da lì fino al termine del volo. Tutti esultavamo, non avevo mai visto Lo Monaco così felice, ma anche Simeone era euforico con tutto il suo staff”.

A salvezza acquisita, in occasione di  un’intervista rilasciata proprio ai microfoni di Goal ,  il Cholo aveva rivelato:

“Lazio, Inter, Atletico Madrid e Nazionale Argentina sono le quattro squadre che nel mio futuro vorrei allenare”.

Per il momento nel suo curriculum c’è solo l’ Atletico Madrid, ma la storica conquista della Liga e i trionfi in Europa League, Supercoppa Europea, Coppa del Re e Supercoppa di Spagna lo rendono uno dei tecnici più vincenti dell’era attuale. Peccato solo per quelle due finali di Champions, perse entrambe in maniera rocambolesca contro i rivali del Real Madrid.

Di tempo per guidare le altre squadre del cuore il ‘Cholo’ ne avrà sicuramente, ma con ogni probabilità, adesso nel cuore del Cholo c'è anche il Catania, suo trampolino di lancio per il calcio europeo e fucina di emozioni impossibili da dimenticare.

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