Nella seconda metà degli anni Ottanta del secolo scorso, in Jugoslavia salgono alla ribalta due bomber: il primo è il giovane croato Davor Suker, fra i protagonisti del grande successo nei Mondiali Under 20 in Cile del 1987, il secondo è un macedone non particolarmente dotato tecnicamente ma che ha un grande pregio: in area di rigore vede la porta come pochi.
Il suo nome è Darko Pancev, detto 'Il Cobra', che farà le fortune della Stella Rossa, con cui vincerà Coppa dei Campioni e Intercontinentale e, a livello personale, otterrà una Scarpa d'Oro e un 2° posto nella classifica del Pallone d'Oro, e della Nazionale jugoslava, e si rivelerà invece un'autentica sciagura per l'Inter, dopo aver lasciato il suo Paese, guadagnandosi il soprannome ironico di 'Ramarro' da parte della Gialappa's Band.
ATTACCANTE RIVELAZIONE DEL VARDAR SKOPJE
Nato a Skopje il 7 settembre 1965, Darko Pancev cresce calcisticamente nella sua Macedonia, una delle sei Repubbliche di cui si componeva la Repubblica socialista Federale di Jugoslavia, nelle fila del Vardar, squadra della capitale, con cui si forma nelle Giovanili per 6 anni, per poi approdare in Prima squadra nel 1982.
Il giovane Pancev è un centravanti affamato di vittorie, che dimostra subito un grande feeling con il goal. Rapido e scaltro in area di rigore, si afferma da subito come uno dei principali bomber del calcio jugoslavo e nel suo secondo anno, il primo da titolare, diventa subito capocannoniere della Prva Liga all'età di 18 anni con 19 reti, ed è soprattutto grazie ai suoi goal che i macedoni si salvano dalla retrocessione.
Quello di Darko è indubbiamente un bel biglietto da visita che non può non attirare nei suoi confronti l'interesse delle big del Paese, ma il bomber decide di rappresentare fino al 1988 la squadra del suo Paese. Del resto ai leader politici fa comodo che il Vardar resti in Prva Liga, un modo per provare a contenere le spinte autonomiste che iniziano a manifestarsi anche in Macedonia dopo la morte del maresciallo Tito nel 1980.
Nel 1984/85 Pancev si migliora a livello personale, con 20 goal realizzati, che non bastano tuttavia a ripetersi, visto che il titolo di re dei bomber va a Vujovic dell'Hajduk Spalato (25 centri). Molto meglio va invece alla squadra, che con un brillante 5° posto ottiene addirittura la qualificazione alla Coppa UEFA.
Se in Europa il sogno macedone si spegne subito con una doppia pesante sconfitta per 3-0 contro il Porto, in campionato i rossoneri giungono all'8° posto, mentre le marcature in Prva Liga del 'Cobra', come viene ribattezzato, si fermano complessivamente a 12. Nel 1987/88 le reti del bomber macedone sono 13, con il Vardar che chiude vicino alla zona europea al 6° posto.
In tutto, in 7 anni di Vardar, fanno 84 goal in 151 presenze, abbastanza per indurre la Stella Rossa, che nutre ambizioni continentali sempre più importanti, a portarlo a Belgrado e a puntare su di lui come centravanti.
IL PASSAGGIO ALLA STELLA ROSSA E GLI ANNI D'ORO
I biancorossi, attraverso il Direttore generale Dragan Džajić e il D.s. Vladimir Cvetkovic, dopo aver ingaggiato Robert Prosinecki nella stagione precedente, provvedono a introdurre in pianta stabile nella rosa altri due giovani di sicuro avvenire: uno è appunto il bomber macedone Darko Pancev, l'altro, che era in realtà il vero colpo del calciomercato, il fantasista montenegrino Dejan Savicevic.
I due diventeranno presto protagonisti e trascinatori della squadra insieme a 'Piksi' Stojkovic. Ma il primo anno è interlocutorio e difficile, Pancev è chiuso da Bursac e gioca poco, mentre la squadra è beffata in campionato dal Vojvodina di Novi Sad, che si laurea campione di Jugoslavia.
La svolta per 'Il Cobra' arriva nel 1989/90, stagione che vede i biancorossi imporsi nella Prva Liga e in Coppa di Jugoslavia, e l'attaccante re dei bomber per la 2ª volta in carriera con un bottino di 25 goal. Il macedone segna anche 2 reti in Coppa UEFA in 5 presenze.
Ma l'anno d'oro è il 1990/91: la Stella Rossa bissa il successo in campionato, Pancev domina ancora la classifica marcatori, che vince addirittura con 34 marcature, e, soprattutto, la compagine belgradese è protagonista assoluta in Europa.
In Coppa dei Campioni il cammino parte contro gli svizzeri del Grasshopper ai sedicesimi. L'esordio è tuttavia poco brillante: un 1-1 interno firmato da una punizione di Kozle per gli elvetici e dalla replica di Binic, migliore in campo degli slavi e autore del colpo di testa che vale l'1-1. Fuori casa, però, ecco il primo capolavoro della squadra affidata a Ljupko Petrović.
La Stella Rossa travolge il suo avversario a Zurigo per 4-1: mattatore dell'incontro è proprio Pancev, che prima sblocca il risultato con un tocco delicato sotto misura a battere Brunner, poi offre a Prosinecki la palla del 2-0 che il croato fallisce, quindi si procura nella ripresa i due rigori che, trasformati dallo stesso Prosinecki, determinano il punteggio finale.
Agli ottavi di finale l'asticella si alza, e gli slavi devono vedersela con gli scozzesi dei Rangers di Glasgow, che vantano un temibile tridente d'attacco composto da McCoist, Hateley e Mo Johnston. Sulla carta la sfida è aperta, ma di fronte ai 70 mila spettatori del Marakana, con i temibili Delije protagonisti in negativo nel prepartita, ma dodicesimo uomo in campo per la squadra durante la gara, la partita di andata a Belgrado si chiude con un sonoro 3-0 per i padroni di casa.
Mentre la difesa neutralizza il temuto attacco ospite, dopo un autogoal iniziale Prosinecki con una spettacolare punizione e il bomber Pancev fissano il punteggio finale. Il ritorno in Scozia è di fatto una formalità, e l'1-1 finale è frutto di un goal iniziale del solito 'Cobra' e dell'inutile pareggio di McCoist nella ripresa.
Ai quarti la Stella Rossa deve vedersela a marzo con i tedeschi orientali della Dinamo Dresda, mentre intanto nel Paese soffiano sempre più forti i venti indipendentisti alimentati dai diversi nazionalismi. I gialloneri, invece, sono espressione di uno Stato che già non esiste più, visto che il 9 novembre 1989 era caduto il Muro di Berlino e il 3 novembre del 1990 veniva posto fine alla divisione politica fra le due Germanie, fatta nel secondo dopoguerra per volere dei vincitori.
Il pericolo numero uno si chiama Thorsten Gütschow, in campo grande attaccante e fuori ex spia della Stasi, ma squalificato per la partita di andata. Il doppio confronto si disputa in un clima di alta tensione. L'andata è in programma il 6 marzo 1991 al vecchio Stadio Rajko Mitic di Belgrado, colmo per l'occasione di 100 mila spettatori. Il risultato è il medesimo che c'era stato con i Rangers: un secco 3-0 con goal di Prosinecki su punizione, Binic e Savicevic.
A Dresda Gütschow porta in vantaggio i gialloneri grazie a un calcio di rigore trasformato con freddezza e concesso per un fallo di mano di Sabanadzovic. Poi però la Dinamo cala e la Stella Rossa, nella gara ricordata per il debutto europeo di Mihajlovic, prima pareggia con una giocata di Savicevic, quindi si porta in vantaggio con un guizzo di Pancev al 71'.
Proprio la rete del macedone, che mette il punto sul discorso qualificazione, scatena la rabbia dei tifosi di casa, che iniziano a gettare sul terreno di gioco qualunque oggetto, e provocano la sospensione della partita al 78'. L'UEFA decreterà poi la vittoria per 3-0 della Stella Rossa.
In semifinale i biancorossi pescano il Bayern Monaco, e in molti sono convinti che saranno i bavaresi di Heynckes, guidati in campo da Stefen Effenberg e Brian Laudrup, a prendersi la finale. L'andata si gioca all'Olympiastadion di Monaco il 10 aprile. I tedeschi passano in vantaggio al 23': gran giocata di Thon, che di tacco serve a Wohlfarth il pallone per il pallonetto dell'1-0.
Ma gli slavi non si disuniscono, Jugovic e Mihajlovic giganteggiano in mediana, e dopo una sassata su punizione di quest'ultimo deviata in corner da Aumann, c'è il pareggio. Prosinecki inventa per Binic, che si invola a gran velocità in contropiede e giunto in area ha la lucidità per servire un delizioso assist per Pancev: 'Il Cobra' tiene fede alla sua nomea e anticipando in scivolata un difensore firma l'1-1. È il 45' e nella ripresa al 70' tocca a Savicevic, letteralmente scatenato e servito ancora da Pancev, chiudere il match con una magistrale azione in velocità chiusa con un tiro secco e angolato.
GettyDue settimane dopo, il 24 aprile, al Marakana di Belgrado va in scena la sfida di ritorno. La partita vede un'alternarsi di emozioni contrastanti. Di fronte ai soliti 100 mila slavi, Mihajlovic infila Aumann con un'impressionante punizione dalla distanza, cui segue una corsa sfrenata di esultanza. Pancev, servito da Rabinovic, spreca la palla del 2-0, e ancora Savicevic va vicino al raddoppio, mentre Binic 'non vede' Pancev e conclude a lato un'azione personale.
Ma il Bayern è duro a morire, e dopo aver sprecato a sua volta con Wohlfart, ottiene il pari su papera di Stojanovic, che non trattiene una punizione non irresistibile di Aughentaler. Come se non bastasse, 4 minuti dopo, al 66', un pasticcio della difesa slava consente ad Effenberg di servire a Bender la palla del 2-1. Tutto torna in discussione e c'è la paura che la beffa si consumi.
Invece al 90' il pareggio dei padroni di casa arriva nella maniera più impensabile: Mihajlovic crossa teso a centro area, Aughentaler, nel tentativo di anticipare Binic e Pancev, devia maldestramente il pallone, che si impenna e beffa un impalato Aumann, insaccandosi alle sue spalle. È il 2-2 che fa esplodere la festa dei tifosi e porta in finale di Coppa dei Campioni la Stella Rossa.
L'ultimo atto va in scena il 29 maggio nello Stadio San Nicola di Bari. L'avversario è il Marsiglia di Jean-Pierre Papin e del grande ex 'Piksi' Stojkovic. Ma la partita è brutta e molto tattica, e anche i supplementari non bastano ad eleggere un vincitore. Si va così ai rigori. Prosinecki, Binic, Belodedic e Mihajlovic si rivelano freddi dal dischetto, non altrettanto Amoros, che fallisce il primo rigore dei francesi. Tutto si decide alla quinta e ultima serie di tiri.
Mozer trasforma, così il peso ricade sui piedi del 'Cobra'. Pancev sistema con cura il pallone e colpisce forte e centrale con il destro: Olmeta non può far nulla, la Stella Rossa è campione d'Europa grazie alla freddezza del suo bomber macedone. Anche i festeggiamenti vedono il giocatore di Skopje fra i principali protagonisti.
La sua popolarità, già alle stelle, aumenta ulteriormente nella stagione seguente: nonostante le guerre balcaniche siano già esplose, Pancev, come altri compagni, resta a Belgrado un'altra stagione per completare il ciclo e vincere anche la Coppa Intercontinentale. Si gioca a Tokyo l'8 dicembre 1991, e la Stella Rossa affronta i cileni del Colo Colo, vincitori della Libertadores, con l'obiettivo di non fallire, com'era accaduto invece nella Supercoppa europea, conquistata dal Manchester United.
Gli slavi restano in 10 uomini per l'espulsione di Savicevic, ma lo scatenato Jugovic, autore di una doppietta, e ancora Pancev, fissano il risultato sul 3-0. Per la prima volta una squadra jugoslava è campione del Mondo per club, nonostante la Federazione Jugoslava già non esista più.
Per il macedone il 1991 è un anno da incorniciare: arrivano infatti il 2° posto ex aequo con Dejan Savicevic e Lothar Matthäus nel Pallone d'Oro e la vittoria della Scarpa d'Oro (che gli sarà consegnata soltanto nel 2006) con i suoi 34 goal che avevano portato ad 84 reti in 92 gare il suo mostruoso bilancio con i biancorossi in campionato.
getty ImagesPANCEV NELLA JUGOSLAVIA: TANTI GOAL E I MONDIALI '90
Anche con la Nazionale jugoslava Darko Pancev mostra le sue doti da finalizzatore d'area. Il debutto è precoce, il 31 marzo 1984 a Subotica in amichevole contro l'Ungheria (2-1 per i plavi), quando il macedone è ancora un diciottenne, ma il meglio lo dà a cavallo fra il 1989 e il 1991.
In tutto, prima che la Jugoslavia sia squalificata da tutte le competizioni internazionali, mette insieme 27 presenze e ben 17 goal. Nel suo cammino spiccano due triplette contro Austria e Irlanda del Nord nelle Qualificazioni ad Euro '92, e tre doppiette: la più importante è senza dubbio quella ai Mondiali di Italia '90 contro gli Emirati Arabi, con il 4-1 che dà alla Nazionale di Osim la certezza del passaggio del turno.
Le sanzioni impediranno a Darko, come a tanti altri suoi compagni, di giocare gli Europei del 1992 in Svezia dopo un cammino entusiasmante nelle qualificazioni, di cui si era appena laureato capocannoniere con 10 goal. Dal 1993 al 1995 rappresenterà anche la Macedonia, dopo l'indipendenza ottenuta dal suo Paese, indossando la fascia da capitano e totalizzando 6 presenze e una rete.
IL FLOP ALL'INTER E IL RAPIDO DECLINO
Nel 1992, sfruttando anche la situazione difficile che attraversano i Balcani, con le guerre nazionaliste in atto e l'indipendenza delle ex Repubbliche federali, le big d'Europa mettono gli occhi su Darko Pancev, considerato una vera e propria macchina da goal. Il macedone ha 27 anni, dunque dovrebbe essere nel pieno della sua carriera agonistica. L'Inter di Ernesto Pellegrini sbaraglia la concorrenza di Milan (che deve 'accontentarsi' del 'Genio' Savicevic), Real Madrid e Barcellona e giocando d'anticipo ottiene l'accordo con il giocatore e la Stella Rossa, cui versa circa 14 miliardi di Lire.
Il numero uno nerazzurro è convinto di aver messo nelle mani del proprio allenatore, Osvaldo Bagnoli, un centravanti stile Paolo Rossi, in grado di risolvere anche le gare più difficili. Dovrà presto ricredersi, ma è lo stesso Pancev, al suo arrivo, a promettere grandi cose.
"Il mio punto di forza è la velocità in area. - dichiara - Quando il pallone arriva dalle mie parti non perdono. In Jugoslavia sono stato capocannoniere del campionato per quattro volte. Non dico che farò altrettanto in Italia perchè so che le difficoltà saranno maggiori, ma aspettate prima di giudicare. L’Inter ha un attacco molto potente: io, Sosa e Schillaci possiamo segnare gol a grappoli".
Il precampionato e la Coppa Italia sembrano confermare le qualità realizzative del macedone. Pancev timbra regolarmente il cartellino, e i 5 goal rifilati alla Reggiana nelle due gare del 2° turno di Coppa fanno sognare in grande i tifosi nerazzurri.
Per lui anche gli allenatori spendono parole importanti.
"Che bravo, - dice il Ct. dell'Italia Arrigo Sacchi a 'La Gazzetta dello Sport' - in area di rigore è veramente un giocatore straordinario".
"Mi ricorda Boninsegna, - si sbilancia il suo allenatore, Bagnoli - in area dategli un pallone ed è goal".
Invece l'impatto con il campionato sarà disastroso. Il tecnico milanese gli dà fiducia e lo schiera subito titolare in coppia con Schillaci: l'Inter perde 2-1 ad Udine, poi supera 3-1 in casa il Cagliari ma Darko sembra l'ombra di se stesso: il macedone appare impacciato e avulso dalla manovra della squadra. Si muove poco, aspetta che siano i compagni a fare il lavoro sporco.
Un modo di stare in campo che non va a genio a Bagnoli, che in quel momento capisce che qualcosa non stava andando come lui si augurava. Servito poi da un perfetto cross di Alessandro Bianchi, l'ex Stella Rossa spreca una ghiotta palla-goal tutto solo nell'area dei sardi, guadagnandosi i fischi dei tifosi sugli spalti.
Bagnoli inizia a preferirgli sistematicamente gli altri stranieri, Sosa, Shalimov e Sammer, e a tenerlo in tribuna, visto che ne possono giocare solo tre a partita. Le cose vanno di male in peggio: il tecnico lo rilancia a novembre e parte titolare in 5 gare di fila contro Samp, Milan, Brescia, Ancona e Lazio. Ma Pancev è l'ombra del bomber spietato che tutti avevano conosciuto in Jugoslavia e non sfrutta lo spazio concessogli.
In pagella fioccano i 4 assegnatigli dai quotidiani, la Gialappa's Band lo ribattezza 'Ramarro' e anche Bagnoli perde la pazienza.
"Deve cambiare mentalità se vuole avere un posto sicuro in squadra. - lo ammonisce - Deve partecipare di più all’azione e tornare indietro quando serve. So che può farcela e insisterò su questo. C’è riuscito il Milan con Van Basten, che adesso si smarca e cambia posizione con Papin, che a sua volta gioca anche da seconda punta, non vedo perché non dabba farlo Pancev".
Il tecnico lo tiene di nuovo fuori per circa un mese, salvo riproporlo nuovamente a gennaio per l'ultima occasione. Il 31 gennaio finalmente l'ex Stella Rossa si sblocca firmando il 2-2 interno contro l'Udinese, ma sarà un fuoco di paglia. Subito riprendono le prestazioni deludenti.
Ai giornalisti che gli chiedono le cause di un rendimento inspiegabile e dei fischi dei tifosi, lui replica stizzito con una frase divenuta celebre:
"Tifosi fischiano, giornalisti criticano... Importa sega a me: io domani compro Ferrari"
Bagnoli sceglie definitivamente di tenerlo fuori per il resto dell'anno e di preferirgli Schillaci in coppia con Sosa.
"Bisogna avere pazienza con Pancev perché è macedone? Sarà, ma io vengo dalla Bovisa, - dichiara il tecnico nerazzurro a 'La Gazzetta dello Sport' - e non sono un pirla...".
L'anno si conclude in modo incolore per l'ex 'Cobra', che chiude con 12 presenze e un goal in Serie A e 5 reti in 4 gare di Coppa Italia. Orgoglioso e testardo, Darko resta all'Inter anche nel 1993/94, ma ormai con Bagnoli il rapporto è compromesso e con l'arrivo nel 1993 di Bergkamp, a gennaio del 1994 viene ceduto, suo malgrado, in prestito al Lipsia, ultimo in classifica in Bundesliga.
Pancev è furioso con la società, e reagisce male.
"Non se ne parla nemmeno. - afferma - Da qui non mi muovo e non vado in una squadra che è ultima in classifica. All’Inter hanno voglia di scherzare".
Dovrà invece fare le valigie in Germania, ma anche qui il rendimento sarà scadente, con appena 2 reti in 10 gare. Fiducioso che con il nuovo allenatore, Ottavio Bianchi, sarà tutta un'altra musica per lui, il macedone torna comunque in forza ai nerazzurri nell'estate 1994.
"Ho scordato tutto il passato nerazzurro, sono qui con grande voglia di fare, di far capire quanto valgo. Che non sono il giocatore delle rare presenze in nerazzurro. Anche a Lipsia nella scorsa stagione è stato un dramma. Ho segnato solo un goal nelle ultime dieci partite e siamo anche retrocessi. Adesso Pancev cambia tutto, mentalità e voglia di dare il massimo anche in allenamento. Sono convinto di far bene, mi piace l’allenatore Bianchi perchè parla a viso aperto. Io chiedo solo che mi venga data l’opportunità di giocare tre-quattro partite di seguito".
"Sono convinto che avrò il mio spazio, - aggiunge - non sono vecchio, ho solo più esperienza. Due stagioni fa ho realizzato molte reti nelle amichevoli e in Coppa Italia. Non sono scarso. Sono solo incompreso".
Bianchi prova a rilanciarlo, e lui ripaga con 2 goal nei primi turni di Coppa Italia contro Lodigiani e Padova. Gioca titolare anche in avvio di campionato, con l'obiettivo di fargli ritrovare il ritmo partita e il top della condizione. Con lui in campo l'Inter supera fuoricasa il Torino, e alla 4ª giornata si ripete al Meazza con la Fiorentina. La nota positiva è che fra i marcatori c'è anche il centravanti macedone.
Quest'ultimo si ripete alla 6ª nella sconfitta di misura con il Bari. Sembra l'inizio di un'altra storia, ma alla 7ª, nello 0-0 con il Foggia, Pancev si fa male. Sarà l'ultima sua gara dell'avventura 'italiana', conclusa con 'zero titoli', 19 presenze e 3 reti in Serie A e 9 presenze e 7 goal in Coppa Italia, che gli faranno guadagnare la pesante etichetta di 'bidone'.
Con l'arrivo di Massimo Moratti alla presidenza, infatti, il macedone sarà ceduto nell'estate 1995 al Fortuna Düsseldorf. Senza alcun rimpianto dei suoi ex tifosi, che esulteranno alla notizia del suo addio.
Nemmeno in Germania, peraltro, l'ex bomber riuscirà a riprendersi: tormentato dai guai muscolari, confermerà il suo brusco declino collezionando 10 presenze e 2 goal, prima di andare a giocare in Svizzera, al Sion, dove conquisterà Campionato e Coppa nazionale, con sole 8 presenze complessive e 2 reti, prima di appendere le scarpette al chiodo a soli 32 anni.
Considerato da molti in Italia il prototipo del 'bidone', Pancev si difenderà sempre.
"Il mio più grande errore fu andare all'Inter. - dichiara il macedone a GOAL nel 2020 - Arrivai in una squadra dove c'era una pessima atmosfera e con un gioco difensivo, mi guardavano tutti come uno sconosciuto e penso che non mi supportarono mai abbastanza nel periodo di adattamento. L'errore fu mio perché avrei potuto firmare con un'altra società: all'epoca mi cercavano squadre come Real Madrid, Barcellona e Manchester United".
"Gli infortuni non furono la ragione del mio fallimento, quelli arrivarono più tardi. - assicura - Non c'era umanità in quella squadra, molti giocatori misero sotto pressione Bagnoli per far giocare Schillaci al posto mio, perché era italiano come loro e meritava di essere titolare. Non mi accettarono mai completamente. Poi litigai anche con l'allenatore e la dirigenza, era chiaro che il mio percorso non fosse sulla strada giusta. La stampa italiana fu durissima con me, i giornalisti proteggevano l'Inter e non me. Rimasi vittima di tutto il gioco".
Nel 2003 la Federazione macedone, per cui ha anche lavorato, lo ha nominato 'Miglior calciatore macedone degli ultimi 50 anni'. E nel 2006 Platini, presidente dell'UEFA, ha potuto consegnargli con 15 anni di ritardo la Scarpa d'oro, dopo che la stessa Federazione aveva accertato che non esisteva nessun calciatore cipriota che avesse fatto più goal di lui nel 1990/91.
Il flop con l'Inter e il rapido declino di uno dei bomber più prolifici d'Europa, nonostante le accuse lanciate dal giocatore alla società, destano ancora oggi grande stupore, per un centravanti che è passato in pochi mesi dai trionfi internazionali ad essere nominato 'Fenomeno parastatale' nell programma satirico 'Mai Dire Goal'.