Lasciare il Barcellona per andare a giocare nella Dinamo Zagabria a 16 anni è sinonimo di personalità, di idee chiare, di coraggio. Tutte caratteristiche che appartengono a Dani Olmo. In campo, così come fuori. Lasciare la Masía per intraprendere un altro tipo di percorso di crescita, chiudere il proprio rapporto con uno dei club più prestigiosi del mondo per scegliere un campionato non di primo piano, una squadra lontana dal prestigio dei top club. E sì, alla fine ha avuto ragione.
Nato in Catalogna, passato per il settore giovanile dell’Espanyol prima di approdare immediatamente al Barcellona, piangendo per aver lasciato i suoi amici, forse poco cosciente di quel che stava per accadergli.. La situazione ideale, il sogno di ogni ragazzo catalano. Non per Dani Olmo, che aveva un altro piano per la sua carriera. Un piano che non prevedeva una lunga attesa prima di arrivare tra i professionisti, come sarebbe stato se avesse deciso di rimanere nel suo paese. Anche se giocava già sotto età con l’Under 18. Il talento era già emerso. Era già evidente. Costantemente miglior marcatore nel settore giovanile.
La smania di giocare era già evidente quando da piccolo non voleva fare una foto con Messi: dovettero ‘placcarlo’. Lui voleva soltanto inseguire il pallone, non essere interrotto per scattare una fotografia. Anche se col senno del poi ci ha ripensato. Non ha invece ripensato alla sua decisione di scegliere la Croazia, come ha raccontato in una lettera aperta pubblicata sul ‘Players’ Tribune’.
“Avevo bisogno di un progetto. Avevo bisogno di giocare. Avevo bisogno della palla. All'inizio, il Barcellona non credeva che me ne stessi andando. Nessuno lascia il Barcellona per la Croazia. Nessuno. Ma io l'ho fatto. Non appena mio padre mi ha parlato dell'offerta ho pensato: 'Vado'. Semplice”.
Getty ImagesNel club che ha lanciato la stragrande maggioranza dei talenti croati, anche uno spagnolo. Che ha preso la miglior decisione che potesse prendere, per sua stessa ammissione. Una mosca bianca. Ma con doti riconosciute. L’allora tecnico Zoran Mamic non ci ha pensato molto a farlo esordire in prima squadra: 7 febbraio 2015, primi minuti da professionista in campionato. Poi è arrivata la Champions League a vent’anni, le convocazioni nelle selezioni giovanili della Spagna. L’escalation, il progetto che Olmo aveva in mente per sé stesso. Realizzato, non certo nella maniera più usuale.
Ciò che conta, comunque, è il risultato. Per anni i club italiani lo hanno seguito, il Milan in particolare è stato spesso accostato a lui. Alla fine Olmo se l’è aggiudicato un’altra squadra che con i progetti e i giovani ci sa fare: il Lipsia. E al primo anno ha centrato la qualificazione nella semifinale di Champions League, un traguardo storico per il club. Per certi versi anche inatteso.
Con Julian Nagelsmann il classe 1998 ha conquistato centralità nel progetto e nei piani di gioco, fino a raggiungere la doppia cifra di assist nella scorsa stagione. Nonostante le caratteristiche offensive non è mai stato una macchina da statistiche. A fare la differenza più che i numeri sono le sue letture, la capacità di vedere le cose prima degli altri. Ed è ciò che gli ha lasciato in eredità la Cantera del Barça.
GettyDal novembre 2019 fa parte del giro della nazionale spagnola. Ci è entrato per non uscirne più. Anche senza mai aver giocato nella Liga (rimane comunque un suo obiettivo, come ha raccontato a Goal). Luis Enrique lo ha coinvolto nelle rotazioni offensive, lo ha schierato su entrambe le corsie, anche sulla trequarti, il ruolo forse in cui si trova meglio. A Euro 2020 è partito in sordina, con due partite deludenti contro Svezia e Polonia, poi la panchina contro la Slovacchia.
Non poteva che essere la sfida contro la Croazia quella della sua redenzione. Entrato a fine regolamentari, ha propiziato i goal di Morata e Oyarzabal con due cross al bacio. I due goal che nei supplementari hanno portato la Roja ai quarti. Si è visto anche contro la Svizzera, segnando il suo rigore. Essere vistoso, in fondo, non fa parte delle sue priorità. Anche se alcuni suoi dribbling per difendere palla o per liberarsi al tiro lo sono eccome.
“Mi sento importante nel gruppo - ha confessato a Marca - tutti noi ci sentiamo così. È l’unione del gruppo che ci ha permesso di arrivare fino a qui. Mi considero forte mentalmente, ho le cose chiare in testa”.
La prossima sfida sarà con l’Italia. L’infortunio di Sarabia potrebbe aprire ad Olmo le porte della formazione titolare, ma anche se dovesse partire dalla panchina saprà come incidere. Lo dice la sua storia: le cose le capisce prima. E sa spesso prendere le decisioni giuste. Gli azzurri sono avvisati.
