
Discusso e bravissimo nel fare il suo lavoro. Carmine Raiola, per tutti semplicemente Mino, è stato uno dei personaggi più potenti del calcio mondiale fino alla sua scomparsa il 30 aprile 2022. Uno status raggiunto partendo dal basso e senza aver mai spinto un pallone in rete, sì perché lui per entrare in quello che da anni è il suo mondo, ha dovuto usare la ‘porta di servizio’.
A portarlo ad essere ciò che è oggi è stata fondamentalmente una dote innata: il fiuto per gli affari.
Lo ha sempre avuto ed ha avuto modo di svilupparlo in quello che per lui si è trasformato in una straordinaria palestra: il ristorante di famiglia ad Haarlem. In Olanda.
Al ‘Ristorante Napoli’ ha capito cosa vuol dire trattare perché lo ha fatto sul campo. Ha approfittato del fatto che conoscesse meglio l’olandese di suo padre per diventare il vero manager dell’attività di famiglia, colui che era chiamato ad acquistare, interagire e a consigliare. Una sorta di factotum che non si è mai risparmiato per il bene del ristorante, che anzi ha svolto al suo interno ogni attività possibile tranne una e questo a dispetto del soprannome che coloro che meno lo amano gli hanno affibbiato tempo fa: il ‘pizzaiolo’.
“Trattare e organizzare era la mia passione. Ho imparato tanto nel ristorante - ha raccontato Mino Raiola - Ho fatto praticamente tutto, compreso lavare i piatti, ma mai una cosa: infornare la pizza".
Sarà proprio al ‘Napoli’ che avrà modo di conoscere i dirigenti dell’HFC Haarlem, di avvicinarli, di discutere con loro al punto di diventare uno loro. E sarà sempre al ‘Napoli’ che instaurerà dei rapporti con molti giocatori dell’Ajax che, pur di mangiare la miglior pizza della zona, non si facevano molti problemi nell’affrontare i trenta e passa chilometri che dividono Amsterdam da Haarlem.
E’ attraverso il suo mondo che Raiola si è guadagnato l’approdo in un nuovo mondo: quello del calcio appunto.
Poco più che ventenne ha iniziato a tessere una fitta rete di contatti che l’ha portato fino a Rob Jansen, ovvero il più importante tra i procuratori olandesi dell’epoca.
Se Jansen può contare su una scuderia di giocatori già affermati e cresciuti quasi tutti in quella straordinaria fucina di talenti che è l’Ajax, Raiola ha tutto il resto. Parla cinque lingue (lui dice che l’italiano è quella che conosce meno), è scaltro, ambizioso ed è italiano e quest’ultima cosa è fondamentale. Attraverso di lui c’è la possibilità di aprire un canale privilegiato con la Serie A, ovvero l’Eldorado del calcio ad inizio anni ’90, e a Raiola, che ha già capito che con il pallone c’è la possibilità di fare tanti soldi e in maniera anche molto rapida, la cosa interessa incredibilmente.
E’ in questo momento che inizia una carriera che probabilmente lo porterà lì dove nemmeno immaginava di poter arrivare. E’ in questo momento che sulla sua strada si presenta forse il più improbabile dei bivi: Foggia.
Nel capoluogo dauno si stava vivendo il quegli anni un momento di straordinaria esaltazione calcistica. Il Foggia, la squadra della città, dopo essersi guadagnato il ritorno in Serie A dopo tredici anni di attesa, era riuscito nell’impresa di ritagliarsi un ruolo da protagonista nel calcio italiano.
Ce l’aveva fatta grazie alle idee visionarie di un tecnico boemo, Zdenek Zeman, il fiuto straordinario di un gruppo di dirigenti guidato da Peppino Pavone, ed una rosa di giocatori sconosciuti.
Il Foggia di inizio anni ’90 propone un gioco straordinariamente offensivo, ovvero in controtendenza con quelle che erano le consuetudini del calcio nostrano. Chi va allo ‘Zaccheria’ per assistere ad una partita, lo fa sicuro che, al di là del risultato, ci sarà da divertirsi e che quei tre lì davanti - Rambaudi, Baiano e Signori - in un modo o nell’altro troveranno la via della rete.
Zemanlandia si abbatte sulla Serie A con la forza delle più impensabili delle novità, quelle che stravolgono tutti i canoni, ma se la prima stagione sarà da sarà da sogno, la seconda nel massimo campionato si aprirà con i peggiori auspici.
L’intera ossatura della squadra viene smantellata, poiché i pezzi pregiati di casa rossonera intanto hanno attirato le attenzioni delle società più ricche, e per sostituire i tanti campioni partiti si decide di puntare su un altro gruppo di ragazzi che il grande calcio lo hanno visto solo in TV.
Alla corte di Zeman arrivano i vari Seno, Caini, Bresciani, Di Biagio, Biagioni, Medford e Mandelli, e alla fine della sessione estiva di calciomercato i nuovi volti vestiti di rossonero saranno ben sedici. In tutto costeranno 18 miliardi di lire, nulla a confronto dei 57 incassati dalla società.
A Foggia esplode la rabbia dei tifosi e Zeman stesso sente che forse è meglio farsi da parte, ma alla fine decide di tentare una nuova impresa. E’ convinto di poter ripetere quanto fatto con il precedente gruppo di ormai ‘ex carneadi’, ma i fatti almeno inizialmente non gli danno ragione.
Dopo le prime nove giornate del campionato di Serie A 1992/1993, il ruolino di marca del Foggia parla di due vittorie, un pareggio e cinque sconfitte. Il tutto si traduce in una posizione di classifica quanto meno pericolosa.
Si decide dunque di rafforzare la squadra nel corso del mercato di novembre e tra i nomi che vengono proposti alla società ce ne è uno in particolare che sembra irraggiungibile: quello di Bryan Roy.
E’ nato e cresciuto nell’Ajax, squadra con la quale ha anche vinto una Coppa UEFA battendo in finale il Torino di Mondonico, ed è considerato un giocatore di caratura internazionale.
Il primo a puntare forte su di lui è stato una leggenda del calcio mondiale, Johan Cruijff, che nel ragazzo ha intravisto quelle qualità che lo porteranno, appena diciannovenne, a vestire per la prima volta la maglia della Nazionale maggiore olandese. Ha già almeno cinque anni di calcio ad alti livelli alle spalle, quando per lui cambia qualcosa. Nell’estate del 1991 la guida dell’Ajax viene affidata a Louis Van Gaal, che prima gli concede sempre meno spazio e poi decide di puntare su un giovane talento che poi farà parlare moltissimo di sé: Marc Overmars.
GettyPer Roy è arrivato sostanzialmente il momento di cambiare aria e di provare qualcosa di diverso e in quegli anni non c’è niente di meglio al mondo della Serie A.
Il suo nome viene accostato a quello di varie società, ma alla fine sarà proprio il Foggia a crederci più di tutti. La valutazione iniziale del cartellino è di 4,5 miliardi di lire, ma con il passare dei giorni il prezzo si abbassa considerevolmente grazie al lavoro certosino proprio di Mino Raiola.
Rob Jansen affida al futuro 'super agente’ il ruolo di traduttore nella trattativa, ma lui si spingerà ben oltre l’utilizzo del suo italiano.
Favorirà il buon esito dell’operazione giocando un ruolo fondamentale, tanto che lo stesso Raiola ha sempre parlato di Bryan Roy come del primo vero grande colpo della sua carriera.
“Allora la Serie A era come la Premier League di oggi - ha raccontato lo stesso Raiola a 'SPORT1' - e l’approdo di Roy al Foggia rappresentò il mio primo grande trasferimento. Allora tutti volevano giocare in Italia”.
Il Foggia verserà nelle casse dell’Ajax 2,2 miliardi per assicurarsi l’attaccante olandese e quell’acquisto rappresenterà per il club un punto di rottura rispetto al passato. Raramente infatti Pasquale Casillo si era concesso esborsi così onerosi e praticamente mai aveva preso un giocatore così importante e famoso a livello europeo.
Roy rappresenta l’inaspettato colpo da copertina di una squadra desiderosa di risalire la classifica ed il suo approdo in rossonero riporta entusiasmo in una piazza piegata da cocenti delusioni.
L’attaccante si mette fin da subito a disposizione di Zeman ed esordisce in Serie A in un giorno non banale: è il 22 novembre 1992 e allo ‘Zaccheria’ arriva la Lazio dell’idolo Beppe Signori.
All’ex gioiello rossonero vengono riservati gli onori del caso, ma gli occhi di tutti sono per Bryan Roy. Nel primo tempo Signori fatica, mentre l’olandese vola sul campo come una gazzella. Al 18’ il Foggia passa grazie ad un rigore trasformato da Biagioni, ma il momento dell’apoteosi coincide con il 34’ quando proprio Roy, sfruttando un gran cross dalla destra di Petrescu, con un colpo di testa trafigge Nando Orsi per il 2-0.
Debutto in Serie A con goal. Ai tifosi del Foggia non sembra vero. Nella ripresa Signori segnerà il goal della bandiera che renderà in qualche modo la giornata perfetta. 2-1 per i ‘Satanelli’ e punti in cascina pesanti, oltre che la sensazione che qualcosa sia realmente cambiato.
Roy in realtà subirà non poco il passaggio da una realtà come quella dell’Ajax ad un’altra come quella del Foggia e quando tornerà ad insaccare un pallone in rete sarà già aprile inoltrato.
Il Foggia comprende che il suo nuovo attaccante ha difficoltà nell’esprimersi al meglio e chiederà quindi a Mino Raiola di trasferirsi in città per aiutare il suo assistito ad ambientarsi. Detto, fatto.
Anche in questo caso il ruolo è fondamentalmente quello del traduttore, ma ancora una volta Raiola si spinge ben oltre. Resta in Puglia per un anno (a Foggia conoscerà anche sua moglie), vivrà in simbiosi con Roy, andrà in panchina con Zeman e parteciperà a tutte i pranzi e le cene della squadra. Diventerà di fatto uno del gruppo e passerà dal tinteggiare le pareti di casa del suo ‘cliente’, a dargli indicazioni tattiche in campo.
"Durante le partite, Mino si è sempre seduto accanto a Zeman in panchina per tradurre le sue istruzioni tattiche per me - ha raccontato Roy a GOAL e SPOX nell’agosto del 2021- All'Ajax dovevo fare corse verticali come ala sinistra ed è stata la chiave tattica con cui abbiamo vinto la Coppa UEFA. Ma Zeman voleva davvero che corressi in diagonale. All'inizio correvo ancora come ero abituato all'Ajax e raramente prendevo la palla. Ad un certo punto durante una partita Mino ha urlato: "Per favore, per favore, per favore, corri in diagonale una volta! Una volta! Per me!". Poi ho fatto una corsa in diagonale, ho preso la palla e l'ho colpita subito. Mino è impazzito completamente a bordo campo: saltava e applaudiva".
Quando le cose vanno bene il merito è anche di Raiola, quando vanno meno bene a Zeman sorge il dubbio che traduca al suo assistito in modo sbagliato quelle che sono le sue indicazioni.
Intanto mentre Roy si adatta al calcio italiano, o forse è meglio dire a quello Zemaniano, Raiola continua a potenziare la sua rete di contatti. Di fatto cresceranno insieme e mentre il primo diventerà, dopo una prima annata complicata uno dei perni della squadra, al secondo nel 1993 verrà affidato l’incarico di perfezionare i trasferimenti di Wim Jonk e Dennis Bergkamp all’Inter.
Roy chiuderà la sua prima stagione in rossonero con appena tre goal all’attivo, ma la seconda sarà di tutt’altro spessore. Con Bresciani e Kolyvanov andrà a formare un tridente che a molti farà ritornare alla mente quello composto da Rambaudi, Baiano e Signori, e con ben dodici marcature (tra fine novembre e fine dicembre riuscirà a segnare per quattro partite consecutive), non solo si imporrà come il miglior marcatore della squadra, ma la spingerà fino ad un passo da quella che sarebbe stata una storica qualificazione europea.
“Io metto Zeman sullo stesso livello di Cruijff, di Michels, di Van Gaal, di Hiddink - ha spiegato a ‘Immediato TV’ - E’ stato uno dei migliori allenatori che io abbia mai avuto. Mi ha insegnato a fare goal, cosa che non sapevo fare quando ero all’Ajax”.
Quando nell’estate del 1994 Dick Advocaat stilerà la lista dei convocati per USA ’94, ci sarà anche il nome di Roy tra quello dei ventidue giocatori chiamati a rappresentare l’Olanda.
GettyL’attaccante, a soli 24 anni, avrà la possibilità di giocare il suo secondo Mondiale, dopo quello del 1990, e lo farà anche da buon protagonista scendendo in campo in tutte e cinque le partite giocate dagli ‘Orange’, tre delle quali da titolare.
Nel frattempo a Foggia si sta chiudendo un’era e nulla sarà più come prima. Molti giocatori lasceranno la squadra e soprattutto andrà via Zeman per iniziare una nuova avventura alla Lazio. Anche Roy non farà più ritorno in Daunia e ripartirà dall’Inghilterra dove, nella prima stagione, con tredici reti in trentasette partite di campionato, condurrà il Nottingham Forest fino alla conquista di una qualificazione in Coppa UEFA.
Ormai è un attaccante completo capace di giocare anche in posizione più centrale quando, a soli 25 anni, inizia ad essere bersagliato da una serie di infortuni che non gli permetteranno più di esprimersi con continuità ad alti livelli. Le successive due annate inglesi saranno avare di soddisfazioni e non meglio andranno le successive tre vissute in Germania con la maglia dell’Hertha Berlino.
Nel 2001 farà ritorno in Olanda per giocare con il NAC, ma ormai è l’ombra del campione che è stato. Si ritirerà a soli 31 anni per poi fare un breve ritorno nel 2004 nelle serie minori inglesi con il Workington, ma il calcio al quale era abituato era un’altra cosa.
Bryan Roy ha fatto ritorno in alcune occasioni a Foggia, l’ultima delle quali da testimonial della Fondazione ‘Capitanata per lo Sport’. E’ stata l’occasione per ribadire il suo affetto per una città che lo aveva adottato e per ricordare il suo passato tinto di rossonero.
“Alcuni dei più bei ricordi della mia carriera sono legati al Foggia - ha spiegato ai microfoni di ‘TeleFoggia’ - Mia figlia è nata qui. Ricordo il mio primo goal nella mia prima partita contro la Lazio. Winter disse a Zoff che in campo potevo fare di tutto, tranne che segnare di testa. Segnai di testa. E’ stato emozionante tornare allo ‘Zaccheria’, mi sono venuti in mente tante storie. Il Foggia non dovrebbe stare in Serie C”.
Quella di Roy al Foggia è stata una storia breve, ma intensa. Una storia che nasconde un retrogusto di atipico. La storia di un campione affermato che sceglie la provincia e che in provincia dimostra di saperci stare alla grande. Una storia che da molti verrà ricordata soprattutto come la prima grande operazione conclusa da Mino Raiola, il 'super agente' che proprio grazie al club rossonero e all’attaccante olandese ha posato il primo mattoncino di quello che poi sarebbe diventato un impero.


