"Tedesco vola". Intonato sulle note de "La Notte Vola" di Lorella Cuccarini, fu il coro coniato dalla Curva Sud romanista per esprimere il proprio affetto a Rudi Voeller.
L'attaccante tedesco trascorse cinque stagioni in giallorosso. Il primo anno, nel 1987, non fu molto positivo: solo 5 goal in 28 presenze.
Troppo poco per uno che avrebbe dovuto trascinare l'attacco e invece finì per essere trascinato lui per mano dalle difese avversarie. A causa dei tanti infortuni non riuscì a esprimersi al meglio, ambientandosi a fatica in un calcio per lui tutto nuovo.
Qualcuno lo bollò come brocco, auspicando una sua pronta cessione con annesso rientro al Werder Brema da dove la Roma lo aveva prelevato per quasi 6 miliardi di lire. Fu solo la tenacia del presidente Dino Viola a far sì che l'attaccante restasse. E mai scelta si rivelò più azzeccata.
Dalla seconda stagione in poi invece Voeller inizio a inanellare prestazioni e goal di assoluto livello.
Nel 1990, nel suo Olimpico, si prese la Coppa del Mondo con la Germania. L'anno dopo portò in dote al club una Coppa Italia e sfiorò l'impresa di riportare un trofeo europeo a Trigoria, arrendendosi solo in finale contro l'Inter in Coppa UEFA.
Nel 1992 la separazione dai giallorossi e la vittoria della Champions League con il Marsiglia. Quattro anni più tardi l'addio al calcio, dopo un biennio al Bayer Leverkusen.
Ma la carriera nel calcio di Rudi è solo all'inizio. Dotato di un fiuto particolare per l'individuazione di nuovi talenti, il tedesco si cimenta con la professione di direttore sportivo sempre al Leverkusen.
Ma i vecchi amori non si scordano mai. Ed è così che nel giugno del 2004 decide di rispondere alla chiamata del cuore e tornare alla Roma.
Una scelta d'amore, dettata dalla necessità di voler dare una mano alla squadra che lo ha consacrato a livello mondiale e che ora si trova in difficoltà.
Già, il nuovo corso della panchina era stato affidato a Cesare Prandelli, reduce da un'ottima esperienza al Parma e pronto al grande salto verso scenari più prestigiosi.
Ma l'aggravarsi delle condizioni di salute della moglie lo spinge a lasciare l'incarico a pochissime settimane dall'inizio del campionato. A mercato e preparazione ormai ultimati, la Roma è in piena emergenza.
Su piazza non ci sono tecnici a disposizione e inoltre iniziano a circolare voci su possibili scossoni societari (con l'avvicinamento del magnate russo Kerimov alla famiglia Sensi), con conseguente instabilità all'interno dello spogliatoio.
Nel momento del bisogno, Rudi Voller risponde presente alla chiamata giallorossa. Accetta l'incarico, provando a cimentarsi per la prima volta con l'esperienza da allenatore.
La piazza, delusa dalla retromarcia di Prandelli pur comprendendone le ragioni, torna ad esaltarsi vedendo alla guida della propria squadra una delle bandiere degli anni Novanta.
Un periodo, quello, particolarmente complicato per la Roma, che tolta la parentesi sopracitata del 1990/1991 aveva sempre fatto fatica ad essere competitiva.
Il faro di quella squadra, manchevole di leadership pur avendo calciatori ai quali si poteva rimproverare qualche lacuna tecnica ma non l'impegno e l'abnegazione, era proprio il tedesco.
Per la seconda volta nella sua carriera dunque, Voller era chiamato a trascinare la squadra fuori dalle acque stagnanti.
Nonostante il pochissimo tempo a disposizione per tirare su una squadra e cercare di darle un'organizzazione di gioco in grado di sostenere i ritmi forsennati della Serie A, l'esordio in campionato va parecchio bene.
La Roma batte la Fiorentina, aiutata anche da un po' di fortuna e un miracoloso salvataggio di Mexes a porta spalancata su Portillo, grazie a un goal di Vincenzo Montella sotto la Curva Sud.
Quella stesso settore che al fischio finale, insieme alle note di Venditti tornerà a intonare il coro dedicato "Tedesco vola!".
Ma le prime avvisaglie di quella che si rivelerà una stagione complicatissima si manifestano già nella gara contro i viola.
Cassano viene espulso per un fallo di reazione (una manata in faccia), lasciando ai compagni l'arduo compito di prendersi i tre punti in inferiorità numerica.
E però la partita successiva quella che iscrive di diritto la data 2004/2005 nel grande libro nero degli annali di Trigoria.
All'Olimpico arriva la Dinamo Kiev in Champions League: partita tosta, molto fisica, gestita da un arbitro forse non adeguato a gestirla.
A fine primo tempo Mexes viene espulso e si scatena la furia degli spalti. Una monetina colpisce in fronte l'arbitro Frisk. La partita viene interrotta, la UEFA assegna il 3-0 a tavolino agli ucraini.
In campionato non va meglio. I giallorossi escono sconfitti per 4-3 dalla trasferta contro il Messina neopromosso.
Seguono altre due gare dove la squadra di Voeller raccoglie solo un punto: un pari interno con il Lecce (e Sicignano grande protagonista nel neutralizzare un rigore battuto col cucchiaio da Totti) e un ko pesante a Bologna in una sfida giocata di sabato.
Dimissioni. E' questa la comunicazione che all'indomani della sconfitta in Emilia l'allenatore tedesco decide di riferire ai giornalisti accorsi in sala stampa per una conferenza che si rivelerà quella dell'addio.
Getty ImagesTroppa pressione, troppe difficoltà legate all'incarico. Ma a chi gli chiede se si renda conto di lasciare la squadra in una situazione drammatica, Voeller risponde duramente e sottolinea come la squadra abbia tutte le caratteristiche per farcela anche senza di lui.
Finisce quindi dopo soli 26 giorni la sua esperienza in panchina alla Roma. In quella piazza che tanto ha amato e che lo ha ricambiato altrettanto, c'è bisogno di qualcuno che sia in grado di gettare il cuore oltre l'ostacolo.
Al suo posto viene scelto Luigi Delneri, un altro che resterà in sella per poco tempo. Ad evitare lo psicodramma a tinte giallorosse ci penserà Bruno Conti, che accetta il ruolo di allenatore evitando alla sua amata squadra del cuore di retrocedere in B e di centrare persino la finale di Coppa Italia, qualificandosi in Europa per la stagione successiva.
Dopo quello alla Roma, Voeller accetterà solamente un'altra volta l'incarico di allenatore al Bayer Leverkusen. Ma sempre ed esclusivamente ad interim, per aiutare la società in attesa di individuare il profilo adeguato per la panchina.
Di quei ventisei giorni al comando di Trigoria resta ben poco di Voeller. Se non la grandissima riconoscenza per aver accettato, con tutti i limiti del caso, un ruolo delicato. Soprattutto in una piazza che sembra avere un margine di tolleranza piuttosto basso nei confronti di chi decide di farsi onere e onore dell'incarico.
Il tedesco continuerà a lavorare come direttore sportivo con il suo Bayer Leverkusen, ma quando tornerà all'Olimpico nel 2015 per affrontare la "sua" Roma", dagli spalti si alzerà ancora una volta quel coro che i tifosi giallorossi si sono tramandati di generazione in generazione.


