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Sir Alex Ferguson, il leggendario allenatore di Aberdeen, Scozia e Manchester United

Come lui nessuno mai. In 39 anni di panchina, ha vinto 49 trofei, numeri che lo rendono l'allenatore più vincente della storia del calcio. Eppure non bastano le cifre per raccontare la carriera da numero uno di Sir Alex Ferguson.

Promettente attaccante da calciatore, senza riuscire però ad affermarsi con un grande club, una volta passato in panchina lo scozzese ha saputo scrivere la storia, vincendo in modo quasi sistematico: dal Saint Mirren all'Aberdeen, per poi diventare una leggenda con il Manchester United, che ha condotto per circa 27 anni, entrando nel mito. Senza dimenticare l'esperienza con la Scozia, da lui portata ai Mondiali di Messico '86.

GLI ESORDI E LE PRIME VITTORIE

Nato a Glasgow il 31 dicembre 1941, Alexander Chapman Ferguson proviene da una famiglia di operai. Il padre Alexander Beaton è di religione protestante, lavora come manovale in un cantiere navale, ed è un ex giocatore del Glentoran, la madre Elizabeth Hardie è invece cattolica.

Alex vive Govan, quartiere popolare nella zona Ovest della città, sull’altra riva del Clyde, seguendo la fede del padre. Il suo cammino scolastico non è sicuramente molto brillante: è bocciato sia alle elementari, sia alla High School. Decide così di fare l'apprendista, ma grazie alle sue abilità calcistiche può giocare da professionista, continuare a studiare e anche lavorare in fabbrica.

"Sono nato a Govan, - dirà spesso - è una cosa che ti porti dentro tutta la vita".

Nel 1964, dopo un apprendistato di sei anni, prende finalmente il diploma. Intanto, a partire dal 1957/58, inizia a giocare a calcio da professionista nel ruolo di attaccante. Ha un buon fisico (è alto un metro e 80 centimetri) e un indubbio fiuto del goal. Gioca per 17 anni con le maglie di Queen's Park, St. Johnstone, Dunfermline, Rangers per due stagioni, poi Falkirk e Ayr United. Segna tante reti, addirittura 45 in 51 partite nella stagione 1965/66, 31 in campionato che gli valgono il titolo di capocannoniere a pari merito con McBride.

Ma vince poco, solo due campionati di First Division negli anni di dominio del Celtic. Proprio una vittoria biancoverde nell'Old Firm, un 4-0 nella finale di Coppa di Scozia, determina la sua cessione da parte dei Rangers. Fuori dal campo frequenta i pub della sua città e si opera per Al termine di una carriera da calciatore discreta e poco più, Ferguson inizia a fare il mestiere che lo renderà una leggenda.

Nel giugno del 1974 firma per il suo primo club: l'East Stirlingshire, club di Falkirk che milita nelle Serie inferiori. Dopo appena quattro mesi si trasferisce al St. Mirren, dove crea una squadra giovane (età media 19 anni) e vincente. Ferguson la porta dalla Second Division alla First Division e successivamente dalla First Division alla Premiership, mettendo subito in evidenza le sue qualità da grande tecnico.

Sandy Jardine Hearts Alex Ferguson AberdeenGetty

L'ABERDEEN E L'INIZIO DELLA LEGGENDA

La prima svolta nella sua carriera da allenatore arriva però nell'estate del 1978: Ferguson ha ottenuto la salvezza nella Premiership scozzese con il St. Mirren, ma è esonerato. Il motivo? Avrebbe intimidito la segretaria del club per concedere rimborsi spesa gratuiti ai giocatori. Sarà l'unica volta nella sua lunga militanza in panchina. Trovatosi senza squadra, non ci resta a lungo: lo ingaggia infatti l'Aberdeen. I Dons, in 8 stagioni e mezza sotto la sua guida, salgono ai vertici del calcio scozzese ed europeo.

Il primo risultato che ottiene è quello di spezzare lo storico duopolio vigente in Scozia fra Celtic e Rangers. Accade la prima volta nel 1979/80, la sua seconda annata alla guida dei Rossi. Dopo un 4° posto nel 1978/79, l'Aberdeen è per la 2ª volta nella sua storia campione di Scozia, precedendo di un punto il Celtic.

È solo l'inizio degli anni più belli della storia del club: nel 1982 arriva anche la Coppa di Scozia travolgendo con un pesante 4-1 i Rangers in finale. Il capolavoro Ferguson lo realizza però nel 1982/83, quando l'Aberdeen alla seconda Coppa di Scozia consecutiva aggiunge il primo sigillo europeo:  i Dons si aggiudicano infatti la Coppa delle Coppe. Sulla carta, ancor prima che il torneo inizi, è una questione a due fra Barcellona e Real Madrid. I catalani partecipano come campioni in carica, i Blancos si sono invece aggiudicati la Copa del Rey.

L'Aberdeen però stupisce tutti: supera i primi 3 turni ad eliminazione diretta vincendo 5 gare su 6 e realizzando 15 reti a fronte di una soltanto subita. La prima vittima è il Sion, spazzato via da un clamoroso 7-0 al Pittodrie Stadium, bissato dal 4-1 in Svizzera. Gli scozzesi estromettono quindi gli albanesi della Dinamo Tirana soccombono di misura (1-0 e 0-0), mentre i polacchi del Lech Poznan vengono colpiti dal 2-0 rimediato in Scozia e affondati dalla sconfitta casalinga di misura firmata da Bell.

Dai quarti di finale, però, l'asticella si alza. L'avversario che i britannici trovano sulla loro strada è il Bayern Monaco: in Germania finisce 0-0, con il portiere Miller sugli scudi, poi al ritorno la partita è ricca di emozioni. Augenthaler porta in vantaggio i bavaresi, ma Simpson pareggia. Pfugler fa 2-1, gli scozzesi allora reagiscono col cuore e McLeish ristabilisce la parità con un colpo di testa su punizione.

Nel momento decisivo della gara, è proprio Ferguson ad indovinare la mossa decisiva; entra Hewitt e nel finale raccoglie un pallone vagante in area e in mezza rovesciata riesce a far passare la sfera tra le gambe di Müller. Finisce 3-2 per l'Aberdeen, che conquista il diritto a giocarsi le semifinali contro i belgi del Waterschei. Questi ultimi sono un avversario ben più morbido del precedente e la pratica è di fatto archiviata già nella partita di andata: in Scozia non c'è partita, i ragazzi di Ferguson travolgono 5-1 i malcapitati gialloneri e approdano in finale. 

Qui trovano il Real Madrid, che, a differenza del Barcellona, estromesso agli ottavi dalla Stella Rossa Belgrado, fa fuori nell'ordine Baia Mare, Ujpest Dozsa, Inter e Austria Vienna e giunge a giocarsi il trofeo contro la rivelazione scozzese. I pronostici sono tutti per le merengues, ma le cose allo Stadio Ullevi di Goteborg andranno diversamente da quanto il leggendario Alfredo Di Stefano e i suoi ragazzi si aspettano.

Sir Alex Ferguson Aberdeen 1983SNS Group

È l'11 maggio 1983, e l'Aberdeen è schierato da Ferguson con un classico 4-4-2. Davanti Black affianca McGhee, e in campo ci sono solo giocatori scozzesi. Di fatto i Dons sono una piccola Nazionale. Nel Real Madrid, invece, giocano in difesa Metgod e il tedesco Stielike a centrocampo. Arbitra l'italiano Menegali. Approfittando di un liscio del terzino spagnolo Juan José, al 7' proprio Black sblocca il risultato.

Il Real Madrid, punto nell'orgoglio, si riversa in attacco. Santillana legge un retropassaggio suicida di McLeish e viene steso in area da Leighton: per Menegali è rigore, che Juanito trasforma con freddezza. L'1-1 dura fino allo scadere dei tempi regolamentari, e si va all'extra time. Ancora una volta è Ferguson, da vero stratega, ad indovinare il cambio risolutore. L'ex attaccante aveva sostituito Black, stanchissimo, con Hewitt.

L'unico cambio operato dal tecnico dei Dons porta i suoi frutti al 112': McGhee scappa sulla sinistra ed effettua un cross teso in area. Augustín esce male, Hewitt legge bene la traiettoria e deposita il pallone in fondo alla rete. È il goal del definitivo 2-1, punteggio che non cambierà più fino al 120' e consentirà all'Aberdeen e a Ferguson di salire alla ribalta continentale. 

La stagione seguente gli scozzesi si mettono in bacheca anche la Supercoppa europea: l'avversario è l'Amburgo di Felix Magath, che aveva battuto nella finale di Coppa dei Campioni la Juventus di Trapattoni. L'andata si gioca il 22 novembre 1983 nel vecchio Volksparkstadion. I tedeschi non riescono a penetrare il muro dei Dons.

Ad esultare è ancora una volta la squadra di Ferguson, che pareggia 0-0 e nel match di ritorno, il 20 dicembre, con un secco 2-0 casalingo (a segno Simpson e McGhee) porta in dote il secondo trofeo europeo nel giro di pochi mesi. L'Aberdeen non si ferma, e completa una stagione da record con il treble, conquistando la terza Coppa di Scozia di fila e la seconda Premiership sotto la guida del classe 1941.

Duro quanto basta nello spogliatoio, in grado di leggere in corsa lo sviluppo della partita come pochi, il nome di Alex Ferguson balza presto alla ribalta del panorama europeo. In tanti si chiedono così chi sia quell'ex attaccante che con una piccola realtà è stato in grado di conquistarsi la ribalta continentale sconfiggendo le grandi squadre. 

Il tecnico si guadagna il soprannome di 'The Hayrdrier', 'L'asciugacapelli', per il suo metodo di rapportarsi con i giocatori. Gli affronta singolarmente nello spogliatoio, a viso aperto, facendoli, quando occorre, una lavata di capo che difficilmente dimenticheranno. Tale, appunto, da asciugare loro anche i capelli. 

Nel 1984/85 l'Aberdeen vince il suo 4° Scudetto scozzese, il 3° dell'era Ferguson. Il grande ciclo dei Dons si chiude nel 1985/86, stagione che vede i Rossi realizzare la doppietta Coppa di Scozia e Coppa di Lega. Fanno 10 trofei in sole 7 stagioni. Ferguson inizia anche il 1986/87 alla guida del club, ma poi, dopo 8 stagioni e mezza, a novembre rassegna le dimissioni: lo vuole il Manchester United, che dopo anni tristi e poveri di risultati, affida il suo rilancio all'allenatore che aveva fatto la storia dei Dons. 

FERGUSON CT. DELLA SCOZIA

Al massimo della popolarità nel suo Paese, Alex Ferguson accetta di ricoprire a partire dal 16 ottobre 1985 l'incarico di Commissario tecnico della Scozia assieme a quello di tecnico dell'Aberdeen. La Tartan Army, guidata dal suo predecessore Jock Stein, aveva ottenuto il diritto di giocarsi l'accesso alla fase finale nello spareggio intercontinentale con l'Australia, essendosi piazzata al 2° posto nel girone di qualificazione alle spalle della Spagna e avendo prevalso sul Galles per differenza reti. 

Tutto si decide in 180 minuti, preceduti da un'amichevole con la Germania Est finita 0-0 che è anche la partita del debutto del nuovo Ct. Il copione del doppio confronto è quello cui Ferguson aveva abituato i tifosi scozzesi con il suo Aberdeen. Nella gara di andata, il 20 novembre, infatti, disputata a Glasgow, la Scozia impone la sua legge e vince 2-0: goal di Cooper e McAvennie. Nel ritorno in Australia, a Sydney, invece, è sufficiente lo 0-0 per consentire ai britannici di qualificarsi.

Complici alcune assenze pesanti, su tutte quelle dell'infortunato Kenny Dalglish, e del suo partner d'attacco nel Liverpool, Alan Hansen, escluso per scelta tecnica, la Scozia non farà una bella figura. Inserita nel Gruppo E, la squadra di Ferguson chiude infatti all'ultimo posto, rimediando due sconfitte contro Danimarca e Germania Ovest e pareggiando l'ultima partita con l'Uruguay. 

Sostanzialmente una grande delusione, che avrà un suo peso nella scelta di Ferguson di lasciare il suo Paese per affrontare una sfida più grande, quella che lo vedrà per 27 anni condottiero dei Red Devils.

Eric Cantona, Alex Ferguson and Bryan KiddGetty Images

IL MANCHESTER UNITED E IL MITO DI SIR ALEX

Il Manchester United, quando il tecnico scozzese ne prende la guida, nè reduce da anni di amare delusioni. L'ultimo titolo inglese vinto è datato addirittura 1967. I primi anni sono difficili, la dirigenza pretende tanto ma dà a Ferguson il tempo di lavorare e di costruire. Lo scozzese si rimbocca le maniche confermandosi molto abile a lavorare in questo senso e crea un gruppo di uomini prima che di fuoriclasse, che faranno la storia dei Red Devils a partire dagli anni Novanta. 

L'ex Aberdeen svecchia la squadra, toglie i pesi morti, inserisce giocatori funzionali al suo gioco e soprattutto alza il tasso tecnico della rosa. I primi frutti iniziano a vedersi nel maggio del 1990, quasi quattro anni dopo il suo insediamento. I Red Devils vincono l'FA Cup a spese del Crystal Palace a Wembley, e, vista la fine della squalifica dei club inglesi dalle coppe europee, nella stagione successiva può disputare la Coppa delle Coppe.

Nel torneo che aveva saputo vincere con l'Aberdeen, Ferguson riesce a ripetersi anche alla guida dei Diavoli Rossi: questi ultimi eliminano gli ungheresi del Pécsi Munkás, i gallesi del Wrexham, i francesi del Montpellier ai quarti, i polacchi del Legia Varsavia in semifinale e arrivano all'ultimo atto contro il Barcellona di Joahn Cruijff, che, come il Real Madrid nel 1983, gode dei favori del pronostico.

Ma Ferguson è abituato a stupire: una doppietta dell'ex Mark Hughes vanifica il goal di Ronald Koeman e riporta il Manchester United ad un successo internazionale dopo 23 anni. È il chiaro segnale che le cose stanno cambiando. Manca la vittoria più attesa da tutti i tifosi: quella del campionato inglese.

E lo scozzese ci arriva per gradi: gli ultimi tasselli sono il portiere danese Peter Scheichel, che arriva dal Brøndby nell'estate del 1991, il lancio, sempre quell'anno, in pianta stabile fra i titolari di un giovane talento, Ryan Giggs, e, dulcis in fundo, l'acquisto dell'attaccante francese Eric Cantona, prelevato dal Leeds United nell'estate successiva. Ferguson diventerà per lui come un secondo padre, e lo aiuterà a dare il meglio di sè, nonostante i problemi per alcuni suoi  

"Sir Alex è un grandissimo. - dirà l'attaccante francese a 'Sky Sport' - Mi ha insegnato tantissime cose, sia dal punto di vista umano, che da quello professionale. È una persona straordinaria, è stato uno dei pochi a capire il mio modo di essere. Non possiamo definirlo un semplice allenatore, perchè non si limita unicamente agli aspetti tattici. Lui guarda anche al lato umano dei suoi ragazzi. Nonostante l'età che avanza, riesce ad essere amico dei suoi calciatori, anche dei diciottenni. E questa è una cosa che lui ha sempre fatto, è un qualcosa di straordinario". 

Accade così che dopo una League Cup nel 1991/92, nel 1992/93 il Manchester United spezza il lungo digiuno di 26 anni e si laurea Campione d'Inghilterra. L'estate del 1993 è caratterizzata dall'arrivo del mediano irlandese Roy Keane, che porta al primo double Premier League- FA Cup nella stagione 1993/94. Nello zoccolo duro della squadra viene inserito un gruppo di giovani di talento: Gary Neville, Butt, Scholes e Beckham, che si integrano alla perfezione e portano a nuovi successi.

Nelle stagioni 1995/96 e 1996/97 ecco altri due double, anche se in Champions League è dolorosa l'eliminazione ad opera del Borussia Dortmund nelle semifinali del 1996/97. Con lo scorrere degli anni arrivano in rosa anche Dwight Yorke, Jaap Stam, Teddy Sheringham e il norvegese Ole Gunnar Solskjaer.

Alex Ferguson Peter Schmeichel Manchester United 1999Getty

La stagione da incorniciare per i Red Devils è il 1998/99, l'anno dello storico treble: il Manchester United vince Premier, FA Cup e Champions League, la prima nella carriera da allenatore di Ferguson. I Red Devils hanno la meglio in semifinale sulla Juventus di Lippi: pareggio per 1-1 ad Old Trafford e vittoria inglese per 3-2 a Torino, contro una squadra che l'ex Aberdeen considera un riferimento.

"La Juventus è stata un esempio per il mio Man­chester United. - rivelerà il tecnico scozzese - Facevo vedere ai miei giocatori le videocas­sette della squadra di Lippi e dicevo: non guardate la tatti­ca o la tecnica, quella ce l'ab­biamo anche noi; voi dovete imparare ad avere quella vo­glia di vincere".

La finale si gioca al Camp Nou di Barcellona contro il Bayern Monaco. I tedeschi passano a condurre con Mario Basler, la Coppa dalle grandi orecchie sembra prendere la strada della Baviera. Invece accade tutto negli ultimi minuti. Hitzfeld toglie il veterano Matthäus, capitano dei suoi, per inserire Fink, e in pieno recupero il Manchester United la ribalta: pareggia Sheringham, poi Solskjaer firma il definitivo 2-1 che fa esultare gli inglesi.

Proprio a conclusione di quella stagione magica Ferguson il 20 luglio 1999 è nominato 'Sir' dalla regina Elisabetta II: diventa così Commendatore dell'Ordine dell'Impero Britannico. L'anno 1999/2000 si apre con la sconfitta nella Supercoppa europea ad opera della Lazio di Eriksson. Una delle sconfitte che bruceranno di più alla leggenda dello United, arrivata contro quella che lui definirà "la squadra più forte del Mondo".

A mitigarla ci sarà la vittoria della Coppa Intercontinentale: a Tokyo il 30 novembre 1999 decide un goal dell'irlandese Roy Keane. Il successo porta i Red Devils sul trono del Mondo. Con la stagione 2002/03, si chiude il primo ciclo del Manchester United di 'Sir' Alex. 

David Beckham Sir Alex Ferguson Man UtdGetty Images

GLI ANNI DUEMILA E IL NUOVO CICLO VINCENTE

Se negli anni Novanta lo United pone fine al dominio del Liverpool, negli anni Duemila i nuovi avversari in patria sono l'Arsenal di Arsene Wenger e il Chelsea, acquistato dal magnate russo Roman Abramovich.

Proprio la rivalità con i Gunners è al centro di due curiosi aneddoti di inizio millennio. Il primo riguarda David Beckham e una celebre sfuriata di Ferguson dopo un k.o. per 2-0 inferto dai londinesi nel Quinto turno di F.A. Cup. Fra i peggiori in campo proprio lo 'Spice Boy', sostituito all'83' dopo una prova anonima. Negli spogliatoi il tecnico scozzese lo trova mentre si asciuga i capelli col phon e non ci vede più. 

"Lo rimproverai per il suo impegno - racconterà nell'autobiografia - e lui, come al solito in quel periodo, rispose sprezzante alle mie critiche. Era a circa tre metri e mezzo da me, tra noi sul pavimento c’era una fila scarpette. David imprecò, andai verso di lui e, mentre mi avvicinavo, presi a calci uno scarpino. Lo colpii proprio sopra l'occhio".

Lo scarpino chiodato calciato da Ferguson spacca il sopracciglio sinistro di David, che diventa una maschera di sangue. 

"Poi si scagliò verso di me - ricorderà il manager dello United - ma gli altri giocatori lo fermarono. Il giorno seguente la storia era su tutti i giornali e fu in quei giorni che dissi alla società che David avrebbe dovuto lasciare il club".

"David l'ho visto crescere, assieme a Giggs e Scholes, era come un figlio per me. Credo fosse un ragazzo davvero meraviglioso, ma è stato l'unico calciatore che ho allenato che ha deciso di diventare famoso anche al di fuori del mondo del calcio, e di questo ne ha fatto una missione. Nella sua ultima stagione con noi sapevamo bene che David non si impegnava più come prima e che era in contatto col Real Madrid, e credo che la moglie, Victoria Adams, abbia contribuito a cambiarlo. David pensava di essere più grande e importante di Alex Ferguson, di questo non avevo alcun dubbio, e il tecnico non può permettersi di perdere autorità nella squadra, così decisi che Beckham doveva andarsene".

Così, effettivamente, sarà.

"In passato mi intimoriva il solo pensiero di dovermi incontrare a quattr'occhi con Ferguson, - rivelerà David - appena me lo trovavo di fronte, prima ancora di riuscire a dire una parola, cominciavo a tremare".

Qualche anno prima, sempre Ferguson, aveva imposto al numero 7 di tagliarsi la cresta seduta stante negli spogliatoi di Wembley prima del Charity Shield contro il Chelsea.

"Ero negli spogliatoi di Wembley, mancava un’ora alla finale contro il Chelsea. - racconterà lo 'Spice boy' al 'Daily Mirror' -  Ferguson mi vide e mi disse di rasarmi la testa completamente. All’inizio risposi che non lo avrei fatto, ma vidi la sua faccia cambiare espressione immediatamente, così mi precipitai verso il bagno, con un rasoio in mano. Sir Alex era furioso...".

Fra i due, nonostante alcuni momenti di tensione, il rapporto resterà sempre di stima reciproca.

"Ci sono stati tanti motivi per cui lui si è arrabbiato con me, e tanti per cui io ce l’abbia avuta su con lui. - spiegherà Beckham - Ma ho sempre provato molto rispetto per lui".

La rivalità con l'Arsenal di Wenger raggiunge il culmine con la cosiddetta 'Battaglia del buffet' o 'Pizzagate', come sarà definita dalla stampa britannica. È il 24 ottobre 2004 e ad Old Trafford si disputa il big match fra lo United e i Gunners. Inizialmente sono i londinesi a fare la partita e a creare pericoli, poi però emergono i Red Devils. A sbloccare il match è un rigore molto dubbio concesso dall'arbitro Riley ai padroni di casa, e trasformato da Rooney. Il 2-0 finale lo firma lo stesso attaccante finalizzando un'azione di contropiede. Ad accendere le polemiche è inoltre un'entrata killer di Van Nistelrooy su Ashley Cole, non vista dal direttore di gara. 

Al rientro negli spogliatoi, accade il fattaccio: gli animi nello staff dei due club sono particolarmente caldi e scoppia una rissa, nel mezzo della quale Cesc Fabregas tira un pezzo di pizza contro il manager scozzese. Anche i due allenatori vengono quasi alle mani.

Wenger attacca l'arbitro Riley per il rigore concesso e punta il dito contro Rooney e Van Nistelrooy, definito "un imbroglione". L'F.A. lo multerà di 15 mila euro, mentre squalificherà 3 giornate l'attaccante olandese con la prova tv. Secondo Ferguson, il 'Pizzagate' segna una svolta nella rivalità fra i club e nel suo rapporto con il collega francese, che da lì in poi non riuscirà più a vincere la Premier League.

La bravura di Ferguson è quella di saper riprogrammare nei periodi di transizione: al posto di Beckham, lo United ingaggia dallo Sporting un giovane attaccante portoghese di grande talento: il suo nome è Cristiano Ronaldo, e farà le fortune dei Red Devils. Assieme a lui fanno parte della nuova squadra il portiere olandese Van Der Sar, i difensori Rio Ferdinand, Nemanja Vidic e Gabriel Heinze, i centrocampisti Park Ji Sung e Michael Carrick e in attacco Luis Saha e Wayne Rooney

Trascinata dai goal del fenomeno portoghese, e, come sempre, dalla disciplina ferrea imposta dallo scozzese e dalla fedeltà nei suoi confronti dei giocatori, la squadra apre un nuovo ciclo vincente nella seconda metà degli anni Duemila. Dal 2006 al 2009 arrivano tre titoli inglesi su tre per il Red Devils. I rossoneri nel 2007/08 conquistano anche la seconda Champions League dell'era Ferguson superando il Chelsea ai calci di rigore per 7-6. 

Ferguson dichiarerà in seguito di non aver mai allenato una squadra tanto forte come quella di quella finale. L’anno successivo arriva un altro titolo in rimonta in patria, ma stavolta la cavalcata europea si fermerà in finale, che vedrà trionfare il Barcellona di Pep Guardiola.

Al dominio continentale seguirà comunque il Mondiale per club, conquistato a spese dell'LDU di Quito, grazie ad una rete di Rooney. È la consacrazione definitiva di una carriera leggendaria.

Alex Ferguson Manchester United 2008Getty

GLI ANNI DIECI E L'ADDIO ALLA PANCHINA

L'epoca vincente del Manchester United sembra doversi chiudere con la stagione 2009/10: il fuoriclasse Cristiano Ronaldo è infatti ceduto al Real Madrid e i proprietari del club, la famiglia Glazer, hanno difficoltà economiche. Ferguson fa comunque il massimo: un 2° posto dietro al Chelsea, cui segue un nuovo Scudetto inglese nel 2010/11. Non è una vittoria come le altre: grazie al successo, infatti, il Manchester United supera nell'albo d'oro del campionato gli storici rivali del Liverpool, portandosi a 19 titoli.

Molti pensano che per Ferguson sia arrivato il momento di abdicare: si fanno tanti nomi sui suoi possibili successori. Ma lui, di smettere di allenare, non ha alcuna intenzione. Questo nonostante nel 2011/12, dopo aver festeggiato i 70 anni, i suoi Red Devils perdono il campionato all’ultima giornata in favore dei cugini del City. Decide il goal di Aguero negli ultimi secondi del recupero del match casalingo contro il QPR.

Lo scozzese non vuole chiudere così la sua lunga avventura in panchina, anche se è consapevole che l'addio alla panchina è vicino. Decide di sparare le sue ultime cartucce nella stagione 2012/13. Dal calciomercato estivo arrivano due pedine importanti come il giapponese Kagawa e l'attaccante Robin Van Persie. I Red Devils precedono i cugini del City e vincono il loro 20° Scudetto. È l'ultimo dei suoi 38 trofei vinti alla guida del Manchester United in quasi 27 anni. L'8 maggio 2013, Sir Alex annuncia il suo addio alla panchina, pur rimanendo sempre nel club di una vita con un nuovo ruolo da dirigente.

"Ho vinto tantissimo. - dirà l'allenatore più vincente di sempre, ripensando alla sua carriera - In generale, però, il rimpianto maggiore è non aver battuto la Lazio ad agosto del 1999 nella finale di Supercoppa Europea a Montecarlo. In quel momento quella di Eriksson era la squadra più forte del mondo".

Per 10 anni è stato votato 'Allenatore della Premier League dell'anno', due volte, nel 1999 e nel 2008, dall'IFFHS 'Allenatore dell'anno', per 3 volte ha ricevuto l'Onze d'or come miglior allenatore europeo dell'anno. L'IFFHS, l'Istituto di storia e statistica dello sport, inoltre, nel febbraio 2012 lo ha nominato 'Miglior allenatore del XXI secolo'. 

Mito vivente, a lui è dedicata una statua che è stata realizzata fuori dall'Old Trafford, mentre di recente anche l'Aberdeen ha annunciato che sarà realizzato un ulteriore monumento in suo onore. In tanti lo amano, qualcuno invece lo detesta. Fra questi ultimi, oltre a Wenger, c'è Rafa Benitez, che nei suoi confronti ha avuto spesso da ridire:

"Se vuole, Ferguson può fare i calendari nel suo ufficio e poi mandarceli via fax", disse una volta lo spagnolo.

"È un arrogante, non sa quello che dice", rispose Ferguson.

Ma le parole più forti restano verso il suo rivale numero uno.

"Dicono che Wenger sia un uomo intelligente. Solo perché parla cinque lingue? Conosco un ragazzino di quindici anni della Costa d'Avorio che parla cinque lingue!".

Sposato fin dal 1966, quando era attaccante del Dunfermline, con Cathy Holding, ha tre figli: Mark e i gemelli Darren e Jason. A riprova della sua grandezza, quando ha deciso di ritirarsi, lo 'Special One' José Mourinho ha commentato: "Questo è un brutto giorno". Consegnandolo, di fatto, alla leggenda.

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