
Quando nel marzo del 2005 Massimiliano Perrotta ha chiesto a suo fratello Simone quali fossero i suoi impegni per l’estate del 2006, la risposta deve essere stata più o meno questa: “Nessuno in particolare”.
Il quesito era lecito, visto che Massimiliano stava organizzando il suo matrimonio e che Simone, che all’epoca giocava nella Roma, avrebbe potenzialmente potuto prendere parte ai Campionati del Mondo che di lì a poco si sarebbero disputati in Germania.
Anche la risposta era di quelle che fondamentalmente ci stavano, visto che lo stesso Simone Perrotta, che intanto in carriera aveva già totalizzato ventuno presenze in Nazionale e preso parte ai Campionati Europei del 2004, era uscito da tempo dai ‘radar azzurri’ e non sembrava rientrare nei piani di Marcello Lippi.
Per lui l’essere tra i protagonisti di Germania 2006 rappresentava dunque un’ipotesi più che remota e fu per questo che anzi suggerì di fissare la data delle nozze per giugno. In ambito calcistico però, un anno può valere quanto un’era e Massimiliano, che evidentemente più di chiunque altro credeva nelle qualità di suo fratello decise, esaltando al massimo il senso del detto ‘la prudenza non è mai troppa’, che avrebbe sposato la sua dolce metà sì a giugno del 2006, ma l’11, ovvero quarantotto ore dopo il giorno nel quale era stata programmata la finalissima dei Campionati del Mondo.
Una decisione quanto mai giusta, visto che effettivamente tra il 2005 ed il 2006 accadranno fatti che cambieranno per sempre il volto del calcio italiano (su di esso si abbatterà lo scandalo Calciopoli), ma anche la carriera di Simone Perrotta che, non solo andrà ai Mondiali, ma li vincerà da protagonista, giocando tutte le partite da titolare.
Che il centrocampista nato in Inghilterra nel 1977 ad Ashton-under-Lyne fosse forte lo si sapeva da tempo. Con la sua famiglia aveva fatto ritorno in Italia a sei anni per iniziare una nuova vita a Cerisano, in provincia di Cosenza, e proprio nella sua Calabria aveva iniziato un lungo viaggio che l’aveva portato dalla Reggina fino a quella che sarebbe poi stata la squadra alla quale avrebbe legato per sempre il suo nome: la Roma appunto.
Resterà in amaranto fino al 1998, il tempo di mettersi in mostra per tre stagioni in Serie B e di guadagnarsi la chiamata della Juventus. In bianconero le cose non andranno benissimo e lo spazio sarà poco, ma di lì in poi la sua sarà una scalata che non conoscerà soste.
Ripartirà dal Bari, dove avrà il merito di confezionare il lancio straordinario che darà il via all’azione che consentirà ad Antonio Cassano, nel dicembre del 1999, di segnare contro l’Inter il suo primo storico goal in Serie A (‘El Pibe de Bari’ nell’occasione ci mise molto di suo mostrando al mondo il suo straordinario talento) e poi sarà uno dei perni, per tre anni, di quello che è passato alla storia come il 'Chievo dei Miracoli’.
GettyPotente, capace di unire tanta quantità a tanta qualità, avrà nella capacità di inserimento una delle sue doti migliori. Era bravo a penetrare nelle difese avversarie e nel corso degli anni scoprirà anche di avere una più che discreta confidenza con la rete. I suoi goal totali in Serie A a fine carriera saranno 43 in 401 partite, moltissimi dei quali, e questa è una particolarità, in scivolata o più semplicemente in caduta.
Approda alla Roma nell’estate del 2004, senza sapere probabilmente che ad attenderlo ci sarà un futuro da vera bandiera giallorossa. La prima annata nella Capitale non è in realtà di quelle indimenticabili ed anzi è quella che scivola via tra le dimissioni forzate di Cesare Prandelli già in estate e poi gli avvicendamenti in panchina di Voller, Delneri (il tecnico che l’aveva valorizzato meravigliosamente al Chievo) e Bruno Conti.
E’ questo l’anno nel quale esce dal giro azzurro, al punto di iniziare a pensare che per lui i Mondiali possano essere considerati meno di un’utopia, ma sarà proprio nel 2005 che incrocerà sulla sua strada l’uomo che cambierà per sempre il volto della sua carriera: Luciano Spalletti.
Quando il tecnico toscano approda sulla panchina della Roma, sa che quella che gli è stata data è l’occasione che aspetta da una vita. Ha finalmente a disposizione una squadra con la quale poter puntare a qualcosa di importante, ma inizialmente le cose semplicemente non vanno secondo i piani.
I giallorossi alternano prestazioni positive ad altre scialbe ed il tutto si traduce in un cammino tanto altalenante, quanto deludente. Questo almeno fino a dicembre quando, complici anche le assenze in contemporanea di Cassano, Montella e Nonda, Spalletti si ritrova costretto a cercare l’idea giusta per ridisegnare la sua squadra.
E’ a questo punto che ha un’intuizione incredibile che cambierà le vite calcistiche di molti. Compresa la sua. Totti, il numero dieci per eccellenza, verrà spostato in posizione di centravanti (oggi in molti direbbero ‘Falso Nueve’) e alle sue spalle verrà avanzato proprio Perrotta come trequartista. La soluzione sembra a molti di quelle figlie semplicemente dell’emergenza, ma con questo nuovo modulo tutti i giocatori della Roma inizieranno a sfruttare al meglio le loro qualità.
GettyTotti, a 29 anni, inizierà a segnare e a sfornare assist come mai aveva fatto prima, Mancini e Taddei troveranno i metri giusti per scatenarsi sugli esterni, De Rossi e Pizarro in mediana daranno vita ad un duo da sogno e Perrotta si riscoprirà servita su un piatto d’argento la possibilità di sfruttare tutte quelle che erano le sue doti naturali, compreso soprattutto la capacità d’inserimento.
“Quello fu un colpo di genio di Spalletti - racconterà anni dopo ai microfoni di 'Sky' - Io iniziai a giocare da trequartista atipico, Tommasi mi definì d’interdizione. Ero il giocatore che andava a pressare per primo il mediano avversario, ma allo stesso tempo spesso mi ritrovavo ad essere il giocatore più avanzato. Ricordo perfettamente quando mi spiegò il nuovo modulo ed io chiesi immediatamente di Totti. Mi disse che Francesco avrebbe fatto l’attaccante e che io avrei giocato subito dietro di lui. Io inizialmente non ero molto convinto della cosa, non credevo di avere le giuste qualità per quel ruolo, ma Spalletti ci vide lungo”.
La Roma si presenta per la prima volta in campo con la nuova veste il 18 dicembre 2005 a Genova contro la Sampdoria. Alla fine dei 90’ sarà 1-1, ma fin da subito sarà chiaro a tutti una cosa: erano anni che i giallorossi non giocavano così bene.
Pochi giorni dopo, all’Olimpico contro il Chievo, arriverà la prima di undici vittorie consecutive, undici vittorie che certificheranno la nascita della vera 'Roma di Spalletti’.
Nel nuovo modulo Perrotta si esalta. Quando Totti scende lui sale, e viceversa. Quella che si viene a creare è un’armonia calcistica assoluta che in campo si trasformerà per magia in spettacolo puro.
Il giocatore che solo pochi mesi prima osservava l’azzurro da lontano, ad un tratto diventa impossibile da lasciare fuori. Mentre la Roma inizia dunque a correre verso le zone alte di classifica, lui compie lo scatto decisivo verso il sogno mundial, rientrando nel giro della Nazionale a pochi mesi e tre amichevoli da Germania 2006.
“Senza Spalletti, quel cambio di modulo e quella Roma lì - ha raccontato di recente ai media ufficiali del club giallorosso - sicuramente non sarei andato ai Mondiali. La squadra aveva dominato il girone di qualificazione ed io rientrai nel gruppo poco prima del torneo. Non me l’aspettavo”.
Marcello Lippi scoprirà, nel momento decisivo della marcia di avvicinamento ai Campionati del Mondo, di poter contare su un elemento dalle qualità e dal ruolo unico. Un giocatore che si rivelerà essenziale per ciò che ha in mente.
“Ero fuori dal giro da un anno e mezzo - ha ricordato ai microfoni di Sky - ma con un po’ di fortuna mi sono ritrovato al momento giusto nel posto giusto. Il mister mi disse inizialmente che non c’era un ruolo preciso per me in squadra, quindi pensai che non avrei mai giocato e invece scesi in campo sempre”.
Perrotta si guadagnerà per sempre un posto nel cuore di tutti gli appassionati italiani e lo farà contribuendo in maniera importante al trionfo Mondiale. Lui, che a quattordici anni si ritrovò a decidere tra la nazionalità inglese e quella italiana, sarà uno degli uomini simbolo di una squadra che, a detta di molti, nemmeno sarebbe dovuta partire alla volta della Germania.
“Ci davano tutti per spacciati e, visto quello che stava succedendo al calcio italiano, ci fu chi disse che non avremmo dovuto partecipare ai Mondiali. Sono state tutte cose che hanno unito ancora di più il gruppo. Quella per me è stata un’esperienza meravigliosa che mi ha cambiato in meglio e che mi ha fatto crescere”.
Simone Perrotta vestirà la maglia della Roma fino al 2013, quando cioè appenderà gli scarpini al chiodo dopo nove anni in giallorosso scanditi da due Coppe Italia vinte ed una Supercoppa Italiana. Nove anni nei quali si consacrerà come uno dei centrocampisti più completi della storia recente del calcio italiano, oltre che come un idolo della tifoseria romanista e che si chiuderanno con un unico rammarico: non essere riuscito a vincere quello Scudetto che nel 2010 era stato così vicino dall’essere a portata di mano.
L’11 giugno 2006 si presenterà puntuale al matrimonio di Massimiliano e lo farà da campione del mondo e dopo due giorni nei quali non ha chiuso occhio. Due giorni probabilmente faticosi, ma certamente tra i più belli della sua vita.
