"Amate la vostra società e la maglia che portate: difendetela, siate dei generosi in campo. La gente vi applaudirà sempre". - frase di Silvio Piola affissa negli spogliatoi dello Stadio di Novara
I suoi 274 goal in 537 presenze (290 in 566 gare se si considera almeno il Campionato di Divisione Nazionale 1945-46), lo rendono ancora oggi il miglior bomber di ogni tempo del campionato di Serie A a girone unico, nonostante l'anno perso durante la Seconda Guerra Mondiale e le due stagioni nei tornei di Divisione Nazionale, ma complessivamente nella sua carriera ha messo a segno qualcosa come 380 reti in 675 gare, con una media di 0,56 a partita.
Silvio Piola è stato uno dei più grandi centravanti che il calcio italiano abbia mai espresso. Fra i protagonisti della storia della Nazionale italiana, con quest'ultima ha vinto i Mondiali del 1938 in Francia e una Coppa Internazionale.
A livello di club è stato meno fortunato, e non è riuscito a conquistare lo Scudetto, ma ha vinto due volte la classifica marcatori della Serie A (nel 1936/37 e nel 1942/43), una volta quella del Campionato di Divisione Nazionale (1943/44) e un campionato di Serie B.
IL PRIMO CENTRAVANTI 'MODERNO'
Piola rappresenterà a lungo nel calcio italiano il prototipo del vero centravanti. Tecnico, opportunista, con uno spiccato fiuto del goal, eccezionale in acrobazia (saranno celebre i suoi goal in rovesciata), grazie ad una capacità di coordinazione unica, sa calciare indifferentemente di destro e di sinistro, è in possesso di notevole elevazione ed è molto abile nel colpo di testa.
Il tutto favorito da un fisico per l'epoca imponente: un metro e 78 centimetri per 75 chilogrammi di pura potenza. Ma la sua eccezionalità sta anche nella sua straordinaria modernità se lo raffrontiamo con i tempi di oggi: Piola è il primo giocatore italiano ad avere una cura quasi maniacale del proprio corpo e dell'alimentazione, cosa che gli permetterà di giocare ad alti livelli fino ad un'età avanzata, possiede una mentalità da vincente che lo induce sempre a volersi migliorare, lavora duro negli allenamenti, ha coraggio, un grande senso tattico e gioca spesso spalle alla porta, partecipando alla manovra e facendo salire la squadra con le sue sponde.
"Ha saputo coltivare le sue doti come un artigiano - dirà la figlia Paola, psicologa dello Sport -, piallandole e intagliando le sue capacità con meticolosa cura e amorevole abnegazione".
Tutto questo farà di lui un trascinatore e un campione, uno dei tre attaccanti più forti che l'Italia abbia mai avuto assieme a Gigi Riva e a Peppino Meazza (che tuttavia diventerà poi un rifinitore), gli unici che lo precedono nella classifica marcatori di ogni tempo della Nazionale azzurra.
GLI ESORDI E L'ESPLOSIONE CON LA PRO VERCELLI
Gioacchino Italo Piola, questo il suo nome di Battesimo, nasce a Robbio, in provincia di Pavia, il 29 settembre 1913, quando la famiglia si trova in Lombardia per motivi di lavoro. È il secondogenito di Giuseppe ed Emilia Cavanna, che di mestiere fanno i commercianti di tessuti.
Nel 1914 i Piola tornano a Vercelli, la loro città d'origine. Tutti fin dalla tenera iniziano a chiamare il futuro centravanti 'Silvio', finché questo non diventerà il suo nome ufficiale dopo la leva.
Il piccolo di casa, dopo le Scuole elementari all'Istituto Galileo Ferraris, si iscrive all'Istituto tecnico Cavour, e qui inizia ad appassionarsi al gioco del calcio e gioca con la squadra della sua scuola, insieme a Teobaldo Depetrini e Pietro Ferraris, che diventeranno gli amici di una vita.
Piola è un talento precoce e di quella formazione, molto forte a livello giovanile, è la mezzala e il capitano. Tutti e tre i ragazzi diventaranno calciatori professionisti: Depetrini vincerà due Scudetti con la Juventus, Ferraris (che sarà noto come 'Ferraris II') ne conquisterà due con l'Ambrosiana-Inter e addirittura quattro con il Grande Torino, mentre Piola porterà in alto la Lazio e vincerà in maglia azzurra.
E proprio per volere del suo amico Silvio, che insisterà per averlo a Novara nell'estate del 1948, Pietro Ferraris si trasferirà in Provincia, lasciando il Grande Torino ed evitando la morte nella tragedia di Superga l'anno successivo.
A 12 anni i tre campioncini in erba entrano a far parte della Veloces, compagine giovanile vercellese, che grazie a loro conquista il Campionato italiano Ragazzi. Nel 1928, quando Piola compie 15 anni, la Veloces è inglobata nel Settore giovanile della Pro Vercelli.
Con la 'Pro' Depetrini, Ferraris II e Piola vincono anche il Campionato nazionale Allievi. L'ascesa di Silvio è sotto gli occhi di tutti, e ad essa contribuiscono gli insegnamenti dello zio materno Giuseppe Cavanna, portiere dei 'Bianchi' fino al 1928, poi al Napoli e campione del Mondo del 1934 da riserva dello juventino Combi.
Così, mentre il fratello maggiore Serafino, classe 1909, per un difetto alla vista che lo obbliga a tenere gli occhiali, rinuncerà alla carriera sportiva, diventerà ragioniere e farà anche il segretario comunale a Vercelli, nessuno ha dubbi alla fine degli anni Venti del XX secolo che il talentuoso Silvio, tramutatosi intanto da mezzala a centravanti, debutterà presto in Serie A.
A dargli la possibilità di farlo è il conte ungherese Joszef Nagy, allenatore della Prima squadra della Pro Vercelli, che lo fa esordire a Bologna a soli 16 anni il 16 febbraio 1930. Piola è titolare e porta sulle spalle la maglia numero 9. La gara si conclude con un pareggio per 2-2.
In quella stagione totalizza 4 presenze senza reti, ma dalla successiva diventa il centravanti titolare della squadra e va subito in doppia cifra, realizzando 13 goal in 32 gare. Il tecnico ungherese si convince a dargli fiducia dopo una doppietta realizzata in Francia contro il Red Star Olympique, e che consente ai piemontesi di vincere 3-2.
Un sapore particolare ce l'ha inevitabilmente la doppia gara con il Napoli. All'andata è lo zio Cavanna a vincere la sfida con il nipote: 1-0 per i partenopei, ma il portiere si rompe una clavicola per neutralizzare il tiro più pericoloso scoccato da Silvio. Nel ritorno, invece, non c'è storia, e si assiste ad uno show di Piola, che mette a segno la prima tripletta della sua carriera. Quei tre goal lo rendono ancora oggi il più giovane triplettista della Serie A (17 anni e 132 giorni).
Nel novembre dello stesso anno realizza un poker contro l'Alessandria. Ha 18 anni e 54 giorni e ancora oggi è il più giovane ad aver realizzato 4 goal in una gara. Il 29 ottobre 1933 segna 6 goal nella vittoria dei Bianchi sulla Fiorentina per 7-2. Un record che sarà eguagliato solo da Omar Sivori nello spareggio Scudetto giocato nel 1961 contro la squadra giovanile dell'Inter.
Piola resta alla Pro Vercelli fino al campionato 1933/34, mettendo in mostra tutto il suo potenziale (51 goal in 127 presenze in campionato con i Bianchi).
"Mai lo cederemo, neanche per tutto l'oro del mondo. Perché il giorno che saremo costretti a cederlo, quel giorno segnerà il tramonto della Pro Vercelli", dichiara il patron dei Bianchi, Ressia, con la squadra ormai in palese difficoltà a mantenere l'antico blasone.
Alla fine dovrà arrendersi anche lui. Il centravanti di giocare a Milano nell'Ambrosiana-Inter accanto a Peppino Meazza, ma la volontà del regime fascista la condurrà da tutt'altra parte, a Roma, dove diventerà una leggenda della Lazio.
LEGGENDA E SIMBOLO DELLA LAZIO
Piola vorrebbe indossare la maglia nerazzurra, tuttavia il suo futuro sarà biancoceleste. Per il suo approdo a Roma si smuovono infatti due potenti gerarchi fascisti: il primo è Giorgio Vaccaro, presidente della Federcalcio e grande tifoso della Lazio, il secondo Giovanni Marinelli, Segretario amministrativo del PNF incaricato di seguire personalmente la trattativa.
Piola nell'estate del 1934 sta svolgendo il servizio militare da Cuorgnè a Roma, presso il Ministero degli Esteri. Ambrosiana-Inter e Torino sembrano favorite per assicurarsi il suo cartellino ma l'intervento di Marinelli è decisivo per spingere l'attaccante verso il club romano.
Alla fine il centravanti, in un primo momento dubbioso, si trasferisce alla Lazio per 250 mila Lire e firma un contratto da 70 mila Lire a stagione (con aumento a 38 mila Lire al mese dal 1938). Piola giocherà in biancoceleste per 8 stagioni, nelle quali, pur non riuscendo a vincere titoli e in particolare lo Scudetto, segnerà caterve di goal e conquisterà un posto da titolare nella Nazionale italiana.
Si presenta con 11 reti in 3 amichevoli, e il 30 settembre 1934 fa il suo esordio con la nuova maglia in Lazio-Livorno 6-1, debutto bagnato dal suo primo goal in biancoceleste. Nonostante i tanti goal del centravanti, 21 nel 1934/35 e 19 nel 1935/36 (21 considerando i 2 in Coppa Italia), la squadra capitolina ottiene solo un 5° e un 7° posto finale.
La situazione migliora con gli acquisti di Riccardi, Busani, Camolese e Costa, che vanno a comporre con il vercellese il quintetto offensivo biancoceleste della stagione 1936/37. Il risultato è che per la prima volta la Lazio si inserisce nella lotta Scudetto, vince il titolo di Campione d'Inverno ma chiude al 2° posto alle spalle del Bologna.
Inoltre in Mitropa Cup arriva fino alla finalissima, persa tuttavia in finale contro il forte Ferencvaros di Sarosi. Doppia vittoria per i magiari, che si impongono sia all'andata (4-2 a Budapest, 3 goal della loro stella, uno per Piola), sia al ritorno a Roma (4-5 per gli ungheresi con tripletta ancora di Sarosi a rispondere alla doppietta del bomber biancoceleste).
Piola disputa una stagione monstre, e i suoi 21 goal gli valgono il primo titolo di capocannoniere della Serie A in carriera. In tutto, fra campionato e coppa, totalizza 31 centri in 35 presenze, che testimoniano l'eccezionale media-goal del vercellese.
I tifosi lo eleggono a loro beniamino. Piola è per loro il goleador leale senza macchia e senza peccato.
"Niente sigarette, né alcol - sottolinea sua figlia Paola a 'Il Giornale' -. Era coraggioso: una volta, sulla neve, affrontò una discesa ripidissima. Ma era la prima volta che metteva gli sci...".
Le uniche concessioni che si concede sono i suoi due hobby:
"La calma ipnotica della pesca e la carica adrenalinica della caccia - ricorda ancora Paola - gli regalavano serenità interiore nei momenti di stress".
Gli anni successivi vedono tuttavia una progressiva perdita di competitività della Lazio, che si piazza all'8° posto nel 1937/38, al 10° nel 1938/39. Complice un arretramento a mezzala, ruolo che ricopriva in gioventù, e alcuni problemi con la dirigenza, anche Piola segna di meno: 15 reti nel 1937/38, appena 9 nel 1938/39, l'anno che segue il titolo mondiale conquistato in Francia.
Nonostante la squadra si piazzi al 4° posto nel 1939/40, Piola ripete il bottino dell'anno prima, realizzando nuovamente 9 reti. Il 1940/41 è uno degli anni in assoluto più difficili nella carriera di Silvio, ma saranno proprio i suoi goal a regalare alla Lazio, che chiude in 14ª posizione, la salvezza per migliore quoziente reti rispetto al Novara.
Passa alla storia la sua prestazione nel Derby capitolino del 16 marzo 1941: Piola, ferito alla fronte in uno scontro con il difensore giallorosso Mario Acerbi, resta in campo e sigla la doppietta che decide la sfida.
Riportato nel ruolo di centravanti dal tecnico austriaco Alexander Popovic, ritrova il suo proverbiale feeling con il goal: ne realizza 21 in 26 partite nel 1941/42 (di cui 18 in campionato), e l'anno seguente si ripete, con i suoi 21 centri in 22 incontri che gli valgono il secondo titolo di capocannoniere della Serie A vinto in carriera e un record che manterrà per 77 anni: quello di essere il più anziano (29 anni) a segnare almeno 10 goal nelle prime 8 gare. Riuscirà a batterlo solo Zlatan Ibrahimovic nel 2020. La Lazio, invece ottiene un 5° e un 9° posto.
La sua lunga permanenza in biancoceleste si chiude con un bilancio di 159 goal in 243 partite che lo renderanno per 78 anni il miglior bomber di sempre della storia del club. Solo nel 2022 il suo primato è stato superato da Ciro Immobile.
InternetLA GUERRA E GLI ANNI CON TORINO E JUVENTUS
Sono gli anni bui della Seconda Guerra Mondiale, e anche il calcio nel 1943 è costretto a fermarsi per alcuni mesi. Piola ha voglia di riavvicinarsi a casa, e dopo aver giocato fra la Primavera e l'Estate la Coppa Luigi Barbesino con una squadra mista Roma-Lazio, mentre la città eterna e le grandi città della penisola sono oggetto di pesanti bombardamenti, parte in segreto per il Nord Italia mandando in subbuglio il tifo biancoceleste.
"Papà tornò in famiglia nel Vercellese - ricorda la figlia Paola -, ma tra i tifosi della Lazio si sparse la voce che Piola fosse morto a Milano sotto i bombardamenti. Gli fecero addirittura il funerale con tanto di messa in suffragio. Quando il loro bomber resuscitò fu l'apoteosi".
Dopo un lungo corteggiamento da parte di Vittorio Pozzo, suo Ct. in Nazionale e supervisore tecnico del Torino FIAT, Piola accetta di giocare con i Campioni d'Italia il Campionato di Divisione Nazionale e da Roma arriva l'ok per il suo trasferimento in prestito granata.
Con 27 reti nelle varie fasi del torneo, Piola, che può godere del supporto di altri campioni, si laurea capocannoniere, ma ancora una volta vede svanire all'ultimo le possibilità di vittoria dello Scudetto: a trionfare nel Triangolare finale sono infatti, a sorpresa e fra le polemiche, i Vigili del Fuoco di La Spezia. Anche se ad essi, contrariamente a quanto inizialmente previsto, sarà assegnato solo un titolo onorifico.
A causa delle devastazioni della guerra, il calcio italiano è costretto nuovamente a fermarsi, stavolta per un anno intero, fino a termine del Secondo conflitto Mondiale. Quando l'Italia è liberata dal Nazi-fascismo, Piola ha 31 anni e già una lunga carriera alle spalle, così decide di stabilirsi definitivamente nel suo Piemonte.
Chiede e ottiene dalla Lazio la cessione a titolo definitivo: su di lui decide di puntare la Juventus, che nel paga il suo cartellino attorno ai 2 milioni di Lire. Si tratta di un trasferimento record per il calcio italiano: l'accordo fra i due club prevede il pagamento di un milione e mezzo in contanti, e una partita amichevole da disputarsi a Roma, con incasso, che sarà stimato in mezzo milione, in favore della società biancoceleste.
"A Torino viene accolto con tutti gli onori - ricorda la figlia Paola a 'Il Giornale' -. Intanto il suo corpo viene studiato da staff medici che si dedicano a test e verifiche. Successivamente, all'età di 38 anni, i dati riassuntivi delle sue caratteristiche diventarono una specie di virtuosi parametri di riferimento".
Con la maglia bianconera Piola gioca il Campionato di Divisione Nazionale 1945/46 e la Serie A 1946/47, totalizzando 26 goal in 57 gare. In entrambe le occasioni la Vecchia Signora contende al Grande Torino il titolo, ma saranno sempre i granata ad uscire vincitori: il centravanti deve così accontentarsi di un nuovo 2° posto il primo anno e della 3ª piazza nella seconda stagione.
Getty ImagesCAMPIONE DEL MONDO CON L'ITALIA
L'assenza di successi significativi con i club, sarà compensata ampiamente nella carriera di Piola dai grandi trionfi in maglia azzurra. La classe del centravanti vercellese non può passare inosservata agli occhi del Commissario tecnico Vittorio Pozzo, che all'indomani del successo ai Mondiali del 1934, quando si ritrova con Meazza infortunato e in dubbio, non esita a convocare il centravanti della Lazio per la delicata sfida della Coppa Internazionale (una sorta di antenata dell'attuale Nations League) contro l'Austria, in programma al Prater di Vienna il 24 marzo 1935.
Piola, che in Nazionale B ha collezionato 11 reti in 6 partite, mantenendo fede alla sua fama, scalpita, ma saprà di giocare solo la domenica mattina, giornata in cui è in programma la partita. Riceve la visita della signora Emilia, la mamma di Meazza, che è contenta che sia lui a sostituire suo figlio e ci tiene a incoraggiarlo:
"Ero venuta per veder giocare mio figlio - gli dice - ma visto che lui non può sono qui per incoraggiarla. Tiferò come se lei fosse mio figlio. Faccia goal”.
Come se nulla fosse, il centravanti vercellese è il mattatore assoluto del match. E anche per non deludere la mamma del campione, costretto a dare forfait, gioca alla grande e regala la vittoria agli Azzurri con una doppietta nel secondo tempo. Al 51' riceve palla spalle alla porta, e dai 25 metri si gira all'improvviso scagliando un tiro secco con il sinistro, che non lascia scampo a Platzer.
Chiude infine i giochi all'83': progressione impressionante palla al piede, salta Pavlicek e il portiere austriaco e deposita in rete il pallone del 2-0. La gara sarà anche ricordata perché è l'ultima giocata da Raimundo Orsi in Nazionale. È la prima volta nella sua storia che l'Italia batte l'Austria in casa propria.
"È stata 'la partita della sua carriera' - sosterrà Pozzo - Poteva crollare e temevo per lui. La cosa avrebbe assunto conseguenze disastrose sul suo morale e su tutto il suo avvenire. Ha trionfato, invece, ed è diventato, acquistando personalità, una delle figure più caratteristiche del nostro gioco".
Grazie all'intuizione di arretrare Meazza da prima punta a mezzala, Pozzo trova il modo di far coesistere in azzurro i due campioni, che dimostrano di trovarsi alla grande. Nonostante un k.o. per 2-1 nella successiva partita di Coppa Internazionale contro l'Austria, agli Azzurri basta un pareggio nell'ultima sfida di Milano contro l'Ungheria, il 24 novembre 1935, per aggiudicarsi per la seconda volta nella sua storia l'importante trofeo.
Nonostante proprio Meazza si infortuni al 15', l'Italia impatta per 2-2 e Piola e compagni festeggiano al fischio finale la vittoria della Coppa Internazionale. Il centravanti della Lazio diventa l'erede di Angelo Schiavio, l'eroe dei Mondiali del 1934, ed è la punta di diamante della Nazionale ai Mondiali del 1938 in Francia, cui la squadra di Pozzo si presenta da campione del Mondo in carica.
I suoi 5 goal in sole 4 gare lo incoronano come la stella della terza edizione del torneo oltre che come vicecannoniere alle spalle del brasiliano Leonidas e dei due ungheresi Sarosi e Zsengellér. Negli ottavi di finale è un suo goal ai supplementari a propiziare la vittoria per 2-1 sulla Norvegia, rivelatasi più ostica del previsto.
Una doppietta del bomber di Robbio Lomellina regala quindi il 3-1 finale nella partita più delicata e forse più difficile, quella contro i padroni di casa della Francia. Il regime fascista, che punta al torneo francese per rafforzare la propria immagine, vorrebbe che Silvio fosse un più convinto sostenitore del partito. Invece il centravanti, che gode del rispetto di Mussolini, fa il saluto fascista solo perché è costretto e quando deve indossare contro i Bleus un'inedita maglia nera, non nasconde di preferire l'azzurro.
In semifinale, pur non comparendo nel tabellino dei marcatori, Piola è un giocatore determinante nella vittoria sul Brasile con l'assist per il primo goal di Colaussi e un rigore procurato e poi trasformato da Meazza (quello celebre che segna tenendosi i calzoncini, il cui elastico si era rotto).
Il bomber della Lazio completa l'opera nella decisiva sfida in finale contro la temibile Ungheria allo Stadio Colombes di Parigi, il 19 giugno 1938: assieme all'ala della Triestina, Gino Colaussi, è autore di una delle due doppiette che fissano il punteggio sul 4-2 per la squadra di Pozzo. Dopo il fischio finale, gli azzurri festanti al centro del campo, sono immortalati in uno scatto iconico.
"Pozzo nella mano sinistra impugna la Coppa Rimet, e con la destra tiene il braccio di mio padre", ricorda la figlia del centravanti, Paola.Getty Images
Il bomber vercellese entra nella leggenda e continua a giocare in Nazionale anche negli anni successivi, diventando anche il capitano della squadra. Il 13 maggio 1939, 47 anni prima della 'Mano de Diós' di Maradona, segna anche un celebre goal di mano agli inglesi in uno Stadio San Siro ancora privo degli anelli sopraelevati. Sul risultato di 1-1, spalle alla porta, da notevole distanza, cerca di esibirsi nella rovesciata, il suo numero preferito.
Ma all'ultimo cambia idea e opta per un colpo di testa all'indietro. Il pallone, tuttavia, anziché essere colpito di nuca, rimbalza sulla sua mano e si infila alle spalle di Woodley per il provvisorio 2-1. I Tre Leoni pareggeranno poi la gara, che si conclude con il punteggio di 2-2.
"È stato un goal frutto anche dell'istinto - raccontò anni dopo il giocatore -, mi ero lanciato per colpire il pallone di testa. Quando ho visto che non ci arrivavo per pochi centimetri ho dato alla sfera un gran pugno".
Durante gli anni bui della Seconda Guerra Mondiale, quando lasciata Roma si rifugia a Vercelli, riceve una visita inattesa.
"Papà era rifugiato in casa - racconta la figlia Paola -. Un tedesco bussa alla porta e chiede di lui. Mia nonna teme che voglia fargli del male e risponde: 'ilvio non è qui'. Ma il tedesco ritorna il giorno dopo. Stessa richiesta, stessa risposa. Finché al terzo giorno, Silvio decide di affrontare il tedesco: 'Eccomi, sono qui'. I due si guardano e si abbracciano. Sapete chi era il tedesco? Era Peter Platzer, il portiere dell'Austria al quale papà aveva fatto due gol nel 1935 a Vienna".
L'ultimo suo goal in Nazionale Piola lo segna il 1° dicembre 1946, nell'amichevole vinta 3-2 contro l'Austria, quando ha già compiuto 33 anni. L'ultima apparizione, invece, la fa addirittura il 18 maggio 1952: a Firenze l'avversaria è nuovamente l'Inghilterra, e la Commissione tecnica composta da Carlo Beretta e Giuseppe Meazza vuole tributargli una degna passerella di addio.
La presenza in campo di Piola, all'età di 38 anni e 7 mesi, desta alla vigilia le perplessità di molti critici, ma il vecchio campione si batterà come un leone, dando il suo contributo all'1-1 finale. I 90 mila spettatori accorsi al Comunale di Firenze gli tributano un lungo applauso. In quell'occasione stabilisce anche un primato di longevità, diventando il capitano 'più anziano' di sempre. Quest'ultimo sarà superato da Dino Zoff.
Il centravanti chiude la sua lunga avventura in maglia azzurra con 30 goal in 34 partite, che ancora oggi lo rendono il terzo bomber della Nazionale alle spalle di Riva e Meazza, e quello con la miglior media-goal (0,89 a partita).
Nonostante molti giornalisti, fra cui anche Gianni Brera, nella sua 'Storia critica del calcio italiano', abbiano parlato di un'inimicia fra lui e Meazza (più grande di 3 anni) e Piola, gli storici sono concordi nello smentire tale ipotesi.
Se è vero infatti che fra i due, inizialmente entrambi centravanti, vi era una sana rivalità sportiva, è vero altresì che Peppino e Silvio erano anche grandi amici. La conferma si avrà quando Meazza scriverà una commovente lettera all'ex compagno di Nazionale quando quest'ultimo, ormai in là con gli anni, deciderà di continuare a giocare in una piccola realtà come il Novara.
L'epistola è stata svelata dalla figlia di Piola, Paola, nella sua intervista al quotidiano 'Il Giornale':
"Caro Silvio, io non gioco più - scrive Meazza a Piola -. Ma quando ti seguo tra i terzini avversari, quando ti vedo scattare e tocchettare al volo, oh! Allora mi prende una stretta al cuore e un groppo in gola. Da quanti anni giochi? Da sempre. Per te il tempo non esiste. Tu rappresenti tutto il calcio italiano. E miglior alfiere non si poteva trovare per questo nostro sport che è sempre stato la nostra vita. La tua gloria è la nostra gloria. La gloria della migliore generazione calcistica, quella dei due campionati del mondo assicurati all'Italia".
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Dopo aver lasciato la Juventus nel 1947, a 36 anni si trasferisce in Serie B con il Novara. Quando tutti lo danno per finito, dimostra che il goal non ha età e con 16 centri in 30 partite trascina gli azzurri piemontesi in Serie A.
Con loro giocherà nella massima Serie per altre sei stagioni, nelle quali darà sempre un contributo importante per la salvezza della squadra, e totalizzerà complessivamente 86 goal in 185 presenze. L'ultimo goal lo segna il 7 febbraio 1954, a 40 anni, 6 mesi e 9 giorni, mentre l'ultima gara è datata 7 marzo 1954. Resta a lungo il giocatore più longevo ad essere andato a segno in Serie A, primato che durerà 53 anni: sarà battuto il 19 maggio 2007 da Billy Costacurta, in rete su rigore a 41 anni e 25 giorni.
Un altro primato, le 21 stagioni disputate in Serie A, saranno eguagliate da Enrico Albertosi, Gianni Rivera e Ciro Ferrara, e superate soltanto da Paolo Maldini, Francesco Totti e Gigi Buffon. I suoi 390 goal ufficiali in carriera lo rendono il giocatore italiano che ha segnato in assoluto di più nella storia del calcio.
Oltre allo storico primato di goal in Serie A (264 o 290 a seconda che si conteggi o meno il Campionato di Divisione Nazionale 1945/46) Piola è ancora oggi il miglior bomber nel massimo campionato di Pro Vercelli, Novara e Lazio. In questo caso, però, i suoi 143 goal potrebbero essere presto superati da Ciro Immobile.
ALLENATORE DI ITALIA E CAGLIARI
Già negli ultimi anni di carriera, ed esattamente dal 1953, Piola affianca come allenatore di campo l'ungherese Lajos Czeizler e Angelo Schiavio nella Nazionale italiana e nella spedizione ai Mondiali del 1954. Ma il centravanti, che ha un incarico part-time, può incidere poco e l'esperienza non è positiva.
Successivamente accetta la proposta del Cagliari, che milita in Serie B e dopo aver perso lo spareggio per la Serie A contro la Pro Patria si affida al celebre centravanti per tentare la scalata nel massimo campionato. L'operazione di immagine sul piano tecnico non è supportata dai risultati.
Piola arriva in sostituzione dell’esonerato Carlo Alberto Quario, cacciato dopo poche giornate, ma non riesce a ripetere la brillante stagione precedente dei rossoblù che devono accontentarsi nei due campionati successivi di posizioni di retroguardia (un 9° e un 6° posto). Non confermato nel 1956/57, è richiamato nel gennaio del 1957 per sostituire Rigotti. Salva la squadra (10° posto) ma è esonerato all'inizio della stagione seguente dopo alcuni risultati deludenti.
Da quel momento non allena più ma diventata un istruttore tecnico della FIGC, ruolo che ricopre per oltre un decennio, e fa l'insegnante nei corsi per gli allenatori.
Sposatosi il 27 luglio 1948 con Alda Ghiano, che gli darà due figli, Dario e Paola, dopo il ritiro a vita privata, Silvio Piola trascorre in riservatezza il resto dei suoi anni, dedicando il suo tempo principalmente alla famiglia e in particolare ai nipoti. Sono rare, infatti, le sue apparizioni pubbliche.
"Da nonno si divertiva a giocare a pallone con il nipotino Michele, mio figlio - racconterà Paola a 'Il Giornale' -. Ma senza concedergli nulla. Lo scartava di continuo, tanto che mia madre una volta urlò: Silvio basta! Lasciagli prendere la palla... non vedi che è un bimbo? Ma lui niente, continuava a scartarlo...".
Si arrenderà soltanto al Morbo di Alzheimer, che lo condurrà alla morte il 4 ottobre 1996, in una casa di cura a Gattinara, vicino a Vercelli, all'età di 83 anni. Le sue spoglie riposano nella cappella di famiglia nel Cimitero di Billiemme, a Vercelli. Nel 1993 il Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, l'aveva nominato 'Grande ufficiale al merito della Repubblica italiana'.
"Ero al suo fianco al Quirinale - ricorderà la figlia Paola - e sentii il presidente sussurrargli all'orecchio: 'Sono voluto venire di persona a darti la medaglia'. Gli fece grande piacere".
Il giorno dopo la sua morte, l'Italia gioca con il lutto al braccio la partita contro la Moldavia. Nel 1997, inoltre, gli sono stati intitolati gli stadi di Novara e di Vercelli. Nel 2011 ha un riconoscimento nella Hall of Fame del calcio italiano. Quattro anni dopo è stato fra i 100 atleti selezionati dal CONI per far parte della Walk of Fame dello Sport Italiano.
Nel 2018 gli sono stati dedicati anche un brano musicale, realizzato dal cantautore Toni Malco, 'Silvio Piola, il cacciatore di gol', e un omonimo cortometraggio, curato da Vanni Vallino con Neri Marcorè nei panni dell'indimenticato centravanti, il goleador senza macchia e senza peccato.
"Non c'è stato mai, mai nessuno come te. Ma tu, quale stella sei lassù? In quale cielo adesso tu, stai correndo verso il blu?" (dal brano 'Silvio Piola, il cacciatore di gol' di Toni Malco)