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Il Perugia dei miracoli: la favola dei ragazzi imbattibili di Castagner

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Un unico goal segnato in Serie A. Uno solo in centotrentanove partite. Una rete come tante altre, se non fosse che si è, a suo modo, meritata un posto nella storia del calcio italiano. A marcarla è stato Antonio Ceccarini al minuto novantatré di Perugia-Inter, una partita che si è giocata il 4 febbraio 1979, valida per la seconda giornata di ritorno del campionato.

I padroni di casa, guidati da Ilario Castagner, nel primo tempo sono stati puniti due volte in contropiede, la prima da Altobelli e la seconda da Muraro e per la prima volta dopo otto mesi, vedono profilarsi all’orizzonte la sconfitta.

Nella ripresa il Perugia, sospinto dai quarantamila che riempiono gli spalti in ogni ordine di posto, trova la forza di ribellarsi ad un risultato che pare già scritto e prima accorcia con Vannini al minuto cinquantatré, poi riesce a mettersi alle spalle la rabbia per due rigori netti non assegnati dall’arbitro Longhi e infine, quando ormai i fotografi hanno già riposto le loro macchie fotografiche (tutti tranne uno, che riuscirà a immortalare il momento in bianco e nero), Ceccarini, detto ’Tigre’, si avventa su una palla vagante in area e di testa trafigge Ivano Bordon.

E’ la rete che chiude quella che è forse stata la più emozionante partita della storia del Perugia e che consente alla squadra umbra di conservare in maniera del tutto insperata un’imbattibilità che poi riuscirà a difendere fino al termine della stagione, nonché lo snodo che porterà una provinciale a centrare un record che nessuno potrà mai sottrarle: quello di prima squadra ad aver chiuso un campionato di Serie A senza sconfitte.

E’ quella una rimonta che catapulta negli annali un fenomenale gruppo di giocatori che, una volta in più, ha dimostrato di essere fortissimo, ma paradossalmente arriva in una partita che, per certi versi, porterà via con sé le speranze di vincere lo Scudetto.

Sì, perché nel corso di quel turbolento Perugia-Inter (l’arbitro verrà scortato fino a Foligno), Franco Vannini, che della squadra di Castagner è l’elemento più importante in assoluto dal punto di vista tattico, pochi istanti dopo aver accorciato le distanze, viene falciato a gioco fermo da Adriano Fedele. E’ un fallo terribile (per il quale non verrà estratto nemmeno un cartellino giallo) che provoca al centrocampista dei Grifoni la doppia frattura di tibia e perone. Il Perugia da quel momento in poi sarà costretto a rinunciare al suo leader in campo e non sarà più lo stesso, mentre il Condor, questo era il suo soprannome, non giocherà mai più una partita di calcio.

Franco Vannini Perugia

E’ questo uno dei capitoli, forse il più drammatico, di una storia meravigliosa che per tutti ha un solo titolo: il Perugia dei miracoli.

Siamo negli anni settanta ed il calcio italiano è ancora capace di regalare imprese epiche. A dominare sono ovviamente sempre le ‘grandi’ ma, a differenza di quanto accade oggi, c’è spazio anche per l’impensabile. Il decennio si è aperto con la conquista dello Scudetto da parte del Cagliari, nel 1974 invece il tricolore è andato alla Lazio, squadra che solo due anni prima era in Serie B. Nel 1976 il Torino vince il campionato superando al fotofinish la Juventus al termine di un testa a testa al cardiopalmo e nel 1978 il Vicenza di un giovanissimo Paolo Rossi riesce a chiudere il torneo al secondo posto in classifica.

E’ insomma quello un periodo storico nel quale il potere economico recita certamente una parte predominante, ma nel quale si può ancora fare la differenza attraverso le idee e la programmazione. E’ proprio quello che farà il Perugia dei miracoli, una squadra che riuscirà a mettere paura a quello che poi diventerà il ‘Milan della stella’, grazie ad un progetto iniziato cinque anni prima, quando la Serie A era solo un miraggio.

E’ il 1974 quando Franco D’Attoma preleva un Perugia sull’orlo del fallimento e, da ‘ignorante del calcio’ quale si definisce, decide di circondarsi di gente esperta che invece del pallone sa tutto. L’uomo di riferimento nella società è Silvano Ramaccioni (sì, di lì a qualche anno diventerà uno dei dirigenti del Grande Milan che dominerà in Italia, in Europa e nel mondo), mentre la panchina viene affidata ad un tecnico giovanissimo che ha iniziato a studiare da allenatore prima ancora di appendere gli scarpini al chiodo: Ilario Castagner.

La prima storica promozione in Serie A, quella arrivata al termine della stagione 1975-1976, rappresenterà il primo passo verso ‘l’immortalità calcistica’ e da lì in poi, ai vari Frosio e Curi, i due gioielli della casa, verranno man mano aggiunti elementi come Novellino, Bagni e il più esperto Agroppi. Sono tutti giocatori che formeranno l’ossatura di una squadra capace di restare in pianta stabile nel calcio ‘che conta’.

Quando si arriva alla stagione 1978-1979, quella dei ‘miracoli’, il Perugia ha un’identità di gioco non solo ben definita, ma unica nel panorama calcistico italiano.

Castagner, che ha studiato a fondo il grande Ajax ed il calcio olandese, con i suoi ragazzi riesce a riproporre in Serie A ciò che c’è di più simile a quello che allora veniva definito il ‘totaalvoetbal’. Il calcio totale.

Il Perugia dei miracoli si sistema in campo con 4-2-3-1 (modulo che diventerà di moda in Italia solo decenni più tardi), nel quale Nappi e Ceccarini sono chiamati a presidiare gli esterni, mentre avanti al portiere Malizia sono Frosio (un libero modernissimo capace di giocare a testa alta e di avanzare palla al piede con forza ed eleganza) e Della Martira a comporre il duo centrale.

Butti, con il suo moto perpetuo, e Dal Fiume sono gli uomini di mediana, mentre Vannini può giostrare tanto da trequartista quanto da regista. In attacco Casarsa agisce ‘alla Hidegkuti’, oggi diremmo da ‘Falso nove’, e svolge un ruolo atipico: sebbene sia il centravanti della squadra, non è lui il bomber. Gli tocca il compito di favorire gli inserimenti di chi viene da dietro ed il gioco palla a terra: è insomma una sorta di regista avanzato. A segnare ci pensavano i due esterni offensivi, ovvero un giovanissimo Salvatore Bagni (otto goal in quel campionato) e Speggiorin (il cannoniere di stagione con nove reti in ventisei partite).

Il gioco del Perugia è una gioia per gli occhi ed un incubo per gli avversari. Meccanismi sincronizzati, talento e idee chiare sono i punti di forza di una squadra che, dopo aver superatola tragedia Curi (una delle stelle del gruppo venuta a mancare il 30 ottobre 1977 durante un Perugia-Juventus) e messa alle spalle la cessione di Novellino, inizia a marciare a ritmi insostenibili per molti.

Alla sesta giornata di campionato gli umbri mandano un messaggio a tutti prendendosi, per la prima volta nella loro storia, la testa solitaria della classifica del campionato di Serie A. I Grifoni corrono veloci, ma c’è una squadra che riesce a tenere la loro andatura: il Milan di Nils Liedholm e di un Gianni Rivera al passo d’addio.

Ilario Castagner PerugiaYouTube

Mentre le altre perdono terreno, le due capolista viaggiano insieme a braccetto fino all’undicesimo turno, quando il Milan, approfittando del pareggio del Perugia al San Paolo contro il Napoli, riesce a mettere la freccia e a completare il sorpasso.

Si va avanti così per settimane, con gli uomini di Castagner che partita dopo partita riescono a conservare la loro imbattibilità, ma che nei primi mesi del 1979 sono costretti a rallentare. Il Perugia perde prima Vannini e poi Frosio per infortunio, i due uomini realmente insostituibili, ed il calo è inevitabile.

Il vantaggio sulle inseguitrici si fa sempre più esiguo e la strada si fa sempre più in salita, tuttavia i Grifoni, dopo essersi assestati, trovano la forza per arrivare allo scontro diretto interno con il Milan con due soli punti di svantaggio.

La resa dei conti va in scena l’8 aprile 1979 in quello che da pochi mesi è diventato il ‘Renato Curi’. Gli spalti sono gremiti e tra gli oltre duecento giornalisti accorsi in tribuna stampa, in tanti provengono da altri Paesi europei. L’attesa è enorme, il Perugia ha un’ultima occasione per riprendersi la vetta, ma la cosa si traduce anche in tensione e paura.

La partita delude dal punto di vista dello spettacolo e presto la tecnica lascia spazio all’agonismo. Il Milan si porta avanti al quarto d’ora grazie ad un penalty trasformato da Chiodi, ma viene raggiunto due minuti dopo da Casarsa che segna ancora dal dischetto (era famoso per calciare i rigori da fermo). L’ambiente si fa incandescente, i tifosi di fede biancorossa spingono come non mai, ma proprio nel momento cruciale, la tanto sospirata impresa non arriva. Il Perugia resta secondo.

“Non è ancora finita - spiegherà Castagner dopo il triplice fischio finale - Mancano ancora cinque partite e con dieci punti a disposizione, recuperarne due non è impossibile. Nel prossimo turno il Milan giocherà a Torino, mentre noi ospitiamo il Napoli, chissà che non possa accedere tra qualche giorno ciò che vorremmo fosse accaduto oggi”.

Il Perugia non riuscirà mai a riprendere il Milan, che anzi si laureerà per la decima volta campione d’Italia con un turno di anticipo apponendo la stella sul suo petto, ma il 13 maggio 1979 otterrà comunque quel risultato che lo consacrerà alla storia. Pareggiando infatti 2-2 in casa del Bologna, diventerà la prima compagine a chiudere un campionato di Serie A da imbattuta.

Un’impresa straordinaria figlia di undici vittorie e diciannove pareggi in trenta partite, che farà di quella squadra ‘dei miracoli’, la detentrice di un primato che nessuno potrai mai portarle via: un record scolpito nel tempo.

Bisognerà attendere il 1992 perché una squadra riesca a fare altrettanto, il Milan di Fabio Capello, ed il 2012 perché una terza compagine riesca ad iscriversi a quello che è uno dei club più esclusivi del nostro calcio: la Juventus di Antonio Conte.

Perugia, Milan e Juventus, solo loro hanno chiuso il campionato di Serie A da imbattute e l’hanno fatto in decenni diversi, ere calcistiche diverse e in modi diversi. Certo, rossoneri e bianconeri sono riusciti a culminare i loro cammini con la conquista dello Scudetto, ma a quel gruppo forgiato da Ilario Castagner resterà per sempre il merito di essere riuscito a fare un qualcosa che mai era riuscito prima ad altri. Un merito denso di orgoglio ed una goccia di rammarico.

“Perdemmo lo scudetto perché nel ritorno ci ritrovammo senza Frosio e Vannini che erano infortunati - dirà anni dopo Castagner - Con loro lo scontro diretto col Milan al Curi non sarebbe finito 1-1”.

La conquista dello Scudetto avrebbe dato al tutto un sapore ancor più epico, ma il destino aveva deciso altro.

Il Perugia della stagione 1978-1979 è e sarà comunque per sempre quello ‘dei miracoli’… anche senza tricolore.

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