La prima immagine di Erling Haaland, nel video di “Kygo jo”, appare tra il sesto e il settimo secondo: non sembra neanche lui. È sulla scaletta da arbitro di un campo da beach volley, ma il suo fisico è diverso. Alto, sì, ma magrissimo: cappello all’indietro e balletto “curioso”. Definiamolo così. Da quel video lì, della canzone dei Flow Kingz, un gruppo composto, oltre che dal norvegese, dall’attaccante della Salernitana Erik Botheim, sono passati sei anni: tanto gli è bastato per entrare nella storia.
Probabilmente è ancora presto per rendersene conto pienamente, ma un giorno riusciremo a comprendere quel che Erling Haaland sta facendo al calcio, in questo momento storico. "Al calcio" e non "nel calcio", perché di questo sport l'attaccante norvegese ha smesso di essere un normale rappresentante: ne è, attualmente, il protagonista.
Ogni generazione calcistica che si rispetti ha la sua figura di riferimento e qualcuno potrebbe anche precisare che al fianco di Haaland in questo periodo ci sia Kylian Mbappé, in termini di "peso sportivo". A sorpresa, non è così.
Non per una questione di gioco: in quel caso si potrebbe tranquillamente dire che sia il francese che il norvegese stiano dando un contributo importante a tutto il movimento, segnando un’intera generazione. Il fatto è puramente simbolico: Mbappé è senza dubbio uno dei migliori giocatori al mondo, con un potenziale ancora indefinibile. Haaland è riuscito a fare un’altra cosa, più importante, più pesante: ha riscritto il modo di prendere in considerazione un calciatore.
C’è chi, sotto il video dei Flow Kingz di cui parlavamo prima, scrive, in maniera scherzosa “Haaland è diventato un calciatore per promuovere la sua musica. Un genio”. Fa sorridere: un altro commento recita “Come lo spiego ai miei figli che questo ragazzo è diventato una leggenda del calcio?”. Questo fa riflettere.
Perché in fin dei conti Haaland ha solo 22 anni, compiuti a luglio, e con questa è alla sua ottava stagione da professionista: solo otto stagioni da professionista, con 152 goal in 194 presenze, 173 in 215 considerando anche la Norvegia. Che no, non sono numeri normali: e sì, è già entrato nella storia del calcio, se ve lo steste chiedendo. Lo è entrato di diritto, al di là dei dati.
All’intervallo del Derby tra Manchester City e Manchester United ha segnato due goal, uno di testa e uno in spaccata sul secondo palo, con una facilità tremenda tra l’altro: indica la tribuna e fa un cenno a suo padre, Alfie. Il cerchio del destino, quello che ha ricongiunto un Haaland ai Citizens, si è chiuso. O forse, semplicemente, ha completato il suo “primo” corso.
Nella ripresa segna anche una tripletta: sui social non c’è neanche un pizzico di sorpresa, alla notizia. È tutto un “Eccolo, e uno”. “E due”. “E tre, ti pareva”. Questo è il concetto principale: Haaland ha distrutto il concetto di sorpresa. Lo ha modificato a suo piacimento, plasmato in una roba nuova: i suoi goal non fanno più notizia, le sue prestazioni sono talmente devastanti da sembrare “preconfezionate”, ma non per questo non emozionano. Anzi.
Una delle imprese maggiori del norvegese è stata, finora, quella di aver dato modo a tutti di emozionarsi di fronte a un uomo, anzi un ragazzo, che somiglia più a una macchina che a un atleta. Perché è “disarmante”. Semplicemente “disarmante”, in quasi tutto ciò che produce: oltre alla tripletta mette a referto due assist. In Premier League, finora, sono 14 goal in 8 partite. Terzo “hat-trick” consecutivo in casa (quindicesima tripletta in carriera): in stagione sono 17 in 11 gare.
GettyNon ha senso. Haaland non ha senso: nella forza fisica, nello stacco aereo, nella scelta di tempo: sembra a tratti il prodotto di un esperimento in laboratorio. Gli manca giusto un pizzico di tecnica, ma se l’avesse probabilmente non staremmo parlando dell’attaccante perfetto. Anche perché non gli servono giocate complicate per creare pericoli: roba da “A-B-C” del calcio, resa facile.
È talmente distante da quel ragazzo che al Red Bull Salisburgo aveva spiazzato l’Europa del calcio che ci si chiede, a questo punto, dove possa arrivare da qui ai prossimi anni: il potenziale, francamente, è inimmaginabile. L’ultimo dubbio risolto da Haaland, che poi rappresentava uno dei principali quesiti relativi alla sua figura, è quello della centralità nel gioco di Pep Guardiola: tutto archiviato.
Il sorriso dell'allenatore spagnolo fa solo seguito a un altro concetto chiave: chiunque, adesso, può chiedergli di tutto, senza aver paura di sembrare assurdo e fuori contesto.
"Gli ho chiesto di fare cinque goal", ha spiegato Guardiola prima del Derby.
Non sono stati cinque goal, va bene. Sono stati tre: ma arrivati al terzo tutti, ma proprio tutti, anche solo per gioco hanno pensato che quella frase buttata lì dallo spagnolo si potesse davvero realizzare. Chi si aspettava Mbappé come unico riferimento generazionale per il “dopo Cristiano Ronaldo e Lionel Messi” si è dovuto ricredere di fronte a un colosso senza senso che ha riscritto le leggi del calcio ad appena 22 anni. In maniera disarmante.

