Fernando OrsiGetty Images

Nando Orsi, un portiere esemplare: lo Scudetto Primavera nella Roma, il "no" al Milan, una vita nella Lazio

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"Sono fiero quando mi dicono che sono un uomo vero, onesto, che non bara mai, che non volta le spalle e ci mette la faccia. Questa è la mia vittoria più bella, e se questi sono i veri successi di un uomo, allora Nando Orsi è un vincente molto più di tanti protagonisti del calcio che possono vantare un curriculum più lungo o più importante del suo" - Sinisa Mihajlovic parlando di Nando Orsi

Ci sono portieri che in carriera hanno vinto molto più di lui indossando molte maglie. Fernando Orsi, da tutti detto Nando, pur potendo togliersi ancora tante soddisfazioni personali giocando titolare in altre squadre meno blasonate, nel bel mezzo della sua carriera, a 30 anni, ha fatto una scelta diversa e romantica: per amore della Lazio ha deciso di tornare a Roma per fare per 9 anni il secondo portiere e ha svolto il suo ruolo in modo esemplare. Mai una parola fuori posto o una lamentela, allenandosi sempre con la stessa dedizione e facendosi trovare pronto quando i suoi allenatori lo chiamavano in causa.

In biancoceleste, fra gli anni da calciatore e da allenatore, ha trascorso complessivamente 20 anni (12 da giocatore, 8 da preparatore e allenatore), dopo aver vinto uno Scudetto Primavera con la Roma. 

DALLE GIOVANILI CON LA ROMA A TITOLARE IN SERIE A CON LA LAZIO

Nando Orsi nasce a Roma il 12 settembre 1959: suo papà e laziale, mentre sua madre è tifosa romanista. Muove i suoi primi passi negli anni Settanta nelle Giovanili della Roma, dove gioca come portiere e cresce come grande promessa. Entra a far parte della Nazionale Juniores, collezionado 13 presenze e altre 6 convocazioni e con gli Azzurrini vince il Torneo Giovanile Principato di Monaco del 1976.

Le aspettative su di lui sono molto alte e nel 1977/78 è il portiere titolare della squadra che, guidata da Antonio Trebiciani, conquista lo Scudetto Primavera: tuttavia non arriverà mai a debuttare in una gara ufficiale in Prima squadra.

Ci va vicino fra il 1978 e il 1979: il 10 giugno 1978 va in campo nell'amichevole della tournée canadese contro una Selezione del Manitoba, e successivamente il 23 maggio 1979, gioca l'ultima amichevole contro il Manchester City.

Poi però con l'arrivo in panchina di Nils Liedholm, nella stagione 1979/80 è ceduto al Siena, in Serie C2. Con i toscani fa il suo debutto fra i professionisti: trova la fiducia del suo allenatore Idilio Cei, che lo schiera titolare e viene ripagato da prestazioni di alto livello.

Folti capelli castano chiari, alto un metro e 82 centimetri per 78 chilogrammi, è considerato in quegli anni 'un bello del calcio', ma fra i pali sa essere molto efficace: il senso della posizione e le prese salde sono i suoi punti di forza. La buona stagione con il Siena gli fa guadagnare nel 1980/81 la chiamata di una squadra importante come il Parma. Il primo anno in Emilia, sempre in Serie C1, lo vede dividersi la porta con l'altro estremo difensore, Renato Piccoli, e disputare 18 partite.

Nel 1981/82 diventa il titolare dei gialloblù, è il più presente della squadra con 33 gare. Ha l'opportunità di mettersi in mostra e non se la lascia sfuggire: nel 1982/83 il suo alto rendimento gli vale il trasferimento alla Lazio, in Serie B. 

Nonostante i suoi trascorsi giallorossi, Orsi con la sua serietà e professionalità che lo contraddistingueranno per tutta la carriera riuscirà a farsi amare dai supporters biancocelesti, impresa non semplice in una realtà come Roma. Il club capitolino è reduce da un deludente 11° posto nel precedente campionato cadetto, ed è in cerca dell'erede di Felice Pulici, il portiere dello storico Scudetto vinto con Maestrelli nella stagione 1973/74.

Nando fa ancora una volta il suo e conferma la sua efficacia fra i pali, dando un contributo determinante alla promozione in Serie A dei biancocelesti. Per lui ben 35 presenze nella stagione del ritorno nel massimo campionato. Alla presidenza del club approda 'Long John' Chinaglia, che affida la panchina all'allenatore argentino Juan Carlos Morrone.

Quest'ultimo, a sorpresa, decide di invertire le gerarchie dei portieri e di affidarsi come titolare a Massimo Cacciatori, vice di Orsi nell'anno precedente. I risultati della prima parte di stagione sono tuttavia deludenti, e quando a dicembre Morrone è sostituito con l'italiano Paolo Carosi, Nando, che nel frattempo ha continuato ad allenarsi con il consueto impegno, dopo il debutto del 6 novembre in Lazio-Avellino 1-0, ritrova il posto da titolare dopo l'infortunio occorso a Cacciatori l'8 gennaio 1984.

L'estremo difensore romano con le sue 17 presenze complessive dà ancora una volta un apporto essenziale alla salvezza della squadra, che chiude in 13ª posizione. Tanto basta per farlo entrare definitivamente nel cuore dei tifosi biancocelesti, sebbene ad attenderlo ci sia una stagione disastrosa per tutta la Lazio. Il 1984/85, caratterizzato da problemi societari e da tre cambi di allenatore, si concluderà infatti con il ritorno in Serie B dell'Aquila. Anche Orsi, confermato titolare, finisce travolto dalla situazione, e suo malgrado il 24 febbraio 1985 è la vittima sacrificale della prestazione monstre di Diego Armando Maradona, che contro di lui segna la sua prima e unica tripletta 'italiana'.

Lo show del 'Pibe de Oro' inizia con un goal di rapina, sfruttando un errato retropassaggio di un difensore al portiere biancoceleste, prosegue con uno spettacolare pallonetto da fuori area e si conclude con un 'goal olimpico' direttamente da calcio d'angolo. Il Napoli vince 4-0 e a fine gara Nando è frastornato e inconsolabile, e non potrebbe essere altrimenti.

"Ricordo perfettamente quella partita - assicura in un'intervista del 2015 a 'CalcioNapoli24' - e non solo per tutte le volte che mi è stato chiesto. Ormai sono 'partecipe' di alcuni dei più bei goal di Maradona che spesso vengono mostrati in tv. Come spesso ho detto scherzando, lui deve ringraziarmi se gli ho dato possibilità di diventare sin da subito famoso (ride, ndr). Prendere tre goal non è mai un bel ricordo ma alla fine le reti che mi ha fatto Maradona le ricordo anche con piacere, non ti capita di incontrarlo tutte le domeniche e già sapevamo che grande calciatore fosse. Quindi, al di là dei miei errori, un campione così è capace di far tre goal senza problemi e lo ha dimostrato sia prima ma soprattutto dopo".

La stagione è avara di soddisfazioni per il portiere: le uniche arrivano in Nazionale giovanile, visto che è convocato nel dicembre 1984 da Azeglio Vicini e disputa 2 partite con l'Italia Under 21. Ma la Lazio conclude al 15° posto in classifica, e dopo due stagioni nel massimo campionato, torna mestamente in Serie B. 

L'ESPERIENZA ALL'AREZZO

Il primo rapporto fra la Lazio e Orsi si interrompe nel giugno del 1985. In estate, infatti, la proprietà del club biancoceleste decide di rinnovare profondamente l'organico della squadra che deve affrontare il campionato di Serie B e anche il portiere viene ceduto. La sua carriera riparte ancora una volta dalla Toscana, esattamente dall'Arezzo, squadra in cui il portiere romano milita per quattro stagioni con alterne fortune.

Gli estimatori del portiere romano tuttavia non mancano anche in Serie A e durante il suo primo anno in amaranto il club riceve una chiamata importante.

"La società mi fece sapere che il Milan mi voleva al posto di Nuciari. - rivela a ''CalcioNapoli24' - Berlusconi non era ancora arrivato e dissi di no...". 

Orsi resta ad Arezzo e nei primi due anni con le sue parate contribuisce alla salvezza degli amaranto, che restano in Serie B, ma nel 1987/88 la squadra retrocede in Serie C1 e nella stagione successiva fallisce l'obiettivo dell'immediato ritorno nella categoria superiore. 

IL RITORNO ALLA LAZIO E I 9 ANNI DA DODICESIMO

Superati i problemi economici e societari di metà anni Ottanta, la Lazio si ricorda di lui, e quando nell'estate del 1989 il Direttore sportivo Carlo Regalia lo contatta per conto del nuovo presidente, Gianmarco Calleri, per fare da chioccia all'emergente Valerio Fiori, lui non ci pensa due volte e dice di sì.

Orsi torna così a Roma, sponda biancoceleste, e ancora trentenne, rinuncia a fare il titolare in altre squadre e a prendere ingaggi magari più elevati per dare ascolto al suo amore calcistico. Ci resterà 9 anni, nei quali vedrà succedersi diversi allenatori, da Beppe Materazzi a Zoff, passando per Zeman e Sven-Goran Eriksson, nei quali si contaddistinguerà sempre come esempio di professionalità e correttezza, allenandosi con la consueta intensità e venendo sempre apprezzato da compagni e tecnici. 

Quando nella stagione 1992/93 alcuni errori clamorosi valgono a Fiori il soprannome di 'Saponetta' attribuitogli dalla Gialappa's Band, Zoff lo rilancia per un periodo da titolare, e Nando si fa trovare pronto con prestazioni ancora una volta importanti.

Con l'arrivo di Luca Marchegiani nel 1993, torna in panchina e, senza far rumore, continua a ricoprire il suo ruolo con la consueta serietà fino al 1997/98, quando a 38 anni appende definitivamente i guanti al chiodo dopo aver totalizzato 125 presenze complessive (90 in Serie A) in campionato a difesa della porta biancoceleste. Nella sua ultima stagione agonistica, pur senza mai scendere in campo, si aggiudica anche la Coppa Italia.

I valori umani, prima ancora dei meriti sportivi, lo hanno reso l'amico e il sostegno morale di tanti campioni arrivati ad indossare la maglia della Lazio, un prezioso uomo spogliatoio stimato e voluto bene da tutti. Nel 1995/96 Zeman lo aveva anche fatto anche esordire nelle Coppe europee, concedendogli 2 minuti nella goleada contro l'Omonia Nicosia (5-0 per la Lazio) e 90 minuti nel k.o. casalingo per 2-0 contro i francesi dell'Olympique Lione.

ORSI ALLENATORE: DA VICE MANCINI ALLE ESPERIENZE IN PROPRIO

Dopo il ritiro Orsi si dedica inizialmente al ruolo di preparatore dei portieri, che svolge per due anni, dal 1999 al settembre 2001, sempre con il club biancoceleste. Successivamente studia da allenatore e il 1° luglio 2002 diventa il vice di Roberto Mancini, di cui è l'assistente dal 2002 al 2004 sempre in seno alla Lazio, e poi, dal 2004 al 2006, nell'Inter. 

Conseguito il patentino da allenatore professionista, prova a cimentarsi nel ruolo di primo allenatore. L'inizio è positivo, perché, subentrato a Daniele Arrigoni il 21 marzo 2007 sulla panchina del Livorno, guida la squadra alla salvezza. Nella stagione successiva è confermato dal presidente Spinelli, ma dopo 3 sconfitte nelle prime 3 gare è rimosso dall'incarico.

Richiamato a fine campionato al posto di Camolese con la squadra in situazione disperata, non riesce nel miracolo di salvarla e prima dell'estate il rapporto con il club amaranto si conclude. Nell'ottobre 2010 ci riprova in Lega Pro Prima Divisione, assumendo la guida della Ternana che ha appena allontanato Renzo Gobbo.

Evitato un prematuro esonero già a novembre, Orsi resta in sella della squadra fino al 7 febbraio, quando, in seguito ai soli 3 punti conquistati all'inizio del girone di ritorno, viene rimosso dall'incarico e rimpiazzato con il suo ex compagno di squadra Bruno Giordano.

OPINIONISTA E TIFOSO DEI SUOI FIGLI

Chiusa senza grande fortuna la parentesi da allenatore, Orsi è diventato negli anni dieci del Duemila un apprezzato opinionista televisivo, facendo da seconda voce alle partite prima sulle reti Mediaset, quindi, dal 2020, per Sky.

Oltre a seguire sempre con grande interesse il mondo del calcio, Nando è un grande tifoso dei suoi due figli, come lui stesso ha ammesso in un'intervista a 'Calciofere.it' del marzo 2020: uno insegnante e scrittore di successo, che ha scritto anche parte della sua autobiografia, l'altra grande sportiva, che dopo averci provato con il tennis e il calcio a 5, è diventata campionessa di padel, la nuova disciplina sportiva che si è affermata negli ultimi anni, e che la vede numero uno fra le italiane e all'attacco delle prime 50 posizioni del ranking.

"Mio figlio, Gabriele, è professore, con laurea con 110 e lode in lettere classiche e ha anche scritto due libri. Mia figlia, Carolina, invece, è campionessa di Padel", dice con orgoglio papà Nando.

Anche lui, nel tempo libero, ogni tanto si cimenta nella nuova disciplina. Ma gli appassionati di calcio lo ricorderanno sempre come portiere affidabile e dodicesimo ideale. Capace di anteporre gli interessi della squadra del cuore, la Lazio, a quelli meramente personali.

"Non è che ci siano stati tantissimi segreti: ho fatto il professionista, e un professionista deve accettare tutti i ruoli che dopo ci costruisce durante la sua carriera. - ha spiegato in esclusiva a Goal - Quando facevo il titolare mi allenavo allo stesso modo di quando facevo il vice, e questo mi ha aiutato molto, perché io ho sempre avuto un gran rispetto della mia professione".

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