È il capolavoro di Stefano Pioli. Condito dalle parate di Maignan, dagli scatti di Leao, dalle geometrie di Tonali, dalle accelerazioni di Theo Hernandez, dai goal pesanti di Giroud, dagli interventi di Tomori e, in generale, dal lavoro di un gruppo che, mai come questa volta, ha dimostrato di contare più dei singoli. Ma, va ripetuto, lo Scudetto del Milan è Xil capolavoro di Stefano Pioli.
Lo è perché - merce rara - non ha vinto la squadra più forte. Nel corso della stagione abbiamo sentito allenatori lamentarsi del livello delle proprie “seconde linee”, della mancanza di alternative, di avere un terzino o un attaccante non idoneo al 100% al proprio stile di gioco, dei troppi impegni infrasettimanali, dei troppi infortuni, dei ricambi non all’altezza in quel ruolo o in quell’altro. Molti di loro, però, hanno dovuto fare i conti con situazioni spesso più rosee rispetto a quella del Milan versione 2021-2022.
Pioli, nonostante tutto, ha invece tirato fuori il massimo dai suoi ragazzi, riuscendo a far fronte all’infortunio di Kjaer, alla mancanza di una valida alternativa a Theo Hernandez, ai ricorrenti problemi fisici di Ibrahimovic e Rebic, al mancato acquisto di un difensore centrale a gennaio, alle partenze di Donnarumma e Calhanoglu e a tanti, tantissimi altri imprevisti. Eppure il suo Milan, sempre quadrato e concreto, si porta a casa uno Scudetto meritato, vinto contro i favori del pronostico e arrivato al termine di una cavalcata colma di orgoglio e personalità.
E le altre? Molto probabilmente Inter, Juventus e Napoli - in rigoroso ordine alfabetico - disponevano di un organico superiore a quello rossonero. Ma alla fine, a tagliare il traguardo, è stata la squadra che più di ogni altra è stata costretta a fare di necessità virtù.
Ma cosa è mancato alle altre ‘big’ del nostro campionato? Partiamo dal Napoli. Gli azzurri si sono sciolti - e non è la prima volta - nelle serate decisive della stagione, crollando in casa contro Milan e Fiorentina, ma anche inciampando nei classici tranelli che sfide come quelle perse a dicembre contro Empoli e Spezia al ‘Maradona’ riservano. Troppi errori individuali - come dimenticare quelli che nel match di ritorno contro l’Empoli hanno fatto scorrere i titoli di coda sulle ultime speranze Scudetto - e una dipendenza sempre più evidente da Victor Osimhen.
La Juventus, invece, ha pagato per prima cosa il “Peccato Originale”, vale a dire l’operazione Ronaldo. Se la cessione del fuoriclasse portoghese poteva rientrare nella logica delle scelte societarie (a proposito, nessuno ha ancora spiegato i motivi della panchina di Bologna nell’ultima gara della scorsa stagione), farlo a campionato già iniziato e a pochissimi giorni dalla fine del mercato, quando trovare un’alternativa valida è pressoché impossibile, è stato un autentico harakiri. L’avvio di stagione a singhiozzi, figlio principalmente della situazione legata a CR7, ha generato un gap che i bianconeri non sono più stati in grado di colmare neanche dopo una fase di stagione convincente, almeno sul piano dei risultati. Chiaramente sarebbe insufficiente attribuire tutte le responsabilità della stagione sottotono della Juve all’affare Ronaldo: Allegri ha certamente fatto troppa fatica a trovare la quadra con un organico sì incompleto e costruito in maniera un po’ cervellotica, ma pur sempre di ottimo livello.
Infine l’Inter. Ai nerazzurri, partiti a fari spenti dopo le partenze di Conte, Eriksen, Lukaku e Hakimi, erano bastate poche giornate per riprendersi lo scettro di favoriti grazie al lavoro di Simone Inzaghi e al rendimento sicuramente positivo dei “nuovi” Calhanoglu, Dzeko e Dumfries, e della qualità offerta dai pilastri Barella, Lautaro Martinez e Skriniar. Poi, però, sul più bello, si è spenta la luce: il derby perso in rimonta a febbraio non è risultato decisivo solo in termini di punti, ma anche in termini di equilibri psicologici. Vincere quella gara avrebbe spento le speranze del Milan e delle altre rivali e invece la doppietta di Giroud, autentico “sliding doors” della stagione, ha rimesso tutto in discussione. Il clamoroso tonfo casalingo contro il Sassuolo e la sconfitta rimediata nel tanto discusso recupero contro il Bologna hanno poi completato la frittata che, complice un Milan praticamente infallibile, ha impedito all’Inter di riprendersi la vetta.
Ma nello sport, si sa, è uno solo a vincere e tutti gli altri no. Il che non significa che tutti gli altri abbiano fallito. Ciò che però possiamo affermare con convinzione è che nessuno è riuscito a dimostrarsi all’altezza del Milan che, nonostante le difficoltà, si gode con merito la conquista del 19° Tricolore.


