Campione del Mondo. Il sogno che tutti abbiamo avuto da bambini, il privilegio che tutti avremmo voluto vivere dal momento in cui abbiamo avuto la consapevolezza che quei calci tirati ad un pallone erano finalizzati a qualcosa di più di un semplice svago.
Ma la lista di quelli che effettivamente riescono a raggiungere questo traguardo è piuttosto corta. La selezione naturale fa molto, interrompendo in maniera più o meno prematura il percorso nel mondo del calcio di chi di talento non ne ha o non ne ha abbastanza.
Poi subentra la fortuna. Nascere talentuosi già lo è, ma farlo in una nazione che storicamente ha maggiore possibilità di arrivare fino agli atti conclusivi dei Mondiali con il favore dei pronostici rappresenta un aiuto non da poco da parte della Dea Bendata.
Questi requisiti, Daniele De Rossi li ha avuti tutti. Centrocampista di talento assoluto, tra i più forti nelle prime due decadi degli anni Duemila, lo storico numero 16 della Roma ha vinto la Coppa del Mondo con l'Italia nel 2006.
Ma pur essendo uno dei pupilli del commissario tecnico Marcello Lippi, che lo vedeva titolare fisso insieme a Pirlo nella mediana della nazionale, il suo contributo alla cavalcata azzurra fu alquanto ridotto.
Tutta colpa di una gomitata un po' troppo veemente rifilata a uno spigoloso attaccante statunitense, idolo in patria ma da noi conosciuto solo per aver causato l'episodio che stiamo raccontando in questo pezzo. Ma ci arriviamo.
Il Mondiale di Germania 2006 di Daniele De Rossi inizia molto bene. Titolare nella gara inaugurale contro il Ghana, il centrocampista della Roma fornisce il suo contributo alla causa mettendosi a disposizione nel recupero di palloni che poi andranno puliti dalla classe dell'allora milanista Andrea Pirlo.
Ed è proprio quest'ultimo a sbloccare la gara contro la nazionale africana prima del raddoppio di Iaquinta che apre la fortunata spedizione italiana in Germania.
Ma il Mondiale di Daniele De Rossi rischia di finire già alla seconda partita. L'avversario sono gli Stati Uniti, una nazione che - come ricorderà in una delle sue intro divenute mantra per milioni di italiani - ha influenzato fino a monopolizzare la cultura e l'intrattenimento del nostro Paese, ma nel calcio vogliamo comandare noi.
Anche contro l'undici a stelle e strisce le cose partono nel migliore dei modi. Gilardino segna di testa il suo primo e unico goal ai Mondiali, spianando la strada a quella che sembra una vittoria agevole e che consegna il ticket per gli ottavi con un turno di anticipo agli azzurri.
Poi cambia tutto. Nei sessanta secondi che vanno tra 27esimo e il 28esimo, prima Zaccardo sigla una clamorosa e alquanto sfortunata autorete, poi l'Italia rimane in 10.
L'arbitro uruguaiano Jorge Larrionda corre a sventolare sotto al naso del centrocampista di Ostia il cartellino rosso che ne sancisce l'addio anticipato alla partita.
A tingersi di rosso è anche la faccia dello statunitense McBride, aperta da una gomitata di De Rossi in elevazione.
La partita finisce in parità, ma a preoccupare Lippi e il resto dello staff di Casa Azzurri è la decisione della Commissione Disciplinare della Fifa.
La stangata arriva, puntuale, qualche giorno dopo. A De Rossi vengono inflitte quattro giornate di squalifica per il gesto proditorio.
Non c'è da protestare, anzi da ringraziare la Corte per la clemenza mostrata clemente. I turni sarebbero dovuti essere ben cinque, ma lo sconto di pena viene applicato per via di una lettera di scuse recapitata dallo stesso centrocampista alla Fifa e alla rinuncia al ricorso da parte dell'Italia.
De Rossi tornerà, dunque, avrà la possibilità di giocare ancora i Mondiali del 2006 solamente in caso gli azzurri arrivassero in finale.
Ma i 30 giorni in Germania sono baciati da una magia che solamente il calcio è in grado di generare, e gli azzurri arrivano fino in fondo alla competizione tra colpi di fortuna, vittorie convincenti e classici psicodrammi.
Sotto i colpi della selezione di Lippi cade per prima l'Australia con un rigore che forse con il Var sarebbe stato revocato, ma abilmente e freddamente trasformato da Totti.
Poi è il turno dell'Ucraina, sballottata a destra e a sinistra da Zambrotta e la doppietta di Toni che scatena immediatamente confronti e paragoni con Paolo Rossi a Spagna'82.
Infine la Germania. I padroni di casa, in grado allo stesso tempo di adorarci e detestarci in egual misura, dal 4 luglio forse hanno qualche sassolino in più sul piatto della bilancia dei sentimenti negativi nei nostri confronti.
Grosso e Del Piero stendono nei minuti di recupero la nazionale di Klinsman, che già pregustava di mettere le mani sulla quarta Coppa del Mondo della sua storia e di fronte al proprio pubblico.
De Rossi, che nel mentre ha supportato e sostenuto i suoi compagni di squadra non saltando nemmeno un allenamento, ha finalmente la possibilità di tornare a giocare.
Dopo un'ora di gioco nella finalissima contro la Francia, con il punteggio sull'1-1 per via del rigore trasformato con un cucchiaio da brivido da Zinedine Zidane e la zuccata da corner di Marco Materazzi, il centrocampista fa il suo ingresso all'Olympiastadion.
E' una sostituzione simbolica e in certi sensi premonitrice di quanto accadrà più di un decennio dopo, perché a lasciare il campo a De Rossi è il suo capitano nella Roma: Francesco Totti.
Il risultato non si sblocca più in nessuno dei due sensi né nell'arco dei restanti 30 minuti, né in quelli supplementari previsti dal regolamento.
Ed è qui che Daniele De Rossi stacca il pass che lo fa entrare di diritto nel club più che esclusivo dei Campioni del Mondo. Ma ancora non lo sa nessuno. Nemmeno lui.
Si va ai rigori. Contro la Francia. Un binomio che non ha mai premiato la nostra nazionale. Pirlo-Materazzi-De Rossi-Del Piero-Grosso è la sequenza di chi si alternerà dagli undici metri contro Barthez scelta da Marcello Lippi.
Wiltord-Trezeguet-Abidal-Sagnol i quattro francesi. Quattro, il quinto non sapremo mai chi sarebbe stato, perché la Francia nel sbaglia uno solo, il secondo, consegnando a Grosso il match point prontamente realizzato dopo che milioni di italiani hanno trattenuto fiato, lacrime e chissà che altro sul primo piano della regia televisiva internazionale sul suo faccione contrito dalle emozioni.
Alla fine la festa a Berlino è tutta italiana. E' festa per Lippi, che affianca Bearzot e Pozzo. E' festa per una generazione aurea del calcio italiano, quella dei Totti, dei Del Piero, dei Cannavaro. Un'abbondanza di talento che oggi ci sembra incredibile e forse irrecuperabile.
Ma è anche la festa dei De Rossi, Campione del Mondo a 23 anni, e di qualche altro elemento che comporrà le fila della nazionale negli anni a venire, sfiorando il successo agli Europei nel 2012 e giocando nel 2014 quello che ancora oggi è l'ultimo mondiale disputato dall'Italia.
Una festa che rivista oggi è sempre in grado di scaldare il cuore ma anche di disegnare un sorriso un po' amaro sul nostro volto, considerando lo stato di crisi nel quale versa il nostro calcio da ormai oltre quindici anni.
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