"Entro al posto di Rizzitelli, è l'87'. Faccio in tempo a toccare un pallone, lo porto alla bandierina per guadagnare secondi preziosi. Poi l'arbitro Boggi fischia la fine, e confusamente mi rendo conto di aver giocato in Serie A".
Francesco Totti racconta così il suo debutto in Serie A nella sua biografia "Un Capitano" , scritta a quattro mani con Paolo Condò. Sono passati 28 anni da quel 28 marzo del 1993 che cambiò la sua vita e la storia dell'AS Roma, ma l'immagine di quel timido ragazzetto biondo che fa il suo esordio nel nostro campionato la ricordiamo ancora tutti.
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Quel campionato sarà l'unico nel quale giocherà per l'intera carriera, quella maglia sarà l'unica che indosserà per l'intera carriera. Con una sola eccezione: quella Azzurra della Nazionale con la quale entrerà per sempre nella storia dello sport del Paese.
Per raccontare la magnifica carriera di Francesco Totti sono stati spesi litri di inchiostro, ma gli aneddoti sembrano non finire mai. Come se si rigenerassero da soli, senza induzione. Come se l'inconscio di tutti gli appassionati di calcio volesse saperne sempre di più, leggerne ancora, all'infinito.
28 marzo 1993 - 28 maggio 2017. 24 anni e due mesi. Tanto è durato l'arcobaleno disegnato dal ragazzo nato a Porta Metronia e diventato per sempre il simbolo della squadra della sua città. Quella che ha sempre amato.
L'ultimo atto, quel Roma-Genoa che nessun tifoso romanista dimenticherà mai, lo ha visto un po' in disparte partecipare alla vittoria dei suoi compagni, fondamentale per centrare l'accesso a quella Champions League che l'anno successivo permetterà alla squadra e alla sua tifoseria di vivere serate da sogno.
Ma anche quella volta, dopo il goal decisivo firmato da Diego Perotti, i compagni affidarono a lui la difesa dell'utimo pallone.
Getty Images"A te, Francesco". Un gesto ripetuto decine e decine di volte nei minuti finali delle partite più complicate. Palla a Totti che va a proteggerla vicino alla bandierina. È successo tantissime volte. Una volta persino in un derby che la Roma conduceva per 1-0. Totti rimase nei pressi della bandierina col pallone, e tra un fallo subìto e un corner conquistato, rimase lì per quasi 5 minuti, uscendone soltanto per trasformare il rigore del 2-0.
Una volta un suo "duetto" simile con Julio Baptista, anch'esso durato svariati minuti, generò sugli spalti lo stesso entusiasmo generato da un goal. Uno spettacolo autentico.
E anche quel giorno, quel 28 maggio del 2017 divenuto per molti romanisti "il giorno dell'ultima di Totti", la palla fu consegnata a lui. Fu messa in cassaforte, in quella cassaforte virtuale che il Capitano della Roma era capace di edificare in pochi istanti ogni volta, lì, nei pressi della bandierina. Che fosse quella dell'Olimpico o quella di un qualsiasi altro stadio non faceva differenza. E anche quel giorno difese quel pallone, lì, fermando il tempo.
"Mi ritrovo, chissà come, sulla bandierina del corner, pronto a battere con Laxalt davanti. Colpisco il pallone e in quell'istante Tagliavento fischia tre volte. E' finita".
Questo il suo racconto. Il racconto di un cerchio che si chiude. Una carriera iniziata con un pallone protetto sulla bandierina, conclusa con un pallone portato sulla bandierina. In mezzo una miriade di immagini. In giallo e in rosso, con qualche pennellata d'azzurro.


