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Franz Carr-

Franz Carr, la scommessa inglese della Reggiana che si rivelò un flop

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Il calcio italiano e quello inglese, per molto tempo sono stati come i binari: destinati a non incontrarsi mai. Due mondi paralleli ma estremamente diversi tra di loro, così diversi da risultare semplicemente incompatibili.

Non è quindi un caso che per diversi anni in Serie A siano approdati giocatori da ogni angolo del mondo, ma pochissimi provenienti dall’altra parte della Manica. La First Division, l’antenata della Premier League, veniva vista dalle nostre parti, ma in verità anche nel resto d’Europa, come una cosa a sé stante. Un campionato nel quale si giocava un calcio estremamente fisico e duro, nel quale a farla da padrone erano soprattutto intensità e velocità.

Il calciatore inglese rappresentava quindi una scommessa troppo grande. C’era il rischio di poter investire su un nome importante, che magari faceva cose egregie anche nelle coppe europee, ma che poi avrebbe fatto molta fatica ad abituarsi ad uno stile di vita diverso, ad una lingua diversa, ad un clima diverso e soprattutto ad un calcio diverso, nel quale alla fisicità venivano preferite tecnica e soprattutto tattica.

A scoraggiare possibili iniziative di stampo ‘Made in England’, erano stati anche alcuni tentativi andati a vuoto. Il Milan, ad esempio, nell’estate del 1983, decise di puntare forte su Luther Blissett, un bomber da 27 reti in 41 partite con il Watford l’anno precedente in First Division, ma l’avventura italiana di colui che dai tifosi milanisti venne poi ribattezzato ‘Luther Miss It’ (tanto per far capire quanto scarsa fosse la sua vena realizzativa) si rivelò un disastro. Non molto meglio poi andò, sempre per restare in casa rossonera, con Mark Hateley che, arrivato con grandi credenziali dal Portsmouth, all’ombra del Duomo si rivelò tanto discontinuo, quanto poco prolifico.

Insomma, per ogni giocatore arrivato dall’Inghilterra che faceva bene (pochi per la realtà), ce ne erano altri (molti di più in proporzione), che semplicemente si rivelavano dei flop.

Il calciatore inglese quindi, per anni ha incredibilmente rappresentato un qualcosa di meramente ‘esotico’, ma le cose sono sorprendentemente cambiate nel corso degli anni novanta. Complici anche le eccellenti prestazioni della Nazionale inglese a Italia ’90, oltre che più tardi l’’effetto Bosman’, diverse società hanno provato a sfidare il ‘tabù’.

Alla spicciolata quindi sono arrivati, tra gli altri, elementi come David Platt, Paul Gascoigne (un potenziale fuoriclasse frenato dagli infortuni ed una vita irregolare), Des Walker, Paul Ince e Lee Sharp. Tutta gente forte che però ha confermato la tesi che voleva che per gli inglesi fosse molto complicato far bene in Italia.

Alcuni infatti si sono fatti apprezzare, altri invece hanno fatto intravedere qualcosa, mentre altri ancora hanno fallito. In questa ultima categoria rientra a pieno titolo Franz Carr.

E’ l’inverno del 1996 quando una Reggiana, a corto di punti in classifica e alla ricerca di qualcosa che potesse rinvigorire il suo gioco offensivo, decide di investire su lui. Ha 28 anni, in carriera ha vestito per sette stagioni la maglia del Nottingham Forrest, ha avuto la possibilità di lavorare con un allenatore leggendario come Brian Clough e poi ha una caratteristica in particolare: è veloce. Terribilmente veloce, tanto che macina i 100 metri in meno di undici secondi. A ciò va aggiunto che il contratto che lo lega all’Aston Villa è praticamente scaduto, il che vuol dire portarsi a casa il giocatore senza esborsi.

L’operazione è quindi potenzialmente di quelle vantaggiose, se non fosse che ci sono anche delle controindicazioni importanti. Carr infatti nel precedente anno e mezzo vissuto con i Villans ha giocato solo tre scampoli di partita e inoltre, cosa di non secondaria rilevanza, con i piedi non ci sa fare.

E’ quindi velocissimo e molto forte in campo aperto, ma quando si arriva nei pressi dell’area di rigore iniziano i problemi. Non è bravo nel calciare, non è bravo nel servire assist e non sa crossare. E’ un giocatore abile nell’autolanciarsi e nel partire a tutta birra a testa basta, ma spesso il le sue sfuriate sulle fasce si concludono allo stesso modo: il terzino avversario centrato in pieno.

Certo ridurre il Carr calciatore ad un semplice centometrista è forse riduttivo, visto che comunque nel corso degli anni ’80 ha comunque totalizzato oltre 130 presenze con la maglia del Nottingham Forest, ma d’altronde anche il giudizio di Brian Clough, il tecnico che più di chiunque altro ha provato a tirar fuori dal ragazzo qualcosa di buono, è stato chiaro.

“Carr è il miglior battitore di calci d’angolo d’Inghilterra. Se solo la rete fosse lì…”.

Franz Carr-

Leggenda vuole che la sua avventura al Notthingam si sia chiusa dopo una disastrosa prestazione in una partita contro l’Oldham. Clough, ormai stanco dei suoi continui errori, lo avrebbe fatto rinchiudere in un locale caldaie dello stadio del Forest, il City Ground. Il diretto interessato ha sempre smentito la cosa, ma molti di coloro che erano lì quel giorno giurano che la vicenda si sviluppò esattamente in questo modo.

Quella nella quale approda Carr è una Reggiana fresca di ritorno in Serie A. L’artefice della promozione, Carlo Ancelotti, nel corso dell’estate è approdato sulla panchina del Parma e la squadra è stata affidata a Mircea Lucescu. All’allenatore romeno viene messa disposizione una rosa estremamente rinnovata e rafforzata dagli innesti di Grun (difensore 34enne con un passato al Parma), Baiersdorfer (33enne ex Colonia), Hatz, Carbone, Pedone, Tovalieri, Sabau (un fedelissimo di Lucescu) e Adolfo Valencia, un attaccante colombiano che può vantare esperienze al Bayern e all’Atletico Madrid.

La rosa è composta quindi soprattutto da elementi esperti e l’1-1 interno alla prima giornata contro la Juventus fa anche ben sperare, ma sarà una delle poche soddisfazioni dell’annata.

La squadra non riesce a fare punti e, una volta inchiodatasi all’ultima posizione di classifica, non riuscirà più a lasciarla. Carr rappresentò quindi la mossa estrema per raddrizzare una stagione ormai quasi segnata, ma di fatto a Reggio Emilia il campo non lo vide quasi mai.

Arrivato in condizioni fisiche precarie, verrà inoltre fermato da un infortunio. Quando finalmente riuscirà a tornare abile ed arruolato ad inizio gennaio, sulla panchina della Reggiana non ci sarà più Lucescu, bensì Francesco Oddo.

Esordirà in Serie A il 5 gennaio del 1997 entrando all’88’ di una sfida di campionato contro il Perugia e farà in tempo ad entrare nell’azione del definitivo 3-1 arrivato allo scadere.

Giocherà poi altri 6’ in casa contro la Fiorentina, 18’ a Bergamo contro l’Atalanta e ben 62’ a Torino contro la Juventus, prima di venir messo in disparte. Si inizia a dire che Oddo non lo vede e non sa dove collocarlo, ma la realtà è che le sue qualità tecniche sono troppo scarse per la Serie A.

Si rivedrà in campo a fine marzo per 8’ in casa contro l’Udinese e poi a fine aprile per i suoi ultimi 6’ italiani: quelli all’Olimpico in un 6-1 patito contro la Lazio.

Quando la Reggiana retrocederà senza aver mai vinto una partita in casa (un primato imbattibile) e con sole due affermazioni stagionali (altro record, ma condiviso con Varese, Brescia, Napoli e Ancona), il nome di Carr sarà già iscritto all’’Albo dei Bidoni’ della Serie A.

“Per me è stata una grande stagione, per la Reggiana no - si legge in un articolo di Repubblica del 1997 - Fuori dal campo è stata un'ottima esperienza, dentro un po' meno. Ma vorrei rimanere nel vostro calcio, avere un'altra opportunità. Non so perché ho giocato così poco, bisognerebbe chiederlo all'allenatore. L'avrei fatto anch'io, se solo mi avesse rivolto la parola una volta, il signor Oddo. Difficile, quando non hai nessuna comunicazione col tecnico. Non era sbagliata la squadra, era sbagliato lui. Non ho avuto abbastanza spazio per far vedere cosa valgo, di sicuro in Italia non sapete chi è Carr. Ma in Inghilterra non ci voglio tornare: ci sono già stato 14 anni ed è sempre lo stesso calcio, sempre uguale, una noia. Il vostro campionato è molto più bello, magari la prossima volta riesco anche a giocarci".

Nonostante la volontà di restare in Italia, Carr ovviamente non metterà mai più piede su un campo di Serie A. Tornerà in Inghilterra per due brevissime parentesi al Bolton e al W.B.A. nelle quali collezionerà pochissime presenze, prima di chiudere la carriera nel 2000 in America con i Pittsburgh Riverhounds.

Era talmente veloce da transitare per Belpaese senza che in molti se ne fossero accorti, mentre in Inghilterra la traccia più importante del suo passaggio in First Division resta il coro “Ooh Ahh Franzy Carr, I said Ooh Ahh Franzy Carr”, che poi verrà riciclato dai tifosi del Manchester United per Eric Cantona.

Quando era un ragazzo furono in molti a scommettere su di lui e la sua rapidità, ma nel calcio serve molto di più che un ottimo ‘crono’ sui 100 metri.

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