2009-2013, l'era Neymar al Santos: tra goal, trionfi e polemiche

Neymar Santos gfxGOAL

Tutto, in sostanza, inizia con un cross sbagliato. Uno spunto sulla zona destra del campo, un dribbling secco, un centro a cercare qualche compagno in mezzo all'area. Il pallone che assume una traiettoria al cianuro e va a stamparsi contro la traversa e subito dopo contro il palo, proprio accanto all'incrocio. Il 7 marzo del 2009 è un sabato come tanti altri, ma non in Brasile. E non per quei testimoni che possono raccontare di aver assistito dal vivo all'evento. Perché è da quel giorno, in pratica, che prende il via un'era: l'era Neymar al Santos.

Quel sabato sera, il Peixe sfida l'Oeste per il Paulistão, il torneo dello Stato di San Paolo. Solo che non è una partita come tutte le altre. Non è una finale e nemmeno una partita decisiva, ma nell'aria si avverte una sorta di elettricità da grande evento. Alla vigilia, i giornalisti che seguono la squadra hanno capito che a gara in corso ci sarà spazio per un minorenne: si chiama Neymar da Silva Santos Júnior, ha compiuto 17 anni poco più di un mese prima e viene dipinto un po' da tutti come un fenomeno. Tanto che il Santos ha creato la categoria Under 13 nelle proprie giovanili solo per dargli la possibilità di giocare.

Neymar è già inserito nel vasto elenco degli eredi di Pelé, sorte toccata a molti suoi predecessori tra cui Robinho. Però la curiosità fa a cazzotti con l'aspetto fisico. Il ragazzino è magro, ossuto, la maglia bianca e nera del Santos sul suo corpo pare una vestaglia. Ha il viso di un bambino abbinato alla voglia di spaccare il mondo. Quando entra in campo, il pubblico del Pacaembu – stadio dove formalmente gioca le proprie partite casalinghe il Corinthians – si esalta. Quando Neymar punta l'uomo e lo salta, va in delirio. Quando il suo cross sbagliato centra traversa e palo non sta più nella pelle.

“Speravo di esordire segnando – dice l'ambizioso Neymar ai giornalisti brasiliani dopo la partita – ma visto che non ci sono riuscito, avere portato a casa la vittoria è la cosa più importante”.

Che Neymar sia l'enfant du pays che mancava dai tempi di Robinho è già chiaro a tutti. Proprio il giorno prima di quella partita, il presidente Marcelo Teixeira gli ha fatto firmare un contratto fino al 2014 inserendo al suo interno una clausola rescissoria di 90 milioni di reais. E le reti, come lui stesso si augura, non tardano ad arrivare. La prima, storica, è al Mogi Mirim il weekend successivo con un tuffo di testa a porta vuota. Poi ne arriva un'altra al Santo André. Quindi, ad aprile, Neymar si prende il lusso di decidere per la prima volta un clássico (2-1 in rimonta al Palmeiras).

Fare a meno di uno così, nonostante la giovanissima età, è già impossibile. E anche se il 2009 non è un anno positivo per il Santos, che chiude il Brasileirão a metà classifica e perde la finale del Paulistão contro il Corinthians di Ronaldo, ormai è chiaro a tutti che una nuova stella è nata. La più luccicante di tutte. A guardare il rendimento di Neymar nel campionato nazionale, poi, si rischia di prendere un coccolone: al suo primo anno da professionista, e nemmeno maggiorenne, arriva già in doppia cifra segnando 10 goal, tra cui due doppiette a Náutico e Coritiba.

Ma è il 2010 a segnare definitivamente il passaggio da un prima a un dopo. Dalla promessa alla realtà. Sotto il comando di Dorival Júnior, nasce uno dei Santos più belli di tutti i tempi. Una máquina comandata da Neymar e dall'amico Paulo Henrique Ganso, altro meraviglioso talento frenato dagli infortuni. Il centravanti è André, uno che non ha mai davvero mantenuto le promesse. E per qualche mese si rivede Robinho, in prestito dal Manchester City prima di andare a vincere lo Scudetto al Milan.

Vedere giocare quella squadra è uno spettacolo per gli occhi. Neymar è il fulcro di una squadra che, per mesi, mantiene una media di più di tre goal segnati a partita. E che vince in sequenza il Paulistão e la Copa do Brasil, i primi due trofei messi in bacheca dal giovane Ney. Andate a vedervi l'azione che porta alla prima rete contro il Santo André, nella finale di ritorno del torneo statale: Robinho allunga per Ganso, che di tacco libera Neymar, che col sinistro piazza alle spalle del portiere. Ecco: se non è il manifesto di quel Santos, poco ci manca.

Neymar SantosGetty Images

L'idillio si interrompe il 16 settembre del 2010, in un turno infrasettimanale del Brasileirão. Alla Vila Belmiro, il Santos sta conducendo per 3-2 in rimonta sull'Atlético Goianiense. Neymar non sta vivendo un particolarmente positivo, però si guadagna il rigore del possibile poker. Solo che dalla panchina Dorival ordina: deve batterlo Marcel. Apriti cielo. Il piccolo fenomeno inizia a sbraitare contro l'allenatore e contro i senatori del gruppo, Roberto Brum ed Edu Dracena. Vola una parola grossa dopo l'altra. Le immagini fanno immediatamente il giro del Brasile. Il rigore lo batte e lo segna Marcel, ma lo strappo è compiuto.

“Non doveva batterlo Neymar, punto – dice il tecnico in conferenza stampa dopo la gara – C'erano molti altri giocatori che potevano calciarlo, ma non lui. Tra due, tre, quattro partite, quando tornerà a sentirsi maggiormente in fiducia, allora sì, tornerà a calciare i rigori”.

Il seguito è caos puro. Dorival e Neymar provano a chiarirsi, ma l'allenatore chiede alla dirigenza una punizione per il giocatore. Che però non arriva, se non a livello economico. Le alte sfere chiedono a Dorival di dimenticare la faccenda e di schierare Neymar tra i titolari per la partita successiva, anche perché le grandi europee hanno già iniziato a muoversi. Ma quest'ultimo rifiuta. E per tutta risposta viene esonerato.

È una vicenda che scandalizza il Brasile. E che, per la prima volta, mette davvero Neymar sotto una cattiva luce. Stampa e tifosi gli danno del bambino viziato e capriccioso. Proprio mentre il piccolo fenomeno inizia a entrare nel giro della Seleção, reduce dal fallimento a quel Mondiale sudafricano a cui lui non ha partecipato, nonostante l'insistente campagna nazionale nei confronti di Carlos Dunga, i sentimenti nei confronti del campione sono sempre più contrastanti.

“Poche volte ho visto qualcuno così maleducato come questo ragazzo – si sfoga Renê Simões, l'allenatore dell'Atlético Goianiense – Io ho lavorato con molti giovani e credo che sia ora che qualcuno educhi questo ragazzo. Stiamo creando un mostro nel calcio brasiliano”.

Ma dopo la tempesta arriva il sereno. Il 2011 è l'anno magico di Neymar. Trascinato dal suo campione in erba, il Santos alza la Copa Libertadores per la prima volta dai tempi di Pelé. E Ney va a segno nella finale di ritorno contro il Peñarol, vinta per 2-1 dopo lo 0-0 di Montevideo. Qualche mese prima, peraltro, Neymar ha scoperto che diventerà padre. Di Davi Lucca, il suo unico figlio, nato dalla relazione con la massaggiatrice Carol Dantas. Viene a saperlo prima dell'andata dei quarti contro l'Once Caldas, ed è una notizia che lo scuote nell'animo. A tranquillizzarlo è Muricy Ramalho, l'allenatore: “Rilassati, diventare padre è la cosa più bella del mondo”.

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È bello anche costruirsi una strada verso il futuro, calcisticamente parlando. Tra Santos e Seleção, Neymar diventa sempre più l'uomo guida del movimento che porterà ai Mondiali casalinghi del 2014. Nel 2012 arriva a quota 100 reti in carriera, ad appena 20 anni, in un clássico contro il Palmeiras. In Libertadores trova la strada sbarrata in semifinale dal Corinthians, ma l'asta europea per averlo prende sempre più la forma di un assedio. C'è il Chelsea, che a un certo punto pare avere la preferenza del calciatore. C'è il fascino del Real Madrid. E c'è il Barcellona di Leo Messi. Dove, nell'estate del 2013, Ney sceglie di andare a giocare.

I numeri dei suoi quattro anni e passa al Santos sono impressionanti: 230 presenze tra tutte le competizioni, 138 reti, 6 trofei. E un impatto che lo colloca appena sotto Pelé, ma nella ristretta cerchia dei più grandi di sempre del club. Dopo il suo addio il Peixe non ha più vinto nulla a livello nazionale, limitandosi a un paio di campionati statali. Mentre lui divertiva e si divertiva a far parte della MSN a Barcellona, prima di volare a Parigi in un trasferimento da record. “Prima o poi tornerà qui, le porte sono aperte”, ha detto Andres Rueda, l'attuale presidente del club. Quando accadrà, sarà pura emozione.