Vagner GFXGetty Images

La storia di Vagner, il brasiliano senza spartito della Roma

Il centrocampo, per la sua posizione di raccordo tra difesa e attacco, è secondo molti lo spartito dove da sempre si giocano e si vincono le partite. Quante volte abbiamo sentito parlare di “direttore d’orchestra” in riferimento ai “maestri” della metà campo?

Ecco, nel caso di Vagner Rogerio Nunes l’unico riferimento musicale tangibile è la quasi omonimia con il ben più celebre il compositore romantico tedesco.

Arrivato alla Roma a 24 anni su richiesta di Zdenek Zeman, Vagner si era messo in luce con la maglia del Santos. La provenienza da una fucina di talenti come quella bianconera non fu però garanzia di qualità. 

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Nella capitale trovò una folta colonia brasiliana capitanata da Aldair, venne accolto bene e contagiò con sorrisi ed entusiasmo i tifosi romanisti. Sorrisi che ben presto si tramutarono in smorfie di insoddisfazione. 

Un buon esordio in Coppa Italia il 3 settembre 1997, quando lasciò intravedere qualche colpo. Prestazione che si rivelò una nota azzeccata all’interno di uno spartito confusionario di strumenti non accordati. 

Lo stesso Zeman ben presto si rese conto dell’errore di valutazione commesso (non una novità per il tecnico) e si limitò schierare il brasiliano il minimo indispensabile.

Ai problemi di natura tecnica si aggiunsero anche quelli personali con il boemo. Vagner fu uno dei tanti calciatori che nel biennio di gestione Zeman ebbero un rapporto non propriamente idilliaco.

Un fatto ricorrente non soltanto con delle meteore come fu il brasiliano, ma anche con calciatori destinati a fare le fortune della Roma come ad esempio Vincent Candela.

In campo, le poche volte in cui fu utilizzato, diede sfoggio di ruvidità e impeto fisico. Due caratteristiche ben lontane dalla classe che è lecito aspettarsi da un calciatore brasiliano. I romanisti si aspettavano un primo violino ma si ritrovarono un contrabbasso scordato.

Vagner chiuse il suo primo e unico anno romanista con 16 presenze complessive, di cui 5 arrivate in Coppa e il resto sparse lungo l’arco di un intero campionato.

Con tre anni di contratto ancora a bilancio e uno stipendio considerevole per gli standard dell’epoca, alla Roma non rimase altro da fare che provare a recuperarlo mandandolo in prestito.

L’unico segno particolare lasciato da Vagner e che viene ancora ricordato nella capitale è la sua singolare abitudine di mangiare la pasta con le banane. Una consuetudine che - per sua stessa ammissione - gli valse il nome di “Vagner Banana” e motivata in questo modo dallo stesso brasiliano.


Ero abituato a mangiare riso e fagioli, la feijoada, un piatto tipico brasiliano. Mi piace molto. In Italia non si fa altro che mangiare pasta, pasta, pasta tutti i giorni. Buona, eh, per carità. Ma sempre quella… 

Così, per variare, ad un certo punto, mettevo dei pezzi di banana nel piatto. Inizialmente i compagni mi prendevano in giro, poi una volta l’hanno assaggiata e hanno cambiato idea. Non era male per niente…

Il centrocampista percorse la rotta atlantica nella direzione opposta a quella che lo aveva portato in Italia e accettò l’offerta di prestito biennale del Vasco da Gama alla ricerca di nuove sinfonie. Ma anche in patria l’ispirazione se ne guardò bene dal suggerirgli nuove melodie. 

Usato anche al Vasco con il contagocce, Vagner si tolse la soddisfazione di vincere la Coppa Libertadores nel 1998 pur dando un contributo minimo alla causa. Non abbastanza da convincere il club di Rio ad acquistarlo a titolo definitivo. 

Nel 2000 Vagner fece il suo ritorno in Europa, direzione Roma, che però non ha intenzione di tenerlo e si mette a cercare una nuova destinazione per il brasiliano. 

L’offerta arrivò dalla Spagna. Il Celta Vigo lo prese per sostituire Claude Makelele ceduto nel frattempo al Real Madrid. Un cambio che non lascia presagire una svolta tecnica per il club.

Ma in Liga, probabilmente grazie alla differenza di interpretazione del gioco del calcio, Vagner riesce a ritagliarsi uno spazio dignitoso e nell’arco stagioni arriva persino a giocare la Champions League con il Celta. 

Avventura terminata agli ottavi di finale contro l’Arsenal. Il brasiliano non era però in campo nella gloriosa notte in cui i galiziani sconfissero contro ogni pronostico il Milan a San Siro per 2-1. 

Nel gennaio  2005 il secondo ritorno in Brasile per un ultima sonata da calciatore con l’Atletico Mineiro, con il quale non riuscirà mai a esordire per via di una lunga serie di problematiche fisiche legate ad un’artrosi non curata.

Oggi Vagner fa l’imprenditore e ha investito i guadagni accumulati in carriera (ai tempi della Roma guadagnava circa 500mila euro all’anno) in un’azienda che si occupa di sicurezza per gli eventi e matrimoni.

Rientrare nel mondo del calcio però non gli dispiacerebbe, magari in una veste più trionfale rispetto alla sua esperienza sul rettangolo di gioco.



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