
C'era un tempo in cui la Juventus arrivava settima. Quasi inconcepibile per le nuove generazioni, nate troppo tardi sia per quel contesto, sia per quello ancor precedente, di Calciopoli, dell'ultima Champions, dei trofei italiani ed europei. C'è stata poi una svolta con Conte, Pirlo, Vidal. L'inizio della fine dell'alternanza in Serie A, regno bianconero, monopolio assoluto della sola Madama. Paolo De Ceglie ha fatto parte di entrambe le realtà, ha vissuto con forza una e l'altra, mentre il tempo passava inesorabile, senza quasi accorgersene.
Era uno dei giovani italiani più promettenti, De Ceglie. Simbolo dell'Italia Under 21, stellina di una Juventus a caccia di rinascita e quindi maggiormente pronta a mostrare al mondo i prodotti dei suo vivaio, o i suoi giovani virgulti. Vive l'unico in Serie B immediatamente post Calciopoli, segna anche prima di passare all'altra squadra bianconera, il Siena. Prima di tornare, vivere Ranieri e Del Neri, vivere Conte. E così si ritrova dalle stalle della cadetteria alle stelle della Champions, della musichetta, degli scudetti. Sembra una storia perfetta, ma tale parola esiste solo nelle scritture e non nella vita vera.
Perchè De Ceglie ha vissuto il grande calcio, prima di finire nel dimenticatoio con prestiti da una manciata di presenze al Genoa, al Parma, al Marsiglia. Un lungo contratto con la Juventus l'ha portato ad essere rilasciato dai bianconeri solamente nel 2017, dopo polemiche e questioni risolte all'ultimo secondo.
Il 2016/17 è la sua ultima stagione sotto contratto con la Juventus, praticamente un decennio esatto dopo la stagione in Serie B con Madama. Lui, bianconero da quando aveva dieci anni, lui che ha indossato quei colori rimanendo negli almanacchi, ma non nei ricordi. O almeno, sballottato tra chi lo rimembra con una smorfia e chi ancora con positività, dall'essere figlio stesso di quella squadra. Con la quale non è riuscito a lasciarsi bene:
"Cosa è successo? Una cosa che nel calcio può capitare: non trovi l’accordo con la società, il tempo passa e la situazione non si risolve. Alla fine, rimani senza una soluzione, fuori da un progetto, spalle al muro".
Era il 2017, al termine di un'annata in cui è fuori rosa, senza nemmeno una presenza, senza vincere effettivamente il quarto Scudetto della sua storia. Si allena con la Primavera, in attesa di una chiamata altrove:
"Ringrazio Fabio Grosso e il suo staff per avermelo concesso. Rimanere a contatto con la prima squadra non avrebbe avuto molto senso: non puoi stare stabilmente in un gruppo di cui non fai parte. E in cui non sei voluto. Un incubo che non auguro a nessuno. Non ho accettato di andarmene? È passato questo messaggio, che fossi quasi viziato e abbia detto semplicemente no ai club che mi venivano proposti. Non è così, c’è una spiegazione a monte: la rottura è arrivata perché non è stato trovato un buon accordo, non si sono tenute in considerazione tutte le parti in causa. È mancata una intesa generale sul mio futuro".
Un futuro che porta De Ceglie a iniziare una nuova vita, mai vissuta prima. Sì, perché per vent'anni ha conosciuto la Juventus in ogni suo aspetto, passando dalle giovanili alla B, vivendo Calciopoli e la rinascita, il cambio di prospettive, le cadute e le risalite. Riparte dalla Svizzera nel 2017, un po' a nord, per nulla sconfitto.
Non sarà Madama, ma il Servette è comunque una rinascita. Durerà poco, ma un'esperienza è comunque un'esperienza. Come quella che sembrava essere intavolata per un lungo periodo a Miami, con il Beach FC, da giocatore e dirigente, per provare ad essere mentore per i giovani ragazzi statunitense, dall'alto del suo curriculum vitae italiane. Ci torneremo.
Non è mai riuscito a giocare con la Nazionale azzurra, ma ha condiviso lo spogliatoio con campioni e fuoriclasse, ha storie e aneddoti, segreti e consigli. E soprattutto, interessi diversi. Perché De Ceglie non è solo lo yin e lo yang nel mondo Juventus, ma anche un DJ. Quasi le sue iniziali. Letteralmente, disc jockey per diletto, anche con grandi soddisfazioni. Prendere 'Moving On', hit tra l'altro ancor più preziosa, visti i proventi destinati all’Associazione di Idee, onlus che si occupa di bambini autistici.
Un terzino di spinta, giovane prima, giovane eterno poi, incompiuto sì, ma capace di togliersi una, due, dieci soddisfazioni. Di credere nella Juventus, prima di rimanerne deluso, e ripartire dalla Svizzera prima e da quella America poi, che ha sempre ammirato e desiderato. Non è ancora riuscita a farla sua completamente e aspetta veramente di essere protagonista lì, sul serio, senza se e senza ma.
A Miami ha vissuto, ha visto il mondo cristallizzarsi per il Coronavirus, gli Stati Uniti, alcuni non letteralmente, affrontare la pandemia con difficoltà. La sua esperienza non è stata fruttuosa, tutto rimandato. Dall'attesa la collaborazione con il Cagliari, in Sardegna, con i giovani possibili rossoblù del futuro,fino al ritorno alla Juve nel 2021 nei panni di collaboratore del progetto Academy. La carne sul fuoco è stata tanta, le idee continuano a vorticare a 37 anni, furiose, continue, sempre in movimento.
