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Totò Schillaci, l'eroe delle Notti magiche di Italia '90

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Se dici Schillaci dici Mondiali. Quelli del 1990, naturalmente, in cui Totò e i suoi grandi occhi sono diventati il simbolo di un'Italia intera che sognava di tornare grande nel calcio e di uscire a festeggiare nelle piazze per la vittoria di una Nazionale azzurra che univa tutta la penisola, dalle due isole maggiori fino al Nord.

La favola di Schillaci è stata del resto quella del calciatore del Sud che dai campi polverosi in terra battuta della sua Sicilia è arrivato a suon di goal a calcare i terreni di gioco degli stadi più prestigiosi al Mondo, fino a rappresentare in quelle "Notti magiche"  la speranza più grande di una nazione intera.

LA POVERTÀ E LA GAVETTA AL MESSINA

Nato a Palermo il 1° dicembre 1964, Salvatore Schillaci, per tutti Totò, cresce nel CEP, il quartiere popolare di San Giovanni Apostolo. 

"La mia infanzia è stata particolare, vivevo in un quartiere molto povero. - dice a 'Giocopulito.it' - Ci sono persone che hanno intrapreso una strada ben diversa dalla mia. Fortunatamente il mio sogno è sempre stato uno solo: diventare un calciatore. Così ho seguito questa strada e creduto fortemente nel mio sogno. Il calcio mi ha allontanato dalle cattive amicizie. E oggi posso dire che dietro a tutto questo successo c’è un cammino in salita pieno di difficoltà che ho superato tutto con grande serietà".

Da ragazzino la sua scuola calcio è di fatto la strada, le partitelle con gli amici nel tempo libero che gli resta, in cui sviluppa quell'imprevedibilità e l'istinto del goal che un giorno lo porterà a diventare un campione. Per mantenersi svolge diversi lavori, in particolare si dà da fare aggiustando gomme. 

Nel 1980 entra a far parte delle Giovanili dell'Amat Palermo, in cui finiscono diversi talenti locali, e si mette in luce per quelle qualità che anni dopo lo avrebbero reso famoso in tutto il mondo.

"Da noi, per emergere, devi avere la fortuna che qualcuno venga a scovarti. - spiega più volte - Non ci sono scuole calcio, i club investono poco nel settore giovanile. Ho conosciuto tanti ragazzi che potenzialmente sarebbero stati dei talenti e che si sono scoraggiati. Io ce l’ho fatta perché ho avuto il coraggio, magari l’incoscienza, di puntare tutto sul calcio: dopo un anno e mezzo che aggiustavo le gomme, e dopo, sfinito, mi andavo ad allenare, ho deciso che dovevo scegliere. E ho scelto il calcio, dandomi una scadenza. Se non avessi sfondato mi sarei rimesso a bottega".

Salvatore Schillaci Messina Serie BWikipedia

Il primo club professionistico a farsi avanti per lui è il Palermo, ma alla fine non se ne farà niente e Totò non indosserà mai nella sua carriera la maglia rosanero. A chiudere l'affare è invece nel 1982 il Messina, disposto a pagare di più.

"Con me all'Amat c’era anche Carmelo Mancuso, che poi finì al Milan. - racconta - E la società rosanero per entrambi offrì 28 milioni di lire; ma i dirigenti dell’Amat sapevano che da noi due dovevano guadagnare il massimo per sopravvivere e giocarono al rialzo chiedendo 35 milioni. Così, per soli 7 milioni non andammo al Palermo. Ci acquistò il Messina. E forse fu anche la nostra fortuna visto come andarono le cose, sia per me che per Mancuso".

Dalla città dello Stretto inizia dunque la scalata calcistica di Totò verso la vetta del Mondo. Con la formazione giallorossa Schillaci resta 7 anni, vivendo due promozioni, dalla C2 alla C1 nel 1982/83 e dalla C1 alla B nel 1985/86.

Le prime tre stagioni da professionista sono in verità di transizione, dato che il salto di qualità arriva per l'attaccante palermitano proprio nella stagione della vittoria del torneo di C1, in cui segna 11 reti e va per la prima volta in doppia cifra. Lo Stadio Celeste diventa il suo palcoscenico e una fetta importante della sua crescita è da attribuire al suo nuovo allenatore, il 'Professor' Franco Scoglio, alla guida della squadra dal 1984, che sviluppa con Schillaci un rapporto speciale.

"Il Messina è stato importante. - sottolinea al quotidiano online 'Tempostretto' - Ero molto giovane, avevo 17 anni al mio arrivo, ma la città mi ha dato tanto. Ho fatto parte di una squadra straordinaria ed è grazie a Scoglio che sono riuscito ad entrare nell’elite del calcio mondiale. 'Il Professore' era come un padre, è stato il primo a credere nelle mie capacità e nel mio senso del goal. Mi disse: 'Tu sei meglio di Pelè'. Così amava caricare noi ragazzi e diceva: ‘Schillaci va lasciato libero, gli dai la maglia, va in campo e deve fare quello che si sente'".

L'ascesa di Totò sembra arrestarsi però l'anno seguente, il primo dei siciliani in Serie B. L'attaccante deve svolgere infatti il servizio di Leva obbligatorio e le botte ricevute dai difensori lo costringono a sottoporsi a due interventi ai menischi. Realizza così appena 3 goal in 33 presenze, ma si rifarà con gli interessi. Nel 1987/88 esplode definitivamente con 13 reti in campionato, che con l'arrivo di Zdenek Zeman diventano 23 con titolo di capocannoniere nel 1989/90.

"Per me è un grande tecnico, molto preparato. All'impatto sembra serio, però, se c'è da scherzare non si tira indietro, è vero, è taciturno e di poche parole. A Messina ci faceva lavorare tanto, grazie alla sua preparazione io andavo a mille".

Il Messina dà spettacolo, con il miglior attacco e la peggior difesa, ed esalta l'istinto da bomber di Totò. Su di lui piomba la Juventus, e a fine stagione, la favola continua con il trasferimento a Torino.

IL 1° ANNO ALLA JUVENTUS

Il grande salto per Totò arriva nell'estate del 1989. Artefice di tutto è il procuratore Antonio Caliendo, che si fa carico di tenere i contatti fra i bianconeri e i peloritani. L'agente, come racconta Gianluca Di Marzio nel suo libro 'Grand Hotel Calciomercato', telefona al presidente bianconero. 

"Dottore, lei ha degli scout proprio inutili, me lo lasci dire. - lo provoca Caliendo - Come si fa a non vedere le qualità di Totò Schillaci: gioca in serie B col Messina, ha segnato anche alla Lazio in Coppa Italia".

Boniperti è sorpreso e sta in silenzio. Poi un sussulto, uno solo: "Io con il Messina non ho rapporti", gli dice.

"Mi dica quanto è disposto a spendere. Ci parlo io col loro presidente", assicura il procuratore.

Boniperti acconsente e Caliendo chiama Salvatore Massimino, un signore leggermente burbero, uomo d'altri tempi e d'altri modi. La cornetta si alza.

"Buonasera presidente, sono il manager di Schillaci". 

"Manager di che? Ma mi faccia il piacere!", taglia corto il numero uno dei peloritani, che riattacca.

Caliendo va allora da Schillaci e gli fa: "Vuoi andare alla Juventus?". 

"Scherzi?", è la risposta quasi incredula di Totò.

E il presidente del Messina si ammorbidisce. Le parti avanzano fino a Milano, e i contratti sono firmati in Lega tre minuti prima dell'orario di fine della sessione estiva di trasferimenti. Schillaci, dopo 61 goal in 219 presenze di campionato con i peloritani, è della Juventus per 6 miliardi di Lire.

Si rivelano ben spesi, visto che Totò, in coppia con Casiraghi, anche lui arrivato dalla Serie B, fa grandi cose nella sua prima stagione in Serie A. Con Zoff in panchina segna 15 goal, alcuni di pregevole fattura, come la rovesciata con cui punisce il Genoa del suo maestro Scoglio a Marassi o la 'zampata' nel 3-2 contro il Milan di Sacchi.

La Juventus chiude al 4° posto e in totale le reti del bomber di Sicilia salgono a 21, visto che è fondamentale il suo apporto al 'double' Coppa UEFA-Coppa Italia, vinte rispettivamente battendo in finale Fiorentina e Milan.

EROE DI ITALIA '90

Le grandi prestazioni di Schillaci in bianconero non possono lasciare indifferente il Ct. dell'Italia Azeglio Vicini, che alla fine, dopo averlo ignorato a lungo, decide di concedergli un'occasione e lo convoca per l'amichevole premondiale contro la Svizzera a Basilea il 31 marzo. In sé la partita è abbastanza anonima, decisa da un goal di De Agostini nella ripresa, ma Schillaci supera l'esame e il Commissario tecnico alla fine lo aggrega alla rosa azzurra.

Per fare il turista, pensò lui. Invece sarà il grande protagonista delle notti magiche. Gli eventi prendono infatti una piega imprevedibile. Vialli e Carnevale non ingranano, Totò entra al posto del napoletano nel finale di gara contro l'Austria e di testa firma subito la prima vittoria azzurra.

"Gufavo che i nostri attaccanti non segnassero, - rivela nella sua autobiografia, 'Il gol è tutto', scritta assieme ad Andrea Mercurio - nella speranza che il mister mi facesse entrare al posto di uno di loro".

"Vicini ha voluto portarmi in Nazionale anche contro l’opinione dei tifosi e della stampa. - dirà tempo dopo - Ha creduto in me e credo che per questo abbia avuto grandi soddisfazioni. Convocare un ragazzo che l’anno prima giocava a Messina e portarlo in nazionale è anche un rischio, peraltro facendomi debuttare in maglia azzurra. I maggiori successi che ho ottenuto li devo soprattutto a lui, se sono diventato Totò Schillaci è soprattutto per merito suo". 

Con gli Stati Uniti si rinnova la staffetta con Carnevale, ma dalla terza gara con la Cecoslovacchia è promosso a titolare in coppia con Roberto Baggio. Segna una delle 2 reti che portano l'Italia agli ottavi, e il suo Mondiale è un climax di emozioni. Tutta la penisola si aggrappa alle esultanze spontanee e travolgenti di Totò, con quegli occhi sbarrati che divengono l'icona delle Notti magiche.

Schillaci è il vero trascinatore della Nazionale, segna anche con Uruguay ed Eire, si ripete anche a Napoli nella semifinale con l'Argentina. Ma al San Paolo la gioia dura poco, perché Caniggia di testa infila Zenga, interrompendo l'imbattibilità del portiere italiano. Ai rigori passa la squadra di Maradona, mentre i ragazzi di Vicini devono accontentarsi del 3° posto battendo nella finalina di Bari l'Inghilterra per 2-1. Decide ancora Schillaci, che grazie al rigore del 2-1 siglato nel finale si laurea anche capocannoniere dei Mondiali con 6 goal ed è premiato la Scarpa d'Oro del torneo e il Pallone d'Oro in qualità di miglior giocatore.

"In quel Mondiale avevamo davvero uno squadrone. - ha dichiarato di recente a 'Sky Sport' - Purtroppo, pur senza perdere neanche una partita, non riuscimmo a conquistare la coppa e ciò, ancora oggi, ci porta ad avere un grande rammarico".

A coronamento di un anno magico, alla fine del 1990 si piazza al 2° posto nella classifica del Pallone d'Oro FIFA, venendo preceduto esclusivamente dal tedesco Lothar Mattäus. La favola di Totò può dirsi realizzata.

Juventus 1990/91 Serie AWikipedia

DALLA JUVE ALL'INTER E DECLINO

Quando si arriva in alto, tuttavia, è facile poi cadere, ed è quello che accade anche all'eroe di Italia '90. La stagione successiva ai Mondiali segna infatti per lui un netto ridimensionamento. Sotto la guida di Gigi Maifredi, che punta molto sul tandem d'attacco che ha fatto faville ai Mondiali e composto da Roberto Baggio e Schillaci, Totò va a corrente alternata, alternando buoni periodi ad apparentemente inspiegabili digiuni.

L'11 novembre del 1990 è protagonista di un brutto episodio con l'ala del Bologna Fabio Poli. Al termine della partita, vinta con un rigore di Baggio dalla squadra di Maifredi, si consuma il fattaccio. 

"Sullo 0-0 entro in contatto con Negro, in area, e cado. - racconta Totò nella sua autobiografia - L’arbitro fischia il rigore che Baggio trasforma. Vinciamo per quel goal. Alla fine della partita, mi si avvicina Fabio Poli, attaccante del Bologna a cui brucia la sconfitta. Mi viene accanto, mi parla a pochi centimetri dal viso. ‘Mollami’ gli rispondo. ‘Lasciami in pace’ ".

"Invece insiste, mi mette una mano in faccia… mi sputa addosso. Mi sblocco, d’istinto, senza pensare a quello che dico: 'Ti faccio sparare'. Succede il finimondo".

Il Giudice sportivo squalifica Schillaci per una giornata e Poli per due. Il giocatore del Bologna pensa anche ad un'azione legale, poi ci rinuncia, ma non dimentica e denuncia:

"È il ricordo più brutto della mia vita calcistica, mi disse 'Ti faccio sparare in bocca' e da quel giorno la mia vita è cambiata. Lui era della Juve, io non ero nessuno, passai per il cattivo e fui emarginato dal mondo del calcio a 30 anni".

Schillaci complessivamente 8 reti, di cui 5 in campionato, in un'annata fallimentare per la Vecchia Signora, che conclude al 7°posto fuori dalle Coppe Europee. E l'attaccante siciliano, che soffre sempre più di frequente di acciacchi fisici, finisce nell'occhio del ciclone. Le curve avversarie iniziano ad intonare nei suoi confronti cori di discriminazione territoriale, Totò vive anche il dramma di suo cugino Maurizio, anche lui calciatore professionista, divenuto tossicodipendente.

Con l'arrivo di Trapattoni nel 1991/92 la situazione non migliora: 7 reti in 40 presenze, appena 6 in campionato, e una parabola discendente che sembra inarrestabile.

"A Torino sono stato discriminato. - spiega Schillaci nel suo libro - Offese, sfottò, le scritte sotto casa. Andai in crisi. Convertivo la rabbia in sesso. Ho tradito molto. Ma il tradimento è come una bibita gasata. Toglie la sete subito, poi hai di nuovo la gola secca. La Juve non voleva che ci separassimo. Portavo in campo i tormenti. Gossip, malignità. Tutti a telefonarmi quando Lentini ebbe l’incidente mentre andava da lei. Negli stadi insultavano. Non bastava terrone e mafioso, non bastava il coro 'ruba le gomme'. No: pure cornuto". 

"Una sera, in ritiro, Trapattoni si avvicina e mi fa: 'Avete ucciso anche Falcone'. Gli risposi: 'Mister, ero con Baggio, chieda a lui cosa ho fatto'. Non scherzava, l'aria era pesante. Ma andai a ripeterglielo quando lasciai la Juve: non l'ho ucciso io, né quei siciliani che non meritano pregiudizi. Ho fatto il panettiere, il gommista, l'ambulante, ho consegnato il vino, vendevo frutta. Volevo dei soldi in tasca, il calcio è stato la mia camera d'aria. Giocavo per ore col Super Tele, il pallone leggero. Nemmeno Pelé ci fa tre palleggi col Super Tele".

Il rendimento incostante, unito al fallimento del suo matrimonio, spinge il club bianconero, con il ritorno alla presidenza di Boniperti, a dare il benservito a Totò, dopo che nel frattempo chiude anche la sua avventura in azzurro con 7 goal in 16 presenze totali.

"Come tutte le cose belle finiscono, sono stati 3 anni straordinari in cui ho vinto moltissimo. Sono tifoso della Juventus da quando ero bambino. Il mio cuore è bianconero".

La carriera di Totò prosegue all'Inter, pronta ad accoglierlo per 2 stagioni. Schillaci a Milano ritrova a tratti il guizzo dei tempi migliori, ma ancora una volta i problemi fisici lo portano a limitare il suo apporto a 12 goal in 36 presenze, fra cui uno da subentrato in un acceso Derby della Madonnina. In bacheca il giocatore palermitano può mettere comunque un'altra Coppa UEFA, prima di salutare l'Italia e tentare l'avventura in Giappone.

Salvatore SchillaciGetty

L'ESPERIENZA IN GIAPPONE

Schillaci diventa il primo testimonial del calcio italiano all'estero. Firma un ricco contratto con il Jubilo Iwata, che gli mette a disposizione interprete, un autista personale e  una bella casa. Va subito in goal all'esordio con il Kawasaki Frontale e si trova a suo agio, restandoci per 4 stagioni.

Ribattezzato dai giapponesi 'Toto-San', in tutto segna 68 goal in 100 presenze, togliendosi la soddisfazione di vincere il campionato a 32 anni, nel 1997, prima del suo ritiro dal calcio giocato. 

"Sono contento perché è stata un’ottima esperienza. - assicura - Ancora oggi, infatti, collaboro con i giapponesi. Trovo che siano persone molte educate, con un grande rispetto verso il prossimo. Ho avuto questa fortuna di andarci anni fa e ci ritorno spesso".

VITA PRIVATA E PERSONAGGIO 

Schillaci ha avuto una vita sentimentale piuttosto turbolenta, che ha condizionato a un certo punto della sua carriera anche il suo rendimento in campo. Nel 1987 sposa Rita Bonaccorso, la sua prima moglie. 

"Ci siamo sposati nel 1987, quando lui giocava nel Messina, - ha raccontato Rita nel 2018 a 'La Gazzetta dello Sport' - e ci siamo lasciati nel 1995".

I due hanno due figli, Mattia e Jessica. La storia però entra in crisi dopo i Mondiali, quando Totò si trasferisce a Torino e marito e moglie si tradiscono a vicenda.

"Eravamo morbosi, troppo gelosi l’una dell’altro. Lui mi tradiva e mi dava per scontata, pensava che io non lo avrei mai fatto, di tradirlo. Una sera Boniperti venne a casa nostra per mettere pace. Il presidente della Juve ci teneva che i suoi giocatori fossero sereni. Ci disse che la famiglia è sacra. Lì per lì ci convinse, poi lo abbiamo deluso e mi dispiace, perché questo di Boniperti nel nostro appartamento è il ricordo più bello che conservo".

L'incidente d'auto occorso a Gianluigi Lentini, il 2 agosto 1993, rende pubblico il flirt fra l'ex moglie di Schillaci e il calciatore.

"La storia con Lentini del Torino e poi del Milan, ma io quell’amore con Gigi l’ho avuto per reazione, perché Totò da mesi frequentava un’altra donna, anzi ci viveva insieme. Glielo dissi a Salvatore: 'Prima o poi te la farò pagare'. Non ci credeva... Con Lentini è durata un anno, dopo il suo incidente d’auto ci siamo lasciati".

Il matrimonio fra Totò e Rita termina ufficialmente con il divorzio nel 1996, dopodiché l'attaccante vive due travagliate storie con Prisca, una donna conosciuta a Chiasso da cui ha avuto un'altra figlia, Nicole, e con la showgirl e modella Simona Mattioli.

Nel 2004, l'ormai ex calciatore, partecipa al reality 'L'Isola dei famosi', classificandosi al 3° posto, negli anni successivi si diverte anche a fare l'attore nel film 'Amore, bugie e calcetto' e nella serie televisiva 'Squadra antimafia - Palermo oggi', nella quale interpreta un boss mafioso. 

La serenità nella vita privata per l'ex bianconero arriva soltanto nel 2011, quando ritrova Barbara Lombardo, che aveva conosciuto agli inizi degli anni Duemila, e convola con lei in seconde nozze l'anno successivo. 

Oggi Schillaci vive felicemente con Barbara, gestisce a Palermo il Centro sportivo "Louis Ribolla" dove forma con i suoi collaboratori giovani calciatori e viaggia spesso per il mondo, non disdegnando le ospitate televisive e gioca regolarmente con le Leggende dell'Italia. È rimasto molto amico di Tacconi e Torricelli, nonché di Roberto Baggio, anche se una volta gli tirò un pugno.

"Una mattina ero abbastanza nervoso, stavo leggendo il giornale e lui iniziò a scherzare con me. Gli dissi di smetterla, lui continuò e così gli tirai un pugno, ma siamo rimasti grandi amici lo stesso, e questo episodio lo abbiamo cancellato".

I suoi occhi spiritati resteranno sempre il simbolo di quelle Notti magiche che nel 1990 hanno fatto vivere un sogno a tutti i tifosi italiani.

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