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Moreno Torricelli e la Juventus: un sogno diventato realtà

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Una storia incredibile. Di emozioni. E di sentimenti. Moreno Torricelli la Juventus se l'è goduta, in lungo e in largo, realizzando a tutti gli effetti un sogno a occhi aperti.

Da magazziniere in una fabbrica di mobili a calciatore della Vecchia Signora. Merito di un'amichevole andata in scena nell'estate del 1992, contro la Caratese, fondamentale affinché i bianconeri potessero assumersi un rischio calcolato, ovvero lanciare nel grande calcio un ragazzo da svezzare nell'élite. Seguendo, così, l'istinto di un certo Giovanni Trapattoni.

L'uomo nato a Erba non hai mai fatto mistero di aver vissuto con passione e dignità la vita da falegname. Che, fiaba permettendo, a un certo punto sembrava dovesse diventare il pane quotidiano di Moreno. Sì, certo, grande corsa e voglia di spaccare il mondo. Ma quanti ce ne sono? Tanti, tantissimi. E pressoché nessuno di loro ha la fortuna di abbracciare il calcio professionistico. 

Ecco perché, mantenendo i piedi ben piantati al suolo, Torricelli ha sempre vissuto gli eventi con grande umiltà. Nel bene e nel male, facendosi amare per professionalità e dedizione. Ingredienti, questi, rispettati profondamente più di ogni altra cosa dal Trap. Che, esponendosi in prima persona, all'epoca convinse i dirigenti bianconeri a investire su "Geppetto", inseguito - tra le altre società - anche dal Lecce.

Bastano due amichevoli, basta la magia, basta l'umiltà. Nulla di trascendentale, ma le cose fatte bene al Trap sono sempre piaciute. Da qui, in poco tempo, il terzino lombardo diventa un titolare. Insomma, tra i punti di riferimento di quella squadra che, battendo in finale il Borussia Dortmund, riuscì a conquistare la Coppa Uefa.

Saluta Trapattoni, arriva Marcello Lippi. Altro allenatore, stesso copione. Anche il tecnico viareggino comprende immediatamente l'importanza di Torricelli e, giustappunto, la sua titolarità non viene mai messa in discussione. Mai. Roba da scudetto, Coppa Italia, Champions League e Coppa Intercontinentale. E molto altro. 

A supporto dei grandi nomi, da campo e da copertina, c'è sempre Moreno. Con la sua folta chioma e, soprattutto, con la volontà di dimostrare quotidianamente di essere un giocatore da Juve.

E nel libro "1996 - La Juventus sul tetto del mondo", scritto da Enrico Turcato con prefazione proprio di Torricelli, gli aneddoti non mancano. Anzi, abbondano:

"A Old Trafford mi si gira il ginocchio: distorsione con interessamento del legamento collaterale. E, proprio a pochi giorni dalla tappa più importante della mia carriera, il ginocchio era gonfio come un melone. Parlai subito con Riccardo Agricola e gli altri medici: "Fate qualunque cosa, ma sappiate che la finale contro il River Plate la voglio giocare al 100 per cento. Non accetto scuse". Giocai 90 minuti con una fasciatura molto vistosa, troppa era la smania di godermi l'arrampicata sul tetto del mondo. Un antidolorifico e via, Moreno c'è. In quel River giocavano Ortega, stella nascente, e Francescoli, vecchia conoscenza del nostro campionato. Noi eravamo proprio una bella squadra. Tosti, a viso aperto sempre. E sotto a chi tocca: l'avversario era l'ultima cosa. Mi resi conto dell'eccezionalità dell'impresa quando tornammo a Torino. A Caselle non c'erano meno di cinque o seimila tifosi. Un tripudio. Un'apoteosi. Un trionfo. Da campioni del mondo".

Restano 230 presenze e 3 goal con la Juve. Sei stagioni di livello assoluto, vissute con il cuore in gola, a chiara testimonianza di come un applicato di lusso possa arrivare a fare la voce grossa. Decisamente.

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