Beh, non sarà una partita come le altre: né per Gleison Bremer né per la Juventus in generale. I bianconeri, dopo l’ultima umiliazione rimediata ad Haifa, sono chiamati al pronto riscatto. E, naturalmente, nel mirino finisce proprio il brasiliano, ovvero il grande ex dell’incontro. Che con la casacca granata ha collezionato 110 partite – di cui 105 da titolare – in quattro stagioni.
Scovato dalla bravura dell’ex diesse granata Gianluca Petrachi, con annessi (circa) 5 milioni versati nelle casse dell’Atletico Mineiro, il difensore verdeoro ha avuto bisogno di tempo per imporsi tra le fila del Torino. I momenti di difficoltà, infatti, non sono mancati. Basti pensare all’annata 2018-2019, la prima di Bremer in Italia, con solamente 7 gettoni rimediati. Un percorso che, a un certo punto, ha lasciato spazio anche al pensiero di un addio che, sicuramente, sarebbe sfociato in un reciproco rimpianto.
E, ancora una volta, la pazienza ha prevalso su tutto e tutti. Soprattutto quella del diretto interessato che, in Walter Mazzarri, ha trovato un valido alleato. Il tecnico toscano, giustappunto, è stato il primo – all’ombra della Mole – a credere nel potenziale di un autentico predestinato. E, infatti, il resto è storia. E che storia per il Torino: 41 milioni più un massimo di altri 8 milioni al verificarsi di determinati obiettivi e/o condizioni. Più oneri accessori, incluso il contributo di solidarietà fino a un massimo di 3,6 milioni. Insomma, un autentico capolavoro firmato Urbano Cairo.
“I tifosi del Torino hanno preso male la mia decisione, ma io chiedo a loro cosa direbbero se i loro figli vogliono crescere? Io voglio crescere e migliorare sempre. Sappiamo come sono i tifosi, ma questo è il mio lavoro. Non ho mai detto non sarei andato alla Juve. La Juventus è una squadra top ed è normale che sia venuto qui”.
L’accoglienza, comunque, oggi sarà delle più pepate. Lo sa bene Bremer che – a suon di prestazioni sfoggiate al Grande Torino – nella passata edizione della Serie A è riuscito a ottenere lo scettro di miglior difensore. Beh, scusate se è poco.
Ma alla Juve, al momento, la via intrapresa non è delle più semplici. Vuoi perché il passaggio, in termini di meccanismi tattici, richiede tempo. Vuoi perché la Vecchia Signora sta vivendo una crisi apparentemente senza fine. E, di conseguenza, senza la giusta coralità a pagare il prezzo più salato sono le stesse individualità.
In molti, al Torino, si aspettavano che l’addio estivo portasse le tinte nerazzurre e non quelle bianconere. Anzi, l’offensiva zebrata – nata dopo la cessione di De Ligt al Bayern Monaco – ha sorpreso gli stessi dirigenti granata. Che, votando il partito del “business is business”, hanno puntato (giustamente) a ottimizzare al massimo una cessione ampiamente nell’aria. In quanto, per stessa ammissione di Bremer, erano due anni che il ragazzo chiedeva di essere venduto. Accontentato.
Ora, il ritorno tra le mura granata. I cori contro non mancheranno, nemmeno i fischi. Ma scegliendo di trasferirsi dall’altra del Po, e non potrebbe essere altrimenti, Bremer ha già messo in preventivo che ciò fosse destinato a succedere. Tuttavia, non è tempo di sentimentalismi. La Juve, alle prese con il periodo più complicato della gestione Andrea Agnelli, è chiamata a risollevarsi. Il tutto, facendo leva pure sul suo numero 3. Chiamato, così, alla prova del nove.




