"ll calcio è felicità, gioia di vivere. Il calcio è riso con i fagioli" - Toninho Cerezo
Per capire che giocatore è stato, basta guardare il suo palmarés sconfinato: uno Scudetto, 4 Coppe Italia, una Supercoppa Italiana, una Coppa delle Coppe, 2 finali di Coppa dei Campioni, una Copa Libertadores, 2 Coppe Intercontinentali, 2 Recope Sudamericane, una Supercoppa del Sudamerica e un terzo posto ai Mondiali del 1978.
Soprannominato in Italia 'Tira e Molla' per il suo fiscio slanciato e l'andatura dinoccolata che lo faceva accostare al 'Tiramolla' personaggio dei fumetti creato da Giorgio Rebuffi,Toninho Cerezo è stato uno dei centrocampisti più forti a livello Mondiale nel ventennio del secolo scorso che va dalla seconda metà degli anni Settanta alla prima metà degli anni Novanta.
Dotato di una tecnica sopraffina, sapeva coprire tutte le zone della mediana, pur sembrando in apparenza lento, ed era particolarmente abile negli inserimenti offensivi, caratteristica che gli permetteva spesso di trovare la via del goal.
Se in Brasile ha indossato molte maglie, in Italia ha giocato e vinto molto con Roma e Sampdoria. In Nazionale ha disputato due Mondiali, piazzandosi al 3° posto in Argentina nel 1978. Gioca ad alti livelli fino a 43 anni. Diventato allenatore, ottiene i migliori risultati in Giappone con il Kashima Antlers.
GLI ESORDI IN BRASILE E L'ASCESA CON NACIONAL E ATLETICO MINEIRO
Antonio Carlos Cerezo, da tutti conosciuto come Toninho Cerezo, nasce a Belo Horizonte, nello Stato del Minas Gerais, in Brasile, il 21 aprile 1955. Trascorre i primi anni di vita bairro Espalanada. Suo padre, 'Moleza', è uno dei più grandi pagliacci circensi del Brasile, suona in una banda e il futuro campione lo accompagna negli spettacoli. Anche sua madre proviene da una famiglia che lavora nel mondo del circo.
Ma la gioia famigliare è stravolta dalla morte del papà quando ha soltanto 7 anni. La situazione è molto difficile, sua madre continua a lavorare in spettacoli teatrali per mandare avanti la famiglia e Toninho cresce nell'orfanotrofio Sant'Antonio, maturando in fretta rispetto ai suoi coetanei. Come tutti gli altri bambini, però, anche a Toninho piace giocare a calcio per strada con gli amici.
A 12 anni un allenatore, Ze das Camisas, lo invita a venire a giocare nella zona di Lourdes, quella dove si allena l'Atletico Mineiro, il club più importante della città. Lui ci va e gioca una gara contro i ragazzi del club bianconero, mettendo in mostra le sue qualità. Per allenarsi deve fare tanti chilometri a piedi perché non ha i soldi nemmeno per permettersi l'autobus.
Si sente spaesato e alla fine preferisce tornare dai suoi amici al bairro Esplanada. Ma Toninho ha un tifoso speciale, niente meno che l'arcivescovo di Belo Horizonte Don Serafin de Araujo, grande tifoso proprio dell'Atletico Mineiro, oltre che della Nazionale brasiliana. È lui a convincerlo a tornare nel club, così Cerezo è ospitato nella pensione che la società riserva alle sue giovanili e disputa il Campionato ragazzi, mettendo in mostra le sue indiscutibili qualità nonostante un fisico molto magro.
Dopo Ze das Camisas, è guidato da Barbatana, tecnico magro almeno quanto il ragazzo che ci sa però fare con i giovani calciatori. A 14 anni Toninho passa già in quella che corrisponde alla nostra Squadra Primavera, confermando la sua abilità con il pallone e si inizia a parlare di un suo debutto in Prima squadra. L'esordio arriva nel 1972 a 17 anni. Tuttavia la concorrenza è molto agguerrita, in particolar modo in mediana il Brasile sforna in quel periodo, siamo nei primi anni Settanta, tanti giocatori di qualità.
DivulgaçãoNell'Atletico Mineiro giocano infatti nomi come Vanderlei, Derival, Bibi, Umberto Ramos e Ze Maria. E Cerezo lascia qualche perplessità dal punto di vista fisico. Per questo motivo si decide di fargli fare un'esperienza in prestito. Il giovane centrocampista di Belo Horizonte passa così al Nacional di Manaus, dove intanto è approdato come allenatore il suo maestro Barbatana, e questa esperienza segna la svolta della sua carriera. Con la nuova squadra inizia infatti ad alimentarsi e ad allenarsi da professionista e questo gli consente di formarsi fisicamente, crescendo in altezza e peso.
Diventa un atleta di un metro e 83 centimetri per 75 chilogrammi e vince nel 1974 il Campionato statale amazonense. Visto l'ottimo torneo giocato, Telé Santana, l'allenatore dell'Atletico Mineiro lo riporta nella squadra bianconera. E si accorge che ormai Toninho ha una marcia in più: è elegantissimo e al contempo efficace con la palla fra i piedi, non ha paura di contrastare, ha senso tattico e personalità. Così fa una scelta coraggiosa: fuori Vanderlei e altri elementi della vecchia guardia, dentro, con il centrocampista, i suoi compagni della Primavera: Reinaldo, Marcelo, Paulo Isidoro, Eder ed Eleno.
Inizialmente è criticato, ma presto i tifosi devono ricredersi: la squadra è molto forte e in 9 anni vince 7 volte il Campionato mineiro. La squadra arriva anche due volte in finale del torneo nazionale, ma in entrambi i casi, ne esce sconfitta.Al suo interno brilla proprio Cerezo, l'uomo ovunque del centrocampo, dai cui piedi partono spesso i suggerimenti vincenti per il bomber Reinaldo.
Fioccano i riconoscimenti anche a livello personale: nel 1977 e nel 1980, i due anni in cui l'Atletico Mineiro giunge in finale nel torneo nazionale, Toninho è premiato come miglior giocatore del campionato brasiliano con la Bola de Oro, mentre per tre volte (1976, 1977 e 1980) entra nella top 11 e riceve la Bola de Prata.
ReproduçãoLO SBARCO IN ITALIA ALLA ROMA
La fama che si è guadagnato in Brasile attira su Cerezo le attenzioni delle grandi squadre italiane. Dopo l'addio di Herbert Prohaska, Nils Liedholm, tecnico della Roma scudettata, chiede al suo presidente Dino Viola uno sforzo per portare il centrocampista dall'andatura dinoccolata nella capitale in vista della disputa della Coppa dei Campioni.
I primi sondaggi partono dopo i Mondiali del 1982, ma l'affondo arriva l'anno seguente. A consigliarlo alla Lupa è Paulo Roberto Falcão, suo compagno di Nazionale e anima della squadra. La trattativa fra i giallorossi e l'Atletico Mineiro è complessa, alla fine si raggiunge un'intesa per 5,9 miliardi di vecchie Lire. A sorpresa, però, la Federcalcio blocca il tesseramento di nuovi calciatori stranieri e sia la Roma, sia l'Udinese, che ha tesserato Zico, fanno ricorso. È decisivo l'intevento del presidente della Repubblica Sandro Pertini, che si sbilancia sul caso:
"Mi piacerebbe veder giocare Zico e Cerezo in Italia...".
Il CONI nomina un comitato di tre saggi, e alla fine il tesseramento si sblocca e Cerezo può indossare regolarmente la maglia della Roma. Entra a far parte di un centrocampo stellare con Falcão, Ancelotti, Di Bartolomei, che agisce da regista arretrato e Bruno Conti. Non ha problemi di ambientamento e si inserisce subito bene. Ma il 4 dicembre del 1983 il grave infortunio occorso ad Ancelotti contro la Juventus priverà la squadra di una pedina fondamentale per il suo equilibrio tattico.
I giallorossi, pur non riuscendo a ripetersi, disputano comunque una grande stagione: in campionato chiudono al 2° posto finale, e in Coppa dei Campioni arrivano fino alla finale, battuti poi dal Liverpool ai rigori nella drammatica serata dell'Olimpico. Cerezo fa il suo con 30 presenze e 6 goal in Serie A (sua miglior stagione in Italia) e 9 presenze e 2 goal in Europa. Giocatore molto generoso, dopo aver dominato nella sfida interna contro il Göteborg, nella sfida con i Reds è tradito dai crampi, che lo costringono ad alzare bandiera bianca nei supplementari e non può battere il rigore.
Il suo primo trofeo italiano è la Coppa Italia, conquistata dai giallorossi in virtù dei risultati della doppia sfida con il Verona (1-1 al Bentegodi e 1-0 per i giallorossi a Roma). Nelle due stagioni successive con Sven Goran Eriksson in panchina, alcuni problemi fisici e le scelte del nuovo tecnico ne riducono l'impiego. Cerezo comunque quando gioca è sempre determinante. Nel 1984-85 i giallorossi si piazzano settimi, nel 1985/86 sembrano destinati allo Scudetto ma perdono con il Lecce già retrocesso e consegnano il titolo alla Juventus.
A chi fra i suoi compagni sostiene che sia lento, il brasiliano replica sempre:
"Sono lento perché voglio andare lento, sono uno tutto cervello. Non sono mica uno che corre sempre come voi".
Diventato un beniamino della Roma con i suoi capelli crespi, la carnagione olivastra e i baffoni nero pece, l'esperienza di 'Tira e molla' nella capitale si conclude proprio nel 1986. Eriksson gli concede però un'ultima importante passerella. Nella gara di andata a Genova la Roma ha perso 2-1 con la Sampdoria, quella di ritorno è sull'1-0 per i giallorossi e lo svedese lo butta dentro a 5 minuti dal 90' al posto del 'Cobra' Sandro Tovalieri.
Sulla destra si invola il giovane Impallomeni, che azzecca il cross lungo a centro area: Cerezo svetta a centro area e batte il portiere blucerchiato Bordon. È il goal che consegna la seconda Coppa Italia in 3 anni alla Roma e allo stesso brasiliano, che al fischio finale va a festeggiare assieme ai suoi tifosi, per un'indimenticabile serata d'addio.
"È stata la cosa più bella che mi è successa in tutta la mia vita", dirà il centrocampista ai microfoni di 'Rai Sport'.
Grande calciatore e grande uomo, antidivo e schivo, aveva collezionato fino a quel momento 25 goal in 104 presenze totali.
A 31 anni Viola non gli rinnova il contratto e Cerezo, nonostante sia stato sempre un esempio di correttezza e professionalità, deve cercarsi una nuova squadra.
"Non sono stato il più forte giocatore della storia della Roma - dichiarerà anni dopo al sito della Hall of Fame giallorossa - ma credo di essere stato il più amato".
Hussein MamdouhLE DELUSIONI CON IL BRASILE
Con l'approdo di Telé Santana sulla panchina della Seleçao, nel 1977 Toninho Cerezo ha potuto debuttare anche con la Nazionale brasiliana. Protagonista di due Mondiali, nel 1978 è arrivato al terzo posto, battendo nella finalina l'Italia di Bearzot 2-1, mentre nel 1982, in quello che è considerato uno dei Brasile più forti di sempre, è eliminato a sorpresa dagli Azzurri nel gironcino dei quarti di finale.
Ad estromettere i verdeoro sono 3 goal di Paolo Rossi. Cerezo gioca una gran partita, è il migliore dei suoi, e solo un'uscita provvidenziale di Zoff evita che una sua incursione nell'area azzurra possa trasformarsi in rete. Ma non può far nulla contro lo scatenato Pablito e una squadra che sembra totalmente diversa rispetto alle prime deludenti uscite.
Nel 1986, invece, un infortunio fa sì che non venga convocato nella squadra che affronterà il torneo in Messico. La sua avventura col Brasile si chiude così senza grandi successi internazionali, con 57 presenze e 5 goal nel giugno del 1985. A parte le due partecipazioni Mondiali, va segnalato unicamente un 3° posto nella Copa America del 1979.

L'ADDIO ALLA CAPITALE E LA SAMPDORIA
Salutata la Roma, Cerezo finisce proprio in quella Sampdoria che aveva castigato in finale, per volontà del presidente blucerchiato Paolo Mantovani. Ci resterà 6 anni, vincendo quasi tutto quello che c'era da vincere.
"Toninho veniva da due delusioni, - ha raccontato a 'Tuttomercatoweb' il suo agente Dario Canovi - non essere stato convocato da Santana per il Mondiale e una risoluzione del precontratto che avevamo sottoscritto con il Milan. I rossoneri decidono di non prenderlo. Non era un bel momento, ma arrivò la telefonata proprio della Sampdoria: Mantovani ci invitò ad andare a casa. E quando ci presentammo trovammo tutta la famiglia del Presidente, perché tutti erano grandi tifosi di Toninho".
"Cerezo - prosegue Canovi nel suo racconto - mi disse di chiedere un miliardo e mezzo, la cifra che era stata promessa dal Milan. Mantovani allora fece sapere che potevano arrivare ad offrire 800 milioni. Toninho rispose inizialmente di no perché gli sembravano pochi, poi all’improvviso disse: 'Scusate, vado a telefonare a Rosa’, e si rifugiò in un’altra stanza".
"Finita la telefonata si rivolse a Mantovani dicendogli: ‘Presidente, mio presidente’. Chiaramente il numero uno blucerchiato rimase sorpreso. E lui spiegò: ‘Rosa mi ha detto che se non firmo divorzia’. Allora andammo in macchina e dissi a Toninho che la moglie gli aveva dato il consiglio giusto. La risposta mi lasciò stupito: ‘Dario, io Rosa non l’ho sentita’. Anche questo era Toninho Cerezo".
A Genova, sotto la Lanterna, Mantovani e il tecnico Vujadin Boskov costruiscono un gruppo vincente. Capace di sovvertire le gerarchie del calcio italiano e competere con le grandi squadre: ci sono 'I Gemelli del goal' Vialli e Mancini, c'è Vierchowod in difesa, arriveranno Luca Pellegrini, Moreno Mannini, Amedeo Carboni, Beppe Dossena, Gianluca Pagliuca. Un gruppo magico, alla base dei grandi successi ottenuti.
Con i blucerchiati Cerezo diventa il vecchio totem di una squadra di ragazzi terribili: vince altre 2 Coppe Italia (1987/88 e 1988/89), la Coppa delle Coppe nel 1989/90 dopo aver perso l'anno precedente la finale con il Barcellona di Cruijff, una Supercoppa Italiana nel 1991 ma soprattutto lo storico Scudetto del 1990/91. Nonostante debba fare i conti quell'anno con alcuni problemi fisici che ne limitano l'impiego, il brasiliano dà un apporto fondamentale al titolo, con 3 goal pesanti in 12 presenze. Il più importante è il primo, realizzato ancora al 90', proprio a quel Milan che non aveva creduto fino in fondo a lui, grazie ad uno dei suoi inserimenti offensivi letali.
"Boskov mi diceva sempre: 'Vialli e Mancini pensano di comandare loro, invece qui comando io' ", ricorda Cerezo a 'Rai Sport'.
"Cerezo portava i suoi cani all'allenamento, - rivela Dossena ricordando quei tempi - e ovviamente gli animali facevano i bisogni sul campo. Ma a Boskov questo non andava bene".
"I miei compagni si lamentavano dei cani, - conferma lui - ma poi ci giocavano. Per tenerlo buono avevo detto a Boskov che portavano via il malocchio".
Il 19 maggio 1991, a Marassi, contro il Lecce, è proprio un suo gran tiro che si infila alle spalle del portiere avversario a dare il là alla grande festa per lo Scudetto blucerchiato. I festeggiamenti durano per giorni, e assieme a Vialli e Ivano Bonetti, il trentaseienne Cerezo decide di tingersi i capelli di biondo per celebrare degnamente il traguardo. L'anno seguente la squadra e il centrocampista tentano vanamente l'assalto alla Coppa dei Campioni: nella finale di Wembley è il Barcellona, con un goal su punizione di Ronald Koeman nei tempi supplementari, a decidere il confronto.
Per lo sfortunato Cerezo è la seconda Coppa dei Campioni sfumata sul più bello e anche l'ultima di 216 gare giocate con la maglia blucerchiata, condite da 25 reti.

GLI ULTIMI SUCCESSI IN PATRIA
Tornato in Brasile, Cerezo dimostra una sorprendente longevità in un ruolo non semplice come il centrocampista. Si accasa al San Paolo e riscatta le delusioni europee: vince infatti il Campionato Paulista nel 1992 e soprattutto la Copa Libertadores del 1993 e 2 Coppe Intercontinentali, vendicandosi nel 1992 del Barcellona (2-1 per i brasiliani) e battendo nuovamente il Milan nel 1993.
Memorabile la sfida giocata con i rossoneri di Capello: Cerezo giganteggia a centrocampo, fornisce un assist e segna anche il 2° goal dei suoi e li conduce alla vittoria per 3-2, aggiudicandosi anche il premio come 'Miglior giocatore della partita' alla veneranda età di 38 anni. Con il San Paolo si aggiudica anche due Recope del Sudamerica e una Supercoppa sudamericana.
Professionista esemplare, grazie alla cura del suo fisico e agli allenamenti gioca ad alti livelli fino a 43 anni, 'Nonno Cerezo' si ritira nel 1998 dopo aver indossato anche le maglie del Cruzeiro e dell'America di Minas Gerais, disputando la sua ultima stagione con l'Atletico Mineiro, il club che lo aveva lanciato.
Getty ImagesL'ESPERIENZA DA ALLENATORE
Dopo il ritiro l'ex centrocampista diventa allenatore. Guida Atletico Mineiro,Vitoria e Guaranì in Brasile senza troppa gloria, mentre è di successo la sua esperienza giapponese con i Kashima Antlers. Con questa squadra vince il campionato nipponico, 2 Coppe Yamazaki Nabisco e la Coppa dell’Imperatore.
Tenta di sfondare anche in Arabia Saudita con l'Al-Hilal e negli Emirati Arabi Uniti con l'Al-Shabab. Con quest'ultima squadra vince il campionato per poi tornare nuovamente in patria. Nel 2011 ha lavorato come osservatore per la Sampdoria, mentre 2013, tornato al Kashima Antlers, ha conquistato anche la Coppa Suruga Bank.
Nella vita privata, separatosi dalla moglie Rosa, ha quattro figli: Lea T., nata Leandro, che ha cambiato sesso e oggi è una nota modella trans, Gustavo e le gemelle Luana e Lorena.
I tifosi della Roma e della Sampdoria lo ricordano in ogni occasione con grande affetto e nel 2016 Cerezo è stato inserito nella Hall of Fame del club giallorosso.
"Sono onorato di ricevere questo riconoscimento, - ha commentato - a distanza di più di 30 anni sono orgoglioso di avere fatto e di fare ancora parte di questa grande Società che si chiama Roma".
L'Italia è rimasta nel suo cuore.
"Ho casa a Genova oltre che a Belo Horizonte, 2 figlie e nipoti a Genova, - ha raccontato nel 2020 al 'Secolo XIX' - mi sento più a casa lì che qui, non vedo l'ora di tornare. Sento sempre i vecchi compagni. Lanna, Vierchowod, il Mancio, Vialli, tutti. La nostra forza era essere una famiglia prima che calciatori.E le famiglie non si perdono".
