Mezzala di qualità o ala, è stato uno dei campioni della generazione d'oro del calcio tedesco, e con la Germania ha vinto i Mondiali di Italia '90 ed Euro '96 in Inghilterra, togliendosi le soddisfazioni più importanti della sua carriera. Thomas Hässler sul campo era un vero e proprio folletto: piccolo di statura e paffutello (un metro e 66 centimetri per 67 chilogrammi) agli inizi della sua carriera faticò non poco ad imporsi, visto che spesso gli allenatori tendevano a non prenderlo in considerazione.
Quando lo vedevano giostrare con la palla fra i piedi, però, finivano puntualmente per ricredersi. Ambidestro, il grande controllo, il dribbling secco, la capacità di saltare l'uomo con una certa facilità e la bravura sui calci piazzati erano le sue migliori qualità. Dopo essersi affermato nel Colonia, dopo il trionfo Mondiale approda in Italia per giocare con Juventus e Roma. Pur non vincendo di fatto nulla, riesce a farsi apprezzare dai tifosi per la sua classe e la sua umiltà, e segna alcuni goal pesanti.
Tornato in Germania, indossa anche le maglie di Karlsruher, Borussia Dortmund e Monaco 1860, prima di chiudere la carriera in Austria con il Salisburgo. Preso il patentino da allenatore, è stato per molti anni nello staff tecnico del Colonia, facendo anche da vice a Berti Vogts nell'esperienza di quest'ultimo alla guida della Nigeria. Passa quindi in Iran, ricoprendo il ruolo di vice nel Padideh Shandiz, per poi tornare in patria e guidare il Club Italia Berlino e il Preussen Berlin.
DAGLI ESORDI AL COLONIA
Nato a Berlino Ovest il 30 maggio 1966 quando la città era divisa in due parti dal Muro, si innamora precocemente del calcio.
"È stato un amore a prima vista, - dice a 'Hurrà Juventus' nel gennaio del 1991 - avevo appena cinque anni quando mio padre Klaus mi portò al primo provino della mia vita. Ricordo bene quel giorno anche se è trascorso tanto tempo. Non toccai neppure un pallone, ero emozionatissimo. Poi a dieci mi ingaggiò il Reinickendorfer Fuchse. Ci restai tre stagioni e imparai le cose essenziali del calcio".
Per il resto la sua infanzia è simile a quella di tanti altri ragazzi berlinesi.
"Sono nato e cresciuto a Wedding, un quartiere popolare della città. - racconta - Non avevamo troppi soldi ma si viveva dignitosamente. Il gioco, la scuola, gli amici, il pallone: la mia vita era fatta di cose normali. Spesso giocavamo a calcio a ridosso del Muro, perché il mio quartiere era in quella zona. Si facevano partite interminabili e qualche volta la palla finiva dall'altra parte, nella Germania Est. Forse poi ci giocavano i Vopos... (i poliziotti della DDR, ndr)".
Nel Reinichendorfer Fuchse però, Hässler fa fatica ad affermarsi, anche perché sono molti i pregiudizi sul suo fisico.
"Gli allenatori guardavano il mio fisico e scuotevano il capo, poi mi mandavano in campo e il giudizio cambiava. Ma questa storia mi ha accompagnato per diverso tempo. Dopo 3 anni su consiglio di mio padre passai a un’altra società, il BFC Meteor 06. Lì riuscii a mettermi in evidenza, tanto che gli osservatori del Colonia cominciarono a seguirmi".
Nel 1983 il Colonia decide di scommettere sul piccolo funambolo berlinese, nonostante quel fisico certamente non da corazziere.
"A 17 anni mi giunse la proposta definitiva del club renano. Accettai con un po' di preoccupazione, perché temevo che lasciare Berlino mi potesse creare non pochi problemi, e in un certo senso avevo ragione. Le prime stagioni al Colonia furono il periodo più buio della mia vita".
Complice anche un grave lutto, la perdita del fratello sedicenne Andreas per leucemia quando lui ne aveva 13, che gli lascia cicatrici, Hässler frequenta compagnie discutibili e rischia di perdersi per strada.
"La vita non è stata tenera con noi, fu un momento molto brutto per tutta la mia famiglia. - dice - Ho iniziato a frequentare amici non proprio raccomandabili, e trascorrevo molte sere in birreria o in discoteca. Pensavo solo a svagarmi, perché mi sentivo fuori posto, e mi dividevo fra il biliardo e il fipper. Così il mio rendimento in campo non era quello che ci si poteva aspettare".
GettyLa situazione tocca il suo picco negativo durante la finale del campionato Juniores tedesco.
"Il risultato è di parità e mancano pochi minuti alla fine della partita. - ricorda Hässler - C'è un rigore per noi: lo calcio io e lo sbaglio. È stato un momento particolarmente triste per me, una cosa terribile. In quell'occasione giurai che non avrei più tirato un rigore e mantenni la promessa".
Hässler, che aveva esordito in Bundesliga a 18 anni, per tre stagioni è una riserva e tarda ad affermarsi. Il club renano capisce che c'è qualcosa che non va e fa capire al giovane berlinese che bisogna cambiare marcia.
"Un giorno Udo Lattek, dirigente del Colonia, un mito in Germania, mi prese da parte e mi disse che se non mi fossi dato da fare mi avrebbe rispedito a Berlino a fare il tassista. A quel tempo avevo bisogno di discorsi duri, severi, e infatti le sue parole fecero sì che mi diedi una mossa".
Thomas trova anche la stabilità sentimentale con colei che diventerà la sua prima moglie.
"Ad una festa del Capodanno 1986 incontro Angela e in seguito ci fidanziamo. Poi il matrimonio. E lei che mi ha fatto maturare", assicura.
Il 1987/88 è l'anno della svolta: Hässler cambia registro, inizia a comportarsi da professionista e diventa un titolare inamovibile del Colonia. La squadra renana, trascinata dall'estro del piccolo centrocampista berlinese, e guidata in panchina da Christoph Daum, vive un periodo d'oro, tanto da lottare addirittura per il titolo: 3° posto nel 1987/88 (34 presenze e 5 goal per Thomas), 2° nel 1988/89 (33 presenze e 5 reti) e ancora 3° nel 1989/90, stagione in cui raggiunge anche le semifinali di Coppa UEFA.
Qui è eliminata dalla Juventus di Dino Zoff, ma le sue qualità non passano inosservate: i bianconeri se ne ricorderanno l'estate seguente, portando in Serie A dopo il trionfo ai Mondiali il centrocampista che nel 1988/89 era stato eletto 'Giocatore tedesco dell'anno'.
LA CONSACRAZIONE CON LA GERMANIA
I risultati importanti ottenuti con il Colonia fanno entrare rapidamente Hässler nel giro della Germania Ovest, anche per le sue qualità peculiari in un calcio, quello tedesco, che faceva della forza fisica e dell'atletismo i suoi punti di forza.
Dopo aver militato nell'Under 21, nel settembre del 1988 è così convocato nella Selezione che partecipa al Torneo olimpico di Seul, chiudendo al 3° posto. Hässler è la mezzala destra di quella squadra che nella finale di consolazione regola per 3-0 l'Italia di Francesco Rocca. Dai suoi piedi parte l'assist per il terzo goal di Schreier.
Prima di mettersi al collo la medaglia di bronzo olimpica, ad agosto Hässler aveva anche esordito nella Nazionale maggiore, partendo titolare contro la Finlandia il 31 agosto in una gara valida per le Qualificazioni Mondiali e vinta 4-0 dai tedeschi.
Il 15 novembre 1989, pochi giorni dopo il crollo del Muro di Berlino, proprio un goal del giocatore berlinese a Coloniacontro il Galles assicura alla squadra del Ct. Franz Beckenbauer il 2° posto nel Gruppo 4 dietro all'Olanda e la qualficazione alla fase finale dei Mondiali.
"Fui io a realizzare la rete decisiva nelle qualificazioni a Italia ‘90. - sottolinea con orgoglio - Accadde proprio a Colonia, la mia città d’adozione".
Getty ImagesMa anche il rapporto con la Nazionale non è tutto rosa e fiori.
"Con Beckenbauer abbiamo avuto qualche scambio di opinioni non proprio convergenti, ma alla fine s’è chiarito tutto", spiega Hässler.
Ai Mondiali colleziona 5 presenze, giocando da titolare la sfida del Primo turno contro gli Emirati Arabi e la finalissima di Roma, in cui i tedeschi, battendo 1-0 l'Argentina di Maradona, si laureano campioni del Mondo.
"Funzionò tutto alla meraviglia, eravamo sereni grazie a Beckenbauer che non ci pressava. - dichiara a 'La Gazzetta dello Sport' - Ricordo che gli italiani all’Olimpico tifavano per noi e fu una bellissima sensazione. Ogni 5 anni noi campioni del Mondo facciamo una reunion".
Il trionfo dell'Olimpico è il momento più alto della carriera calcistica di Hässler, che continuerà a indossare la maglia della sua Nazionale per altri 10 anni, diventandone un pilastro dopo l'unificazione delle due Germanie.
Hässler partecipa ad altre due edizioni dei Mondiali (USA '94 e Francia '98') e a tre edizioni degli Europei (1992, 1996 e 2000). Nel 1996, in Inghilterra, a 30 anni vince anche il torneo continentale battendo 2-1 in rimonta nella finale di Wembley la Repubblica Ceca. Chiude la sua lunga avventura con la Germania agli Europei del 2000, lasciando la Nazionale dopo 101 presenze e 11 goal.
HÄSSLER IN SERIE A: JUVENTUS E ROMA
Con i Mondiali di Italia '90 che lo vedono trionfatore, si concretizza per Hässler l'approdo in Serie A.Luca Cordero di Montezemolo vuole il piccolo tedesco nella sua nuova Juventus, in cui il progetto tecnico è affidato a Gigi Maifredi, che pratica un calcio offensivo. I piemontesi mettono sul piatto 11 miliardi di Lire, e Thomas saluta il club che lo ha lanciato nel grande calcio dopo 18 goal in 183 presenze totali.
Inizialmente c'è qualche problema di ambientamento, poi Hässler, che prende il posto nell'organico di Rui Barros, e gioca prevalentemente da ala destra, si ambienta e trova un buon rendimento, anche se per la Juventus quella non sarà una stagione da incorniciare. Lui comunque si mette al servizio della squadra, che ha in Baggio, Schillaci e Casiraghi le sue punte.
"In Italia l’impatto è sempre difficile. - afferma - Mi ha messo in crisi la lingua, l’impossibilità iniziale di capire e di essere capito. Poi mi hanno aiutato i dirigenti, gli allenatori e i compagni, in particolare a Giancarlo Marocchi con sua moglie Barbara, che parla un po' di tedesco, e mi sono inserito".
Benché i risultati non sorridano ai bianconeri, Hässler vive a Torino dei momenti felici e il suo allenatore lo definisce 'Il Baggio di Germania'.
"Maifredi era un grande studioso di calcio, un tecnico nel senso pieno del termine ma con un’arma in più: il dialogo. - afferma - Io 'Baggio di Germania'? Credo che abbia fatto un complimento a entrambi, perché Roberto era un talento eccezionale ed io, beh, ero pur sempre un campione del mondo".
La stagione all'ombra della Mole si chiude però male con la mancata qualificazione alle Coppe europee da parte dei bianconeri, mentre il piccolo tedesco mette insieme 45 presenze e 3 goal, di cui uno in campionato (contro il Bari), uno in Coppa delle Coppe e uno in Coppa Italia. La sensazione è di non aver espresso il suo miglior calcio e anche con Maifredi non mancano le incomprensioni.
WikipediaQuando nell'estate 1991 a Torino si concretizza 'la restaurazione', con il ritorno di Boniperti e Trapattoni, poi, Hässler viene ceduto alla Roma, che lo acquista per 12 miliardi di Lire. In breve tempo trova nella capitale un ambiente a lui congeniale e diventa il leader tecnico della mediana giallorossa assieme a capitan Giannini.
In tre stagioni totalizza 14 goal in 118 presenze, e diventa un beniamino dei tifosi quando, il 1° marzo del 1992, segna su punizione dalla lunetta la rete del pareggio nel Derby contro la Lazio.
"In quel momento storico le sfide con la Lazio finivano spesso 1-1 o 0-0. - ricorda in un'intervista del 2020 con il sito ufficiale della Roma - Il mio fu il goal del pari, il vantaggio lo realizzò Ruben Sosa. Segnare in una partita così importante e sentita è sempre qualcosa di speciale. Notavo tanta gioia nei tifosi della Roma".
La Curva Sud lo adotta come nuovo idolo, ed Hässler diventa per tutti 'Tommasino'. Gli dedicano anche un coro ad hoc, sulle note della canzone del Tetris: "Poporopoporopo Tommasino Haessler go".
I goal più belli della sua avventura italiana li segna contro due big: uno all'Inter, una sassata di esterno destro imparabile per Zenga nel 4-1 del 18 ottobre 1992 (la sua è la seconda rete della partita), uno, decisivo, contro la Juventus, nel 2-1 del 28 febbraio 1993.
"Non riesco davvero a ricordare periodi difficili a Roma. - assicura - Calcisticamente parlando, se devo indicare il momento migliore, dico il goal segnato alla Juventus. Ho passato tre anni bellissimi a Roma, città meravigliosa, in un club storico e con tifosi appassionati".
"È stata un’esperienza molto bella per me e la mia famiglia. Sia fuori dal campo, sia sul terreno di gioco".
In panchina lo allenano Ottavio Bianchi, Vujadin Boskov e Carlo Mazzone.
"Ho preso qualcosa da tutti e tre questi allenatori: tattica, motivazione, leadership nella squadra. Anche oggi, che ho aggiunto ulteriori competenze da coach, riesco a pensare ai concetti dei miei ex allenatori. Ne ho avuti tanti bravi".
Sulla sua specialità, i calci di punizione, la leggenda vuole che Francesco Totti traesse ispirazione proprio da Tommasino.
"Ricordo che alla fine di un allenamento provavo per conto mio delle punizioni. - racconta in un'intervista a 'La Gazzetta dello Sport' - Si avvicinò un ragazzino e mi chiese se poteva tirarle con me. Risposi: 'Certo', ma non sapevo chi fosse. Non so se ha imparato a batterle da me, ma aveva una buona tecnica e si capiva che aveva carattere".
L'avventura nella capitale di Hässler si chiude nel 1994, quando, dopo i Mondiali statunitensi, Tommasino fa le valigie per tornare in Germania.
WikipediaIL RITORNO IN GERMANIA E GLI ULTIMI ANNI
Hässler riparte dal Karlsruhe, compagine emergente nel panorama del calcio tedesco, con cui milita per 4 stagioni, fornendo sempre un elevato rendimento sul campo. I biancoblu con lui in squadra vincono la Coppa Intertoto nel 1996 (unico titolo di club conquistato dal centrocampista) e partecipano alla Coppa UEFA nel 1996/97 e nel 1997/98.
Alla fine della quarta stagione, nonostante i 12 goal totali realizzati dal loro leader in Bundesliga, il Karlsruher retrocede ed Hässler (44 reti in 157 presenze totali) si trasferisce al Borussia Dortmund. L'esperienza con i gialloneri, campioni d'Europa in carica, è tuttavia breve e poco fortunata (19 presenze e 3 goal) e anticipa un'altra avventura ricca di soddisfazioni per il giocatore berlinese, ovvero quella con il Monaco 1860, seconda squadra della città bavarese, nelle cui fila gioca dal 1999 al 2003.
Nel 1999/00 lo trascina a un brillante 4° posto in Bundesliga, che lo porta l'anno seguente a giocarsi i preliminari di Champions League, poi persi con il Leeds United. Meno importanti sotto il profilo dei risultati sono le altre stagioni, ma questo non impedisce a Tommasino di diventare un idolo del club.
Lo lascia nel 2003 per fare un'ultima esperienza in Austria con il Salisburgo. Segna 2 goal in 21 presenze, prima di decidere di appendere le scarpette al chiodo al termine di quella stagione quando ha già compiuto 38 anni.
LA CARRIERA DA ALLENATORE
Anche dopo il ritiro dal calcio giocato, Hässler rimane nel mondo del calcio, studiando da allenatore e ottenendo infine il patentino UEFA Pro. Inizia a lavorare nello staff tecnico del Colonia, sia nelle Giovanili, sia in Prima squadra. Nel 2007/08 fa anche una breve esperienza da vice di Berti Vogts con la Nazionale nigeriana.
Torna quindi ancora nella 'sua' Colonia, con cui resta fino al 2011. Fa quindi un'esperienza esotica, trasferendosi in Iran per ricoprire il ruolo di vice-allenatore del Padideh Shandiz. Le esperienze più recenti lo hanno visto guidare fra i Dilettanti tedeschi il Club Italia Berlino (2016-2019) e lo storico club Preussen Berlin, esperienza che lo vede ancora oggi impegnato.
Getty ImagesVITA PRIVATA E REALITY
Dopo il divorzio dalla sua prima moglie Angela nel 2001 (fece scalpore la relazione di lei con il tecnico Edgar Geenen), Hässler ha sposato nel 2004 in seconde nozze Anke, cui è ancora oggi legato. L'ex calciatore di Juventus e Roma ha inoltre 3 figli, e, spinto proprio da sua moglie, come lei stessa ha ammesso, ha partecipato a due reality show: nel 2016 alla versione tedesca di 'Ballando con le stelle' e più di recente ad 'I'm a star - get me out of here', che lo ha visto impegnato nella giungla australiana con altre celebrità.
Gli anni passano per tutti, ma 'Icke', come lo chiamano in Germania, ricorda sempre con affetto la sua esperienza in Italia.
"La Serie A era il miglior campionato in Europa, all'epoca in cui ci giocavo. - afferma al sito ufficiale della Roma - Ho dei bei ricordi di quel periodo. La mentalità, la cultura, l’ospitalità, la cucina... È stato semplicemente tutto meraviglioso".
I suoi calci di punizione hanno fatto scuola.
"È difficile trovare oggi uno specialista che le batta come me. - dichiara con orgoglio Tommasino - Ma se devo fare qualche nome dico Alaba, Lewandowski, Neymar e Messi”.
