Il tabellino, in ambito calcistico, è quello schema che, attraverso dei dati essenziali, riassume quanto accaduto nel corso di una partita. Comprende il risultato finale, le formazioni, il nome degli eventuali marcatori, dell’arbitro, dei giocatori subentrati ed anche di quelli ammoniti ed espulsi.
In poche e semplici righe racconta ciò che è successo in campo e lascia agli annali verità incontrovertibili. O quasi.
Essendo di sua natura un riassunto, non può riportare fedelmente tutto. Leggere una partita attraverso il suo tabellino si traduce sostanzialmente nel capire come è finita una gara, ma per comprendere come si è giunti ad un risultato bisogna ovviamente spingersi oltre.
Il tabellino di Francia-Italia, la finale dei Campionati Europei di calcio che si è disputata il 2 luglio 2000 allo stadio Feijenoord, meglio noto tra gli appassionati come De Kuip, racconta infatti che a decidere quella sfida fu David Trezeguet che, al minuto 103, mise a segno il golden goal’ che mandò in archivio il torneo e in paradiso la Nazionale transalpina.
E’ questa appunto una verità incontrovertibile e nessuno può negare all’attaccante che di lì a poco avrebbe vestito la maglia della Juventus tale merito, ma secondo molti tra coloro che quel giorno erano effettivamente in campo, a segnare il goal decisivo, quello che ha realmente spezzato i sogni azzurri, è stato un altro giocatore qualche minuto prima: il suo nome è Sylvain Wiltord.
Siamo al minuto 94 e l’Italia è in vantaggio grazie ad una rete siglata da Marco Delvecchio al 55’ quando la stella del Bordeaux, sfruttando una sponda di testa di Trezeguet ed approfittando di un tentativo di intervento tutt’altro che perfetto di Fabio Cannavaro, entrato in area carica il sinistro e da posizione defilata spedisce il pallone sul lato opposto, lì dove Francesco Toldo, il miglior portiere del torneo, non può arrivare. E’ il goal che vale l’1-1 e che piega le gambe ad un’Italia che dal 1968 non è mai stata così vicina a salire sul tetto d’Europa.
Sulla panchina azzurra cala il gelo. Tutti i giocatori sono infatti già uniti in un unico abbraccio e in attesa del triplice fischio finale dell’arbitro Anders Frisk, quando la metà dello stadio occupata dai tifosi francesi esplode in un boato. Quel trionfo inseguito a lungo è distante pochi centimetri, al pari della gloria calcistica eterna, quando quell’unico guizzo ricaccia tutto nuovamente lontano. Così lontano da diventare irraggiungibile.
“In quel momento avevamo sei o sette attaccanti in campo e nessun difensore - ricorderà molti anni dopo Thierry Henry a ’SPORTF’ - Sono ancora oggi convinto del fatto che se Toldo fosse rimasto in piedi sarebbe riuscito a respingere il tiro di Wiltord. Se non si fosse tuffato, avrebbe potuto deviare la palla con il piede e avrebbe chiuso l’angolo dove poi è andato ad infilarsi il pallone”.
A rendere il goal di Wiltord di fatto decisivo, sono stati almeno due fattori. Il primo è probabilmente lo scoramento: l’Italia infatti quella partita l’aveva giocata meglio e aveva avuto con Alessandro Del Piero almeno un paio di nitide occasioni per chiuderla. Già il fatto di essere avanti di una sola rete aveva dato al tutto un senso di amarezza, ma era nulla rispetto a ciò che sarebbe accaduto.
Il secondo fattore decisivo fu certamente la stanchezza. Sia la Francia che l’Italia erano infatti reduci da semifinali che si erano rivelate autentiche maratone. Gli uomini di Roger Lemerre erano riusciti ad imporsi 2-1 sul Portogallo grazie ad un ‘golden goal’ di Zinedine Zidane, mentre gli Azzurri di Dino Zoff si erano invece dovuti spingere fino ai calci di rigore contro l’Olanda e l’avevano fatto dopo essere rimasti in dieci già dopo 34’ a causa dell’espulsione di Gianluca Zambrotta.
L’Italia aveva insomma nelle gambe il calcio necessario per arrivare fino al 90’, e i supplementari infatti poi parleranno di una squadra senza più energie.
“Eravamo in piedi, abbracciati e poi è arrivato quel goal di Wiltord che ci ha uccisi - ha svelato Marco Delvecchio a ’So Foot’ - In quel momento abbiamo semplicemente capito di aver perso. Venivamo da una semifinale con l’Olanda giocata in inferiorità numerica per 100’. Quando ha pareggiato non avevamo più niente nelle gambe, ci aspettavamo solo la sconfitta da un momento all’altro. A distanza di anni per me è ancora difficile parlare di quella partita. E’ una ferita che non si è rimarginata e che non so se potrà mai rimarginarsi”.
GettyAnche Demetrio Albertini, parlando a distanza di anni di quel Francia-Italia, ha ricordato come a decidere realmente quella finale fu Wiltord.
“E’ stata la più grande delusione della mia carriera - ha spiegato a ‘France Football’ - Il goal dell’1-1 è stato quello della sconfitta. In quel preciso momento abbiamo capito che la Francia avrebbe segnato anche il 2-1. Ce lo aspettavamo tutti. Al goal di Wiltord abbiamo capito di aver perso”.
Nel corso di quella sfida, Wiltord rappresentò la prima mossa tentata da Lemerre per provare a rimettere in carreggiata la sua Francia. Lo ha infatti spedito in campo al 58’, tre minuti dopo il vantaggio Azzurro, richiamando in panchina un Dugarry, che sin lì si era visto pochissimo.
Wiltord diventa dunque il punto di riferimento in attacco (sostenuto da Henry, Zidane e Djorkaeff), il centravanti che con la sua velocità è chiamato a cercare il giusto spiraglio nella difesa a cinque pensata da Dino Zoff. A ventisei anni sta vivendo il momento più importante della sua carriera e lo sta facendo in un ruolo che non sempre sarà il suo in futuro.
In Francia, con le maglie di Rennes e Bordeaux ha dimostrato di poter essere anche un bomber prolifico, tanto che nella stagione 1998-1999 ha trascinato, con ben ventidue reti in campionato, i Girondini alla conquista di uno storico trionfo in Ligue 1. Quell’exploit gli varrà anche il riconoscimento di ‘Giocatore francese dell’anno’, ma quando si affermerà in maniera definitiva a livello internazionale, lo farà in un altro ruolo.
Un mese dopo il goal segnato contro l’Italia nella finale di Euro 2000, apporrà la firma sul contratto che lo legherà all’Arsenal e che farà di lui, in quel momento e per i successivi otto anni, il giocatore più caro dell’intera storia dei Gunners. Tredici milioni di sterline, tanto costerà il suo cartellino.
Quella nella quale approda è una squadra straordinaria che poi anni dopo passerà alla storia come quella degli ‘Invincibili’ e trovare spazio in un attacco che già comprende giocatori come Bergkamp, Kanu ed Henry non è semplice.
Arsene Wenger l’ha però voluto fortemente a Londra perché l’ha immaginato in un’altra posizione del campo. Vuole sfruttare infatti tutta la sua straordinaria potenza sugli esterni. Poco importa se a destra o a sinistra.
“Al Bordeaux ho sempre giocato da attaccante, ma all’Arsenal ho scoperto qualità che non sapevo di avere. Ho giocato sia da un lato che dall’altro ed ho iniziato a sentirmi sempre più a mio agio in quella posizione. Nel mio Arsenal c’era concorrenza ovunque”.
GettyUn esterno offensivo capace di garantire velocità, giocate, assist, repentini ribaltamenti di fronte ed anche un buon numero di goal. Una manna insomma per ogni allenatore ed anche per i commissari tecnici che nel corso degli anni si alterneranno alla guida della Francia. Wiltord infatti, quando batte Toldo per l’1-1 a Rotterdam, è alla diciottesima presenza con i Blues. Quando chiuderà la sua carriera internazionale con la Francia, il 15 novembre 2006 in un’amichevole contro la Grecia a Saint-Denis, avrà rappresentato il suo Paese ben novantadue volte: novantadue partite condite da ventisei goal.
Un bilancio da campione vero che ha fatto parte della generazione d’oro del calcio francese. Con la sua Nazionale infatti vincerà anche due Confederations Cup e sfiorerà un Mondiale: quello perso in finale proprio contro l’Italia nel 2006.
Quando incrocerà infatti per la seconda volta gli Azzurri in carriera lo farà nella finale di Berlino. Domenech lo manderà in campo nel corso dei tempi supplementari per sostituire Henry e sarà lui a trasformare il primo penalty per i Blues nella lotteria dei rigori.
La sua trasformazione verrà poi resa vana dall’errore di Trezeguet, l’altro marcatore della finale di Euro 2000, e questa volta a vincere sarà l’Italia, che si prenderà la più dolce delle rivincite.
Wiltord il suo posto nella storia del calcio francese se l’era però già preso sei anni prima e l’aveva fatto segnando il goal che ha confermato che non sempre i tabellini raccontando la verità ‘assoluta’.
“Quella rete al 93’ ha rappresentato il punto più alto della mia carriera. Il mio piccolo mattone per la costruzione del castello".

