GOALGabriel Hanot è stato uno dei calciatori francesi più forti di inizio ‘900. Eccellente esterno, farà il suo esordio con la maglia della Nazionale transalpina ad appena diciotto anni, ma la sua sarà una carriera inevitabilmente condizionata dalla prima guerra mondiale.
Catturato nel corso della Grande Guerra, riuscirà a fuggire da un campo di prigionia tedesco, prima di arruolarsi nell’aeronautica e distinguersi come ottimo pilota. Tornato poi a giocare a calcio, bagnerà la sua dodicesima e ultima presenza in Nazionale con una doppietta, prima che le conseguenze di un incidente aereo lo costringessero ad un prematuro ritiro a soli ventinove anni.
Quella di Gabriel Hanot è stata una ‘vita da film’, ma in realtà a consegnargli un posto nella storia del calcio, sarà ciò che farà una volta appesi gli scarpini al chiodo. Si spenderà infatti moltissimo per lo crescita del calcio femminile, sarà tra i fondatori del professionismo in Francia e si distinguerà come uno dei migliori giornalisti sportivi della sua epoca.
Penna arguta e potenzialmente severissima, nel 1949 scriverà, dopo una pesante sconfitta della Francia in un match contro la Spagna, un durissimo editoriale non firmato con il quale chiederà a gran voce le dimissioni del commissario tecnico della Nazionale. Le dimissioni arriveranno poi effettivamente il giorno successivo, ma c’è una particolarità: il commissario tecnico dei Blues era lo stesso Hanot.
Sarà da giornalista che darà il meglio di sé, sempre con l’obiettivo di rendere il calcio uno sport migliore e, tra le tante intuizioni che lascerà in eredità, ce ne saranno un paio in particolare che, ancora oggi e a distanza di decenni, rappresentano il sogno di qualsiasi giocatore: la Coppa dei Campioni ed il Pallone d’Oro.
E’ lui infatti il padre della massima competizione continentale per club ed è sempre lui ad aver immaginato quello che è considerato il più importante riconoscimento individuale al quale un calciatore può ambire.
Se la Coppa dei Campioni d’Europa oggi è nota a tutti come Champions League, il Pallone d'oro (Ballon d'Or) nel corso dei decenni non ha cambiato la sua denominazione, mentre più volte è stata modificata la sua formula. Istituito nel 1956 dalla rivista sportiva francese France Football, originariamente doveva premiare, attraverso i voti della stampa specializzata, il miglior calciatore europeo.
Tolte un paio di eccezioni, ovvero gli oriundi Di Stefano e Sivori (entrambi argentini), fino al 1994 è stato un riconoscimento al quale potevano puntare solo campioni nati nel Vecchio Continente, mentre ai giorni d’oggi premia il miglior giocatore del mondo.
Il primo a vincerlo è stato, alla veneranda età di quarantuno anni, il leggendario sir Stanley Matthews (all’epoca in molti parlarono di una sorta di premio alla carriera) e da allora alcuni dei più grandi fuoriclasse di ogni tempo hanno avuto il privilegio di metterlo nella propria bacheca.
Amato e odiato, il Pallone d’Oro, o meglio la sua assegnazione, nel corso dei decenni ha fatto molto discutere. Per tanti campioni che l’hanno vinto, ce ne sono altrettanti che avrebbero meritato di portarne almeno uno a casa, ma che non ci sono andati nemmeno vicini. La lista è lunga, così come non brevissima è quella che comprende i nomi di coloro che sono riusciti ad assicurarselo pur senza essere dei campionissimi.
Del Pallone d’Oro si sa tutto o quasi, compreso il fatto che spesso finisce nelle mani degli attaccanti (quasi mai in quelle dei difensori e nel solo caso di Yashin in quelle dei portieri), che Lione Messi l’ha vinto per ben sette volte (un record forse imbattibile) e che Weah (escludendo gli oriundi) è stato il primo non europeo a vincerlo. Quello che invece in molti non sanno è che nel 1989 si cercò di stabilire chi era stato il ‘Pallone d’Oro’ dei ‘Palloni d’Oro’.
A trentatré anni dall’istituzione del premio, si tentò dunque di individuare quale fosse stato il più forte giocatore in assoluto dei tre decenni precedenti.
La corsa al riconoscimento, che venne ribattezzato Super Pallone d’Oro, non era aperta a tutti. Potevano infatti ambire a vincerlo solo coloro che erano riusciti a mettere in bacheca almeno due Palloni d’Oro. La lista dei candidati prevedeva dunque sei soli nomi: quelli di Alfredo Di Stefano (1957, 1959), Johan Cruyff (1971, 1973, 1974), Franz Beckenbauer (1972, 1976), Kevin Keegan (1978, 1979), Karl-Heinz Rummenigge (1980, 1981) e Michel Platini (1983, 1984, 1985).
Il premio sarebbe stato assegnato alla vigilia di Natale del 1989, nel corso della cerimonia dell’assegnazione del Pallone d’Oro ‘tradizionale’ che poi andrà a Marco Van Basten (con Franco Baresi secondo e Frank Rijkaard terzo per un podio tutto milanista).
A stabilire il vincitore sarebbero state le preferenze di quattro giurie: i ventisette giornalisti che votavano per il Pallone d’Oro, i giocatori che nel corso della carriera ne avevano vinto almeno uno, i lettori di France Football ed i telespettatori di TF1.
I giornalisti votarono in maggioranza per Di Stefano (nella loro classifica si piazzò Cruyff al secondo posto staccato di tre voti) e lo stesso fecero anche gli ex vincitori del Pallone d’Oro che premiarono la leggenda del Real Madrid (Cruyff ancora secondo ma staccato questa volta di due voti), mentre le preferenze dei lettori di France Football ed i telespettatori di TF1 furono in larga parte, e la cosa non può sorprendere, per il francese ed eroe di casa Platini.
Raccolti tutti i dati si decise dunque di procedere con una serie di calcoli e dalle medie finali risultò un unico vincitore assoluto: Alfredo Di Stefano.
La mitica ‘Saeta Rubia’, si piazzò al primo posto seguito da Cruyff e Platini e, accompagnato dalla moglie Sara, venne premiato, in diretta televisiva insieme a Marco Van Basten, e al cospetto degli altri campioni in lizza per il premio, con un trofeo speciale in vetro con un Pallone d’Oro in cima e tanti piccoli Palloni d’Oro alla sua base.
“Alfredo Di Stefano
Super Ballon d’Or Europeen France Football TF1
24 december 1989”.
Era questa la scritta che campeggiava sulla targhetta del premio con il quale si era deciso di incoronare il più grande di tutti.
“Ho scoperto solo una decina di giorni fa - svelerà a ‘France Football’ - di essere in lizza per questo premio con Cruyff, Platini, Beckenbauer, Keegan e Rummenigge. A dire la verità non mi aspettavo di vincere. Si tratta di una ricompensa straordinaria, soprattutto in considerazione del fatto che mi sono ritirato molti anni fa. Non si può immaginare quanto sia felice in questo momento. E’ davvero un grande onore per me e dedico questo Super Pallone d’Oro a tutti coloro che hanno votato per me, a chi ha organizzato tutto questo e al mondo intero”.
Chi visita oggi il museo del Real Madrid, può ammirare il Super Pallone d’Oro di Di Stefano, ma in realtà quella esposta è solo una copia del trofeo originale che nel 2021 è andato ad un fortunato collezionista nell’ambito di un’asta voluta dalla famiglia del campionissimo.
Prestigio e contraddizione insieme, come è spesso accaduto nella storia del Pallone d’Oro: a vincere il Super Pallone d’Oro, ovvero il premio che doveva andare al più forte giocatore europeo di sempre… è stato un argentino.
Paese natio a parte però, Alfredo Di Stefano, oltre ad aver vestito anche la maglia della Nazionale spagnola, è stato, senza ombra di dubbio, uno dei più grandi fuoriclasse di ogni tempo. Trascinatore del Real Madrid capace di vincere cinque Coppe dei Campioni consecutive, resta ad oggi il solo calciatore ad aver fatto suo il Super Pallone d’Oro e probabilmente nessuno riuscirà mai ad eguagliarlo. Nel 1989 infatti, si parlò chiaramente di ‘un’unica volta’, ma chissà che le cose non possano cambiare in futuro.
Il tempo dirà se Di Stefano avrà mai un giorno un erede. Quello che è certo è che nel 2020 è stato stilato, attraverso votazioni, il Dream Team del Pallone d’Oro e nello straordinario 3-4-3 venuto fuori, non si è trovato un posto per lui.
Prestigio e contraddizione insieme… appunto. E’ anche questo a rendere così speciale il riconoscimento individuale più ambito da ogni calciatore.
