Stramaccioni InterGetty

Stramaccioni all'Inter: dal blitz dello Stadium alla lite con Cassano

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La storia dell'Inter è stata caratterizzata da ribaltoni clamorosi, soprattutto in panchina, accentuati durante la presidenza di Massimo Moratti, tifoso ancor prima che presidente e 'pazzo' nell'accezione positiva del termine: un po' come la sua creatura, a cui continua a voler bene nonostante non ricopra più cariche di alcun tipo all'interno della società. Nel corso degli anni il 'presidentissimo' ha preso una miriade di decisioni, talvolta necessarie e talvolta dolorose, con unico denominatore a determinarle: la passione viscerale per l'Inter, che spesso lo ha portato a seguire il cuore piuttosto che la ragione, il caldo istinto anziché la fredda razionalità. Cambi di allenatore improvvisi come quello di Gigi Simoni nel 1998, arrivato dopo due vittorie contro Real Madrid e Salernitana. Forse proprio quell'istinto fu a guidarlo nella primavera del 2012, in una delle stagioni più tormentate che i tifosi nerazzurri ricordino, che vide tre tecnici alternarsi su una panchina, all'epoca, parecchio bollente.

E' il 25 marzo 2012 quando l'Inter perde il derby d'Italia contro la Juventus: un 2-0 fatale per Claudio Ranieri, chiamato a sostituire Gian Piero Gasperini dopo le prime tre giornate di campionato. Il toto-nomi per la successione, stavolta, non è corposo e comprende un profilo insospettabile: quello di Andrea Stramaccioni, che proprio quel giorno ha vinto con la sua Primavera la NextGen Series, competizione antesignana dell'attuale Youth League. Una squadra piena di potenziali talenti come Mbaye, Crisetig, Bessa e Longo, vincitrice ai calci di rigore contro i pari età dell'Ajax: ed è qui che entra in scena l'istinto morattiano, la mossa quasi disperata di uno che le ha provate tutte e non ha più nulla da perdere. Una decisione-lampo, un azzardo in piena regola raccontato dallo stesso Stramaccioni alla trasmissione 'Saranno signori (del calcio)'.

"Il lunedì atterrammo da Londra. Naturalmente mi svegliai con qualche ora di ritardo a causa della nottata. Trovai tantissime chiamate di Ausilio e lo richiamai: 'Direttore, cos'è successo?'. E lui: 'Il presidente si è messo in testa una strana idea. Ha in mente di darti la prima squadra. Se dovesse chiamarti...". Poco dopo mi ritrovai in un ufficio legale e mi sedetti di fronte a Moratti. C'erano anche Ausilio, Branca e Angelo Mario, il figlio del presidente. Parlammo una quarantina di minuti e spiegai come avrei fatto giocare io la squadra se fossi stato l'allenatore. Una chiacchierata bellissima alla fine della quale, Moratti, come era solito fare si abbassò l'occhiale e disse: 'Senta, non me ne frega niente di quello che penseranno gli altri. Lei è il nuovo allenatore dell'Inter'. E io cascai dalla sedia".

L'esordio, ironia della sorte, è previsto per il 1° aprile 2012: nessun pesce, nessuno scherzo. Stramaccioni si siede sulla panchina dell'Inter a San Siro per la sfida al Genoa e il battesimo di fuoco lo premia con un pirotecnico 5-4: la squadra gioca bene e segna tre reti nei primi 38 minuti, prima che il 'Grifone' rialzi la testa nel tentativo di concludere una rimonta non andata a buon fine. La classica partita pazza della pazza Inter, stesso DNA a prescindere dagli allenatori. La stagione però è già compromessa e la qualificazione al preliminare di Champions League (possibile solo con la conquista del terzo posto) non arriva. Il ruolino di Stramaccioni è, però, più che positivo: 17 punti in 9 partite che gli valgono la riconferma e la cancellazione della nomea di traghettatore che lo accompagna lungo tutto questo periodo. L'Inter strappa comunque la qualificazione per i turni preliminari di Europa League, una luce nel buio di una stagione iniziata malissimo.

Javier Zanetti, Andrea Stramaccioni - InterGetty Images

Le premesse per l'annata successiva sono più che incoraggianti: Stramaccioni perde due leader come Maicon e Lucio ma ottiene l'acquisto di Handanovic e, soprattutto, di Antonio Cassano, con cui il rapporto però si deteriorerà col passare dei mesi. L'estate 2012 è utile per testare una squadra che è un mix di gioventù ed esperienza: eliminati in sequenza Hajduk Spalato e Vaslui, pass per i gironi di Europa League staccato e avvio di campionato super; l'Inter vince 9 delle prime 11 partite, tra cui il derby col Milan (festeggiato con vigore sotto la Curva Nord) e il big match dello Stadium contro la Juventus dello squalificato Conte (in panchina il suo vice Alessio). Questo, probabilmente, è il punto più alto dell'epopea stramaccioniana: bianconeri in vantaggio dopo 18 secondi con Vidal (goal viziato da posizione di fuorigioco dell'assistman Asamoah) e più volte vicini al raddoppio nel corso del primo tempo.

L'Inter è come un pugile che incassa colpo su colpo senza mai crollare definitivamente a terra, tanto che il primo tempo si conclude sull'1-0 e lascia spazio a qualsiasi esito nella ripresa. E' qui che i nerazzurri si accendono e trovano la forza per ribaltare tutto: Milito si guadagna e trasforma il rigore del pari, prima di siglare il raddoppio sfruttando una bella azione personale di Guarin. La Juventus sente la pressione salire costantemente e la lucidità dei suoi uomini più importanti scarseggia, fino all'epilogo più amaro per i campioni d'Italia che, in contropiede, subiscono addirittura l'onta dell'1-3 con Palacio, servito da un instancabile Nagatomo. E' tripudio interista per un successo prestigioso che regala il -1 in classifica e consente di parlare (rigorosamente a bassa voce) addirittura di Scudetto. 

La parolina magica si trasforma nell'antidoto peggiore per l'Inter, al netto di qualche altro risultato degno di nota come la vittoria sul Napoli del 9 dicembre: la vetta dei bianconeri si allontana così inesorabilmente e, a dare il colpo di grazia alle speranze del 'Biscione', è il mercato di gennaio che priva Stramaccioni di due elementi come Sneijder e Coutinho, sacrificati sull'altare del Financial Fair Play che già cominciava ad incombere dalle parti di Appiano Gentile. La separazione con l'olandese è uno dei crucci più grandi di Stramaccioni, come si evince dalle parole rilasciate al 'Corriere dello Sport'.

"La società voleva vendere Sneijder per capitalizzare. Lui era il mio dieci ideale e con lui ci trovavamo molto. Ma Sneijder non accettava la nuova destinazione e la società mi chiese di metterlo fuori rosa. Mi dissero che ci avrebbero parlato loro ma quando lo fecero Wesley per poco non buttò giù la porta dell’ufficio. Io non potevo fare nulla, di fronte alla volontà determinata della società e Wesley lo capì".

A complicare i piani del tecnico romano anche una serie incredibile di infortuni che colpiscono alcuni tra i giocatori più carismatici della rosa: tra cui Diego Milito, vittima della rottura del legamento crociato il 14 febbraio 2013 nel ritorno dei sedicesimi di Europa League contro il Cluj. Al 'Principe' si aggiungeranno poi anche Samuel, Stankovic e capitan Zanetti tra gli altri. Quella che agli ottavi affronta il Tottenham è un'Inter in piena emergenza: l'andata a Londra è senza storia e gli 'Spurs' vincono 3-0, trascinati da un Gareth Bale ai massimi splendori. Al ritorno il gallese è squalificato e i lombardi sembrano approfittare, dal punto di vista psicologico, di questa assenza tra gli avversari: Cassano apre le marcature, Palacio fa 2-0 e l'autorete di Gallas allunga l'incontro ai tempi supplementari. E' proprio qui che Adebayor sigla il goal qualificazione, prima della marcatura finale di Alvarez che contribuisce quantomeno a metter pepe ai secondi finali.

Cassano & Stramaccioni - InterGetty Images

L'eliminazione è una botta psicologica tremenda per i ragazzi di Stramaccioni, in caduta libera in campionato dove vengono infranti record negativi di ogni tipo: alla fine saranno 16 le sconfitte in campionato, appena 19 i punti totalizzati nel girone di ritorno, a testimonianza di un ritmo quasi da zona retrocessione. Clima tesissimo, aggravato anche dalla lite tra il mister e Cassano: proprio lui, l'uomo voluto da Stramaccioni, rivoltatosi contro nel momento cruciale di una stagione del tutto fallimentare. Ai microfoni de 'La Gazzetta dello Sport', il classe 1976 ha spiegato la sua verità su un caso deleterio per gli equilibri dello spogliatoio.

"L’episodio della lite fu molto semplice e quel giorno c’erano diverse persone presenti. Lo affrontai per via di una relazione che una persona dell’Inter mi riportò: mi spiegò che Cassano parlava apertamente contro di me con compagni e staff aggiungendo che non era la prima volta che succedeva e che per il bene della squadra fosse giusto io lo sapessi alla vigilia della delicata doppia sfida di Catania e Tottenham. Dentro la Pinetina lui aveva tenuto un vero comizio di fronte ad alcuni giocatori e membri dello staff, spiegandogli quanto fosse bravo Mazzarri e di quanto sarebbe stato meglio se lui fosse venuto al mio posto. Lui si era convinto dopo Natale che io a fine stagione non lo avrei confermato ed era invece sicuro di rientrare nei piani di Mazzarri ,che poi fu esattamente colui che lo scaricò…".

Un confronto accesissimo, riscaldato dalla personalità importante dei due duellanti.

"Il giorno dopo che mi fu riferito del comizio tenuto da Cassano aspettai la fine dell’allenamento per prenderlo da solo, ma visto che lui si sbrigò ad uscire dal campo per primo gli corsi dietro e lo affrontai verbalmente al riguardo uno contro uno, lui negò tutto da falso qual è. Sapevo che erano bugie le sue, gli dissi che non valeva niente come persona, che non aveva riconoscenza visto che io lo avevo voluto all’Inter, e tutto ovviamente degenerò. Non mi ha nemmeno sfiorato e lui lo sa bene, gli urlai che finché gli faceva comodo mi abbracciava ad ogni goal ed ero un bravo allenatore , dopo sono diventato il peggiore del mondo. Io non sono né un Fenomeno, né il peggiore del mondo e di questa storia mi sono sempre rifiutato di parlare con chiunque perfino con il Presidente Moratti per rispetto della sacralità dello spogliatoio dove di cose così ne succedono tante e devono secondo me tutte morire lì".

Risultato? Spogliatoio spaccato in mille pezzi e clima pessimo, propedeutico al fallimento finale. La 'condanna' di Stramaccioni è certificata anche dalle voci (poi rivelatesi reali) su un forte interesse del magnate indonesiano Erick Thohir in merito all'acquisizione del pacchetto di maggioranza societario: nuovo datore di lavoro e nuovo progetto, che non prevede più il suo nome ma quello di Walter Mazzarri, scelto per ridare dignità ad un gruppo pieno zeppo di grandi individualità che però ragionano senza unione d'intenti. Per Stramaccioni l'addio dalla modalità peggiore, con un grande rimpianto: non aver avuto a disposizione quasi metà squadra nel momento topico, che avrebbe potuto disegnare uno scenario e, soprattutto, un esito finale completamente diverso.

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