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Juan Pablo SorinGoal Italia

Juan Pablo Sorin alla Juventus: un flop con la Champions in bacheca

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La leggenda narra che Juan Pablo Sorin fosse arrivato alla Juventus su consiglio di Omar Sivori. E la storia, effettivamente, è andata proprio così. Alle prese con il ruolo di ambasciatore bianconero per il Sudamerica, "El Cabezon" segnalò alla dirigenza un terzino sinistro di prospettiva, all'epoca di proprietà dell'Argentinos Juniors.

Non un nome sconosciuto agli osservatori, in quanto capitano dell'Argentina Under 20 capace di laurearsi campione del mondo in Qatar. Insomma, convocato e stimato da un certo Daniel Passarella, uno che di buoni giocatori se ne intende ancora oggi.

La Signora dunque annusò un colpo di prospettiva e, senza tergiversare, decise di portare il ragazzo di Buenos Aires a Torino per 1,6 miliardi di lire. Cifra non banale - se contestualizzata al periodo - ma determinante affinché l'operazione andasse in porto.

Juan Pablo Sorin ArgentinaGetty

Il calciatore albiceleste, fin da piccolo, coltivava una netta allergia nei confronti della banalità. A 19 anni, infatti, Sorin si presentò nel capoluogo piemontese con interessi calcistici ma non solo. Passione per arte, libri e teatro. Con l'obiettivo di diventare giornalista una volta appesi i tacchetti al chiodo.

Tuttavia, fin da subito, la strada si rivelò in salita. Per lui. Perché quella Juventus nella stagione 1995-1996 vinse la Champions League, con un macina chilometri sulla fascia mancina: Gianluca Pessotto.

"E' stata un'esperienza incredibile - ricorderà Sorin anni dopo a TuttoJuve - Arrivavo dall'Argentinos Juniors ed ero molto giovane. Non c'era ancora la legge Bosman. Giocare la Champions, essere accanto a campioni come Vialli, Ravanelli, Del Piero, Ferrara, Peruzzi e tanti altri, fu impressionante la loro mentalità vincente. Ora si rivede in Conte, Paulo Sousa e Deschamps. Ho imparato tantissimo da loro e da mister Lippi. La mia voglia di giocare mi ha convinto a tornare in Argentina al River Plate, così avevo più chance di poter essere convocato in nazionale. Quell'anno abbiamo vinto la Libertadores, e curiosità: sono stato l'unico calciatore a vincere i due ambiti trofei nello stesso anno".

Appunto. Dopo una sola annata trascorsa nel Belpaese, Sorin decise di fare rientro in patria per difendere i colori dei Millonarios. Una scelta lungimirante, considerando i successi ottenuti: una Libertadores, una Supercoppa Sudamericana, tre Tornei d'apertura e uno di Clausura. Ancor oggi è l'unico calciatore della storia ad aver vinto Champions League e Libertadores nello stesso anno (il 1996).

Poi, il Cruzeiro. Poi, il ritorno nel Belpaese, tra le fila della Lazio. Un'operazione laboriosa, complicata, a seguito del crack Cirio.

I biancocelesti, infatti, ebbero più di un problema nel pagare la prima tranche del trasferimento ai brasiliani, con una pendenza di circa 3,5 milioni di euro. Alla fine, per fare in modo che la fumata bianca venisse celebrata, le società si accordarono per chiudere il trasferimento con la formula del prestito.

Altro giro, altra tappa deludente. In estrema sintesi, anche alla corte di Roberto Mancini Sorin non riuscì a esprimere il suo potenziale. Il tutto, cercando di mettere in mora la società capitolina con annessa richiesta di svincolo, bocciata dal collegio arbitrale della Lega per un vizio di legittimità.

Meglio con Barcellona e Paris Saint-Germain. Meglio decisamente con il Villarreal, dove l'argentino divenne assoluto protagonista, con tanto di prima storica partecipazione in semifinale di Champions League. Era lui uno dei doppi ex del confronto tra i bianconeri e il Submarino Amarillo andato in scena nelle scorse settimane. Il resto, i rientri al Cruzeiro e il trasferimento all'Amburgo, rappresentano il contorno di una carriera - comunque - vissuta premendo ininterrottamente sull'acceleratore. 

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