A Maurizio Sarri, sicuramente, questa sera gireranno le scatole. A onor del vero, in virtù della conferenza stampa della vigilia, è lecito pensare che al tecnico bianconero giri ben altro. Ma sostanzialmente il senso del discorso rimane il medesimo.
Dopo la Supercoppa Italiana, ecco il tonfo della Juventus in Coppa Italia. Un percorso, inevitabilmente, condizionato da mesi difficili. Per la Vecchia Signora, ma anche per il Napoli, capace di compattarsi attorno al suo condottiero, Rino Gattuso, in un momento drammatico.
Vince il pragmatismo azzurro. Che non sarà a base di ostriche e champagne, ma che intanto vanta dalla sua un trofeo. Fondamentale per aprire un ciclo nuovo, con un allenatore che ha dimostrato di avere le idee (molto) chiare.
Peccato, per i tifosi bianconeri, che non si possa dire lo stesso di Sarri. Lui che, se avesse battuto la truppa campana, sarebbe diventato il secondo mister più anziano a conquistare la Coppa Italia: dietro solo Nereo Rocco nell'annata 1976-1977. Invece, nulla da fare.
Una squadra, quella juventina, priva di un'identità ben definita. Insomma, nulla di nuovo. Perché se il derby d'Italia aveva illuso il popolo zebrato, il Napoli ha riportato nella realtà una truppa che, ancora una volta, ha palesato evidenti limiti strutturali.
A partire da una panchina risicata che, all'Olimpico, proponeva ben quattro elementi dell'Under 23. Inusuale per Madama, abituata spesso e volentieri a poter sfoggiare elementi extra lusso a tutto tondo.
E poco conta se la Signora abbia dalla sua un certo Cristiano Ronaldo che, a livello di club, per la prima volta è riuscito nell'impresa di perdere due finali consecutive. Fuori condizione, fuori ritmo, incredibilmente fuori dal mondo.
Impalpabile CR7, così come si è rivelata ancora una volta impalpabile una coralità che continua a non essere né carne né pesce. Un passo in avanti, due indietro. Con la paura delle paure dietro l'angolo, ovvero non essere in grado di difendere lo scudetto: obiettivo minimo.
Il Napoli dà, il Napoli toglie. Lo sa bene Sarri che, all'ombra del Vesuvio, ha vissuto tre anni splendidi. Così maestosi da poter pensare di fermare - concretamente - la leggendaria egemonia nostrana juventina.
Che, seppur in piena corsa in chiave tricolore, incomincia a balbettare. Complice, inevitabilmente, una nuova guida che non ha saputo ancora accendere né la giusta scintilla né la giusta passione. Ma complice anche un organico mal plasmato.
Il 2-1 del San Paolo, andato in scena il 26 gennaio, avrebbe dovuto fare scuola. E invece, ancora una volta, la Juve non ha saputo andare oltre. Proponendo, complessivamente, una gara deludente e preoccupante. Perdendo, così, la seconda finale di fila. Pronti via, bis, ed è già allarme rosso.




