C'erano una volta un affermato e spregiudicato portiere cileno, Roberto AntonioRojas Saavreda, diversi complici, una tifosa brasiliana della 'Torcida', Rosenery Mello, due Nazionali che si contendono la qualificazione ai Mondiali di Italia '90, Brasile e Cile, un fotoreporter argentino attento e scrupoloso, Ricardo Alfieri Junior, e un palcoscenico incandescente e unico, il vecchio Stadio Maracaña di Rio de Janeiro, ricolmo di oltre 140 mila spettatori.
Non vi stiamo però per raccontare una favola, ma fatti realmente accaduti su un campo di calcio e che somigliano molto ad un thriller, il più clamoroso e maldestro tentativo di truffa messo in atto da un giocatore in una partita con l'obiettivo di alterarne il risultato, nonché quello che è ritenuto ancora oggi l'episodio più vergognoso della storia del calcio cileno: 'El Condorazo', dal soprannome con cui era noto l'estremo difensore della Roja.
LE QUALIFICAZIONI SUDAMERICANE A ITALIA '90
Prima di addentrarci nei meandri della notte del Maracaña, però, occorre fare un passo indietro di oltre un anno, a quando, cioè, vengono delineati i gironi di qualificazione per i Mondiali.
Con l'Argentina campione del Mondo in carica e ammessa di diritto alla fase finale, per le Nazionali sudamericane c'è un posto in meno nelle qualificazioni a Italia '90. Nell'estate 1988, all'Hotel Plaza di Buenos Aires, dove si svolgeranno i sorteggi, una delle personalità più attive è Miguel Nassour, il presidente della Federcalcio cilena.
La CONMEBOL opta per la formula con i 3 gironi, con 9 squadre a giocarsi 2 posti e mezzo: le 2 migliori prime andranno direttamente in Italia, mentre l'altra vincitrice del girone dovrà sostenere uno spareggio intercontinentale con la vincitrice delle qualificazioni oceaniche.
Il Cile finisce nel Gruppo C con Venezuela e Brasile, e Nassour farà di tutto per provare ad addomesticare il calendario: è convinto che, viste le squadre, per la qualificazione sarà decisiva la differenza reti nel doppio confronto con il Venezuela così, su input del Ct. Orlando Aravena, prova a far sì che la Roja possa affrontare la Vinotinto successivamente al Brasile.
Non ci riuscirà e finirà per essere criticato da tutti: dai cileni, che lo ritengono responsabile del raggruppamento ostico nonché di doversi giocare l'ultima giornata al Maracaña, e lo accusano anche di aver intascato 100 mila dollari per aver fatto questa concessione ai verdeoro, e dagli stessi brasiliani per il suo anomalo e sospetto attivismo.
Il Ct. del Cile Orlando Aravena, forte del 4-0 di Cordoba della Copa America 1987, è comunque convinto che la Roja sia più forte di una Seleçao votata in quegli anni al pragmatismo e ad un nuovo atteggiamento giudicato "difensivista", con il Commisario tecnico Sebastião Lazaroni, che introduce la difesa a tre e il libero. Qualche anno più tardi sarebbe approdato in Italia per guidare la Fiorentina.
Se il Cile era finalista della Copa America 1987, sconfitto poi dall'Uruguay, il Brasile con il nuovo assetto si era però riscattato nell'edizione 1989 del torneo continentale, grazie alla vittoria nel girone finale all'italiana. Il girone mondiale inizia subito dopo, il 30 luglio: a Caracas i verdeoro rifilano un poker di goal al Venezuela (goal di Branco e Romario e doppietta di Bebeto).
La Roja, invece, il 6 agosto, non va oltre l'1-3 contro i Vinotinto con doppietta di Jorge Aravena e rete di Zamorano (sì, proprio il futuro attaccante dell'Inter all'epoca ventiduenne e alla sua prima rete in Nazionale). E il Commissario tecnico capisce subito che andare ai Mondiali di Italia '90 è impresa ben più ardua di quanto preventivato.
Ci sono gli scontri diretti, e per sovvertire la differenze reti servirebbe una vittoria a Santiago del Cile contro il Brasile. Il Ct. della Roja avvia allora una campagna provocatoria ai danni dei calciatori verdeoro, e in particolare sfodera una similitudine fra il Brasile e il pugile brasiliano Adilson Rodrigues, mandato sonoramente al tappeto da Evander Holyfield il 15 luglio in un incontro valido per il Titolo dei pesi massimi delle Americhe continentali WBC.
"I giocatori del Brasile cadranno come Maguila (nomignolo di Adilson Rodrigues, ndr)", dichiara in mondovisione.
Alla conferenza pregara del Cile non sono ammessi i giornalisti brasiliani. A rispondere al Ct. avversario ci pensa però Romario, che assicura:
"Chiuderemo la bocca ad Aravena".

All'Estadio Nacionál de Chile, in un clima di alta tensione, il 13 agosto si gioca Cile-Brasile. L'atmosfera è rovente, e già nel riscaldamento, svolto nei locali interni dell'impianto, in quei corridoi dove inevitabilmente sembra di sentire riecheggiare le urla dei prigionieri che lì furono torturati o giustiziati durante il regime di Pinochet, Romario, che non ha mai brillato per autocontrollo, è bersaglio di insulti continui da parte dei giocatori cileni.
Poi, rompendo totalmente con il protocollo Fifa, il Cile entra sul terreno di gioco prima del Brasile. Quando lo fanno i verdeoro, Romario minaccia a gesti il centrocampista Alejandro Hisis. Notato dall'arbitro, l'attaccante riceve un cartellino giallo ancor prima che la gara abbia inizio.
La partita ha inizio e dopo appena un minuto Branco subisce un'entrata killer da Raúl Hormeño, che lo colpisce a piedi uniti all'altezza del ginocchio. Nonostante il fallo violento, il centrocampista è punito soltanto con una ammonizione. Dal parapiglia che ne nasce, Romario, già sanzionato, è espulso con un rosso diretto.
Hormeño 'si ripete' però su Valdo, con un'altra entrata da censura: corre appena il 10', e l'arbitro tira fuori il secondo giallo e dunque il rosso, seconda espulsione del match in pochi minuti. La partita prosegue dunque 10 contro 10. Successivamente verrà espulso anche il Ct. del Cile Orlando Aravena, il quale tuttavia, riesce a farsi dare, non visto, la giacca di un giocatore in panchina, se la infila e riappare dall'altra parte dello Stadio Nacionál. Devono intervenire i carabinieri per fargli guadagnare gli spogliatoi.
In campo il Brasile passa in vantaggio nella ripresa al 56' grazie ad una rocambolesca autorete dei padroni di casa, poi però Taffarel la fa grossa: consegna palla ai cileni all'altezza dell'area piccola, questi ultimi battono velocemente una punizione a 2 e Basay trova il più facile dei goal. La gara termina 1-1 e la Roja è punita per i disordini sugli spalti con la squalifica del campo, che li costringe a giocare l'impegno successivo contro il Venezuela sul campo neutro di Mendoza, in Argentina.
Se il Brasile consolida il primato nel Gruppo C travolgendo 6-0 la Vinotinto, il Cile non va oltre il 5-0 in quel di Mendoza.
LA NOTTE DEL 'CONDORAZO'
Brasile e Cile si dividono il primo posto del Gruppo C con 5 punti. La Seleçao, però, rispetto alla Roja ha una miglior differenza reti, sicché per andare ai Mondiali il Cile è costretto a battere il Brasile a casa sua al Maracaña. Ai verdeoro, invece, è sufficiente un pareggio. Quello che rappresenta a tutti gli effetti uno spareggio per i Mondiali di Italia '90 si gioca il 3 settembre 1989.
Ma, anche vista la gara di andata e la sua storia, il Brasile vive l'appuntamento con una certa inquietudine. Già due volte la Seleçao in circostanze simili aveva avuto la peggio: nel 1950 contro l'Uruguay, in quello che passerà alla storia come Maracanazo, e nel 1982 in Spagna, quando a beffare i sudamericani era stata l'Italia di Enzo Bearzot.
Davanti agli oltre 140 mila spettatori del Maracaña, Lazaroni non snatura la squadra. Il Brasile è schierato con il solito 3-5-2. Rispetto alla gara di andata non c'è Romario, e davanti tocca a Bebeto far coppia con la stella Careca. Nel Cile lo schema ricorda un 4-2-3-1, con Juan Letelier centravanti e alle sue spalle sulla trequarti Yañez, Jorge Aravena e Vera. A dirigere l'incontro è stato designato l'argentino Loustau.
Il primo tempo è una gara bloccata, il Brasile concede poco o nulla, e le parate del capitano della Roja, Roberto Antonio Rojas, detto 'El Condor' dai tifosi perché in grado di volare con la sua agilità da un palo all'altro come il noto rapace, consentono alla Nazionale andina di andare a riposo sul risultato di 0-0.
Comincia il secondo tempo e al 59' Careca, servito in profondità, ha un gran controllo, porta a spasso mezza difesa avversaria e con un diagonale mancino trova il varco vincente. La conclusione del centravanti del Napoli è precisa ma debole, Rojas sembra poterci arrivare ma, forse ingannato dal fondo irregolare del Maracaña, non trattiene e il pallone si insacca alle sue spalle: 1-0 Brasile.
GettyTutti hanno in quel momento l'impressione che sia il goal della qualificazione per i brasiliani. Mancano poco più di 40 minuti e per il Cile l'impresa appare sempre più difficile. Ma attorno al 70' accade qualcosa di sorprendente e inaspettato. Mentre Taffarel sta effettuando un rinvio, dalla curva opposta dello stadio viene lanciato un bengala in campo. È una questione di attimi. È caduto nella zona del portiere del Cile Rojas, che all'improvviso, coperto da una vasta coltre di fumo, rantola a terra con le mani sul volto.
I compagni di squadra subito lo circondano: 'El Condor' ha il viso pieno di sangue, e le telecamere colgono molto bene il dettaglio. Il Maracaña, fino a qualche secondo prima festante e colmo di gioia, all'improvviso si ammutolisce e osserva con apprensione quanto accade in campo.
Nel capannello di giocatori cileni attorno a Rojas di distingue in negativo Pato Yañez, che ricopre di insulti e gestacci i membri della Torcida verdeoro, indicando i propri genitali. Quel modo di sbraitare passerà alla storia, tanto che in Sudamerica si dirà da lì in avanti "hacer un Pato Yañez", ovvero "fare un Pato Yañez".
Ma torniamo al protagonista principale della storia, 'El Condor' Rojas. È a terra ridotto ad una maschera di sangue. In un'epoca calcistica molto distante da quella attuale, in cui ogni minimo dettaglio di una partita viene ripreso, le telecamere non hanno colto l'esatto momento dell'impatto del bengala, ma si ipotizza che possa aver colpito alla testa il portiere. I suoi compagni di squadra chiedono così all'arbitro Loustau di abbandonare il campo. In particolare il difensore Fernando Astengo.
Dopo atri concitati istanti, i giocatori del Cile prendono Rojas e riportano l'estremo difensore, ferito come un soldato in guerra, o almeno così pare, negli spogliatoi. Una cosa simile non si era mai vista prima nella storia delle qualificazioni Mondiali e mai più si vedrà.
Sono convinti di ottenere dalla FIFA il 2-0 a tavolino che permetterebbe alla Roja di qualificarsi a Italia '90. Viceversa nella mente dei brasiliani, increduli e sconvolti, torna la paura, già vissuta in passato, che per un evento quasi sovrannaturale il Brasile, nel momento decisivo, ancora una volta non ce l'abbia fatta.
GettySubito negli spogliatoi del Maracaña Rojas viene esaminato a fondo dai medici brasiliani. Qualcosa non torna. I giornalisti cileni iniziano a farsi delle domande. In particolare sospettano del Ct. Orlando Aravena: qualche anno prima in una partita Palestino-Universidad de Chile, i padroni di casa si erano aggiudicati il successo a tavolino a causa di sasso che ha colpito alla testa Marco Cornez, il vice Rojas nella Roja. In quell'occasione il portiere era rimasto a terra per un tempo spropositato in relazione alle dimensioni della pietra.
Uno dei reporter, Guarello, ha avuto anche la freddezza di prendere appunti negli istanti immediatamente successivi al presunto impatto del bengala con Rojas, e si è segnato i numeri di coloro che per primi hanno soccorso Rojas: ci sono il difensore Astengo, i trequartisti Jorge Aravena e Vera, ma soprattutto gli attaccanti Yañez, Juan Letelier e Basay, quest'ultimo subentrato nel corso della ripresa.
"Per quale motivo - si chiede - fra i primi che soccorrono Rojas ci sono tre attaccanti, arrivati immediatamente dall'altra parte del campo? E se fosse tutto un inganno, una gigantesca montatura?".
Ma non esistono prove televisive in grado di dirimere il caso e anche i fotografi brasiliani si rendono conto di non poter dare un apporto risolutivo alla vicenda. Uno di loro, però, è convinto di aver visto il bengala atterrare ad almeno un metro da Rojas. Il suo nome è Gomes Teixeira, e a bordo campo si trovava vicino ad un collega argentino.
Si tratta di Ricardo Alfieri Junior, che porta con sé un nome pesantissimo. Ha deciso infatti di fare il fotografo come suo papà RIcardo Alfieri, l'uomo che dopo la finale di Argentina '78 aveva realizzato per 'El Gráfico' uno scatto rimasto nella storia della fotografia sportiva, 'El abrazo del alma','L'abbraccio dell'anima': quello di Victor Dell'Aquila, un tifoso rimasto privo delle braccia a causa di un incidente, proteso verso Ubaldo Fillol e Alberto Tarantini. Alfieri aveva saputo cogliere l'attimo in cui le maniche del maglioncino indossato da Dell'Aquila sembravano congiungersi con i due giocatori abbracciati fra di loro.
Suo figlio, Ricardo Junior, si trovava al Maracaña quella sera del 3 settembre 1989 per conto di un giornale giapponese. Si dice che per cogliere il senso vero delle cose c'è sempre bisogno di qualcuno in grado di vederle in modo diverso dal senso comune. E Ricardo Alfieri Junior è l'unico, fra i fotografi presenti al Maracaña per Brasile-Cile, ad aver visto partire il bengala. Aveva allora imbracciato i ferri del mestiere e aveva iniziato a scattare foto. È riuscito così a riprenderel'intera sequenza: 14-15 foto, che mostrano chiaramente che il bengala non ha colpito Rojas alla testa.
"Ho visto che c'era moltissimo fumo e poi Rojas tutto insanguinato. Non capivo, qualcosa non mi quadrava. Ero convinto che 'El Condor' non fosse stato colpito dal bengala".
ArchivoLe macchine digitali ancora non esistono e Alfieri non ha la possibilità di controllare in tempo reale le sue fotografie. Se rispettasse la prassi imposta dal giornale dovrebbe addirittura inviare gli scatti in Giappone e aspettare. Passano le ore, e il Cile lascia il Maracaña e fa ritorno a Santiago, con i giocatori accolti come eroi e la convinzione di avere il 2-0 a tavolino in tasca.
"Brasil asesinos", recita un cartello mostrato da una tifosa cilena.
Gomes Teixeira inizia però a parlare con Alfieri, posizionato di fianco a lui. Ricardo alimenta i dubbi del brasiliano: è convinto che qualcosa non torni e gli confessa di aver scattato la sequenza dell'impatto del bengala. Teixeira lo dice a tutti i suoi colleghi e l'argentino si ritrova in un attimo accerchiato da tanti fotografi brasiliani.
"Ricardo, ascoltami - gli dice Gomes -. Sei l’unico ad avere le prove che Rojas sta mentendo e barando. Non ti lascerò uscire dal Paese con quei negativi".
Lo convince a rivelare tutto ad una radio, la voce si diffonde rapidamente e giunge fino alle orecchie di Ricardo Teixeira, il numero uno della Federcalcio brasiliana. Il Brasile per salvarsi ha bisogno delle foto di un argentino. Ricardo Teixeira entra nella sala stampa del Maracaña e chiede ufficialmente a Ricardo Alfieri Junior che consegni il materiale fotografico a disposizione. A quel punto l'argentino non può più tirarsi indietro.
In piena notte, le foto vengono sviluppate nello studio fotografico di Gomes Teixeira. Dell'impatto del bengala con il suolo ce ne sono quattro che mostrano che è atterrato a distanza di sicurezza da Rojas. Il delegato della FIFA ottiene una copia degli scatti e lascia lo stadio. È ormai chiaro a tutti che si è trattato di una truffa messa in atto dal 'Condor' e dal Cile per ottenere con l'inganno la qualificazione ai Mondiali a spese del Brasile.
"Rojas era un portiere fortissimo - dichiarerà spesso Alfieri -, io non avrei mai voluto recare danno a lui o alla Nazionale cilena, ma ero l'unico ad avere quelle foto. E se un fotografo ha una prova di quel tipo, nel momento in cui gli viene chiesta non può rifiutarsi di consegnarla".
Intanto si scopre che il bengala incriminato era di marca 'Condor' (curioso gioco del destino), e che la mano che lo ha lanciato in campo è quella di una ragazza brasiliana della Torcida. Ha 23 anni e si chiama Rosenery Mello. È riuscita ad eludere i controlli all'ingresso del Maracaña nascondendo il bengala nelle mutandine. Ha un figlio piccolo e viene fermata e rilasciata nel giro di 24 ore.
Dopo i fatti del Maracaña vivrà un momento di grande popolarità nazionale: nel novembre del 1989 finisce addirittura sulla copertina dell'edizione brasiliana di Playboy. In cambio di 40 mila dollari accetta di posare seminuda nelle pagine interne. Per tutto il Brasile diventa "a fogueteira do Maracaña", appellativo che la consegna all'immortalità.
Quella notte surreale di Rio de Janeiro passerà così alla storia con tre appellativi: "El bengalazo", "El Maracanazo de la Selección chilena" (dopo l'inchiesta della FIFA) e, soprattutto "El Condorazo", dal soprannome del principale protagonista del tentativo di truffa, il capitano e portiere della Roja Roberto Antonio Rojas.
IL TABELLINO DI BRASILE-CILE 1989
Rio de Janeiro, Stadio Maracaña, 3 settembre 1989
BRASILE-CILE 2-0 a tavolino
MARCATORI: 59' Careca
BRASILE (3-5-2): Taffarel; Aldari, Mauro Galvão, Ricardo Gomes; Jorginho, Silas, Dunga, Valdo, Branco; Bebeto, Careca. A disp. Acácio, Ricardo Rocha, Alemão, Mazinho, Renato. Ct. Sebastião Lazaroni
CILE (4-3-3): Rojas; Reyes (63' Basay), Astengo, Hugo González, Puebla; Hisis, Jorge Aravena, Jaime Pizarro; Yañez, Juan Letelier, Vera. A disp. Cornez, Contreras, Covarrubias, Olmos. Ct. Orlando Aravena
Arbitro: Juan Carlos Loustau (Argentina)
Ammoniti: Mauro Galvão (B), Puebla, Yañez, Hisis (C)
Spettatori: 141.072
Note: gara sospesa al 70' per abbandono del campo da parte del Cile in seguito al lancio di un bengala dalle parti del portiere cileno Rojas. La FIFA apre un'inchiesta sull'accaduto, e accertata la truffa messa in atto da Rojas, assegna la vittoria a tavolino al Brasile, che si qualifica così ai Mondiali di Italia '90.
L'INCHIESTA, LA VERITÀ E LE DECISIONI DELLA FIFA
Accertato grazie agli scatti di Ricardo Alfieri Junior che quella del Maracaña era stata una farsa, in attesa della pronuncia ufficiale della FIFA, restano da chiarire tutti gli altri elementi.
"Come è stato possibile - si chiedono tutti - che Rojas, se non è stato colpito dal bengala, abbia perso così tanto sangue?".
A 32 anni 'El Condor' è all'apice della sua carriera e dal 1987 gioca in Brasile con la maglia del San Paolo. Secondo alcuni è il miglior portiere mai espresso dal calcio cileno. Dopo i fatti del Maracaña, tuttavia, tornano alla luce alcuni scheletri dal suo passato.
Rojas da giovane aveva dovuto scontare una pena detentiva di 12 giorni di carcere per aver partecipato, assieme a buona parte dei compagni della Nazionale giovanile cilena, al Sudamericano sub-20 di Paysandù del 1979 con dei passaporti falsi. Su 20 giocatori della rosa, 18 non avrebbero potuto prendervi parte per aver superato l'età consentita.
Non solo: nel 1984 il portiere aveva dovuto saltare le Olimpiadi calcistiche di Los Angeles per una positività al nandrolone (Deca Durabolin) in occasione di un'amichevole fra Cile e Inghilterra. Il principale protagonista dello scandalo del Maracaña, insomma, non era sicuramente uno stinco di santo. La sua figura è al contempo grande e controversa.
Nelle ore successive ai fatti di Rio, quando la farsa è ormai acclarata dalle foto, continua a negare spudoratamente ogni addebito.
"Non ho nemmeno capito da cosa sono stato colpito - afferma -, ricordo soltanto la luce e la nuvola di fumo. Mi hanno tenuto per quattro ore negli spogliatoi, i medici brasiliani mi hanno trattato come se fossi un topo da laboratorio, mi hanno fatto di tutto. Mi hanno sparato dell’acqua ossigenata in testa, mi hanno aperto la ferita. Io sono la vittima, il Brasile mi sta trasformando in colpevole, come se avessi lanciato io stesso il bengala per colpirmi".
"Immaginate cosa sarebbe successo se mi avesse colpito sul corpo - aggiunge -, considerando i materiali della maglia avrei rischiato di prendere fuoco. È stata l’opera di un esaltato, non credo che sia stata la donna che accusano".
Il capitano del Cile ipotizza un complotto, visto che il presidente della FIFA, João Havelange, è un brasiliano. Per i cileni il capo del calcio non ammetterebbe un campionato del Mondo senza i suoi connazionali protagonisti.
La FIFA, però, prove fotografiche in mano, si pronuncia in fretta: vittoria2-0 a tavolino per il Brasile, che va così a Italia '90. Con i verdeoro accedono ai Mondiali anche l'Uruguay, che si aggiudica per differenza reti il Gruppo A ai danni della Bolivia, e la Colombia, che vince il Gruppo B e batte Israele nello spareggio intercontinentale. A Rojas, che adduce un perdurante stato di shock e non si presenta all'interrogatorio fissato dalla Federazione internazionale, vengono inflitti 3 mesi di squalifica a livello di club più stop a vita per gli impegni internazionali.
Le indagini comunque proseguono. A Rojas, però, non crede ormai quasi nessuno. Fra questi anche Sergio Stoppel, il nuovo presidente della Federcalcio cilena, subentrato a Nassour nel corso del 1989.
"Rojas è una persona cattiva - afferma -, capace di qualsiasi cosa, su cui è impossibile fare affidamento. Dev'essere allontanato dalla Nazionale".
Dalle indagini degli ispettori della FIFA, intanto, trapelano nuovi elementi. Subito dopo l'accaduto, nella confusione negli spogliatoi del Maracaña erano spariti i guanti del portiere cileno. Fatto che aveva subito insospettito gli inquirenti. C'è il sospetto che Rojas possa essersi procurato una ferita con le sue mani. Un ex arbitro brasiliano, Wanderley Boschilia, afferma di averlo visto, durante un match del San Paolo, procurarsi un taglio con il tappo di una birra.
'El Condor', tuttavia, nega a ripetizione e intervistato nel novembre del 1989 dal reporter de 'El Gráfico', Jorge Barraza, parla di trame più grandi di lui legate alla presidenza della FIFA.
"Il bengala mi ha preso di striscio, non in pieno, altrimenti sarei morto. Ma mi ha comunque colpito. Orlando Aravena non c'entra nulla con questa storia. La verità è che il Brasile ha maneggiato bene l'incidente. Se quello che è successo a Maracaña fosse capitato a Santiago - afferma - non credo che la FIFA avrebbe punito il Brasile".
Il capitano del Cile torna inoltre sulla decisione della FIFA di far giocare in campo neutro la precedente gara di qualificazione con il Venezuela.
"Ci hanno spedito in campo neutro perché sapevano che a Santiago avremmo rifilato 10 goal al Venezuela - attacca -. E voi argentini non potete parlare di regolarità: vogliamo pensare al Mondiale del 1978, o al gol di Maradona di mano contro gli inglesi?".
Barraca controbatte accusa per accusa, ma in Rojas non ci sono segni di cedimento. Poi, però, la FIFA riesce finalmente ad interrogarlo. L'interrogatorio si svolge al Jolly Hotel di Roma. Successivamente, l'8 dicembre 1989, arriva una seconda sentenza. Ritoccando la prima, la Federazione internazionale usa il pugno duro contro il movimento calcistico cileno:
- è confermato il successo per 2-0 a tavolino del Brasile, che va così a Italia '90;
- il Cile, con la motivazione della "premeditazione", è escluso dalle qualificazioni al Mondiale successivo di USA '94;
- Roberto Rojas e il presidente federale cileno Sergio Stoppel sono squalificati a vita;
- il Ct. Orlando Aravena è squalificato per 5 anni in patria e a vita per gli impegni internazionali;
- il difensore e vice-capitano del Cile Fernando Astengo, che ha imposto all'arbitro lo stop della partita,è squalificato per 5 anni;
- il medico del Cile, Daniel Rodríguez, è squalificato a vita relativamente alle attività sportive;
- il fisioterapista Alejandro Kock, figura più centrale di quanto si possa immaginare, è squalificato per un anno.
Nove mesi dopo 'El Condorazo', accade che Aravena, Fernando Astengo, che a causa della sanzione della FIFA aveva perso la possibilità di giocare in Serie A (era seguito da Cesena e Lazio) e il magazziniere della Roja, Nelson Maldonado, fanno pressioni perché Rojas vuoti il sacco e si prenda tutte le responsabilità di quanto accaduto la sera del Maracaña. Sarà un boomerang.
Rojas convoca infatti i giornalisti della 'Tercera', uno dei quotidiani più popolari di Santiago del Cile, scagiona il Ct. e i dirigenti e rivela l'esistenza di un piano 'B': qualora le cose si fossero messe male, avrebbero inscenato una farsa per qualificare il Cile a Italia '90. Il piano è formulato due giorni prima dell'attesa sfida di Rio dalle menti dello stesso portiere e di Astengo. Alla prima occasione utile, si sarebbe ritirata la squadra con la minima scusa cercando di ottenere una vittoria a tavolino.
Ed è a questo punto che entra in scena un altro personaggio, il fisioterapista Alejandro Kock, colui che avrebbe consegnato a Rojas un minuscolo bisturi avvolto nel nastro adesivo, con la sola punta libera. 'El Condor' racconta di averlo tenuto per tutto il primo tempo della partita in uno dei calzettoni, per poi spostarlo nel guanto destro durante l'intervallo. Quando Rosenery Mello lancia il bengala, nella mente di Rojas arriva il momento buono per costruire la farsa.
"Non aspettavo altro, mi gettai a terra, come se fossi stato colpito da un proiettile, e mentre mi passavo le mani sul volto afferrai un piccolo bisturi che avevo sistemato in un’intercapedine dei guanti e mi tagliai la fronte. Zic! Un colpo netto e deciso. Vedevo molto sangue, ce l'avevo fatta".
"Avevo fregato tutti, e intimamente godevo. Sorridevo assieme ad Alejandro, il nostro massaggiatore, l’uomo che aveva manomesso i miei guanti infilandoci il bisturi incriminato".
Ecco spiegato il motivo del sanguinamento copioso sul volto. Non solo: lo stesso Kock, una volta fatto il suo ingresso sul terreno di gioco, nella concitazione di quei momenti, ferisce ulteriormente il viso di Rojas. Dopo il rientro negli spogliatoi, è invece Astengo che consegna al magazziniere Maldonado i guanti con all'interno il piccolo bisturi.
Questi li conserverà in casa per 15 giorni, per poi far sparire 'l'arma del delitto' gettandola nella spazzatura.
"Nessun altro sapeva di questo piano: soltanto io, Astengo e Kock", giura Rojas.
Non servirà: gli ispettori FIFA accerteranno anche la responsabilità di Aravena, informato dei fatti e collegato tramite walkie-talkie dalla tribuna con il medico del Cile. La vicenda segna il punto più basso e la vergogna più grande della storia del calcio cileno. Per molti anni si continueranno ad alimentare sospetti e coinvolgimenti, ma se i fatti sono stati ricostruiti con dovizia di dettagli, nessuno saprà mai esattamente, invece, se nel piano di truffa ai danni del Brasile fossero coinvolte e in maniera importante anche altre figure.
CHE FINE HANNO FATTO I PROTAGONISTI DEL 'CONDORAZO'?
Il Brasile di Lazaroni, ottenuta la qualificazione a Italia '90, farà breve strada in quei Mondiali, venendo eliminato agli ottavi di finale in un'altra partita passata alla storia contro l'Argentina, anch'essa piena di polemiche, con la borraccia piena di sedativo che gli argentini diedero a Branco.
Il Cile, Paese che in quel 1989 stava appena fuoriuscendo dagli orrori e dagli anni difficili della dittatura di Augusto Pinochet, ci metterà anni a risollevarsi e lo farà con un grande attaccante, Marcelo Salas, che in coppia con Ivan Zamorano (assente il giorno del 'Condorazo') trascinerà a suon di goal la Roja ai Mondiali di Francia '98.
Roberto Antonio Rojas, il discusso protagonista della vicenda, passerà anni difficili dopo le pesanti sanzioni. La squalifica a vita segnerà la fine della sua carriera.
"Con il calcio ero arrivato al capolinea - ammetterà qualche anno dopo -. Per me fu un dramma, nonostante numerose dichiarazioni di pentimento. Ma fu una catastrofe anche per lo sport cileno".
"Quando la farsa è stata scoperta è stata una ferita alla mia dignità. Ebbi problemi a casa con mia moglie - racconterà -, persino i miei compagni di squadra mi hanno voltato le spalle. Però se fossi stato argentino, brasiliano o uruguayano non sarei stato squalificato".
"Neppure le scuole calcio mi hanno voluto, non rappresento un buon esempio per i bambini che si avvicinano allo sport. Ancora a distanza di anni penso a quella notte, al sangue che mi coprì il volto, e al pube di Rosenery, che nascose il bengala nelle mutandine. Una trovata geniale. Non ci siamo mai conosciuti di persona ma la sorte quella notte ha deciso che i nostri destini si incrociassero in maniera beffarda".
Dopo ripetute richieste, nel 2001 Rojas ottiene l'amnistia, facendosi una nuova vita come preparatore dei portieri e allenatore delle Giovanili. Ha lavorato anche con il San Paolo, allenando fra gli altri Rogerio Ceni e Ricardo Kaká.
"Era il minimo che potessi fare - dichiarerà - per ottenere il perdono dei brasiliani".
Di recente, nel 2015, 'El Condor' ha dovuto anche superare un'epatite C ed è stato sottoposto a trapianto di fegato.
Prensa Colo Colo'
A Fogueteira do Maracaña' ha avuto invece una sorte molto più sfortunata: è deceduta infatti nel 2011, all'età di 45 anni, per le conseguenze di un'aneurisma celebrale. Ricoverata d'urgenza presso l'ospedale Marcílio Días di Rio de Janeiro, non è sopravvissuta ad un delicato intervento chirurgico. La sua famiglia (era madre di tre figli) ha acconsentito all'espianto degli organi.
Il Ct. Orlando Aravena, scaduta la squalifica, ha allenato il Palestino nel 1996 e il Santiago Morning nel 2006. È diventato anche proprietario di diverse palestre. Le sue responsabilità sul 'Condorazo' non sono mai state chiarite completamente.
Fernando Astengo, vicecapitano di quel Cile, ricevuto uno sconto di 2 anni sulla squalifica, ha ripreso a giocare in patria a 33 anni diventando poi allenatore. È tornato poi agli onori delle cronache per un grave incidente stradale che lo ha visto protagonista.
Ricardo Alfieri Junior, il testimone chiave del 'Condorazo', ha continuato a fare il fotografo. Suo papà è morto nel 1994 durante i Mondiali statunitensi, dopo esser riuscito a riabbracciarlo per l'ultima volta. Suo figlio Matteo sta continuando la dinastia di famiglia facendo anche lui il fotografo.
Senza le telecamere che oggi sono in grado di svelare ogni minimo dettaglio, soltanto grazie alla prontezza del fotografo argentino, che lo ha portato a rivolgere lo sguardo dove nessun altro in quel momento guardava, il 3 settembre 1989 si è scongiurato il piano diabolico che 'El Condor' Rojas e il Cile avevano messo a punto per estromettere la Seleçao dai Mondiali, in quella che rimane la pagina più nera della storia del calcio cileno.
