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Rafa Benitez dopo Napoli: il flop Real, Newcastle, la Cina con Hamsik e l'Everton

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Rafa Benitez compie 62 anni. Gran parte di questi spesi nel calcio, tra campo, panchina, spogliatoio e sale stampa. Una carriera lunghissima, fatta di tanti trofei ma anche delusioni - per chi si mette in gioco a certi livelli - da mettere in preventivo.

La sfida di Napoli ad esempio, seconda tappa italiana dopo l'Inter. Due stagioni in cui Benitez conquista una Coppa Italia e una Supercoppa Italiana, ma dove fallisce un approdo in Champions: lo spagnolo è la figura chiave per ridare appeal all'immagine del club in giro per l'Europa, con acquisti di prestigio e un tentativo di 'internazionalizzazione' per certi versi riuscito e per altri meno. Nel 2015 Rafa si congeda da Napoli con l'amaro in bocca, a stretto giro però - nonostante un'annata non proprio esaltante - corona il sogno di una vita: guidare il Real.

Florentino Perez sceglie Benitez - madrileno di Madrid - per ridare slancio al progetto in seguito al divorzio da Carlo Ancelotti (l'uomo della 'Decima'): nel destino di Rafa accade qualcosa di inatteso, perlomeno in quella fase della carriera di certo non al top. Invece i Blancos, contro ogni previsione e a dispetto di un ambiente ancora arrabbiato per il benservito a Carletto, gli affidano la panchina.

Per comprendere la gioia di Benitez va riavvolto il nastro ai suoi esordi nel pallone: da calciatore si forma nel vivaio del Real, poi - dopo aver interrotto il breve percorso con gli scarpini ai piedi a causa di svariati infortuni - decide di indossare la tuta impugnando penna e taccuino. Una gavetta iniziata proprio a Madrid, allenando con profitto le giovanili Merengues ed entrando negli staff dei vari tecnici della prima squadra che si avvicendano al Bernabeu ad inizio anni '90: Radomir Antic, Leo Beenhakker, Benito Floro, Vicente Del Bosque e Jorge Valdano.

La gioia di Benitez dicevamo, una gioia talmente grande che nel giorno della presentazione al fianco di Perez si traduce in lacrime. Quasi fosse un novello, perchè a cuor non si comanda e allenare il Real Madrid (dove porta con sè il vice Fabio Pecchia) rappresenta il massimo.

"E' un giorno emozionante, torno a casa mia. Spero che le cose vadano nel verso giusto, che riusciremo a vincere titoli e che la squadra giochi bene. Spero di ripagare col lavoro la fiducia che è stata riposta in me. Questa  è la squadra più forte che abbia mai avuto".

"E' un uomo che respira calcio e madridismo fin da ragazzo - sottolinea Florentino in conferenza - Sognava questo momento e ci è arrivato, il suo nome è garanzia di lavoro e sacrificio. Benitez è uno dei migliori allenatori al mondo, ha fatto del metodo il suo marchio di fabbrica. E' veramente uno di casa, qui si è formato come giocatore e allenatore. Ha alle spalle 13 anni di Real e da oggi ha nelle sue mani la responsabilità di guidare la squadra. Non c’è nessuno meglio di Rafa che sappia cosa significhi questa maglia e questo stadio".

Grandi proclami, sinergia totale, basi solidissime per avviare un nuovo ciclo (contratto triennale). In effetti la partenza è di quelle a razzo, il Real staziona ai vertici della Liga e segna goal a grappoli, ma a metà andata il giocattolo si inceppa. Un po' come a Napoli, Benitez regala grandi exploit (girone di Champions dominato con 6 vittorie e un pareggio) conditi da debacles preoccupanti: è il caso dell'eliminazione a tavolino in Coppa del Re a causa dell'impiego dello squalificato Cheryshev col Cadice, o dei ko con Siviglia e Barcellona. In particolare quello nel Clasico, uno 0-4 al Bernabeu troppo umiliante per poter essere messo da parte, anche perchè da lì in avanti il Rafa-Real non si ritrova più.

Tra una goleada (vedi lo storico 10-2 al Rayo Vallecano), un passo falso, le critiche di stampa e tifosi e presunte acredini con Cristiano Ronaldo (Celebre il "O io o lui" che il portoghese avrebbe pronunciato a Perez), a gennaio 2016 - ironia della sorte, in seguito al match pareggiato al Mestalla contro il 'suo' Valencia - il matrimonio tra Benitez e il Madrid si interrompe. Dopo appena 7 mesi l'incantesimo si spezza, il sogno si trasforma in incubo, come un incubo sono le parole di Florentino nell'avvicendamento con Zinedine Zidane.

"Abbiamo deciso per la risoluzione del contratto di Rafa Benitez. Siamo grati a lui per il lavoro svolto. E' persona magnifica e grande professionista, siamo contenti del suo impegno. Al suo posto abbiamo scelto Zidane, un campione del calcio che conosce questo club, una leggenda del Real: oggi è un grande giorno per il madridismo".

La favola Real si chiude mestamente, gloria e ambizioni di Benitez a Madrid diventano un'esperienza lampo quasi fosse un traghettatore. Dura non pensarci, dura far finta che non sia mai accaduto e - per tutto ciò che abbiamo spiegato in precedenza - dura ripartire: servono argomenti validi, occorre un progetto serio che faccia sentire Rafa importante. La classica chiesa al centro del villaggio, fornendogli carta bianca. Dove rimettersi in gioco se non in Inghilterra, per l'uomo capace di portare il Liverpool sul tetto del mondo rivelatasi fertilissima?

La proposta giusta arriva da Newcastle, il telefono squilla a marzo 2016, a circa due mesi dal flop Real e con poche gare di Premier a disposizione. I Magpies si trovano in fondo alla classifica, le certezze vanno ricostruite: lo spagnolo dice sì e rileva Steve McLaren, con la possibilità di andarsene in caso di retrocessione.

"Credo che ci siano le possibilità tecniche e le qualità, da parte dei giocatori, per rimanere in Premier. Se nel mio contratto esiste questa clausola, ed esiste, è proprio perché ho la totale fiducia in questi ragazzi e voglio rimanere a Newcastle".

La dirigenza si aggrappa a Benitez nel rush finale, ma ormai è tardi: il Newcastle precipita in Championship. Addio Rafa? No, perchè gli accordi vengono riscritti: contratto fino al 2019, con poteri da allenatore-manager.

"Sono estremamente felice di rimanere al Newcastle. L'amore che mi hanno trasmesso i tifosi ha pesato molto sulla mia decisione, questo è un club importante e voglio essere parte del suo futuro, che prevedo grandioso".

In Serie B con l'uomo Champions, a Nord dell'Inghilterra sono affranti ma allo stesso tempo ottimisti. Rafa è l'uomo della provvidenza, colui che deve risollevare le sorti di una squadra storica caduta in depressione: non a caso, 'St. James' Park' diventa l'habitat in cui i tifosi fanno sentire Benitez un Re.

Stadio sempre pieno (50mila spettatori per un match di Championship è roba da pelle d'oca), 'Sin prisa, sin pausa' e 'Spalla a Spalla' inculcati a squadra e ambiente: a Rafa il rilancio del Newcastle riesce, dopo una sola stagione - grazie a un'entusiasmante rimonta - il ritorno in Premier diventa realtà. Ma una volta riposte le fondamenta, la proprietà disattende le promesse.

Dal mercato non arriva gente top, i tifosi storcono il naso per l'atteggiamento del patron Mike Ashley accusato dalla piazza di sfruttare il club a scopo di lucro senza voglia di farlo tornare grande. Benitez, a fronte di proclami venuti meno e un clima poco sereno, trascorre il periodo 2017-2019 tra salvezze tranquille e prospettive ridotte. Ecco perchè, terminato l'accordo siglato nel 2016, Rafa decide di non rinnovare.

"Con dispiacere dobbiamo comunicare che, alla scadenza del contratto fissata al 30 giugno 2019, Rafa Benitez lascerà il Newcastle. Abbiamo lavorato duramente per prolungare l'intesa, ma non è stato possibile raggiungerla con Rafa e il suo entourage".

Alla base della scelta, la differenza di vedute con la proprietà.

"Io volevo restare al 100% - le parole di Rafa al 'Times' -volevo sviluppare un progetto ed essere competitivi, ma per farlo servono gli strumenti. Se non li hai, allora soffri, perché resti sul fondo della classifica e non avrei potuto gestire questa situazione per altri tre anni, non era questa la mia idea quando sono arrivato al Newcastle. La mia idea era di arrivare fra le prime dieci, poi fra le prime otto e magari provare a qualificarsi per l'Europa: se le persone al vertice del club avessero avuto le mie stesse idee, sarei ancora qui".

"Nell'ultimo incontro di maggio pensavo avremmo chiuso il nuovo accordo e invece mi sono reso conto che avevamo opinioni diverse sul futuro, che non c'era nulla di chiaro, così ho dovuto prendere una decisione, perché non avrei potuto continuare allo stesso modo".

Ashley, che a dispetto delle critiche nel Newcastle aveva comunque investito, non la prende bene.

"Il suo addio è stata solo una questione di soldi, avrebbe potuto dirlo subito. Se vai via e dici le cose che ha detto, penseresti che per lui la prima cosa è stata la squadra, poi Rafa e poi il denaro. Ma direi che prima c'era il denaro, poi Rafa e infine il club. Ha preso la decisione più comoda, che è stata quella di andare in Cina. Mi ha deluso".

Già, la Cina: a circa un mese dall'addio al Newcastle per Benitez si spalancano le porte dell'Oriente. L'allenatore madrileno firma col Dalian Yifang, assicurandosi un contratto da oltre 13 milioni di euro a stagione e ritrovando Marek Hamsik, che da poco ha lasciato Napoli dopo 11 anni e mezzo.

Aria nuova, un altro mondo, il momento per cambiare continente però non è quello giusto: lo scoppio della pandemia taglie le gambe alle ambizioni cinesi di Benitez, che resiste 18 mesi - durante i quali non ottiene trofei nè grosse soddisfazioni - e lo scorso gennaio dice basta.

"Purtroppo, come tante cose nell'ultimo anno, il Covid-19 ha cambiato le nostre vite e i nostri progetti. Sia io che il mio staff non alleneremo più il Dalian. La pandemia è ancora presente e, quando abbiamo preso questa decisione, sostenere le nostre famiglie è stata una priorità. Saluto tristemente, ma allo stesso tempo convinto che il futuro del club sarà luminoso".

Un futuro che per Benitez, a causa dell'imperversare del Coronavirus e delle annesse restrizioni, era diventato scurissimo: un pensiero al lavoro, l'altro - preoccupato - rivolto ai propri cari ubicati nell'altra parte del mondo.

"Quella di quando sono tornato in Inghilterra e sono stato chiuso in casa non era una vera quarantena - racconta in un'intervista al 'Daily Mail' -La vera quarantena è quando sei in un albergo, ti bussano alla porta alle 7 di mattina, all’una di pomeriggio e poi di nuovo alle 7 di sera e ti danno il cibo e le mascherine. Quando addosso hai un braccialetto col tuo nome e non puoi lasciare la stanza perchè sei sotto strettissimo controllo. Quella è una quarantena".

"Guardavo le partite, leggevo, passeggiavo dentro la stanza. Quando ero a Hong Kong la mia prima stanza era grande 70 passi, quindi potevo farmi una passeggiata all’interno. La seconda era più piccola, solo 50. E quindi passeggi, passeggi, passeggi, fai un po’ di palestra e qualche esercizio. La maggior parte dei canali tv è cinese, il calcio internazionale lo vedi di tanto in tanto sui notiziari, ma se volevi vedere le partite dovevi farlo dal computer".

PS Benitez Cina Covid

Benitez si gode il relax della famiglia, ma morde il freno per rientrare nel giro. Con idee ben chiare.

"Voglio restare in Europa: la priorità è l'Inghilterra. Vorrei aspettare per trovare il progetto giusto, ma non restare troppo senza lavorare. Voglio tornare in campo il prima possibile. Direttore tecnico? No, forse tra 10 anni quando andrò in pensione. Mi piace lavorare con i calciatori e farli migliorare".

Nell'estate 2021 una nuova chance. Benitez torna a Liverpool, ma questa volta sulla sponda Everton. L'accoglienza non è delle migliori proprio in relazione al suo passato alla guida dei 'Reds'. Un'avventura che durerà appena 7 mesi: il 16 gennaio scorso, all'indomani della sconfitta sul campo del Norwich, lo spagnolo viene esonerato al termine di una lunga serie negativa con un solo successo in 13 gare. Il rischio retrocessione con il 16° posto e sei lunghezze di vantaggio dalla zona retrocessione e una media di 1,14 punti (dopo 22 partite) spingono la dirigenza dei 'Toffees' ad esonerare Benitez. Si conclude così l'ultima avventura in panchina dell'iberico, che ora attende una nuova chiamata per rimettersi in gioco.

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