Tra i principi basilari che fondano "l'interismo", c'è quello, ormai noto, che prevede una certa capacità di accettare tanto le vittorie, quanto le sconfitte, con lucida analisi, prima di procedere ai festeggiamenti del caso. Le parole di Federico Dimarco rilasciate a DAZN, dopo il Derby di Milano, aiutano a comprendere meglio questo concetto.
"Pensavo che oggi ci avrebbero aspettati al varco per affrontarci: non mi aspettavo un Milan così, soprattutto nel primo tempo".
Dimarco, che "dell'interismo" è uno degli esponenti più puri, in termini anche e soprattutto stretti di "fede calcistica" (emblematiche sono le parole "Nel cuore sento il nerazzurro e basta", che anticipa la parte dell'intervista citata prima), ha trovato una via più semplice per descrivere una situazione allo stesso tempo complessa e articolata. Il Milan, questo Milan, è talmente distante dal Milan che tutti, Inter compresa, erano abituati a conoscere, interpretare e analizzare, che fa specie.
Fragile nelle fondamenta e nelle scelte: messa da parte la lucidità sulla quale Stefano Pioli ha costruito quasi interamente la conquista dell’ultimo Scudetto, i rossoneri si dimostrano oggi una squadra troppo diversa rispetto a quella che, un anno fa, si svegliava in una Milano tinta dal “Diavolo” con i colori della rimonta in campionato, verso il Tricolore, dopo il Derby vinto con la “girata” di Olivier Giroud, iconica.
Trecentosessantacinque giorni dopo il Milan è crollato al sesto posto al campionato e, più in generale, in uno stato confusionale che coinvolge tutti, tant’è che trovare un singolo responsabile è praticamente impossibile. In serie, i problemi da analizzare sono così diventati: le scelte di Pioli, il rinnovo di Leao, le difficoltà sul mercato tra l’estate e l’inverno, gli infortuni. Un misto.
Certo è che i numeri della serata di San Siro restano emblematici, soprattutto quello dei tiri in porta dei rossoneri: zero al termine dei novanta minuti. Quattro quelli spediti fuori. Leao, poi, merita un capitoletto a parte: è potenzialmente uno dei più forti (se non il più forte) in campo quasi ogni weekend, ma se ne accorge puntualmente un po’ in ritardo rispetto all’inizio di una partita o al suo inserimento dalla panchina. È un tema, quindi, il suo rinnovo? Toglie tranquillità? Può essere. Non premiano, comunque, gli investimenti estivi, soprattutto la decisione di puntare su Charles De Ketelaere, destinando sostanzialmente la maggior parte dei fondi previsti per il mercato su un giocatore che al 5 febbraio non viene impiegato neanche un minuto nel Derby più importante dell’ultimo anno. Arriveranno giorni migliori anche per il belga: le qualità le ha mostrate, in passato.
Come “Pioli opposti”, però, si respingono Inter e Milan, separati dal concetto di fondo della “piena consapevolezza di sé”, che da un certo punto di questa stagione ha accompagnato le gare dei nerazzurri di Simone Inzaghi, almeno da quando ha “toccato” il nono posto in classifica, dopo la sconfitta contro la Roma a San Siro, a inizio ottobre. Preludio alla rinascita: al successo contro il Barcellona e alla svolta.
L’Inter ha vinto dieci delle ultime tredici gare in Serie A, pareggiando contro il Monza e perdendo contro Juventus ed Empoli: posto che quella con i toscani è una serata che può capitare a chiunque e che il ko contro i bianconeri rientra nella logica delle gare “sentite” (e dei “Deby d’Italia), ai nerazzurri non si può chiedere di più. Hanno portato a casa la Supercoppa in uno dei due Derby di Milano vinti in meno di venti giorni, conquistato le semifinali di Coppa Italia e riacquisito la sicurezza che all’inizio dell’anno, quando il Milan macinava punti, sembrava mancare.
Ha ritrovato anche elementi importanti: l’ingresso in campo di Romelu Lukaku (che anche contro l’Atalanta in settimana aveva mostrato segnali positivi) aiuta a comprendere meglio il fatto che, comunque, da qui in avanti Inzaghi può solo far meglio, dopo aver consolidato la posizione in zona Champions League alle spalle di un Napoli che, volente o nolente, rimane irraggiungibile.
Il giorno del crollo, quel 5 febbraio 2022 che, a conti fatti, spianò la strada per lo Scudetto del Milan, è troppo lontano: l’Inter è una squadra matura, oggi. Sa dove può arrivare, cosa può dare: sa che l’impresa degli azzurri di Luciano Spalletti toglierebbero un po’ di responsabilità su un secondo posto che, di conseguenza, peserebbe meno. Sa che la Champions può essere una piacevole sorpresa: sa che questo Lautaro Martinez, “il capitano”, può essere il faro per molto tempo. Il Milan no: non sa cosa accadrà, adesso. Fa i conti coi dubbi interni relativi al rinnovo di Leao e al futuro di alcuni reparti da rifondare, dovesse continuare così. Tra loro c'è un abisso. “Pioli opposti”: due facce della stessa Milano.
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