E pensare che Pavel Nedved sarebbe voluto rimanere alla Lazio. Uno degli acquisti più difficili da realizzare per la Triade, con Luciano Moggi a raccontare i retroscena dell'operazione messa a segno dalla Juventus nell'estate del 2001:
"Non è stato complicato per l’acquisto in sé ma perché il giocatore non voleva cambiare squadra. Lo chiamai e gli dissi: ti mando un jet privato a casa, arrivi a Torino che non lo sa nessuno, vieni alla Mandria e se l’ambiente non ti piace te ne ritorni a casa con l’aereo privato. Lui accettò e io avvisai tutti i giornalisti del mondo, che scrissero che Nedved veniva alla Juventus. Quindi a Roma iniziarono a chiamarlo traditore e fu più semplice farlo poi firmare. Con questo escamotage ho fatto la fortuna della società, perché Pavel è una persona equilibrata ed intelligente, sia da giocatore che da dirigente. Quindi sono contento di quello che ho fatto, oggi è uno dei dirigenti più importanti della Juve".
Beh, sacrosanta verità. Basti pensare ai numeri: 327 presenze e 65 goal. Con l'apice toccato nella stagione 2002-2003, e con il rimpianto di Manchester sempre vivo. Con i "se" e con i "ma", ed è il calcio a insegnarlo, non si va da nessuna parte. Ma l'ammonizione rimediata in semifinale contro il Real Madrid, per un brutto e inutile fallo su Steve McManaman, a distanza di anni resta un ricordo indelebile.
Con Marcello Lippi, all'epoca tecnico dei bianconeri, a commentare recentemente l'assenza delle assenze:
"Quell’anno massacrammo il calcio spagnolo con le vittorie su Deportivo La Coruna, Barcellona e Real Madrid. Sono convinto che con Nedved, che purtroppo era squalificato, quella finale contro il Milan nel 2003 non l’avremmo mai persa".
L'edizione del Pallone d'Oro 2003, d'altro canto, non mente: successo di Pavel Nedved, davanti a Thierry Henry e Paolo Maldini, con 190 punti. Insomma, all'epoca, il miglior giocatore al mondo. Un'autentica fonte di gioco sulla fascia mancina, capice di colpire spesso e volentieri tra le linee.
Il 2002-2003 è la seconda stagione di Nedved alla Juventus, dove è arrivato dalla Lazio nell'estate 2001 con l'arduo compito di sostituire Zinedine Zidane. I primi sei mesi a Torino sono un vero e proprio incubo: il ceco non riesce a trovare la giusta posizione in campo e piovono pesanti critiche, mentre i tifosi iniziano a interrogarsi sul reale valore del nuovo acquisto.
A risolvere il rebus sarà Marcello Lippi, che accentra Nedved dietro le punte concedendogli maggiore possibilità di svariare vicino all'area avversaria e cercare la conclusione da fuori. È la svolta. Nedved trascina la Juventus alla conquista dello storico Scudetto vinto il 5 maggio 2002 all'ultima giornata, quando i bianconeri sbancano Udine mentre l'Inter di Ronaldo il Fenomeno viene affondata proprio dalla Lazio all'Olimpico.
Una grande, grandissima, carriera. Caratterizzata da un solo rimpianto:
"Se mi guardo alle spalle, momenti tristi non ne vedo. Forse la cosa peggiore che mi è successa è di non aver giocato la finale di Champions; però la Juventus era in campo. Anche quando penso alla retrocessione non riesco a essere triste, perché la Juventus c’era e c’è sempre. Quel che resta, alla fine, è la felicità di giocare per la Juventus. Perché noi giocatori passiamo e la Juventus rimane. Per sempre".


