Qualità fisiche importanti (un metro e 82 di altezza per 75 chilogrammi), grande abilità nell'arte dell'anticipo, temperamento e personalità. Joseph Dayo Oshadogan aveva tutto per sfondare nel calcio come difensore centrale. I primi anni della sua carriera professionistica, del resto, sembrano rispettare le attese.
Ma il treno per il successo e la gloria passano velocemente, e Joseph dovrà accontentarsi di una carriera meno importante di quella che poteva essere, anche se le soddisfazioni per lui non mancheranno, come la finale di Champions League raggiunta con la maglia del Monaco. Il difensore si ritroverà spesso a combattere contro situazioni societarie difficili e sarà un simbolo simbolo della lotta al razzismo nelle sue varie esperienze calcistiche.
IL FOGGIA, L'INTERESSE DELLA JUVE E L'ITALIA UNDER 21
Oshadogan nasce a Genova il 27 giugno 1976. Sua madre Andreina è ligure, originaria di Savona, mentre suo padre, John, è nigeriano, e si è trasferito in Italia per motivi di studio. Joseph Dayo (nome che in nigeriano significa 'sii felice') è dunque un mulatto e trascorre l'infanzia con la sua famiglia a Pisa e nella città toscana coltiva le sue due passioni: il calcio, giocando nelle Giovanili del club nerazzurro, e la musica: ama il reggae e la musica classica e suona il violino, strumento con il quale si iscrive al Conservatorio e lo frequenta per 2 anni .
"Quando ero giovane - conferma in un'intervista a 'Gianlucadimarzio.com' del 2019 - suonavo il violino, ogni tanto lo uso ancora per far ridere i miei figli".
Quando nel 1993 il Pisa di Romeo Anconetani fallisce, travolto dai debiti, Oshadogan è preso a costo zero dal D.s. del Foggia Pavone, che lo porta in Puglia. Con i Diavoletti rossoneri per il difensore toscano inizia una nuova avventura. Già in quell'anno arriva per lui la chiamata della Nazionale nigeriana. Joseph Dayo però tiene duro.
" Fui convocato dalla Nigeria, ma dissi di no . - ricorda - Sono nato in Italia e sono italiano. ".
Intanto l'anno seguente, il 1994/95, a 18 anni è aggregato alla Prima squadra del Foggia, che gioca il campionato di Serie A sotto la guida di Enrico Catuzzi. I rossoneri però retrocedono in Serie B, ed è qui, nel 1995/96, che Oshadogan debutta fra i professionisti. Il giovane difensore mette in mostra da subito le sue doti e diventa un titolare del Foggia.
Per i rossoneri sono stagioni difficili, con l'era Zeman che è ormai un ricordo, e i risultati lasciano spesso a desiderare, ma il centrale, che all'occorrenza si disimpegna anche da terzino destro, è sempre fra i migliori del campionato cadetto. Luciano Moggi, Direttore Generale della Juventus, nel 1996 manda i suoi collaboratori ad osservarlo da vicino e le referenze sono più che lusinghiere.
Intanto, sempre in quell'anno, per Oshadogan si corona una dei suoi sogni: Il Ct dell'Italia Under 21, Cesare Maldini, decide infatti di convocarlo per le gare di qualificazione agli Europei di categoria contro Moldavia e Georgia .
" La Juventus? Io non so nulla, sono solo voci - commenta in un'intervista telefonica dell'epoca a 'La Repubblica' - e poi ho il contratto sino al 2000 con il Foggia: certo, mi fa piacere che un club come la Juve si interessi a me. Così come sono felice per la chiamata in Nazionale: ma non sono il tipo che si monta la testa, so prendere tutto nella giusta misura".
Joseph Dayo inizialmente non ci crede, ma poi finalmente realizza che è tutto vero. Il 3 ottobre 1996 è così una data storica per il calcio italiano, che segna l'inizio di un calcio sempre più globalizzato: Oshadogan fa l'esordio con l'Italia Under 21 e diventa il primo calciatore di colore a indossare la maglia azzurra. Il giocatore del Foggia parte titolare e gioca tutti i 90'. Gli Azzurrini si impongono 3-0 con una tripletta di Cristiano Lucarelli .
"Io nel calcio, Fiona May nell’atletica, Carlton Myers nel basket ... - sottolinea il difensore - Il mondo e l’Italia stavano cambiando, io ho fatto parte di questo cambiamento. Furono giorni stupendi".
Oshadogan colleziona in tutto 3 presenze con l'Italia Under 21, il possibile trasferimento alla Juventus sfuma mentre in campionato il suo rendimento va crescendo di anno in anno, a differenza dei risultati della squadra: nel 1997/98 il Foggia precipita in C1 .
IL TUMORE E LE ESPERIENZE CON REGGINA E COSENZA
Joseph Dayo gioca con il Foggia anche in Serie C1, ma dopo 90 presenze e 10 goal complessivi in tutte le competizioni con la maglia rossonera, nell'estate 1999 passa alla Roma. Il difensore fa tutta la preparazione pre-campionato con Capello, ma poi si trasferisce alla Reggina, sempre in Serie A .
"Roma per me fu un'esperienza positiva. Fare il ritiro con tanti campioni, con Capello alla guida, fu importante per la mia carriera . - dirà anni dopo a 'LaRoma24.it' - Il tecnico ci spronava in allenamento a far meglio e cercava di insegnarci il suo calcio. Magari potevo starci più a lungo, ma per giocare preferii accettare la Reggina. Andai via subito dopo la presentazione all'Olimpico. Ricordo come fosse ieri il mio cognome scandito dalla curva Sud. Temevo di fare una 'figuretta', che nessuno mi conoscesse. Venivo dal Foggia... E invece andò bene".
In mezzo anche la lotta contro il cancro .
" A 23 anni mi diagnosticarono un tumore. - svela in un'intervista a 'La Gazzetta dello Sport' - Mi è andata bene e da allora il mio rapporto con la vita quotidiana è cambiato".
Oshadogan, che fu prima molto vicino a passare alla Juventus, e poi fece un breve periodo di esperienza con la Roma, sfiora soltanto la maglia di una grande squadra italiana. La sua carriera riparte da Reggio Calabria. Con gli amaranto del presidente Lillo Foti debutta in Serie A il 22 ottobre 1999 nella sconfitta fuoricasa contro il Lecce per 2-1.
"Quando arrivai Foti mi disse che avrei giocato nel 'club più forte del Mondo'. - racconta Oshadogan a 'Gianlucadimarzio.com' - Era un romantico del calcio. Proprio come Franco Sensi o Romeo Anconetani. C'erano tanti talenti. Penso a Baronio, Pirlo, Mozart, Cozza, Belardi. Foti ci faceva sentire importanti, aveva dei valori. A Reggio siamo sempre scesi in campo con la città e con i tifosi, la prima stagione fu meravigliosa. Nel 2000 ci davano retrocessi a dicembre e arrivammo dodicesimi , Foti era il ‘papà’ che portò la squadra alla salvezza".
In due stagioni di A gioca in tutto 40 gare fra campionato e Coppa Italia, e dà un contributo importante nella prima storica salvezza degli amaranto. Ma quando i calabresi retrocedono in Serie B nel 2001 la società pensa a monetizzare dalla sua cessione. Sembra fatta per il trasferimento in estate al Napoli di Corbelli, ma il difensore oppone il suo rifiuto. In tutta risposta la Reggina lo mette fuori rosa. Oshadogan per i successivi 6 mesi non scende in campo, anche perché si rompe per la prima volta il crociato.
Nel gennaio 2001 l'incubo però finisce con il passaggio all'ambizioso Cosenza di Luigi De Rosa, che disputa il campionato di Serie B. Oshadogan gioca due stagioni ad alti livelli, collezionando 54 presenze e 5 reti fra campionato e Coppa Italia. La squadra ottiene un un 12° posto nel torneo cadetto, poi nel 2002/03 retrocede in C1 e fallisce.
“Dovevo andare a Valencia, ma mi infortunai al crociato e mi ritrovai a Cosenza. Sono stati due anni molto belli, poi la società fallì nel 2003 e rimasi senza squadra. Volevo una nuova chance, il Monaco cercava un difensore centrale… ”.
IN CHAMPIONS CON IL MONACO
Per il centrale toscano si spalancano le porte della Ligue 1. L' esperienza biennale con il Monaco, allenato dall'ex juventino Didier Deschamps si rivela per lui entusiasmante, anche se fortemente condizionata sul piano personale da un nuovo grave infortunio al legamento crociato del ginocchio sinistro, che lo costringe a un lungo calvario.
In due stagioni nel Principato, Oshadogan gioca appena 8 gare, ma si toglie lo sfizio di debuttare in Champions League , giocando gli ultimi minuti della gara di qualificazione contro l'ND Gorica il 24 agosto 2004 e poi vivendo da riserva la cavalcata della squadra fino alla finale contro il Porto.
"Il provino va bene e mi presero, - ricorda Joseph Dayo - c'era un grande gruppo, con giocatori assurdi: Morientes, Prso, Adebayor, Flavio Roma, Giuly, il mio amico Shabani. Con Nonda ci infortunammo nello stesso periodo, Deschamps ci aspettò fino alla fine. Inoltre, durante il recupero, ci allenavamo con la squadra”.
"Giocammo le semifinali di Champions contro il Chelsea di Ranieri. Deschamps convocò sia me che Shabani, che c'eravamo finalmente ristabiliti, e prima della sfida andammo a farci i capelli. Nonda era in panchina, mentre si stava scaldando gli dissi che avrebbe fatto goal. Era la gara d’andata al Louis II, lui entrò e segnò dopo soli 30 secondi. Al ritorno finì 2-2 e andammo in finale, quando ci penso ho ancora i brividi. Nel 2018 ci siamo rivisti per una reunion, è stato bello".
L'INCUBO TERNANA, IL RAPIDO DECLINO E LA LOTTA AL RAZZISMO
Dopo il secondo anno nel Principato, nel quale trova poco spazio, Oshadogan decide di far ritorno in Italia per giocare di più, e accetta la proposta della rampante Ternana. Sembra per lui un nuovo inizio, invece si rivelerà nei fatti un inferno. Ancora una volta il difensore si trova alle prese con una società in forte crisi e le cose, anche per il suo carattere schietto e sincero, che non accetta compromessi, presto vanno male. Gli umbri retrocedono in C1 ed Oshadogan diventa improvvisamente di troppo .
"È stato un periodo assurdo. Eravamo una bella squadra, c’erano Kharja, Jimenez, Frick, Candreva, Berni . Arrivavo da una società che giocava in Champions e strinsi un accordo verbale con loro. Se fosse arrivata un’offerta dalla Serie A mi avrebbero lasciato partire. Mi cercarono Ascoli e Livorno, non mi fecero andar via e finii fuori rosa all'improvviso senza un motivo ".
L'allenatore della Ternana di allora, Massimo Raggi, lo irride in conferenza stampa .
"Oshadogan? Penso si sia dato al golf ", risponde ad un giornalista.
E il difensore, tenendo fede alla sua personalità, si presenta al campo di allenamento vestito da golfista .
"Mi piace giocarci e lo faccio tutt'ora. La sua fu un'uscita infelice. La Ternana voleva smontarmi, risposi con l’ironia. Qualcuno non capì. C’erano dei bodyguard fuori dai cancelli della sede, avevano una lista di persone che non potevano entrare, io ero tra quelle. La società stabiliva le regole. Mi chiamavano di continuo, volevano che io firmassi la rescissione, che me ne andassi, avevano deciso che non avrei giocato. Ma a me non stava bene, ero un professionista e volevo giocare. Alla fine, visto che non c'erano più le condizioni, il Collegio Arbitrale risolse tutto, nonostante le minacce ".
La carriera di Joseph Dayo può ripartire, anche se ormai gli anni migliori sono alle spalle e il fisico è logorato dai gravi infortuni avuti.
"Dopo due anni turbolenti con la Ternana, Zbigniew Boniek mi ha dato la possibilità di giocare in Polonia con il Widzew Lodz. Lì mi sono trovato bene, è un bel campionato".
Oshadogan colleziona 33 presenze e 7 reti in 2 anni, per poi chiudere con il calcio giocato di nuovo in Italia con gli abruzzesi della Virtus Lanciano, con cui nel 2010 festeggia la storica promozione in Serie B. A 34 anni appende gli scarpini al chiodo. Senza rimpianti, nonostante una carriera che avrebbe potuto essere assai più ricca di soddisfazioni e che ha vissuto affrontando sempre tutto di petto.
"A 19 anni mi scontravo con i tifosi, - sorride - altri di 30 si nascondevano…".
Oggi la Polonia è diventata la sua seconda casa e gli ha permesso di restare nel calcio.
"Ci ho vissuto 11 anni - aveva spiegato qualche tempo fa - attualmente mi occupo di scouting internazionale, viaggio molto tra Europa e Africa. Sto lavorando a diversi progetti".
Un tema gli resta sempre a cuore: quello del razzismo, contro cui si è sempre battuto fin dall'adolescenza .
"L’italiano medio - denuncia - non si riconosce in una persona di colore, per loro siamo stranieri, anche se magari parliamo l’italiano meglio di loro. Questo è il problema. A 20 anni, dopo l’esperienza in Nazionale tornai a Foggia e trovai la scritta ‘negro’ sopra la lavagna, nello spogliatoio. Fu davvero spiacevole".
"Nel 2007 sono andato a vedere Pisa-Spezia, una partita a rischio di ordine pubblico e quindi riservata solo ai residenti. Ho acquistato il biglietto in prevendita, esibendo un documento. Vado allo stadio con mio figlio e gli amici. Ai cancelli fanno entrare tutti, ma non il sottoscritto. I carabinieri mi chiedono: 'Ma lo sa che possono entrare solo i residenti?'. Ho impiegato un po’ di tempo per far capire che sono italiano e pisano doc. Ma loro si erano fatti ingannare dal colore della mia pelle. In questo modo, purtroppo, diamo l’immagine di un Paese che non siamo, soprattutto all’estero".