
Trovarsi al posto giusto, ma nel momento sbagliato. O forse per meglio dire, dalla parte sbagliata. E’ un qualcosa che è capitato a moltissimi calciatori: essere presente in una giornata in qualche modo storica, ma vivere la vicenda non da eroe, bensì da colui che la ‘storia’ la subisce.
Chiedere per conferma ai giocatori inglesi, che il 22 giugno del 1986 sono scesi in campo senza sapere che Maradona, nel superarli tutti come birilli prima di andare a segnare il più bel goal di tutti i tempi, li avrebbe consegnati in un certo senso all’immortalità. O magari a quelli del Brasile che quattro anni prima hanno affrontato l’Italia a Spagna ’82 convinti che il passaggio del turno rappresentasse una semplice formalità, ma poi si sono riscoperti eliminati dalla tripletta di un implacabile Paolo Rossi.
In questi due casi, così come in molti altri, le immagini catturate dalle telecamere hanno fatto il giro del mondo e sono state trasmesse così tante volte da diventare non solo pietre scolpite nella memoria di ogni appassionato, ma veri e propri pezzi di storia.
Momenti differenti, prodezze diverse e attimi tutti inevitabilmente unici, di solito però, e la cosa in ambito calcistico non è esattamente una casualità, il finale è quasi sempre lo stesso: c’è un portiere che raccoglie il pallone nella propria rete.
Più la carriera di un estremo difensore è lunga e più il rischio di ritrovarsi a vestire gli indesiderati panni di protagonista ‘dalla parte sbagliata’ è elevato e lo sa bene anche Fabrizio Ferron, un campione che nel corso della sua carriera ha giocato quasi 400 partite di Serie A, alle quali vanno aggiunte anche 125 in Serie B.
Durante il suo lungo cammino nel mondo del calcio, si è costruito una solidissima fama di portiere affidabile. Non era uno di quelli che catturava le attenzioni delle telecamere con interventi plastici, ma questo semplicemente perché non ne aveva bisogno. Tra le sue caratteristiche c’era quella di essere dotato di un ottimo senso della posizione e questo gli permetteva di essere spesso esattamente lì dove bisognava essere. Al posto giusto… e al momento giusto.
E’ stato tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni 2000 uno dei portieri italiani di maggior affidamento in assoluto, uno di quelli che insomma avrebbe anche meritato di entrare nel giro Azzurro, ma che per vari motivi la maglia della Nazionale non l’ha vestita mai.
Si è messo in mostra per la prima volta giovanissimo con la maglia della Sambenedettese, in Serie B, è poi si è consacrato all’Atalanta, squadra della quale ha difeso la porta per ben otto stagioni consecutive, prima di tentare una nuova avventura alla Sampdoria.
Proprio in veste di portiere blucerchiato, nel 1998 si è riscoperto protagonista involontario di una di quelle partite destinate a loro modo ad entrare nella storia. E’ il 13 dicembre quando Ferron e i suoi compagni fanno visita alla Lazio per un match valido per il tredicesimo turno del campionato di Serie A.
Al 28’ Saliou Lasissi commette un fallo ai danni di Roberto Mancini. E’ punizione dal limite. Ad incaricarsi della battuta è un giocatore che solo fino a pochi mesi prima aveva vestito proprio la maglia della Samp e che è considerato uno dei migliori specialisti del pianeta: Sinisa Mihajlovic.
Il difensore serbo si sistema il pallone, osserva la barriera sicuro di superarla come sempre e lascia partire un sinistro che, complice anche una deviazione di Palmieri, diventa imparabile. E’ 1-0.
Al 45’, con il risultato sull’1-1, il duello si ripete. Ivan de la Peña, in uno dei suoi pochissimi guizzi in biancoceleste, semina il panico tra gli avversari prima di essere atterrato da Grandoni. Altro calcio di punizione, ma questa volta da posizione più centrale e distanza più considerevole. Sul pallone va ancora Mihajlovic che fa partire un altro pallone impossibile da respingere. E’ 2-1.
Getty ImagesNella ripresa, dopo appena 7’, altra punizione per la Lazio, in questo caso dai 25 metri. A calciare è ovviamente ancora il numero 11 serbo che scaraventa la sfera sotto l’incrocio alla destra di Ferron. E’ 3-1, ma è soprattutto tripletta su calcio di punizione.
A confermare il fatto che la cosa rappresenti una vera e propria impresa, ci sono i numeri: nella storia dell’intera Serie A solo Giuseppe Signori, casualmente un altro giocatore della Lazio, è riuscito a fare altrettanto. In quel caso era la stagione 1993/1994 e a vivere una domenica da incubo all’Olimpico fu Pinato.
Fabrizio Ferron molti anni dopo ricorderà quell’incredibile tripletta ai microfoni di ‘Radio Incontro Olympia’.
“Conoscevo Sinisa perché avevamo giocato insieme alla Samp. Quel giorno non stava benissimo poiché rientrava ad un infortunio e infatti non fu lui a calciare la prima punizione. Poi evidentemente ha capito che non avvertiva dolore ed è lì che è iniziato il mio incubo”.
Sinisa Mihajlovic invece ha svelato come la sfida all’ex compagno di squadra fosse stata lanciata ben prima del calcio d’inizio.
“Conoscevo Ferron - spiegherà a ‘L’Equipe’ - e prima della partita gli dissi ‘Guarda, non fare lo stupido che parti prima per cercare di anticiparmi, perché poi lo sai che io ti guardo e la metto dall’altra parte’. Gliene misi tre su tre e se ce ne fossero state cinque di punizioni da tirare ne avrei segnate cinque. Gli feci quel piccolo gioco psicologico e lui non si mosse mai per anticipare il tiro”.
Poco più di un anno dopo, il 18 dicembre 1999, Ferron si ritaglierà nuovamente uno spazio in una delle scene più viste della storia recente del calcio italiano. Intanto si è trasferito all’Inter e con i nerazzurri scende in Puglia per sfidare il Bari in una gara valida per il quattordicesimo turno di campionato.
All’88’, con il risultato ancorato sull’1-1, Simone Perrotta, con un lungo lancio dalla propria metà campo, serve in velocità un ragazzo non ancora diciottenne e alla sua prima partita da titolare in Serie A. Stop a seguire di tacco, pallone portato avanti di testa, dribbling ai danni di Blanc e Panucci che per poco non si scontrano tra di loro e conclusione imparabile dall’interno dell’area di rigore.
A consegnare alla storia queste immagini sono la bellezza del goal in sé, ma anche il fatto che a realizzarlo sia un talento del quale si raccontano cose meravigliose. Un giocatore che nel corso degli anni successivi farà parlare non poco di sé: Antonio Cassano.
‘El Pibe de Bari’, vivrà la sua prima vera notte da sogno nel mondo del grande calcio, regalando al ‘suo’ Bari una vittoria quasi insperata. A vivere da posizione, purtroppo per lui, privilegiata quell’evento sarà proprio Ferron, ovvero il primo portiere battuto da Cassano in carriera. Un’altra circostanza che lo vide solo per un soffio ‘dalla parte sbagliata’, visto che in quella partita entrò in campo solo al 75’ per sostituire Peruzzi. In tempo insomma per vedersi regalato un altro spicchio di immortalità.
“Non ho pensato a niente - racconterà un Cassano ancora molto impacciato davanti alle telecamere - Ho proseguito la mia azione, me la sono portata avanti e ho calciato in porta con la benda sugli occhi. Dove andava andava la palla…”.
La carriera di Ferron è stata molto più di una tripletta subita su punizione o di un goal preso da un fenomeno alle prime armi. Il calcio però è anche questo: a volte è solo questione di immagini. Tutto sta ad entrare nelle inquadrature giuste.
