Sarà stato il look (eufemismo) stravagante. Sarà stato, soprattutto, il fatto di essere approdato alla Juventus con grandi aspettative. Comunque la si guardi, l'avventura di Fabrizio Miccoli alla Juventus non è catalogabile tra le più memorabili. Affatto.
Una stagione deludente, 2003-2004, dopo un apprendistato tanto proficuo quanto entusiasmante tra le fila del Perugia. Erano gli anni in cui Madama, specialmente per quanto concerne il mercato nostrano, faceva la voce grossa a suo piacimento. Con Luciano Moggi, allora direttore generale bianconero, costantemente in prima linea.
L'attaccante di Nardò, oggi 43enne, prometteva bene. Eccome. Estro e fantasia, ma anche personalità. Ingrediente, questo, che portò gli ex dirigenti zebrati a decidere di scommettere sul suo conto, affidandogli la casacca numero 9.
Una Vecchia Signora di qualità che, però, in quel campionato non riuscì imporsi. Tanto da conquistare il terzo posto che, alla fine della fiera, portò Marcello Lippi a salutare il club piemontese. Attacco di livello assoluto: Del Piero, Trezeguet, Zalayeta, Di Vaio e, appunto, Miccoli.
Le gerarchie imposte dal tecnico viareggino, tuttavia, fin da subito portarono il pugliese a vivere alti e bassi. Insomma, buone prestazioni a targhe alterne che, senza grossi tentennamenti, dopo dodici mesi sfociano nel divorzio a fronte della richiesta della Fiorentina.
Una strategia nata soprattutto dall'incompatibiltà con Pinturicchio, abituato - da leggenda juventina - a vivere sempre e legittimamente da protagonista.
Un'avventura, a distanza di tempo, raccontata così da Miccoli a TuttoJuve:
"Diciamo che hanno sempre parlato gli altri per me, a Torino ho vissuto una buonissima esperienza. Ho avuto la fortuna di conoscere campioni veri come Thuram, Montero, Davids e tanti altri. Davanti a me c’erano Trezeguet e Del Piero, i panchinari eravamo io e Di Vaio. La coppia titolare stentava, noi entravamo e facevamo bene. Il mister ci affidò le chiavi della Coppa Italia, ma quando arrivammo in finale giocarono comunque Trezeguet e Del Piero. Ci rimasi molto male".
Spazio, poi, ai retroscena. Sempre intriganti in salsa mercato:
"Il Portsmouth offriva tanti soldi e la società voleva mandarmi lì, io rifiutai. Avrebbero offerto 2 mln per il prestito secco, ma scelsi Lisbona ed il Benfica che invece ne offrirono 800 mila. Dovevo scegliere io la mia destinazione, non la Juve".
Il menù, in totale, propone 39 presenze e 10 goal. Il tutto, nel dettaglio, con un gettone maturato nell'annata 2004-2005, prima che si concretizzasse il passaggio alla Viola. E il rancore, dopo diversi anni, si è trasformato in saggezza. Tra ciò che sarebbe potuto essere, e ciò che non è stato. Insomma, va così.


